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Tertium datur, ancora per poco

Mexico City.

Commento al post sulla BCE di Roberto:

le chiedo: al momento del dunque, che secondo me presto o tardi arriverà, se l’alternativa dovesse essere chiedere il prestito oppure uscire dall’euro lei cosa sceglierebbe?

Non contento della mia risposta, Roberto insiste: Professore, mi scusi se la incalzo, ma non ho capito quale tra le due opzioni lei ritiene quella più nefasta.

*

E’ una buona domanda. Che merita qualche pensiero in più. Ed un approccio non teorico ma concreto: e cioè individuare il contesto in cui sarebbe rilevante porsi un quesito di questo genere.

Prima domanda che mi devo porre:  in che scenario è rilevante quanto richiesto da Roberto?

Posso immaginare solo due scenari.

Scenario 1 : crisi dello spread, che raggiunge … fate voi…. quota 600

Scenario irrilevante per Roberto, perché la risposta è facile e sta sul post della BCE: si lotti contro l’austerità, altro che fuori dall’euro o sì ad un intervento BCE. Tertium datur, ed è irrilevante chiedersi cosa sia più nefasto.

Scenario 2:  ulteriore shock recessivo.

Analoga risposta di cui sopra darei a uno scenario in cui entriamo in una crisi ulteriormente recessiva a causa di rallentamento dell’economia mondiale: si facciano politiche espansive a livello europeo, altro che sì a BCE o no ad euro.

Se la recessione invece deriva da maggiore austerità, delle due l’una: o ce la siamo imposta da soli o ce l’hanno imposta l’Europa e la BCE. In ambedue i casi, diventa irrilevante cosa sia più nefasto, perché qualcuno avrebbe già scelto per me. Ma sarebbe una scelta che, imposta dall’Europa o dalla nuova coalizione italiana, violerebbe il mandato anti-austerità che hanno espresso gli elettori. A quel punto, di fronte a cotanta arroganza, mi schiererei per un referendum sull’euro.

Se e quando arriveremo al referendum sarà mia cura esprimervi la mia opinione se vi interessa su come voterò.

Seconda domanda: perché non mi schiero per un referendum ora? I lettori di questo blog lo sanno. Perché non ritengo, al contrario di altri, che vi siano state a tutt’oggi violazioni del processo democratico tali da dover mettere a repentaglio l’Unione europea (non sto dunque dicendo, come sanno bene i lettori storici di questo blog, che non vi siano state violazioni del processo democratico in questi ultimi anni a causa delle decisioni europee; come ve ne sono state, anche, nel ristretto sgabuzzino di casa nostra a cominciare da quelle che ogni giorno perpetriamo nelle carceri disumane in cui non ascoltiamo la voce di chi vede i propri diritti umani violati quotidianamente). E perché ritengo che a fronte di ciò i costi di una uscita che, sempre a mio avviso e non ad avviso di altri, comporterebbe la fine del processo di integrazione europea, siano a tutt’oggi una sciagura ben maggiore.

E’ ovvio che siamo vicini ad uno snodo critico. L’Italia ha esercitato in pieno e con sorprendente forza lo strumento democratico a sua disposizione. A fronte di ciò, o si ascolta il messaggio e lo si incorpora in politiche contro l’austerità, o si va avanti come se nulla fosse con l’austerità. In questo senso, tertium non datur: e tertium non datur anche per le risposte che darà la società italiana alle risposte che darà la politica economica europea anzi, la politica europea tout court. Perché oramai di economico in tutto ciò c’è, a ben guardare, molto poco.

12 comments

  1. Lei in genere scrive in due modi diversi: uno che si puo’ definire mozartiano, aperto, luminoso di clarte’ cartesiana e un altro che curiosamente tende a intorcinarsi in periodi un po’ involuti.
    In questo post siamo nel secondo “mode” e non lo interpreto come un buon segno. C’e’ da de-cidere ossia “tagliare”, non da “aggiustare” e il passaggio da una modalita’ all’altra del suo discorso la ritengo (arbitrariamente) causata da una prudenza accettata a malincuore o forse ormai senza troppa convinzione.
    Comunque che si sarebbe arrivati a dover decidere era ovvio, no?
    Ci sono cose inaccettabili e il fatto che ci si renda conto che “potrebbero” succedere significa inevitabilmente che succederanno.
    C’e’ ancora spazio per la democrazia ma si tratta di andare senza esitazioni al di la’ delle mediazioni troppo ostinate e fuori tempo, si tratta di buttare a mare senza pieta’ la politica dei partiti dei cortigiani dannati del PD PDL UDC Monti etc etc.; si tratta di parlare alla gente, non ai leader, ai cuori e non alle ponderate convenienze contabili.
    Ragazzi, ma in fondo non e’ meglio cosi’?
    Ve lo ricordate “La linea d’ombra” quando finisce quella terribile bonaccia che dura giorni e giorni, che aveva impantanato la nave in mezzo all’Oceano immersa negli immobili vapori dell’epidemia? In effetti all’arrivo del vento succede di tutto e ci si fa anche male a causa della violenza degli elementi ma alla fine quello e’ il passaggio piu’ bello del libro.

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    • Ma assolutamente no! “Ci sono cose inaccettabili e il fatto che ci si renda conto che “potrebbero” succedere significa inevitabilmente che succederanno?” Follia Marco. Nulla che potrebbe succedere deve succedere.
      Che ci sia ancora spazio per la democrazia è proprio quello che ci accomuna. Capisco invece la sua chiamata all’impegno. Per questo ci vediamo l’8 con l’assemblea dei viaggiatori. Si decide insieme, non con i blog.

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      • “Nulla che potrebbe succedere deve succedere”

        Intendevo un’altra cosa: quando “tutti quanti” ci si rende conto che “potrebbero” succedere e’ perche’ ormai e’ inevitabile che succedano. Qualcuno ci arriva prima, magari…

        Gustavo, perche’ non succeda non basta la chiamata all’impegno, occorre cambiare radicalmente il modo di pensare la societa’, di parlare a chi e come; occorre un taglio netto con il passato ossia con le persone che hanno rappresentato il passato.

        En passant faccio presente che nel VooDoo mi e’ stato detto che sono figlio dello spirito Elegua’ il quale apre i nuovi cammini e ai bivi indica la strada giusta ai viandanti, quindi purtroppo di solito ci prendo ma ovviamente si dice per scherzare.

        Perl’8 non so se trovero’ un posto in un altro volo ma faro’ di tutto per esserci. Se non posso venire io vi mando il mio Orixa’…:)

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  2. cesare del frate

    02/03/2013 @ 00:11

    E la Grecia? E’ ancora un Paese democratico? Come si è comportata la Troika in Grecia negli ultimi 5 anni? Alla Grecia, oggi, converrebbe uscire o rimanere nell’euro?

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    • Non non credo sia un Paese dove regni la democrazia. A naso credo che la Grecia, ma spero ne parli presto il mio amico e collega greco su questo blog, debba esprimersi con un referendum: spetta ai greci rispondere alla sua ultima domanda. Parrebbe che anche la Merkel l’abbia suggerito in camera caritatis ai greci, quindi non mi pare un suggerimento rivoluzionario.

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  3. Roberto Chen

    02/03/2013 @ 09:20

    Nell’ipotetico (si fa per dire) scenario 1, che non ritengo per nulla irrilevante, la risposta sarebbe facile?
    Lotta all’austerita? Coi soldi di chi, visto che quelli della BCE no e quelli dei mercati neppure (con lo spread a 600, figuriamoci)?
    Lo scenario 2, concordo, di fatto corrisponde a quello precedente. Per la verità non è nemmeno uno scenario, ci siamo dentro con tutte le scarpe, comprese quelle di ricambio.

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    • Scenario 1 legga programma dei viaggiatori. E stia attento a quello che dicono i mercati questi giorni ho appena letto una Ansa con intervista a uno dei presidenti Goldman Sachs che è alquanto paradossale, conferma parte delle mie sensazioni su cosa dovrebbero percepire i mercati in questo momento sull’Italia.

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  4. Scusi , ma lei pensa che un referendum possa avere un senso ? Se per venti anni tutti gli organi di informazione ci hanno bombardato con il messaggio che fuori dall’Euro ci aspettano peste e carestia come crede che voteranno le persone?
    Neanche in Grecia, in cui la situazione è ormai insostenibile la maggioranza è per l’uscita.

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    • No per me adesso non ha senso.
      Come voterebbero? Col cervello. Il che non significa necessariamente che voteranno per uscire dall’euro. Voteranno.

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  5. “una uscita che, sempre a mio avviso e non ad avviso di altri, comporterebbe la fine del processo di integrazione europea” cit.

    Ma se la banale fine di un aggancio valutario arrischiato (l’aggettivo è eufemistico) dovesse comportare la fine del processo di integrazione europea, ho l’impressione che dietro questo processo non sia rimasto davvero più nulla, cioè che se così fosse, allora la volontà (quella vera, appassionata, vitale) di procedere verso una maggiore integrazione già ora non esista più.
    Ma se così fosse, allora perchè ostinarci a stare dentro una gabbia economica e politica che per non stritolarci richiede estrema collaborazione e volontà di cooperare da parte di tutti?

    Insomma, non si tiene insieme l’Europa con lo sputo. Dobbiamo volerla veramente: io la voglio, e la vorrò anche dopo un’eventuale uscita dall’aggancio valutario “arrischiato”.
    Ma se per altri non è così, allora è meglio sganciarci immediatamente (e temo che sia così).

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  6. L’uscita dall’euro implicherebbe una svalutazione monetaria senza precedenti. E inflazione. Praticamente si andrebbe a comprare latte e pane con banconote da 100 euro. Non mi piace neanche l’idea di un finanziamento della bce senza fine. Il punto è sempre e solo quello. Crescita crescita crescita.

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