Squilla il telefono, mi chiama il GR3 per un intervista oggi alle 13.45 da registrare. Stavo preparando pezzo, l’ennesimo pezzo, sul moltiplicatore della spesa pubblica che ora, solo ora, pare chiaro anche al Fondo Monetario esista eccome e sia stato ampiamente sottostimato.
Mi fermo per ragionare sulla domanda della giornalista, rinvio il moltiplicatore a domani.
Mi chiede del perché l’inflazione sale in Italia e i dati tedeschi sulle vendite tirano.
Non che le due cose abbiano necessariamente un legame. Eppure in tutte le domande è bello, è divertente, provare a intrecciare, a connettere, per cercare di rispondere e ridire le stesse cose in modo nuovo o magari, se sei fortunato, a trovare cose nuove da dire.
L’inflazione italiana. Come possono crescere i prezzi in un ambiente così recessivo? I prezzi sono in buona parte figli del costo del lavoro per unità di prodotto per le aziende. I costi del lavoro certo non sono aumentati, ma è la produttività che rende praticamente impossibile per le imprese non trasferire in parte i costi unitari sui prezzi.
E da dove viene questa carenza di produttività? Dai ritardi in termini di secondi e minuti che abbiamo nel consegnare la nostra merce, nel ritardo con cui i nostri lavoratori escono dagli ospedali perché male e tardi curati, dai ritardi che abbiamo a comunicare con fornitori e clienti via internet, dal fatto che i nostri ragazzi quando sono andati a scuola o all’università non hanno avuto i migliori servizi intellettuali, vuoi perché il professore non arrivava in classe, vuoi perché i termosifoni non funzionano ed è difficile seguire quando fa freddo.
Sì, è questa la madre di tutte le riforme per la competitività italiana e la moderazione nei prezzi. La madee ditutte le riforme a favore delle nostre imprese. La madre di tutte le riforme, quella per gli investimenti pubblici, quelli crollati negli ultimi decenni, ma anche quelli buttati via con sprechi immensi dovuti a corruzione o a mancanza di capacità di controllare i lavori, quella madre di tutte le riforme che nessun governo ha avuto voglia e coraggio di negoziare con Bruxelles, magari chiedendo aiuto a ispettori europei, in deroga al Fiscal Compact che in recessione non si dovrebbe applicare.
Ed ecco la connessione magica con la Germania, quella Germania mai miope che 20 anni fa vide più lontano di tutti, capì che il mondo era cambiato per sempre, che l’Est non era più Dresda ma Shangai, e che nel giro di 10 anni con investimenti pubblici di una dimensione da togliere il fiato ha rimesso a posto una quasi metà del Paese la cui infrastruttura fisica soprattutto cadeva a pezzi. Altro che Mezzogiorno d’Italia, lo stato della Germania dell’Est e altro che spesa pubblica italiana la spesa tedesca, pubblica.
Certo, i tedeschi non sono miopi. Ammirevoli.
Ma sono presbiti. Non ci vedono, da vicino. Non è vero che la Germania oggi va bene: se le va bene, avrà due anni di crescita sotto l’1%. Certo, meglio del Sud, ma se continua a non vedere ad un palmo di naso gli effetti della stupida austerità europea di cui è leader, ben presto ne pagherà le conseguenze, assieme ovviamente a noi, fino a quando, come spero, la barca sia comune.
E’ essenziale che il prossimo Governo italiano abbia il coraggio di fare quello che gli ultimi non hanno saputo fare. Chiedere all’Europa l’unica riforma che genera stabilità dei conti pubblici e minore tensione dei mercati finanziari: investimenti pubblici nei paesi dove ce n’è bisogno (Sud), abbassamento delle tasse dove si può (Nord).
Dopo di che, rimesso a nuovo il nostro stock di capitale a disposizione delle imprese e dei cittadini, usciti dalla recessione, annullato lo spread, potremo far uscire il settore pubblico dall’economia e mettere da parte dei bei soldini in attesa di una prossima Grande recessione, tra 30 anni.
Ma sarà una recessione che potremo governare meglio e non subirla né farcela imporre da comportamenti sregolati del mondo finanziario d’oltre Oceano. Perché se avremo superato l’angolo oggi, tra 30 anni saremo al tavolo delle decisioni mondiali con Usa e Cina, e potremo dire “no”, come non abbiamo mai fatto, a decisioni scellerate e, queste sì, miopi che ogni tanto provengono dalla bella terra di Washington e Lincoln.
04/01/2013 @ 12:57
Sinceramente penso che la grande Germania non sia stata presbite nel mantenere schiacciato lo sviluppo al suo interno, lo ha altresì calcolato benissimo (lo fa da qualche lustro) per massimizzare l’efficacia del suo export.
Purtroppo per i paesi come il nostro (piigs), l’esportazione tedesca è indirizzata principalmente all’interno dell’eurozona, invece che verso i paesi extraeuropei, e questo rappresenta attualmente il grosso problema dell’europa “unita” (o meglio costretta) dall’euro.
04/01/2013 @ 13:45
“E da dove viene questa carenza di produttività? Dai ritardi in termini di secondi e minuti che abbiamo nel consegnare la nostra merce, nel ritardo con cui i nostri lavoratori escono dagli ospedali perché male e tardi curati, dai ritardi che abbiamo a comunicare con fornitori e clienti via internet, dal fatto che i nostri ragazzi quando sono andati a scuola o all’università non hanno avuto i migliori servizi intellettuali, vuoi perché il professore non arrivava in classe, vuoi perché i termosifoni non funzionano ed è difficile seguire quando fa freddo.”
Ma chi vuole che lo capisca, scusi?
Onestamente: lei sa benissimo che quello che lei ha appena scritto significa tradotto:
“Siamo un paese con una ruling class che tradizionalmente si dichiara apertamente diversa dal suo popolo che disprezza profondamente; che ormai da secoli ha perso qualsiasi coraggio progettuale limitando la propria posizione di egemonia sociale al mantenimento del “privilegio” e non all’assunzione del ruolo di guida per il destino della nazione. Al popolo viene concesso un benessere fittizio a patto che non pretenda di mettere veramente becco nella gestione del potere e oggi, dopo decenni in cui ci salvavamo solo perché casualmente ci trovavamo a essere il fulcro di certi equilibri, siamo arrivati al redde rationem.”
Chi può capirlo visto che questo discorso implica una enorme accettazione di responsabilità e una ancor più grande presa di coraggio per il futuro da parte di una aristocrazia prima e una borghesia oggi notoriamente vigliacche e sprezzanti (e in posizione di soggezione rispetto a quelle straniere)?
E visto che dall’altra parte significa che le classi subalterne italiane devono rendersi conto di essere un popolo gaglioffo e servile che dovrebbe urgentemente abbandonare la sua condizione di torpore per impegnarsi faticosamente ad acquistare autentica consapevolezza politica e voglia di partecipare alla vita pubblica?
Ecco, l’unica speranza che i primi diventino quello che devono essere per il paese può venire solamente dalla percezione che i secondi hanno deciso di svegliarsi.
Questo è il vero compito di un movimento che vuole davvero il cambiamento.
08/03/2013 @ 00:54
Grande commento.
05/01/2013 @ 09:44
La Germania come tutti i Paesi ancora “sovrani” gestisce a suo vantaggio le informazioni che la riguardano… vedi ad esempio come hanno “gestito” la vicenda Deutsche Bank…per non parlare dell’astratto concetto di PIL…
Come potremmo, per l’Italia, declinare proattivamente l’abusato concetto di investimenti pubblici per il sud? Tutti da decenni straparlano di investimenti pubblici… bene… e quindi? Soldi a pioggia? Assunzioni massiccie in enti locali totalmente inutili? Oppure programmi seri (non troppi) blindati e “certificati”? Creazione di centri di eccellenza con riverbero euromediterraneo (poco appetibili peraltro per le varie ed avariate forme di malavita organizzata) ? Rilancio (o lancio) di un serio programma per la creazione della Florida dell’Europa?
Grazie, come sempre, per gli utili spunti di riflessione. Buon anno!
05/01/2013 @ 09:44
La produttività è una funzione degli investimenti in tecnologie e innovazioni, avendo alle spalle un robusto tessuto di ricerca. La seconda funzione è un’organizzazione del lavoro che sappia motivare e coinvolgere. La terza è uno stile di direzione non alla Fiat. La quarta è una burocrazia interna ed esterna efficiente. Il resto sono aggiustamenti e limature. L’analfabetismo scientifico diffuso fa da contesto: la miopia delle classi dirigenti italiane, compresa la maggioranza degli imprenditori, deriva da questo.
05/01/2013 @ 10:01
Ma la Germania non vede un preoccupante grado di immiserimento della sua popolazione, tanto più stridente dato l’attivo della sua bilancia dei pagamenti ? Non sembrerebbe preoccupata solo ad attrarre capitali a bassissimo o nullo costo ? Non è disinteressata alla crescita dei paesi periferici d’Europa? Le interessa davvero altro oltre il perseguimento dei suoi interessi come la messa in sicurezza di deutsche bank ad esempio ?
05/01/2013 @ 15:47
“Mi chiede del perché l’inflazione sale in Italia e i dati tedeschi sulle vendite tirano. Non che le due cose abbiano necessariamente un legame.”
Curioso, il mio vecchio testo di macroeconomia il legame lo stabiliva eccome, attraverso il tasso di cambio reale che in regime di cambi fissi (o con la stessa moneta) è pari al rapporto tra il livello dei prezzi esteri e quello dei prezzi interni.
Quando i prezzi interni (italiani) aumentano più di quelli esteri (tedeschi) il tasso di cambio reale diminuisce cioé si rivaluta e l’Italia perde competitività, cioé i prodotti tedeschi diventano meno costosi e quindi più convenienti.
E’ stato cancellato dai testi in uso oggi?
05/01/2013 @ 16:18
La sua e la mia si chiamano analisi di equilibrio parziale. Il suo punto è condivisibile. In realtà il “necessariamente” stava proprio a dire che “non è sufficiente” ovvero che c’è bisogno di più informazione per stabilire certamente un legame. Per esempio, il giornalista non mi ha detto cosa faceva l’inflazione tedesca. Se questa cresceva quanto l’italiana, allora il tasso di cambio reale non ci entrava nulla e avrei dovuto trovare un’altra spiegazione per i due fenomeni.
E ancora: la sua è addirittura una causalità diretta. E chi sa se invece non fosse che le maggiori vendite tedesche derivano da uno shock da domanda Usa o asiatica che al contempo aumenta anche i prezzi e le vendite in Italia? Bisognerebbe che succede alle vendite in Italia ecc…
Comunque il punto che più mi interessava era sapere perché i nostri prezzi salgono di più. Ma grazie del suo interessante punto. saluti.
06/01/2013 @ 11:54
Presumo che lei conosca la risposta alle domande che pone, cioè sappia che l’inflazione tedesca è sistematicamente inferiore a quella degli altri paesi europei. Che le vendite della Fiat, per fare un esempio, non vadano proprio benissimo mentre quelle della Volkswagen seguono un andamento totalmente differente è pure una informazione di dominio pubblico, praticamente un luogo comune.
La causalità diretta non la pongo io, la poneva il testo di macroeconomia. In termini netti. La svalutazione reale tedesca danneggia la nostra competitività, e non può che essere così.
Ripensandoci immagino che la domanda della giornalista, che magari ha lei pure rivisto qualche obsoleto manuale, fosse assolutamente retorica.
La cosa interessante è che lei non ha dato una risposta da (vecchio) manuale.
09/01/2013 @ 20:28
“E da dove viene questa carenza di produttività? Dai ritardi in termini di secondi e minuti che abbiamo nel consegnare la nostra merce, nel ritardo con cui i nostri lavoratori escono dagli ospedali perché male e tardi curati”
Questa volta, caro prof. Piga, osservo con dispiacere una caduta di stile ed un errore (spero) che davvero, da parte sua, non mi sarei aspettato. Un attacco di questo tipo alla sanità italiana, proprio nel momento in cui i tecnici si apprestano a calare la scure dell’austerità espansiva sul nostro Sistema Sanitario é, mi spiace doverlo dire, inaccettabile.
Prima di tutto, perché i nostri lavoratori non escono tardi dall’ospedale (anzi, ormai i giorni di degenza si sono ridotti a livelli allarmanti, la pressione sui medici a rendere disponibili i posti letto per il paziente successivo – in modo tale da massimizzare il rendimento del rimborso – sono tremendi).
Sul male curati, non so quali siano le sue esperienze, e se abbia mai sperimentato la sanità all’estero, ma le assicuro che non sono trattati peggio rispetto a tutte le altre nazioni sviluppate (e non vorrei ricordarle i soliti, stranoti, indicatori che posizionano il nostro SSN tra i primi al mondo).
Poichè mi rifiuto di credere che anche lei si sia convertito a quella dottrina che predica lo smantellamento dello stato sociale, mi permetto umilmente di darle due piccoli suggerimenti. Primo, lasci perdere argomenti che non conosce. Secondo, cerchi di non ammalarsi in Germania, se non ha una buona assicurazione.
10/01/2013 @ 10:49
Grazie per la sua mail. Credo che non abbia capito (quindi colpa anche mia). Ma è sintomatica, la sua risposta, e lo trovo interessante, della semantica e della logica che domina il dibattito odierno sulla spesa pubbblica. Immagini una persona che dice “la qualità della spesa pubblica in Italia è bassa”. Possiamo discutere se è vero o falso, ma passiamo un attimo oltre. Come interpretare questa affermazione?
a) buttiamo la spesa a mare, tagliamo tutto b) investiamo di più e meglio tagliando gli sprechi ed usandoli per migliorare. Lei ha pensato che io dicessi a) mentre dicevo b). Quindi più investimenti, non meno, finanziati anche dal taglio agli sprechi.
Purtroppo ha ragione lei, il dibattito è distorto, terribilmente. Ma, ha anche torto lei nel difendere a spada tratta il settore sanitario italiano. Per favore non mi dica che non ci sono sprechi e ritardi nella sanità italiana rispetto a quella tedesca, perché conosco ambedue per esperienza personale (il che non significa che non ringrazio ogni mattina che mi alzo i fantastici tantissimi uomini e donne che lavorano e molto bene nella sanità italiana, ma proprio per questo abbiamo il terreno fertile per migliorarla!). La stessa cosa vale per l’università, dove lavoro, dove lavora gente eccezionale, dove alcuni indicatori ci pongono come una eccellenza mondiale ma dove tantissimi sono gli sprechi e tantissime cose vanno migliorate, non gettate! Se una battaglia va combattuta per salvare lo Stato non è dire “tutto va bene” ma è dire “ecco dove cambierò in meglio” senza aver timore di quelli che ti dicono, “vedi, funziona male, è tutto da buttare”, perché sappiamo far di meglio, molto meglio, di ciò, con uno Stato più bello e più presente.
Un caro saluto.
13/01/2013 @ 21:32
Delusa quanto Chicco che ha capito e interpretato tutto perfettamente. Ecco una prova che le sue esperienze personali hanno valore aneddotico o inventate a uso e consumo delle fandonie che ha scritto?
http://www.scribd.com/doc/120046725/13/Politiche-recessive-e-servizi-universali-il-caso-della-sanita
Ma di questo passo il Partito Unico dell’Euro senz’altro riuscirà a farle autoavverare. Se la Germania è il Paradiso, ci vada e ci liberi dal suo cerchiobottismo. A me sembra che stia trasformando l’Europa in un lager (complici TUTTI i politici di TUTTI i paesi, nessuno escluso).
14/01/2013 @ 06:42
Immagino lei sappia molto bene cosa sia un lager.
14/01/2013 @ 11:15
So cosa è un lager e so che Hitler non li ha costruiti il primo giorno nè il primo anno.
Siamo nella fase PRE-lager. Le affinità con quel periodo storico sono molteplici ed evidenti compresa l’adulazione della rigorosa ordinata precisa efficenza germanica e lo sprezzo per i popoli inferiori, a cui lei fa eco. Alla mostruosità vera arriveremo gradualmente annebbiati dalla propaganda, senza quasi rendercene conto, ora come allora.
Dice che l’austerità è stupida e siccome la impone Berlino, la conclusione del sillogismo è che i tedeschi sono stupidi. Criminalmente e ostinatamente stupidi. Ma questo non lo dice. Più facile stare nel coretto dei latini maiali. Che ci fa ancora in Italia?
14/01/2013 @ 11:20
Il collaborazionista?