Istruzione e corruzione che legame c’è? Lo discuteremo il 29 novembre a Tor Vergata con degli ospiti di eccezione, ma per ora è tutto segreto, in un convegno organizzato dal mio (nuovissimo) Dipartimento di studi d’impresa governo filosofia.
Ma qualcosa fatemela dire.
1) La corruzione uccide l’istruzione.
Ferraz Finan e Moreira, due ricercatori brasiliani, studiando il caso delle scuole locali brasiliane e dei fondi allocati alla scuola trovano che là dove la corruzione è più alta, minore è la bontà dei risultati scolastici dei ragazzi (15% in meno nel punteggio) e la loro capacità di terminare gli studi (3% minore il tasso di coloro che si diplomano). Scoprono anche che nei comuni più corrotti in media l’11% in meno dei maestri riceve formazione pedagogica. La corruzione trasforma spesa pubblica in trasferimenti pubblici a privati (spesso i sindaci e le loro famiglie): mentre la prima farebbe tanto bene, i secondi sono veleno per un Paese.
Il grafico mostra i risultati (voti) in matematica e portoghese nelle municipalità corrotte (rosso) e in quelle no (blu). Gran parte di queste scoperte sono avvenute dopo che il Governo ha deciso di porre fine a comportamenti radicati avviando una serie di ispezioni nelle scuole.
2) L’istruzione uccide la corruzione
Guardate cosa fa il Brasile nelle scuole, sin dal primo giorno dell’infanzia scolastica: come diceva Lenin (anche se lui lo diceva per ben peggiori fini): “datemi 4 anni per insegnare ai bambini e i semi che avrò sparso non saranno mai sradicati”.
Ebbene sì. Ecco dove parte la corruzione della corruzione. Insegnamola, la lotta, a loro.
3) La ricerca uccide la corruzione
Sono stato così felice di vedere che il rapporto anti corruzione della Commissione ministeriale preposta ha dato credito al lavoro (di grande livello) sull’indice di corruzione fatto da due amici carissimi e eccellenti ricercatori pervasi di spirito civile: Simone Borra e Annalisa Castelli. Che hanno lavorato (c’ero anche io!) in un progetto bellissimo chiamato “Per una cultura dell’integrità della Pubblica Amministrazione” finanziato abbondantemente dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione nel 2011, un sacco di soldi del contribuente, quasi 400.000 euro, che permisero di riunire alcune tra le migliori menti giovani del paese per discutere e analizzare il fenomeno (ricordo solo alcuni nomi di spicco: Bernardo Mattarella, Alberto Vannucci, Lucio Picci, Emiliano Di Carlo, Marta Fana e tanti altri) e insegnare come cercare di prevenirla.
Quei soldi sono finiti e il progetto è morto prematuramente (perché? non lo so) ma alcune delle sue storie le trovate nell’Atlante della corruzione di Alberto Vannucci, libro bellissimo appena uscito.
Tra cui l’indice di cui sopra, che si sono inventati Annalisa e Simone. Che, non contenti delle classifiche tradizionali sulla “corruzione percepita” creata da Transparency International (in giallo e rosso con più rosso più corrotto) che non tenevano conto di come fosse impossibile paragonare la lotta contro la corruzione per paesi con ricchezza diversa (la ricchezza fornisce più strumenti per combatterla!) hanno inventato un nuovo indice (in blu e viola) che paragonava i paesi solo a parità di ricchezza. E faceva emergere come l’Italia non era 60° nella lotta contro la corruzione, ma ULTIMA (o penultima) al mondo.
Perché con tutta la nostra ricchezza, con tutti i mezzi potenziali per combatterla, il livello di corruzione tollerato è veramente troppo.
E senza Annalisa e Simone e la loro ricerca rigorosa, avremmo avuto una ragione in meno per indignarci. E si sa, più ci si indigna e più si lotta. E più si lotta e più si cambia. Viva il coraggio di chi ricerca per aiutare il Paese in silenzio, mentre altri gli sputano addosso in TV.