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Dateci soluzioni, non polemiche da tre soldi

Ho letto sul Web (nella sua versione inglese, scusate la mia traduzione che può discostarsi dal testo in italiano pubblicato sul Sole), più che con attenzione, con stupore e una certa dose di stizza, un articolo di una persona che stimo anche come economista, Roberto Perotti.

Che ripete all’inizio qualcosa che va già dicendo da tempo, ovvero che “le tecniche statistiche da noi (Alesina e Perotti) utilizzate” per affermare che i tagli della spesa pubblica stimolano l’economia “erano sbagliate”.

Un gesto apprezzabile, lo ripeto nuovamente.

Ora, fatta questa confessione la domanda chiave che mi pare ovvio rimanga aperta e a cui si debba cercare di dare una risposta è: “e ora”? Qual è la strada più giusta da perseguire per lenire la sofferenza e uscire da questa assurda crisi?

E invece, mentre la Grecia brucia e chiude in un gesto di follia politica le sue televisioni nazionali, Roberto spreca più della metà dell’articolo in un vacuo esercizio di critica di vari opinionisti tra cui Guido Rossi, personaggio che certamente non riscuote la mia simpatia, altro editorialista del Sole 24 Ore. Lo accusa di cosa? Non è chiaro: parrebbe di non essere un economista e di dubitare degli economisti della Bocconi, università in cui lavora Roberto.

Mi sia consentito: ma chi se ne frega dei peccati di Guido Rossi. Rimango solo stupito di fronte a quelle che mi paiono da parte di Roberto delle forme di narcisismo intellettuale e di difensivismo che non appartengono al suo lessico ed al suo carattere. Sembra quasi che, una volta fatta la sua appropriata confessione dell’errore tecnico commesso, debba dimostrare che gli altri non sono da meno.

E rimango stupito che di fronte alla gravità di questa crisi  un giornale come il Sole pubblichi queste polemiche da tre soldi. Mi chiedo un piccolo imprenditore in crisi cosa se ne faccia di un articolo di questo tipo.

*

E invece resta inevasa la questione su cui vorremmo che Roberto ci illuminasse con la sua intelligenza e spirito critico: e ora? Che facciamo?

In realtà la prima parte dell’articolo di Roberto qualcosa di interessante ci dice: e cioè di cosa avrebbe potuto essere d’aiuto in questa crisi ma che a suo avviso è impossibile nell’attuale contesto.

Primo: un deprezzamento della valuta, “attualmente non percorribile nell’area dell’euro”. E perché mai?   E perché dovremmo, di fronte ad atteggiamenti tra l’altro molto aggressivi di Giappone e anche degli Stati Uniti, rinunciare ad usare anche noi la politica monetaria per svalutare l’euro rispetto ai suoi assurdamente alti livelli attuali?

Temo poi che Roberto mi direbbe che lui non si riferiva a ciò, ma all’impossibilità per un singolo paese euro (tra quelli in difficoltà, come Grecia o Italia) di svalutare, se non a costo di uscire dall’euro. Ma sarei in totale disaccordo: una politica di svalutazione di “tutti” i paesi dell’euro, Germania inclusa, rispetto al resto del mondo, tramite politiche espansive della BCE, sarebbe comunque utilissima a ridurre le sofferenze italiche e greche, stimolando ulteriormente il loro export fuori dall’euro, generando reddito e riavviando la domanda interna.

Secondo: “una forte riduzione dei tassi nominali”, oggi impossibile visto il loro livello di partenza già vicino allo zero. Detto che il calo che rileva per l’attività economica è quello dei tassi reali e non nominali (e cioè dei tassi sui prestiti o sui BTP depurati dal livello d’inflazione), non si capisce perché non vi sia ancora spazio per far calare questi anche se i tassi nominali sono vicini allo zero. Nel periodo del New Deal di Roosevelt, situazione economica simile e tassi vicini allo zero, si lavorò alacremente negli Usa per far crescere, e di molto, l’inflazione e ridurre così i costi reali del credito per agricoltori ed imprese manifatturiere, aiutando l’economia. Anche qui, come per la svalutazione dell’euro, ci sarebbe bisogno di un’altra BCE, una BCE con un obiettivo diverso da quello attuale, volto a dare grande peso al grande dramma corrente, quello della crescente disoccupazione e del pericolo di morte dell’euro e dell’Europa.

*

In più, rimane la delusione nell’articolo di Perotti per la domanda che non c’è: “e ora”?

Leggere infatti la frase “il fatto che l’austerità non faccia bene non implica sempre che vi siano alternative migliori o perseguibili. Per esempio, potremmo chiedere ai contribuenti tedeschi di pagare ancora di più, con gli Eurobond per esempio. Ma non succederà. L’austerità nel caso greco era probabilmente inevitabile” fa cadere le braccia.

Certo che gli Eurobond non funzioneranno mai politicamente, lo diciamo da sempre su questo blog. Ma da qui a dire che questa è la sola soluzione percorribile, Roberto fa prova di pigrizia intellettuale. Se “l’austerità non fa bene” come è possibile che il “contrario dell’austerità anch’esso faccia male”? Se non abbiamo osservazioni storiche nel contesto di una unione monetaria di questo tipo sulla “non austerità” ma ne abbiamo invece tantissime, univoche per ammissione di Perotti stesso, sull’austerità e i suoi danni, come può un economista del suo calibro non ammettere che una crisi di questo tipo necessita il coraggio per provare quanto sinora non è mai stato tentato, e cioè una coraggiosa strategia europea di espansione fiscale non sanzionata ma accompagnata dalla BCE?

Siamo nel campo della politica, non della scienza esatta. Quest’ultima ci servirà domani per capire se abbiamo fatto bene o male ad avere coraggio a sperimentare ma non ci serve oggi a darci oggi quel coraggio di cui abbiamo bisogno.

Per imparare il coraggio dobbiamo cercarlo nella storia, nella politica, non nell’economia. E allora, con mio grande stupore, mi trovo per la prima volta in vita mia a schierarmi con l’antipatico e spesso supponente Guido Rossi piuttosto che con l’ammirevole ed amico Roberto Perotti.

5 comments

  1. Omar Paglia

    15/06/2013 @ 20:42

    Adesso si accorgono che hanno sbagliato? quando altri economisti dicevano il contrario però loro si giravano e facevano finta di niente.

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  2. Matteo Gatti

    16/06/2013 @ 10:19

    Grande Prof!!!
    Prima ancora di aver visto il suo post di oggi, avevo letto anch’io sbigottito l’articolo di Perotti e mi sono sentito in dovere di scrivergli direttamente. Oltre ai toni inutilmente saccenti e presuntuosi del suo pezzo, egli non porta alcuna base logica ne’ scientifica per le sue affermazioni. Inaccettabile!
    Per di piu’, ci sono anche evidenti errori, come quando Perotti afferma che in caso di emissione di Eurobond i contribuenti tedeschi pagherebbero ancor piu’ di quanto hanno fatto oggi. Questo e’ un falso totale. E’ noto infatti che lo stato tedesco non solo non ha avuto alcun costo per i vari progetti di salvataggio ma al comtrario ha finora guadagnato cifre enormi a causa del c.d. “flight to quality” degli investitori che hanno venduto i titoli dei paesi periferici per comprare i bund, con conseguente diminuzione dei costi di finanziamento per la Germania.
    Ora, o Perotti non conosce queste cose, opzione che e’ da escludere visto il CV. Oppure, e’ costretto a difendere se’ stesso e i suoi colleghi dell’Igier (alesina, giavazzi & friends) che hanno dimostrato di non aver capito molto di questa crisi.

    Un caro saluto

    Matteo Gatti

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  3. Nazionalizziamo il Monte dei Paschi.
    La B.C.E. gli presta i soldi all’1 percento, questi poi li gira in prestito allo Stato all’1,1% piu’ eventuali spese “burocratiche”
    Lo spread crollerebbe a livello tedesco e potenzialmente si potrebbe arrivare al risparmio di circa 60-70 miliardi di euro di interessi.
    La B.C.E, per statuto non puo’ prestare “direttamente” agli Stati, pero’ puo’ prestare alle Banche degli Stati.
    Faccio notare che i depositi dei correntisti di tutte le banche italiane, godono della Garanzia dello Stato sui depositi, fino a 110.000 euro.
    Quindi trovo perfettamente coerente che uno Stato GARANTE dei depositi dei correntisti, di banche private, possa ricevere finanziamenti al tasso minimo da una banca da lui controllata.
    Che poi i vari trattati da Maastricht a Lisbona, al Fiscal Compact vadano RINEGOZIATI, considerando come fine ultimo il BENE delle popolazioni, anziche’ il loro impoverimento, sta nell’ordine naturale delle cose.
    Se sono stati fatti degli errori e’ necessario quantomeno correggerli.
    Se pero’ l’unica ratio dei governanti e’ quella di essere proni ai diktat, senza considerare che 60 milioni di Italiani lavorano per pagare debiti, per permettere a qualcuno di intascare circa 80 miliardi di euro l’anno SENZA LAVORARE, a titolo di interessi sul debito, godendo del miglior trattamento fiscale possibile, consiglio a tutti gli italiani di vendere tutti i loro averi e comperare Titoli di Stato, per Godere del Tutto.

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  4. Tipico del “modus italicus” … parlare, parlare (anche del nulla) e mai agire. Tutti che parlano di argomenti noti, cercando colpe e colpevoli, analizzando le possibili cause … si parla del passato, si vive nel passato! Ma come accennato le micro e le PMI hanno bisogno di un futuro, gli imprenditori cercano certezze, cercano supporto, cercano una visione positiva, una possibile via di uscita da intraprendere, rischiando, come sempre.
    Via positiva che deve essere necessariamente offerta dalla politica che, insieme alle banche, visto il binomio indissolubile, offre certezze e impegno a medio-lungo termine ai piccoli imprenditori.
    Macché, non si guarda al futuro, non si fanno strategie, non ci sono leader o statisti che si impegnano in una politica o che scommettono su una determinata opzione. Tutti attaccano il carro dietro al bue del caso, con qualche riserva e sempre pronti a criticarlo alla prima occasione di defaillance, scendendo da un carro che rallenta, offuscato, per salire su quello che pare andare per la maggiore … e così via in una giostra dove nessuno ha l’obbligo morale e politico di rendere conto al popolo che, in teoria, sarebbe sovrano.
    Tutti promettono, nessuno mantiene, nessuno controlla, la popolazione non chiede conto dell’operato dei politici (e delle banche), nessuno si lamenta, nessuno protesta realmente e con convinzione con l’obiettivo di ottenere qualcosa, ne è un plateale esempio il voto … si vuole cambiare ma non ne abbiamo il coraggio, non amiamo assumerci il rischio dell’ignoto … si chiama paura!
    Mediamente stiamo ancora troppo bene … ci vediamo nel 2014-15!

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