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La fuga e l’esilio – Appunti di viaggio

"Jenisej", di Vasily Ivanovich Surikov nato nel 1848 a Krasnoyarsk, Siberia

Krasnoyark, Siberia. Gentilmente sfiorata dal lunghissimo, larghissimo e profondo Enisej. Fiume così importante da essere l’unico a essere riuscito a strappare un’adorata figlia al Grande Uomo Bajkal (grandioso lago patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco), padre di ben 336 discendenti, i suoi immissari.

Secondo la leggenda il “Grande Uomo Bajkal” giunse in questa regione della Siberia con le sue 337 figlie e decise di fermarsi a riposare; mentre dormiva una delle figlie, l’Angara, alla quale i gabbiani avevano raccontato le prodezze di Enisej, l’uomo-fiume, decise di fuggire per correre verso costui, di cui si era innamorata; svegliatosi, il Bajkal scagliò verso la fuggitiva una pietra, oggi chiamata la Roccia dello Sciamano, ben visibile lungo le rive del Grande Uomo.

L’Angara, dalle acque tanto rapide ed irruente. L’Angara, la donna-fiume, unico fiume della regione a non gelare d’inverno, unico emissario, tramite il quale il lago tributa allo Enisej.

L’Angara, in fuga, o esiliata. In fuga e esiliata.

*

La Siberia. Esilio. L’esilio.

Pushkin – a seguito della rivolta del dicembre 1825 di alcuni giovani ufficiali, amici del poeta, a San Pietroburgo che reclamavano una Costituzione e ne ottennero invece impiccagione o esilio, in Siberia – scrisse pochi anni dopo il poema “Vo glubine sibirskikh rud…”, agli esiliati dedicato e pubblicato in Russia solo 50 anni dopo (mia traduzione):

la sorella fedele di tutti  dolori, la speranza, nelle vostre case sotterranee, presto solleverà il coraggio e la Gioia; ed il tempo atteso giungerà”.

Siberia. Esilio. Ex-solum, fuori dal suolo. Ma anche gli esiliati esiliano, lasciano, in una paradossale rivincita, alcuni fuori dall’accesso al suolo siberiano. E’ stato a lungo così per molte città siberiane, non accessibili allo straniero, non russo, “ex-” anche lui, seppure di un altro insieme. Ancora oggi alcune, sebbene pochissime, città siberiane, per ragioni di riservatezza strategica dobbiamo immaginare, sono vietate a chi russo non è. Me lo dice Olga, la brava accompagnatrice che scorta noi relatori stranieri al convegno, ci scorta dovunque, una sorta di esilio anche il nostro, condannati a seguire, per quanto piacevolmente e non sempre, i passi programmati per la città di Krasnoyark da qualcuno che non siamo noi.

Siberia, esilio e dunque la fuga, ovviamente.

E oggi, ascoltando il Primo Ministro Medvedev al convegno, a pochi passi da me, esclamare come la Russia debba competere e battersi per far rientrare “le persone” così che possano vivere in questo Paese (intendeva brillanti ricercatori stranieri, un po’ come fanno gli Stati Uniti) , non mi sono sorpreso più di tanto. Perché è un Paese che, nella lotta disperata per mantenere la crescita economica così da mantenere il consenso politico, ha bisogno di modificare la sua semantica anche nelle sue radici più profonde.

Ma in realtà, mi dico, quello che più di tutti Medvedev e Putin temono non è tanto il mancato ingresso dei cervelli stranieri. E’ piuttosto la fuga dei tanti russi brillanti verso gli Stati Uniti, paese a cui, non a caso e simbolicamente, è stato tolto l’accesso all’adozione di orfani. E’ piuttosto il carcere per chi canta nelle chiese canzoni rock, facendo fuggire nell’aria nuove aspirazioni.

Come se la Russia fosse sempre più in in bilico. Tra il cercare di esiliare tutti i suoi cittadini e il, come dice Pushkin (libera traduzione), liberare tutti verso la fuga verso la piena libertà:

Allora l’amore e l’amicizia recideranno

I tristi chiodi della vostra prigionia,

E come intrudendo nei buchi delle prigioni

La mia voce libera ora vi raggiunge.

E le catene pesanti cascheranno vicino al tavolo,

E le prigioni segrete si apriranno e le voci della libertà

Vi saluteranno al cancello, esultando,

E fratelli vi daranno una spada.

4 comments

  1. Troppo bello questo post. Poi io interpreto e quindi non si sa mai, ma davvero me ne stupirei.

    E quel brano di Pushkin mi ricorda quest’altro spagnolo, dell’uomo che non aveva il coraggio di andare a Granada. Ma a un certo punto sente che laggiù…

    Hay sangre caída del mejor hermano,
    sangre por los mirtos y aguas de los patios.
    Nunca vi Granada,
    nunca vi Granada.

    Venid, los que nunca fuisteis a Granada;
    hay sangre caída, sangre que me llama.
    Nunca fui a Granada,
    nunca fui a Granada.

    Si altas son las torres, el valor es alto,
    venid por montañas, por mares y campos.
    Entraré en Granada,
    entraré en Granada,
    entraré en Granada.

    Non c’entrerà niente ma per me c’entra. ;)

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  2. Ciao Gustavo – Ti ho trovato tramite il blog di tua moglie e dovevo venire a dare un’occhiata. Bello questo post. Trisha ha menzionato che scrivi il blog anche in Inglese, ma vedo solo l’italiano, che capisco abbastanza bene ma non come l’inglese, la mia madre lingua. Volevo chiedere se per caso conosci l’economista Mariana Mazzucato – un’amica mia che abita a Londra ma è Italiana/Americana. Lo so che il mondo è grande, ma non si sa mai.

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