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Che ci piaccia o no, l’Europa siamo noi

Difficilmente viene naturale riprendere quasi nella sua interezza un articolo di giornale. Ma trattandosi di Guido Tabellini, uno dei nostri migliori economisti, e avendo svolto lui un ragionamento di una linearità ammirevole che condivido QUASI in toto e che è in gran parte quanto da quasi 3 anni ripetiamo su questo blog, beh, val la pena citarlo (in corsivo) ad ampie mani dal Sole 24 Ore (grazie a Paolo per avermelo segnalato) e commentarlo.

*

Gli ultimi dati deludenti sulla crescita nell’area euro e in Italia confermano, se ancora ce ne fosse bisogno, l’inadeguatezza della strategia di politica economica seguita finora in Europa. Ogni Paese deve risollevarsi da solo, con riforme dal lato dell’offerta per riacquistare competitività, e con politiche di bilancio restrittive per riassorbire il debito pubblico. Ma il problema oggi nell’area euro è la carenza di domanda interna, non la competitività, e la stagnazione impedisce il rientro dal debito.

Nulla da aggiungere, perfetto!

Questo problema può essere risolto solo a livello europeo: i governi nazionali non hanno strumenti efficaci per stimolare la domanda aggregata, perché hanno le mani legate dal patto di stabilità e non hanno sovranità monetaria.

Qui leggo i prodomi del fallimento del ragionamento di Guido. Hanno le mani legate? Sleghiamole! Non abbiamo sovranità monetaria? Riprendiamocela! Ma ci torniamo più avanti, l’analisi di Guido si fa sempre più interessante.

Dal punto di vista tecnico, la soluzione sarebbe semplice e non avrebbe grosse controindicazioni. Ogni Paese dell’area euro dovrebbe tagliare le imposte di un ammontare rilevante (ad esempio del 5% del reddito nazionale), finanziandosi con l’emissione di debito a lungo termine (30 anni), e impegnandosi a ridurre i disavanzi nell’arco di cinque o sei anni, attraverso una combinazione di maggiore crescita e tagli di spesa. Il debito emesso dovrebbe essere acquistato dalla Bce, senza sterilizzarne gli effetti sull’espansione di moneta.

Il coordinamento tra politica monetaria e fiscale sarebbe essenziale per il successo dell’operazione: l’espansione monetaria farebbe svalutare il cambio e arresterebbe le spinte deflazionistiche; l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce eviterebbe l’aumento del costo del debito e, restituendo gli interessi sotto forma di signoraggio, ne alleggerirebbe il peso. E il taglio delle imposte darebbe uno stimolo diretto alla domanda aggregata, in un momento in cui i tassi di interesse sono già a zero e il canale del credito è bloccato dalle sofferenze bancarie.

E va beh, non si può avere tutto dalla vita. Tabellini, come Perotti, Alesina e Giavazzi, credono che l’abbassamento delle tasse e la riduzione della spesa (non degli sprechi, della spesa, ma ci torniamo dopo) siano espansivi. Non sarebbe difficile fargli vedere che tutti i dati scientifici a disposizione mostrano che tagli di spesa sono molto recessivi e diminuzioni di imposte poco efficaci in una recessione da domanda di questo tipo perché famiglie ed imprese non spendono le minori tasse ma le tesoreggiano in attesa che torni il bel tempo. Ma sostituite con “maggiori investimenti pubblici” le sue “minori imposte” e con “tagli di sprechi” il suo “tagli di spesa” (e già, non sono la stessa cosa) e ci ritroviamo perfettamente. Anche se mi domando: non sta Guido in questo passaggio chiedendo proprio di slegare le mani legate dal Patto di Stabilità e dalla mancata sovranità monetaria, cosa che poco prima dichiarava impossibile?

Questo è sostanzialmente quanto hanno fatto o stanno facendo, con modalità diverse, Stati Uniti, Inghilterra e Giappone per uscire dalla crisi. Eppure un’ipotesi del genere nell’area euro è pura fantascienza, perché si scontra con i vincoli istituzionali di Maastricht e con il veto politico della Germania che teme l’azzardo morale. Di qui a sei o nove mesi probabilmente la Bce sarà comunque costretta ad acquistare i titoli di Stato, per cercare di contrastare la deflazione. Ma l’intervento sarà ancora una volta timido e tardivo, e soprattutto, senza l’aiuto della politica fiscale, poco efficace. In questo disarmante quadro europeo, cosa può fare la politica economica italiana?

Ah ecco. Quindi il problema è effettivamente il disarmante quadro europeo. E allora perché non far qualcosa al riguardo? Non capiamo. Ma seguiamo il ragionamento sull’Italia per un attimo.

Innanzitutto, non deve fare errori. Questo vuol dire soprattutto non aggravare la carenza di domanda aggregata attraverso aumenti della pressione fiscale. La cosa è tutt’altro che scontata, perché l’assenza di crescita mette a rischio gli obiettivi di bilancio, sia per l’anno in corso che per il 2015 (dove manca qualche decina di miliardi). Per il 2014 probabilmente non c’è più nulla da fare, ed è meglio avere un disavanzo sopra il 3% e se necessario rientrare nella procedura di disavanzo eccessivo, piuttosto che aumentare il prelievo.

Mmmmm. OK, quindi dobbiamo slegarci le mani dal Patto di Stabilità. Possiamo concordare, ma non è il contrario di quanto detto sopra? Andiamo avanti.

Per il 2015 non ci sono alternative al dare piena attuazione ai tagli di spesa identificati dal rapporto Cottarelli, accelerandone i tempi. È inutile illudersi che esistano imposte innocue; in questa situazione qualunque forma di maggior prelievo avrebbe effetti negativi sulla fiducia e sulla spesa privata.

Bene, siamo d’accordo. Ma attenzione, non chiamiamoli tagli di spesa, se non vogliamo incappare in tagli lineari che ammazzano ulteriormente l’economia. Devono essere solo tagli di sprechi, un po’ come ha fatto il Regno Unito di cui oggi molti celebrano il successo.

In secondo luogo, è importante fare tutto il possibile per evitare ulteriori aumenti del debito pubblico. Non tanto perché lo impongono i vincoli europei, ma per non perdere la fiducia dei mercati. Le privatizzazioni devono ripartire, andando oltre i modesti obiettivi indicati dal programma di stabilità del governo Letta e confermati da questo governo (1% del PIL ogni anno), e finora disattesi. La situazione sui mercati finanziari non è sfavorevole, e qualunque ritardo o esitazione sarebbe del tutto incomprensibile.

Un po’ banale questo passaggio (anche ricordando che le privatizzazioni sono previste per 0,7% l’anno): il debito su PIL sale perché il PIL scende. E continuerà a salire quando le privatizzazioni saranno finite (presto); non saranno certo loro a rassicurare i mercati che esigono crescita dall’Italia. Il che ci porta naturalmente alla proposta di Guido sulle famose riforme: come potevano mancare anche se all’inizio aveva detto che l’offerta non c’entra niente con questa crisi da domanda?

E le politiche dell’offerta per ridare competitività all’economia italiana? Anche se il loro effetto sulla crescita è dilazionato nel tempo, sono comunque urgenti e essenziali, per due ragioni. Primo, per rinforzare la fiducia delle imprese e dei mercati finanziari sulle prospettive future dell’economia italiana. Secondo, per vincere le resistenze europee ad adottare politiche macroeconomiche più espansive.

Ecco, le riforme non incidono ora sul PIL (quindi come abbattiamo il debito su PIL se non con politiche della domanda?). Ma servono per convincere la Germania a farci fare politiche più espansive (quanto espansive?). Può darsi. Ma quali riforme? Io penso per esempio che una buona spending review, assieme ad un abbattimento dei vincoli regolatori per le PMI, sia l’unica cosa di cui abbiamo veramente bisogno come riforma.

In altre parole: la crisi economica non potrà essere superata senza una svolta nelle politiche macroeconomiche di tutta l’area euro. Ma questa svolta non ci sarà senza riforme radicali nei paesi del Sud Europa. Che ci piaccia o no, questa è la realtà della moneta comune.

Insomma, capiamoci. Le riforme non servono a risolvere la crisi, la crisi si risolve con politiche fiscali che rinnegano il Fiscal Compact e che levano indipendenza alla BCE quando questa come oggi non rispetta il suo mandato, eppure… facciamo le riforme perché non possiamo fare altro e così forse ci permettono un pochino di fare la cosa giusta. Che ragionamento convoluto e poco efficace (se abbiamo bisogno di tanto spazio per la politica monetaria e fiscale come pensare che ne otterremo tanto a parità di regole?).

“Che ci piaccia o no, questa è la realtà della moneta comune”? Evidentemente Guido non ci piace, né a te né a me, ed allora perché non cambiarla? Per esempio battendosi contro il Fiscal Compact come stiamo facendo noi oggi con il Referendum contro l’austerità?

Quello che sfugge a Guido Tabellini è che l’EUROPA SIAMO NOI e se qualcosa non ci piace, la possiamo cambiare noi perché è cosa nostra, non altrui. Altrimenti, negandolo, Guido Tabellini avrà servito su un piatto d’argento la migliore ragione per la morte del progetto europeo: la sua mancanza di democrazia. E siccome Guido di studi sulla democrazia importanti ne ha fatti tanti si candida naturalmente come primo esponente degli economisti Bocconi a firmare il nostro referendum.

27 comments

  1. Francesco Fortini

    27/07/2014 @ 11:15

    “Non abbiamo sovranità monetaria? Riprendiamocela! “. Come si fa a dire questo senza dire nella frase successiva: “Dunque usciamo dall’euro”?.

    Egregio professore, sappiamo tutti che l’euro e’ troppo forte per la nostra economia, e a noi converrebbe che svalutasse almeno del 20%. Sappiamo anche che l’euro e’ troppo debole per la Germania, vedi gli squilibri sulle esportazioni tedesche. Come facciamo dunque a continuare a dire che sia possibile avere una moneta in comune tra Germania e Italia? Quando si avra’ il coraggio di affermare che non e’ possibile inventare alcuna politica economica comune che vada bene sia per la Germania che per l’Italia, per motivi semplicemente matematici?

    Infine, il suo referendum: se chi ci tiene nell’euro anche a costo della nostra rovina totale pensa che sia necessario il fiscal compact (per i fini tedeschi, che non coincidono con i nostri fini) stia pur sereno che il referendum sara’ considerato incostituzionale, oppure ci sara’ un battage mediatico che convincera’ gli elettori italiani a tenersi il Fiscal Compact altrimenti ci sarebbe la morte, esattamente come hanno convinto tutti gli italiani che fuori dall’euro ci sarebbe la morte. Lei non puo’ nulla contro i vari Floris e Plateroti, si metta l’animo in pace.

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    • Svalutare si può certamente, rispetto al dollaro ed allo yuan. Ma non lo fanno. La sovranità monetaria significa una sola cosa: avere il controllo della propria banca centrale rispetto agli obiettivi che ci siamo dati per essa. Ma non l’abbiamo.
      L’euro non c’entra nulla con l’attuale crisi, stia sereno, e non voglio far perdere ai cittadini italiani 10 anni a parlare di soluzioni che si rivelerebbero fallimentari perché il problema è ovviamente politico e non economico. Ma lei mi parla solo di tassi di cambio ed io non posso che dirle auguri.
      Altra questione importantissima è quella che invece lei menziona su stampa e costituzionalità: e qui concordo con lei. Ma lo vede, lo capisce anche lei, la questione è politica, non economica. Fuori dall’euro, senza aver vinto la battaglia politica, è destinato a morire di austerità ancora maggiore e irrilevanza globale.

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  2. Seguo con attenzione i suoi post, anche se non sempre condivido.
    Sono molto contento dell’iniziativa sul Fiscal Compact e sono stupito che i soggetti della sinistra non abbiamo colto il peso politico dell’iniziativa.
    Detto questo, credo che non le sia chiaro, o forse non lo vuole ammettere che, una serie di economisti, che io definirei neo-liberisti (Austriaci, scuola di Chicago, Ordoliberisti…..) puntano sostanzialmente a esplorare nuove forme di superamento della democrazia con relativo svuotamento della stessa.
    Quindi, il fatto che l’Europa NON siamo noi è, per loro, acquisito perché per fare le riforme (le loro riforme!) serve il vincolo esterno (chi poi governa il vincolo esterno non lo so).
    Ovviamente è inutile urlare al Fascismo, credo però che questo punto sia interessare aprire il dibattito sul rapporto fra democrazia ed economia (o poteri economici).
    Saluti
    Gabriele Giustiniani

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    • Caro Gabriele, punto interessante. So che a volte bisogna urlare per dire le cose, ma non mi pare ce ne sia bisogno in questo caso. Il fatto stesso che lei ha reagito al mio pezzo con questo suo commento vuol dire che ho raggiunto il mio scopo.

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      • Anche l’austerità non è che una pistola fumante; l’assassino chi è?
        Nominare il nemico è un passo ineludibile.

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        • Pubblicato sotto il post sbagliato…mi rifervo a quello sotto con l’euro, la pistola fumante e l’assassino ( un bel titolo per un libro, fra l’altro…)

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    • Gabriele se vai a vedere fra le associazioni sostenitrici trovi Pdci, Movimento Popolare di Liberazione, Rifondazione Comunista, cioè non solo sinistra “vera” ma gente che ha fatto i movimenti degli anni ’70 e ’80.
      Se chiami sinistra il PD (secondo te Gozi è di sinistra? D’Alema c’entra vagamente qualcosa con la sinistra?), ossia il partito che ha scelto il liberismo come dottrina economica, c’è un problema sull’accezione del termine.
      Pensa che il professor Piga in un altro post notava, al contrario di te, che quello che mancava era l’appoggio e la partecipazione della media borghesia.
      Il problema è che, partendo dal presupposto che questa è una crisi principalmente della democrazia più che economica, oggi sarebbe necessaria una nuova alleanza fra lavoratori, piccoli imprenditori e le classi dei professionisti (avvocati, medici, ingegneri, professori di università) che però richiederebbe inevitabilmente una ridefinizione dei rapporti sociali e di lavoro per la quale il mantenimento della rendita di posizione (unico obiettivo esistenziale del medio borghese) diventerebbe sostanzialmente impossibile.
      Una politica espansiva (quella a cui mira anche il referendum contro il FC), come si è visto negli anni ’60 e ’70, porta le classi subalterne a un livello di benessere che le spinge automaticamente a delle maggiori “pretese” non solo economiche ma di rappresentatività politica; le classi medie sanno che la primissima vittima di una nuova “redistribuzione” sarebbe loro rendita di posizione economica e sociale e infatti, come è successo dalla fine dei settanta ad oggi, si sono spostate stupidamente verso le politiche economiche liberiste alla Thatcher e Reagan che facevano abbassare la cresta a sindacati e dipendenti non rendendosi conto che chi le proponeva aveva come primo obiettivo i lavoratori ma il secondo bersaglio erano proprio loro della middle class (difficile pensare a una maggiore ingenuità da parte di gente con un certo livello di cultura, vero? Eppure non se ne sono accorti…).

      Ora se non si realizza questa nuova alleanza fra borghesia locale e lavoratori le “oligarchie” vinceranno senza problemi, gli basterà calibrare la distribuzione dei privilegi in maniera anche molto meno generosa di come hanno sempre fatto.
      A sinistra queste cose molti le hanno capito infatti il dibattito verte su quello che in gergo sinistrese si chiama “il fronte interclassista”.

      Tu credi che queste cose la media borghesia le capisca?
      Io credo proprio di no e ciò che rende tutto molto complicato è che questo fronte interclassista può nascere solo se la “borghesia” andrà dai lavoratori a prospettare l’alleanza offrendo questa nuova prospettiva di rapporti sociali e di lavoro, non il contrario.
      Ma nonostante le bastonate ricevute, nonostante sia sempre più chiaro che il target nel mirino del killer sono proprio loro di middle class, continuano imperterriti a pensare che per prima cosa bisogna salvaguardare le condizioni che consentono il mantenimento della rendita sia in termini economici che di distinzione di classe.

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        • Che è sto “OK”?
          Guardi che il mio discorso implica che lei si deve dare una mossa e passare dalle proposte di governance spicciola (ottime ma irrealizzabili senza la consapevolezza e la partecipazione dei cittadini che va costruita ex nihilo – e sarebbe compito suo, per la verità…) alla politica alta, agli ideali, al parlare alla gente a tutti i livelli non solo alla “piccola impresa-media borghesia-università”.
          Lei ha il potenziale per essere quella persona che un celebre sociologo francese descriveva come dotata del “diritto/dovere di ascolto” (ha diritto di parlare a un vasto uditorio e la gente parte con l’idea che ha il dovere di pensare che dice il vero) però il primo a buttarsi nell’acqua fredda e nuotare deve essere proprio lei, mi spiace.

          Poi se ho frainteso e era solo un OK ironico non c’è problema (anche perché io ho ragione e un giorno le cose che dico le capiranno tutti. Spero non troppo tardi…).

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      • LAPSUS
        Errata corrige

        Ho scritto

        “gente che ha fatto i movimenti di sinistra degli anni ’70 e ’80″

        ???

        Quali ottanta…

        Volevo dire ” anni ’60 e ’70″, negli anni ’80 era finito tutto e regnava il borghesume del famoso “riflusso”.
        Finì tutto pochi mesi dopo la morte di Aldo Moro; fu una cosa impressionante la velocità con cui tutta quella energia giovanile che dagli anni ’60 sembrava ormai un dato oggettivo della società si ritirò istantaneamente nell’alveo del fiume del “normalizzato”.
        Si fecero molti errori e molte stupidaggini è vero, ma di quegli anni andrebbe recuperato l’impegno, l’imperativo morale della condivisione della lotta e la rabbia giovanile che oggi è diventata qualcosa di informe e incomprensibile dal punto di vista politico.
        Sta lì che cova sotto la cenere o se volete che dorme nel bosco; basta che arrivi la persona o il gruppo con le idee e le parole giuste e finirà la bonaccia dell’immobilità e del declino sociale.

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  3. Professore, è davvero disarmante l’ostinazione con cui lei continua a difendere l’indifendibile, ovvero l’euro. La moneta unica è l’architrave su cui regge l’austerità che riduce alla fame e alla morte migliaia di persone in Europa per restaurare la potenza tedesca (e del suo capitale) nel continente, con l’alleanza della borghesia compradora del sud Europa.
    Tutto il resto viene da sè: pensare che il referendum possa risolvere alcunchè è davvero ingenuo!
    Le elezioni sono passate, Sciolta Civica si è estinta. Un po’ più di onestà intellettuale non guasterebbe

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    • Quindi secondo lei l’austerità in recessioni nel mondo avviene solo nelle unioni monetarie appena nate? Mamma mia. Guardi che la politica è cosa più seria di un pezzo di carta, e che da quando è nata la moneta questa è mero simbolo – debole o forte – di cosa la politica decide sia da farsi e di che interessi rappresentare. Combatta quella e vedrà come cambia il suo euro. Non combatte quella ed il suo euretto chiamato lira sarà sempre nefasto.
      PS: Mica cito la sua disonestà intellettuale per controbattere alle sue opinioni. Semplicemente la loro scarsa razionalità alla luce di tanti secoli di storia economica.

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      • Antonello S.

        29/07/2014 @ 15:44

        Mi scusi Professore, ma credo che Saverio non intendesse sottrarre alla politica la sua parte di responsabilità, voleva solo sottindere (ma ormai anche i sassi l’hanno capito) che l’Euro, con le sue evidentissime ed incorregibili contraddizioni è la pistola fumante per ottenere quelle condizioni sociali deprecabili fortemente volute, anzi imposte da quelle forze che ormai da molto, troppo tempo stanno dominando la politica e la usano a loro piacimento per i loro fini.
        Per questo motivo principale, secondo il mio parere, non ha senso a prescindere provare a difendere un processo democratico che in Europa non è mai esistito, come dimostra in modo cristallino il funzionamento della Commissione Europea.

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        • Lo ripeto: si può fare austerità fuori dall’euro. E si farebbe. Perché questa è la politica dominante. Allora per favore combattiamo l’assassino non la pistola fumante.

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  4. Siamo in guai molto seri, ma immersi anche nell’irripetibile occasione di potere cambiare qualcosa di importante, che significa anche, entrare nei vuoti che si aprono all’interno delle tante contraddizioni.
    Voglio veramente sperare che ne approfitteremo!
    Spero fortemente che non svanisca l’idea di una grande opportunità per iniziare ad uscire da questa situazione, consapevoli che la delegittimazione delle attuali politiche europee per introdurne di nuove, oltre che ad essere impresa ardua potrà provocare conflitti che potranno essere per certi versi molto aspri, ma se non si lotta per rimettere a posto le cose, per inseguire la giustizia, tanto vale limitarsi a indignarsi qua e là e fare uso insensato dello slogan “uscita da euro”.

    Non siamo nel nulla, “Europa siamo noi”.

    Per questa ragione iniziative concrete e molto impegnative sono già in atto, il concretizzarsi di nuove idee è già realtà.
    Battendosi contro il Fiscal Compact con il Referendum contro l’austerità, un passo da gigante verso la nuova frontiera è stato fatto, è auspicabile che questo tentativo coraggioso non meno che laborioso, diventi un progetto compreso e condiviso da tutte le forze a livello nazionale dimostrando così, come dimostrano i Viaggiatori e altri promotori dell’iniziativa, che ognuno risponde per sé come individuo e per il proprio ragionamento e lo può fare assieme agli altri, e non per le congetture che ha dietro e che appartengono oramai alle stupide e ottuse ideologie.

    Cito TizianoTerzani che dice “il sogno di ogni viaggiatore è arrivare là dove nessuno è stato”.

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    • Rifiutare le “ideologie” è un pregiudizio fortemente ideologico di chi tende a vedere i problemi solo sub specie governance. Il mondo sarebbe un quartiere residenziale fatto solo di private backyards e se ognuno cura il proprio tutto il quartiere sarà in ordine. Non funziona precisamente cosí.
      Questo referendum purtroppo difficilmente avrà successo (un ragazzo al banchetto a cui ho firmato mi ha detto che la situazione non era buonissima perché nessuno sa cos’è il Fiscal Compact…se anche si raggiungesse la quota di firme ci saranno ostacoli di tutti i tipi dato che si va a toccare un caposaldo delle politiche “tecno-oligarchiche”…) ma sicuramente avrà permesso ad alcune forze politiche e sociali di prendere in considerazione (ancora alla lontana) l’idea di un dialogo fra classi e aree politiche diverse.
      Ci penseranno gli eventi a rendere più urgente la necessità di implementare questo dialogo, di questo si può essere sicuri.
      Saranno però necessari non solo degli ideali comuni ma anche degli ideali particolari, quelli che chi ne è estraneo chiama per banalizzarli “ideologie”.
      In breve: è un enorme errore dire che dobbiamo collaborare “al di là delle ideologie” come se la differenziazione fosse un limite all’aggregazione.
      Bisogna invece dire che pur essendo diversi abbiamo evidentemente dei punti fermi da difendere insieme, che siamo tutti sotto la stessa minaccia; questa diversità politica, culturale, di storia di attivismo e sociale che viene identificata sbrigativamente con l’ideologia è la base di massima in cui si riconoscono gruppi e persone le quali private di queste fondamenta si troverebbero a militare senza un’identità quindi senza una reale spinta alla partecipazione se non per l’unica cosa che gli resterebbe e cioè l’interesse privato. Non si va molto avanti cosí.

      Per questo sostengo che il passo fondamentale è “nominare il nemico” perché in primissima istanza il fattore di aggregazione immediato può essere solo il riconoscimento del fatto che esiste un nemico comune a classi e aree politiche che fino a ieri erano tradizionalmente in conflitto fra loro.

      Il superamento dell’aspetto più “fossilizzante” delle ideologie avverrà, come è ovvio, solo dopo un periodo non brevissimo di dura lotta insieme e di paziente instancabile dialogo con “tutti” partendo precisamente dal rispetto della loro identità culturale, politica, di militanza e sociale.

      Intendo dire quindi che va rispettato anche chi afferma di NON avere una sua ideologia perché “crede” che esista solo la responsabilità per le proprie scelte personali (il che naturalmente è un’ideologia – anche se “debole” e non “forte” – ma proprio in quanto ideologia in cui alcuni “credono” con fervore lodevolmente religioso, va appunto rispettata).

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  5. Credo che tu Marco ti riferisca a me, a quanto ho scritto.

    Non sono assolutamente contro l’ideologia, sono contro l’insensatezza dell’irragionevolezza dell’ideologia.

    L’ideologia si è frantumata con tutta la sua bellezza che era nella politica e negli ideali, cioè nella passione, non fare le cose giuste solo perché ordini di scuderia dicono diversamente è ideologia corrotta, un prezzo altissimo che abbiamo pagato e che paghiamo tutt’ora, non solo come società ma anche come individui.
    Non sono certa anzi certissima che il significato di questo tu l’avessi già afferrato e condiviso, se poi è stato spunto di approfondimento meglio così, ti confermo che sono in parte d’accordo con te, questa volta anche nella correttezza del dialogo.

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    • In merito agli “ideali particolari, quelli che chi ne è estraneo chiama per banalizzarli ideologie”…
      Rispondo che si può e si dovrebbe poter parlare di sé del proprio pensiero e delle proprie osservazioni come un rispettabile impegno, senza fraintendimenti, senza l’addebito, se vogliamo anche un po’ superato, di individualismo borghese.
      Questo modo di etichettare fatti e persone oltre che superficiale è molto violento, poiché qui sta il pre-giudizio.
      E’ un sistema inaccettabile divulgato proprio dall’insensatezza di certe ideologie, che esistono diffusamente a 360º e che ci fanno vivere in modo stupido, ma nulla hanno a che fare con la vera rivoluzione che è l’evoluzione, una visione obiettiva in questo grande desiderio di cambiare le cose.

      Non si può scindere il rapporto con la collettività dal rapporto con sé stessi, mai.

      Reply
      • “Una visione obiettiva…”
        “La rivoluzione è evoluzione”

        Temo che la vostra predilezione per le mezze misure, il buon senso, il procedere sempre per gradi per non turbare l’ordine (di classe) esistente, in una parola la vostra ideologia, sarà messa a dura prova.

        Ripeto quello che ho detto varie volte: se volete fare politica vera dovete “sporcarvi le mani” e per adesso siete lontanissimi dal farlo nonostante in quanto movimento della borghesia media dei piccoli imprenditori, professionisti e intellettuali abbiate un potenziale
        Perché dovreste sporcarvi le mani?
        Intanto per “capire” chi siete veramente ma soprattutto, questo è il punto, perché state per essere spazzati via come classe e quindi vi converrebbe muovervi per tempo.

        Questa è una mia personalissima visione di quello che succederà nei prossimi anni, che potrà dimostrarsi del tutto sballata quindi non pretendo che nessuno ci creda per forza.
        Diciamo però che se vedo giusto, sia voi che la sinistra state giochicchiando mentre l’uragano si avvicina e non mi pare una cosa intelligentissima.

        Reply
        • Marco, non voglio approffitare di questo spazio più di quanto abbia già fatto,aggiungo solo una cosa perchè è importante
          Non ho nessun titolo per parlare a nome di altri e tantomeno dei Viaggiatori, che cito solo per sostegno, totale approvazione e grande gratitudine per tutto quello che al di là delle parole di concreto stanno facendo, le mie opinioni sono osservazioni strettamente e assolutamente personali. È bene ricordarlo.

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          • Maria Cristina incarna al meglio il cuore de I Viaggiatori. Nessuno più di lei può rappresentare la spinta ideale che ci anima. Marco ci spinge a andare in direzioni sconosciute. Ben venga il vostro dialogo ed in effetti facciamoci trovare preparati.

    • Non so, avevi detto

      ” ognuno risponde per sé come individuo e per il proprio ragionamento e lo può fare assieme agli altri, e non per le congetture che ha dietro e che appartengono oramai alle stupide e ottuse ideologie”

      Notare l’ “ormai”…

      Io ho fatto presente che con questo approccio si riesce a fare tutt’al più una politica di piccolo cabotaggio in cui si partecipa principalmente ognuno in nome della propria piccola rivendicazione.

      L’adesione ideologica non è il supremo punto di arrivo ma è un imprescindibile punto di partenza.
      Come vedi anche se Grillo ha preso molti voti dicendo più o meno che destra e sinistra non significano più niente, guarda caso i due parlamentari di punta sono un ex attivista dei movimenti di sinistra sociale e il figlio di un esponente dell’MSI. Le loro ideologie non sono stupide e ottuse, senza rinnegarle o sminuirle hanno capito che hanno un nemico comune quindi possono e devono lottare insieme; la spinta gliela hanno data proprio quelle ideologie di appartenenza, non altro.
      E il limite politico di Grillo, almeno fino adesso, è la sua incapacità di portare la protesta in piazza attività che richiede una spinta che le proposte di governance lasciate alla “responsabilità individuale” non sono in grado di fornire.

      Quindi in generale occorre un drive ideale forte che può essere necessariamente solo di gruppo e non individuale; questo ovviamente comporta una certa dose di ideologia acritica che col tempo si spera si evolva ma se butti quella butti il bambino insieme all’acqua sporca.
      Siccome voi non avete la possibilità di creare ex nihilo un’ideale così forte (lo potrete fare solo dopo alcuni anni di lotta “vera” sporcandovi davvero le mani) potrebbe essere una buona idea iniziare prendendo in considerazione anche le ideologie esistenti che in altri termini significa intavolare un dialogo con quei movimenti che storicamente sono capaci di muoversi molto bene fra “il popolo” e di mobilitarlo (poi magari si scopre che siete dei mobilitatori nati ma per adesso non ho questa impressione).

      Cara Cristina, le mie sono opinioni che si fondano su una certa visione degli sviluppi futuri che si potrà dimostrare sbagliata ma se invece le cose dovessero andare come penso vi potreste trovare a doverci riflettere sopra.

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      • E’ probabile Marco che andrà finire come dici tu, questo d’altronde vale per tutte le opinioni, il futuro è terreno troppo incerto per coltivarvi verità, possiamo appoggiarci solamente al nostro indicatore personale quando valuta informazioni e osserva i fatti.
        In questi strani tempi più che mai occorrono menti aperte, ripulite da preconcetti e pregiudizi pronte ad agire con attenzione considerando i rapidi cambiamenti spesso incomprensibili proprio perché sfuggono alla retorica comune.
        Questo ci terrà assieme inevitabilmente, ancor prima di far quadrare i conti, verso uno scopo comune, proprio perché verrà a mancare la barriera della incomunicabilità.
        Questa è per me la vera longevità.

        Il mio parere è ininfluente, ma vedo questa apertura come l’unica formula per dare ampio respiro e possibilità di aggregazione ad iniziative utili e nuove, come il lavoro altamente strutturato e di buon senso che da tempo il prof Piga assieme ai Viaggiatori si impegnano a sviluppare, non solo per combattere la crisi, ma anche per cambiare la nostra vita, per costruire il futuro.

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        • Sí sí, il vostro movimento ha grandi potenzialità però rimanete sul terreno delle “soluzioni che rendono efficiente il sistema esistente”.
          Vi dimenticate che il vostro referente abituale col quale di solito andavate a cena, per usare una espressione cara al professore, da un po’ di tempo vi ha messo nel menu.

          Quindi secondo me le vostre soluzioni, che ritengo ottime, non saranno applicabili perché non esiste la volontà di applicarle.

          Comunque inutile insistere sulle ipotesi, seguiamo gli eventi e possibilmente cerchiamo di non farci prendere completamente impreparati.
          Quando si è più deboli l’unica speranza è un timing capace di essere costantemente in anticipo sull’avversario.

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  6. Grazie Prof è un riconoscimento troppo grande, ma è una immensa gioia vederci assieme sulla stessa posizione umana.
    Marco grazie, questo è veramente il luogo del dialogo, una bella opportunità non per convincerci reciprocamente ma per conoscersi.

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