Il direttore Patte Lourde ci onora di un altro articolo ed io lo pubblico. Grazie.
Ottimi discorsi quelli del Presidente del Consiglio e del Ministro dello Sviluppo a Rimini in occasione delle prime giornate del Meeting di CL. Ma qualcosa di più andava detto. Almeno, vista l’elencazione dei capitoli che formeranno l’agenda prossima del Governo (o l’Agenda del prossimo governo?) un accenno alla Pubblica Amministrazione andava fatto. Come ricorda però sulle colonne del Sole 24 ore di oggi Davide Colombo “Il Governo sarà probabilmente celebrato per tanti obiettivi che verranno raggiunti con il primo ciclo di spending review ma non passerà alla storia per i nuovi interventi sul pubblico impiego.”
L’articolo é importante perché segnala come i risultati – di controllo della dinamica della spesa – siano stati raggiunti: “Questi motori (blocco del turnover e della contrattazione – ndr), a legislazione invariata, continueranno a funzionare fino al 2014 – anno del sostanziale allineamento tra la dinamica delle retribuzioni pubbliche con quelle private – con cali di spesa dello 0,6% quest’anno, 0,5 nel 2013 e 0,1 l’anno dopo.”
Ma, aggiunge Colombo ” Il gap che resta da colmare con gli altri Paesi riguarda la produttività. ” Da più parti si inizia a riconoscere che la PA è un fattore produttivo e che la questione non può essere limitata al solo aspetto finanziario, ma deve essere affrontato il tema della sua funzionalità per la competitività del Paese. Si parla tuttavia ancora poco del tema e sopratutto di ciò che blocca l’Amministrazione da diventare un elemento che “eleva la produttività dei fattori”. Mi sarebbe piaciuto sentire che la riforma della PA diventa un tema centrale dell’agenda di governo. Non per demoralizzare i lavoratori del pubblico impiego con vari appellativi, ma per instillare fiducia, promuovere la formazione continua e l’aggiornamento, inserire giovani anche con contratti a tempo determinato per portare nuove idee e nuovi modi di “fare amministrazione” o meglio di gestione della cosa pubblica. I due termini – amministrazione e gestione – sono spesso utilizzati come sinonimi, ma in economia aziendale essi hanno un preciso significato. In un’azienda la gestione è l’insieme delle azioni che l’organizzazione pone in essere per raggiungere i suoi obiettivi e compiere scelte (che bella questa parola). Perché uno dei problemi è proprio questo: l’amministrazione non è stata più messa in condizione di scegliere, ma svolge il suo ruolo prigioniera di leggi e decreti che le impediscono di esercitare un ruolo discrezionale – ma trasparente – nella gestione della cosa pubblica.
Non si creda che la discrezionalità sia facile da esercitare o che essa sia sinonimo di assenza di trasparenza o di controlli, che devono in primis mirare a “confortare” l’azione amministrativa (ovvero intervenire prima che questa sia posta in essere) e successivamente aiutare l’Amministrazione a correggersi quando le scelte operate si dimostrano inefficaci o distorsive. Questo perché, in assenza di un sistema di controllo a favore dell’azione amministrativa quale quello sopra accennato, è la stessa amministrazione che per paura di essere sanzionata tenderà a “nascondersi” dietro le leggi e i regolamenti. Serve un’azione incisiva di riforma del modo di lavorare della Pubblica Amministrazione; non basta “bruciare” leggi o puntare solo sulla riduzione dei costi o sugli incentivi.
22/08/2012 @ 07:41
Caro Professore, il tema ricorrente é: come ridisegnare la PA?
Definendo cose deve fare e cosa non deve fare. Proviamo ad elencare. Policy? SI. Regolazione? SI. Controlli? SI, SI. Acquisti? SI, ma intelligenti. Produzione di beni e servizi? NO, NO. La produzione di beni e servizi da parte della PA é quasi sempre inefficiente e distrugge la vitalità delle imprese. Tranne alcune eccezioni, infatti, ma sono eccezioni, la PA che compra fattori della produzione, tra i quali la manodopera, realizza un inefficiente processo produttivo che distrugge valore a causa della mancanza di economie di scala (25.000 Enti autarchici….) e dell’inefficiente impiego dei fattori produttivi (impianti sottoutilizzati, ad esempio). Ma c’é di più, purtroppo. Quando la PA acquista carta, inchiostro, macchina tipografica, energia elettrica, locali, riscaldamento, trasporto, spedizione, giorni/uomo di lavoro, ecc ecc per produrre e distribuire stampati, lo fa distruggendo le imprese italiane. La concorrenza pubblico-privato in qualunque settore é devastante. Perché invece non sviluppare la qualità e la capacita’ di acquisto degli Enti, aggregandola, e stimolare l’impresa sulla frontiera dell’innovazione, rendendola vitale e competitiva, trasformando così la spesa pubblica in investimento per innovazione e sviluppo?
Certamente non ho scritto come ridisegnare la PA, ma il perché.
Le sembrano buone ragioni? Sono sufficienti e convincenti per convincere i nostri decisori ad un intervento così ampio?
Domenico
22/08/2012 @ 13:09
Senza il minimo dubbio, al 100%. Domenico se ha dati su quanto potremmo risparmiare sarebbe bello condividerli con i lettori del blog, grazie. Non è detto poi che tutti questi dipendenti siano da mandare a casa: molti potrebbero lavorare nei settori strategici che lei menziona dove siamo più scoperti.
22/08/2012 @ 11:36
“…segnala come i risultati – di controllo della dinamica della spesa – siano stati raggiunti: “Questi motori (blocco del turnover e della contrattazione…”
Sarà, ma a prescindere da qualsiasi valutazione, il grosso su questo tema lo ha fatto il governo precedente.
“Da più parti si inizia a riconoscere che la PA è un fattore produttivo”
Sarebbe ora. Vale però la pena ricordare che la PA non è un’azienda, e che la produttività si misura in primo luogo come efficacia dei servizi erogati. Invece mi sembra che la tendenza sia sempre quella di applicare criteri meramente aziendalistici, con risultati disastrosi.
22/08/2012 @ 13:13
Io credo che Patte Lourde intendesse dire, quando parla di fattore produttivo, non tanto la produzione diretta (e qui faccio riferimento anche al commento di Domenico) ma al fatto che una buona Pubblica Amministrazione migliore la produttività dei nostri fattori della produzione, agendo di fatto come fattore della produzione indiretto. Ad esempio, l’acquisto di ecotomografi nella sanità permette ai nostri lavoratori di lavorare meglio quando tornano sani (rapidamente) in azienda. Oppure il riparare le buche sulle strade con celerità e qualità aumenta la produttività delle aziende che trasportano via tir i loro prodotti ecc. ecc. Ma chiederò a Patte Lourde chiarimenti su questo.
22/08/2012 @ 13:42
Certamente la produzione di servizi pubblici ed istituzionali si deve misurare con il metro del servizio pubblico: difesa, giustizia, regolazione, autorizzazioni, ecc, sebbene esistano comunque dei benchmark che ci possono dire se un Ente lavora con costi e risultati sopra o sotto la media.
Ma quando parliamo di servizi comunque offerti da aziende operanti sul mercato quale metro
usare se non quello aziendale? Acquistare la stampa di un libro a 100 euro (esempio riportato) quando un’azienda vincitrice di una gara lo produrrebbe a 75 é un doppio dispendio di valore. Il primo spendendo male i 100, ed il secondo dispendio consiste nella mancata opportunità di sviluppo e di reddito all’azienda che non partecipa all’appalto.
Proviamo a spostare l’esempio, dalla tipografia ai servizi, ad sempio quelli sanitari.
Come mai una TAC in un laboratorio pubblico (salvo rare eccellenze) richiede mesi ed un costo complessivo di gestione elevatissimo (impianti da milioni di euro che lavorano 4 ore al giorno…) e lo stesso servizio costa meno presso un laboratorio privato? E perché soprattutto, il pubblico impiego deve competere con il settore privato?
Altri esempi sono possibili nel trasporto pubblico, nei sistemi informativi ed in altri comparti.
Come ricollocare i lavoratori potenzialmente in esubero?
Le Amministrazioni di appartenenza, dopo anni di blocco del turnover, possono facilmente ricollocare il personale operativo in settori di mercato, in compiti di regolazione, di controllo e di acquisto, oltre che nel più ampio comparto amministrativo.
Domenico