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Ridurre gli stipendi ai politici non fa solo risparmiare soldi. Per fortuna.

Cosa succederebbe al nostro Paese se riuscissimo effettivamente a ridurre gli stipendi dei politici? Risparmi? Mah, insomma, ho sempre sostenuto che fosse poca roba.

Ma ci possono essere altri effetti. Certo non possiamo immaginare che questi politici, dimezzato il loro stipendio, lavorino quanto prima (anche se secondo alcuni già non lavorano ora… cosa a cui io non credo troppo nel senso che credo che potrebbero anche … lavorare di meno!), né che quelli che prima trovavano attraente entrare in politica lo facciano ancora, né che si ricandidino persone con le stesse qualità medie.

Non è facile trovare conferma a queste supposizioni. Se non che ….

Se non che 3 studiosi Raymond Fisman, Nikolaj A. Harmon e Emir Kamenica che lavorano negli Stati Uniti ed una danese, Inger Munk, hanno appena reso pubblico un loro studio (da validare, cioè da essere valutato attentamente prima di poter essere pubblicato) che ci aiuta tantissimo nell’ottenere una risposta ai nostri quesiti.

Guardando al Parlamento Europeo, questi ricercatori hanno notato che, “prima del 2009, ogni parlamentare europeo riceveva lo stesso salario dei parlamentari della Camera nazionale. Ciò induceva grandi variazioni tra parlamentari europei … nel 2004 i più pagati erano gli Italiani con un salario annuale di €144084 ed i meno pagati, gli ungheresi, ricevevano €10080 annui. E anche parlamentari provenienti da paesi con ricchezza simile percepivano salari molto diversi. Per esempio gli spagnoli erano pagati €38,396 annui, circa il  75% in meno dei colleghi italiani, anche se il reddito pro-capite era simile. Nel 2005, le due camere dell’Unione Europea hanno deciso di effettuare una armonizzazione degli stipendi: dal primo giorno del nuovo mandato che partiva nel 2009 tutti i parlamentari ricevono uno stipendio identico di circa €84,000.”

Per alcuni dunque (come gli italiani) grave perdita, per altri (come gli ungheresi) grandi guadagni.

Come hanno cambiato i loro comportamenti i parlamentari italiani e quelli ungheresi dopo questa riforma? Hanno ancora cercato di candidarsi? Hanno mantenuto lo stesso tasso di assenteismo? E gli eletti nel 2009 erano più istruiti o meno di quelli del 2004?

I risultati sono interessanti.

Primo, raddoppiare il salario di un parlamentare aumenta la probabilità che quello si ricandidi del 23%. I soldi dunque contano, non solo le aspirazioni altruistiche e di servizio pubblico. Anzi, aumentano anche i partiti che propongono candidati.

Tuttavia variazioni del salario non incidono su tassi di assenteismo durante le sessioni. Sul tasso di assenteismo incide piuttosto la nazionalità di provenienza: non solo i parlamentari provenienti da paesi che hanno un indice di corruzione più alto appaiono avere una più alta probabilità di essere assenti alle votazioni, ma hanno anche una più alta probabilità di firmare il registro per ottenere il rimborso (alle 7 di mattina) e poi “scappare” non presenziando in aula (cosa questa che diede luogo ad un noto scandalo al Parlamento Europeo). L’Italia è tra i paesi considerati da indicatori internazionali come a più alta “percezione” di corruzione.

Terzo, raddoppiare I salari diminuisce la probabilità che il parlamentare provenga da una buona università. Insomma salari più alti riducono la qualità dei parlamentari (sempre che il loro titolo di studi sia un indicatore di una qualche maggiore qualità e qui io ho dei dubbi, anche se non enormi).

Insomma, torniamo al punto di partenza. Se dovessimo riuscire a ridurre gli stipendi dei nostri politici nazionali aspettatevi che: molti di loro non si ricandidino alle prossime elezioni, alcune liste spariranno, non peggiorerà l’assenteismo in aula di quanti lì restano (anche se ciò non vuol dire che il livello dell’assenteismo sia basso e non vada combattuto) e migliorerà la qualità dei parlamentari (misurata dal livello d’istruzione), forse perché resteranno a candidarsi solo quelli che ci tengono non tanto per i soldi quanto per l’idea del servizio e della missione, pubblici.

Non è dunque solo una questione di (piccolo) risparmio che ci motiva a schierarci con convinzione sul fronte del taglio degli stipendi ai nostri parlamentari. Per fortuna c’è ben altro.

Aggiungo che (come dissi anni fa in un’intervista al New York Times), anche se gli autori non lo menzionano,  un calo degli stipendi ai politici porterà molti dei nostri giovani a modificare le loro carriere professionali verso attività più produttive e meno redistributive, spesso con vantaggio anche per il Paese.

5 comments

  1. Dostoevskij

    15/01/2012 @ 19:00

    Salve professore, Lei pensa che possa esserci una correlazione tra stipendio e corruzione?
    Ovvero a salari più bassi una maggiore propensione ad accettare ” mazzette ” ?
    Oppure vale la regola del, ” lo farebbero anche con gli stipendi raddoppiati perchè i soldi non sono mai abbastanza ” ?

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  2. La riduzione degli stipendi ai parlamentari va fatta per ragioni etiche, non economiche, così come non sono economiche ma di efficienza le ragioni per cui andrebbero anche ridotti di numero. C’è tanta distorta informazione quando si parla di “costi della politica”: la ciccia di questi costi è nell’occupazione sistematica dei luoghi di potere, nel mantenimento degli apparati inutili, nella corruzione.
    Per come la vedo io, il problema della qualità andrebbe affrontato a) abolendo l’art 67 della costituzione, grazie al quale oggi chi viene eletto non ha vincolo di mandato – cioé non risponde ai suoi elettori; b) istituendo un meccanismo di esonero ove il parlamentare disattendesse il mandato per cui è stato eletto.
    Come concretizzare il punto b) non ho la minima idea, ma Michele Ainis in un post sulla sua pagina FB sostiene che qualcosa del genere esiste negli USA.
    Ma già dar corso al punto a) toglierebbe ai deputati un buon argomento per giustificare delle giostre indecenti.
    In breve: se questa gente sente il fiato sul collo solo una volta ogni 5 anni, anziché continuamente, e tenuto anche conto della propensione all’oblio degli elettori, non sarà mai stimolata a comportamenti virtuosi.
    Lei cosa ne pensa, prof?

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    • Che tanto tempo fa ci fu una proposta di centro destra di riforma della Costituzione che riduceva il numero di parlamentari e che per motivi a me misteriosi il popolo italiano bocciò con tanto di referendum. Fu un’occasione persa.
      Mi basterebbe una riforma elettorale che riduca il potere dei partiti. Conscio che negli Stati Uniti i senatori americani stanno lì da decenni e difficilmente li si scalza, anche perché hanno molti fondi delle lobby.
      Comunque nessuno lo dice ma il paese ha fatto passi immensi nella sua opposizione a comportamenti non etici, e la stampa è veicolo importante. Il fatto che ne vediamo di più denunciati forse è buon segno, non cattivo.

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  3. Giacomo Gabbuti

    18/01/2012 @ 00:00

    I temi di quel Referendum erano tanti, non solo il numero dei parlamentari. Tra l’altro, interessante visti i tempi, avrebbe reso obbligatorio il ricorso a nuove elezioni e reso impossibile la creazione di un governo Monti.
    Rimango convinto che non sia una questione di numeri, ma di sistema di incentivi – stipendi, e tutto il sottobosco, ma anche leggi elettorali. Non è che 1000 persone al servizio di un Paese di 60 milioni di abitanti siano poi troppi, il punto è far sì che siano le persone motivate e preparate ad avere incentivi e mezzi per arrivarci, e che siano poi messe in condizione di render conto del proprio lavoro.

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