Quanto sia importante insegnare bene lo possiamo immaginare tutti. Ma quanto “costa” l’insegnare male? Quanto costa alla società il non permettere e stimolare il buon insegnamento?
Sono tante le ragioni per cui si può insegnare male. Per esempio in luoghi a basso reddito e/o sviluppo, gli insegnanti locali spesso non saranno così bravi come in altre zone più ricche del Paese e questo limita i miglioramenti che possono avvenire nella performance degli allievi. Una possibile soluzione è quella del far migrare i professori di una regione più ricca verso quella più povera, ma – quando possibile – spesso con la controindicazione che questi (anche quando più bravi) sono più scontenti, più assenti, meno vicini alle famiglie dei ragazzi e dunque meno appassionati al loro lavoro.
In altri casi si insegna male perché i fondi spariscono. A volte per incompetenza, a volte per frode e per corruzione. E’ quello che scoprono i bravi economisti Ferraz Finan e Moreira studiando il caso delle scuole locali brasiliane. Trovano che là dove la corruzione è più alta, minore è la bontà dei risultati scolastici dei ragazzi (15% in meno nel punteggio) e la loro capacità di terminare gli studi (3% minore il tasso di coloro che si diplomano). Non a caso, scoprono anche che nei comuni più corrotti in media l’11% in meno dei maestri riceve formazione pedagogica. La corruzione trasforma spesa pubblica in trasferimenti pubblici a privati (spesso i sindaci e le loro famiglie): mentre la prima farebbe tanto bene, i secondi sono veleno per un Paese.
Il grafico mostra i risultati in matematica e portoghese nelle municipalità corrotte (rosso) e in quelle no (blu). Gran parte di queste scoperte sono avvenute dopo che il Governo ha deciso di porre fine a comportamenti radicati avviando una serie di ispezioni nelle scuole.
Ma ci sono altre ragioni per le quali l’insegnamento in un Paese viene effettuato sotto al suo livello potenziale. Ecco, penso all’Italia (e ad altri paesi europei, come il Regno Unito) e a questa smania che ci è presa di valutare le Università solo per la loro capacità di fare ricerca, disdegnando il fondamentale ruolo dell’insegnamento e l’enorme rendimento sociale che può avere un’ora di buon insegnamento per i nostri ragazzi. Penso ai tanti miei colleghi che non amano più insegnare a folle di studenti “perché loro sono più bravi a fare ricerca”, come se questo non fosse proprio un motivo per fare più didattica, così che i ragazzi possano godere del loro sapere.
Addirittura leggo deliri come quelli della Fondazione Giovanni Agnelli, ne “I Nuovi laureati” per la Laterza, dove si parla di separare gli atenei della didattica dagli atenei della ricerca dove in questi ultimi si preferirà “selezionare i ricercatori con un ottimo curriculum scientifico anche a costo di una didattica limitata e/o scadente”. Sì, dice proprio così.
Negli Stati Uniti le migliori università selezionano sul mercato i giovani più promettenti per la ricerca, sottoponendoli allo stress enorme di pubblicare entro 7 anni ottimi lavori scientifici se vogliono essere confermati. Ebbene sapete cosa? Quegli stessi giovani ricercatori sono obbligati ad insegnare per più di 100 ore a corsi pieni di studenti laureandi, senza sconti. Perché il valore delle università come Harvard, Yale, Stanford, si regge sui soldi che le famiglie americane pagano per i loro figli che devono avere i migliori insegnanti in aula per giustificare le enormi rette che gli vengono richieste. E le famiglie pagano perché conoscono il valore di quelle lezioni.
Ecco, spero che il Ministro Profumo non molli la sua battaglia per rimettere al centro della valutazione universitaria non solo la ricerca ma anche la didattica. Questa è un’altra di quelle riforme che, altro che la folle riforma del lavoro o dei tassisti, faranno bene al nostro Paese.
23/06/2012 @ 13:31
wonderful it’s wonderful, good luck my teacher!!
23/06/2012 @ 17:00
Perfetto! Ha centrato in pieno l’ argomento! Grazie… c’ e’ in gioco il futuro dei ns figli, ma soprattutto le menti delle nuove generazioni che dovranno portare avanti il ns paese, possibilmente in un’ Europa Unita.
24/06/2012 @ 08:31
E se si scoprisse, analizzando dati omogenei per l’Italia (ammesso che la corruzione sia adeguatamente diagnosticabile, dato che prescrizione e coperture varie rendono difficile una stima obiettiva senza…prendersi querele) che la intera formazione è shifted below?
Inoltre, il legame tra evasione, nelle sue più varie forme, e redditività alterata dei lavori-professioni induce a distorsioni nell’orientamento educativo, ben note.
“La corruzione trasforma spesa pubblica in trasferimenti pubblici a privati (spesso i sindaci e le loro famiglie): mentre la prima farebbe tanto bene, i secondi sono veleno per un Paese.” Aggiungerei che ciò, nel caso dell’Italia aggiuntivamente, si lega alla esportazione diffusa degli extraprofitti (da corruzione e evasione), vanificando il moltiplicatore della spesa pubblica e peggiorando la bdp
24/06/2012 @ 08:58
Ineccepibile. La scuola deve continuare ad “essere lo strumento principale per consentire alle persone di imparare” come sosotiene Francis Fukuyama.
24/06/2012 @ 09:02
Strettamente correlato http://voxeu.org/index.php?q=node/6609 (lavoro di Panizza)
24/06/2012 @ 15:34
Ha detto tanto bene Aung San Suu Kyi ad Oxford l’altro giorno: http://www.youtube.com/watch?v=HIaRy31kiP0
26/06/2012 @ 07:56
Sei un grande Gustavo,
sono 40 anni che sostengo la tua tesi, mi stavo iniziando a pensare che ero matto, ma finalmente mi hai aperto ancora una volta l’orizzonte. Grazie e continua a generare comunicazioni dei tuoi pensieri.
Enzo Pisasale