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Quegli economisti che generano recessioni

Sul come giudicare la bontà di una politica economica:” La metafora che trovo utile è quella di un paziente che ha subito un incidente terribile ed  ha una emorragia interna massiva. Dopo  un’operazione salva vita per arrestare l’emorragia, il paziente probabilmente si sentirà ancora male e  potrà recuperare pienamente solo dopo una lunga degenza. Ma ciò non significa che l’operazione  non abbia funzionato. Bisogna giudicare l’effetto dell’operazione relativamente a cosa sarebbe potuto accadere senza di essa. Senza operazione, il paziente sarebbe morto.” C. Romer

Guardate il grafico. Indica l’andamento del tasso di disoccupazione di 3 paesi che, come richiesto ad alta voce da molti economisti in questi ultimi 20 anni, hanno cercato di ridurre la spesa pubblica.

Roberto Perotti, Prof. della Bocconi ed economista onesto e non ideologico, sta presentando in questi mesi il suo ultimo lavoro che guarda a 4 casi di paesi europei che hanno effettuato riduzioni di spesa e – anche se con qualche esitazione –afferma che i risultati scoperti “mettono in dubbio alcune versioni circolate delle “restrizioni fiscali che fanno bene al PIL”e sulla loro applicabilità a molti paesi nelle attuali circostanze.” Era ora.

Ma queste teorie, come ci ha ricordato Giuseppe Pennisi in uno dei commenti in questo blog qualche giorno fa, hanno lasciato cicatrici, purtroppo. E quali sono state le conseguenze di questi ragionare di consulenti ed economisti che si sono affrettati a raccomandare meno spesa pubblica per generare crescita, tesi di moda per tutti gli anni Novanta? Meno occupazione? Peggio. Ancora la Christina Romer: “un alto tasso di disoccupazione non solo rovina la vita delle persone, può avere effetti permanentemente dannosi per l’economia. Vi è qualche evidenza che più a lungo dura la disoccupazione, maggiore la possibilità che questa diventi permanente. E altri studi mostrano come lavoratori che passano un prolungato periodo di disoccupazione hanno salari più bassi e occupazione meno stabile per il resto della loro vita lavorativa”.

E dunque, ancora la Romer, cosa non ha funzionato se siamo in questa situazione? “La cosa che mi ha più disillusa (dell’esperienza alla casa Bianca con Obama NdR) è il come si parlava di politica fiscale. I politici e di gran lunga troppi economisti paiono parlare sulla base di ideologie piuttosto che di fatti …. L’evidenza è oggi forte come non mai che la politica fiscale conta – che stimoli fiscali aiutano l’economia a creare posti di lavoro, e che ridurre i deficit riduce la crescita economica, almeno nel breve periodo. Eppure tale evidenza non pare trovare sbocco nelle leggi fatte dai governi. E ciò è inaccettabile. Non risolveremo mai i nostri problemi se non possiamo perlomeno concordare sui fatti”.

E gli economisti? Beh, dovrebbero comprendere che il loro non è un lavoro qualsiasi. E che quando fanno affermazioni, o scrivono articoli sui giornali, specie quando si tratta di opinionisti riconosciuti, finiscono per avere un impatto serio sulla vita delle persone. Dovrebbero fare affermazioni basate su ricerca seria. Oppure tacere. Ma sugli economisti torneremo.

5 comments

  1. Caro Gustavo, alcuni di noi hanno previsto questo quando si costriva l’unione monetaria affidandosi a barracuda-esperti con poca dimestichezza con gli elementi di fondo della teoria economia. Negli anni della corsa verso l’euro, chi solleva dubbi e perplessità veniva accusato di essere anti-europeo ed anti-italiano, in breve “nemico della Patria” al soldo degli americani, dei russi o degli africani. Acqua passata, ora il nodo è come uscire dal pasticcio senza farsi troppo male. Perché non organizziamo un seminario con la partecipazione di qualche esponente del Governo “tecnico”?

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  2. Egon Tripodi

    27/11/2011 @ 19:34

    Caro professore, mi viene da chiedermi se dentro quei livelli di disoccupazione crescente non si celi anche una variazione della struttura della domanda di lavoro, accompagnata da una scarsa elasticità della offerta ad adattarsi alle mutate esigenze del mercato del lavoro. E poi, quanto lavoro in meno nel vecchio continente con – per dirne una – la delocalizzazione delle produzioni industriali e dei servizi? La ringrazio anticipatamente per la risposta che attendo con estremo interesse

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    • Noge Dipotri

      15/09/2014 @ 14:57

      No in verità sono le fatine che provocano tutto ciò.
      Ma che considerazione è questa?
      Il professore dice che il sole è una nana gialla e tu chiedi se il sole è giallo…

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  3. Personalmente io,uno di passaggio,affermo che un certo signore poeta, anche lui non economista,un certo Pound,aveva capito 60 anni fa che la meccanizzazione avrebbe ridotto di tanto il lavoro umano-,Le campagne, dove lavorava metà della popolazione ,sono abbandonate o al massimo vi lavora una sparuta minoranza.Pensare che non aveva visto la robottizzazione del lavoro!!.
    Se non ci fossero gli usurai ,il lavoro dovrebbe essere un servizio obbligatorio per rendere la vita meno noiosa.Altro che speculazione.Trovo inutile che andiate a discutere con dei professori impegnati nello sterminio di massa,spero tanto che siano di passaggio ed esacrati nei secoli a venire.

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