Ci piace molto ricordare regolarmente, a noi economisti, il miracolo dei Paesi scandinavi o, se per questo, anche del Lussemburgo, che scalano le classifiche del reddito pro-capite e degli indicatori di sviluppo umano con grande scioltezza. Siamo particolarmente invidiosi delle loro performance e suggeriamo modi per fare altrettanto, ricordandone il modello sociale di sviluppo, la loro capacità competitiva, l’enfasi sull’istruzione e sull’uso non improprio che fanno dei proventi della tassazione.
Mi pare giusto.
Peccato però che poi in tutto questo can can finiamo per scordarci spesso come conti, a volte molto di più, il PIL totale di un Paese. Meglio guardarle le classifiche del PIL mondiale.
E così sparisce la bellissima Svezia, che produce annualmente lo 0,5% del PIL mondiale. Per far posto a chi?
Beh, a tagliare il mondo a fette, 1/5 del PIL mondiale viene dagli Stati Uniti, 1/5 da Cina ed India, 1/5 da Giappone, Germania, Francia, Regno Unito ed Italia ed 1/5 da Russia, Brasile, Messico, Corea del Sud, ed un altra decina di paesi emergenti. Il resto è riservato, appunto, al resto del mondo.
Quando conta il PIL totale per capire il mondo? Tanto se parliamo di geopolitica, di eserciti, di potere negoziale, di investimenti diretti esteri.
C’era un tempo in cui chi aveva il reddito pro-capite più alto, pensiamo al G-7 occidentale, aveva in mano il pallino della produzione mondiale di ricchezza. Oggi non più.
Perché rileva per noi tutto ciò?
Da sempre, i Paesi grandi lasciano spesso il pallino su quali imprenditori (e di quale Paese) far entrare a fare investimenti dall’estero ad una ristretta cerchia di decisori politici locali. Che possono tranquillamente scartare una intera classe imprenditoriale di un Paese se quest’ultimo non gli aggrada: tanto fuori del Palazzo dell’Imperatore c’è una file lunga fino al mare di Paesi pretendenti all’ingresso delle proprio imprese.
Lo dico perché forse invece di fare un Ministero del Commercio Internazionale dovremmo fare un bel Ministero dei … 15 grandi clienti, quelli che comprano in massa i nostri investimenti esteri. E trattarli con molta cura, questi grandi clienti. Capire meglio le loro culture, cosa li colpisce nell’orgoglio, su quali vincoli politici non possono soprassedere. E anche perché no, rafforzare le nostre sedi diplomatiche ed accogliere a braccia aperte i loro studenti.
Domani il Messico supererà l’Italia nella top-10, che dovremo abbandonare.
Oggi l’India ha superato il Giappone al terzo posto della classifica del PIL assoluto. L’India al contrario di tanti altri Paesi tra quelli emergenti citati ha anche una grande tradizione democratica, istituzioni forti, una stampa quasi … troppo libera. Le va tributato il rispetto che merita. Come all’Italia ed alle sue giuste prerogative. Ma nel rispetto reciproco.
Il mondo è cambiato. Noi restiamo forse troppo attaccati ad un mondo che non c’è più. Sarà bene che ne prendiamo atto, prima che i grandi elefanti si scrollino rapidamente di dosso, come di un fastidioso stormo di moscerini, le centinaia di bellissime nostre imprese che non hanno nulla da invidiare al resto del mondo quanto a capacità di innovare ed esportare prodotti essenziali. Le nostre farfalle non sono moscerini, ma il rischio che non se ne accorgano c’è.
16/03/2013 @ 11:02
Caro prof.,
credo che l’unica ricetta possibile per l’Italia sia quella di una riduzione drastica della pressione fiscale su lavoratori e imprese (Irap, Ires, Irpef) anche fatta in deficit (stile Reagan o Thatcher).
Sul Messico ho più di qualche dubbio. I messicani che emigrano negli Stati Uniti sono aumentati nel corso di questi anni. Mi sa che il Messico si è infilato in una nuova bolla come quella della metà degli anni Novanta (crisi della tequila)
cordiali saluti
19/03/2013 @ 22:29
stile Reagan o Thatcher?
Luca, ti sei accorto che gli italiani hanno simbolicamente sputato non in uno ma in tutti e quattro gli occhi di Giannino-canterino-allo-zecchino(di latta) con lauree su carta igienca e all’orecchino con l’economista intorno (all’anagrafe Michele Bodrin) come anche a Monti?
Ecco allora la vostra ricetta (feudalmente innovativa) siete pregati di applicarla entro le vostre mura domestiche.