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Non c’è nulla di piu’ solidale oggi nell’area euro dello spread

Paul Krugman si chiede un po’ stupefatto come mai ci sia un rischio di potenziale uscita dall’area dell’euro se Grecia e Portogallo hanno il 76 e 71 per cento del reddito medio pro-capite (produttività) dell’area dell’euro (e la Germania il 112%) come negli Stati Uniti, dove l’Alabama è al 74%, il  Mississippi at 67 mentre gli Stati nordorientali al 118 e quelli del Middle Atlantic al 116% ma dove nessuno Stato sogna o discute di abbandonare il dollaro.

Risponde che non siamo una nazione e non abbiamo avuto una Guerra di Secessione. Non credo sia questione di guerre. Di nazione sì.

Se guardiamo ad un’altra Unione monetaria, quella indiana, anche qui vediamo numeri significativi. Se dividiamo la produzione di reddito tra tre grandi gruppi di stati indiani, quelli ad alto, medio e  basso reddito pro-capite, emerge come gli Stati ricchi (20% della popolazione) producono 1/3 della ricchezza nazionale,  un altro terzo viene prodotto dal 30% della popolazione di stati a medio reddito, ed il rimanente terzo dal 45% della popolazione appartenente agli stati più poveri. Come negli Stati Uniti, gli stati indiani più poveri sono spesso rimasti i più poveri, malgrado si siano arricchiti grazie allo sviluppo economico.

Convivono insieme, stati ricchi e stati poveri, con diversa produttività nella stessa Nazione dove viene battuta la stessa moneta.

Quando dunque diciamo correttamente che gli spread in Europa sono alti perché alta è la probabilità che i mercati danno ad una svalutazione della dracma o della lira (e dunque alla morte dell’euro) dobbiamo spiegare meglio perché è alta questa probabilità. Allora aggiungiamo “perché alta è la pressione che il ciclo economico negativo dovuto a scarsa competitività sta mettendo a questi Governi per trovare rimedi estremi”. Ma anche in questo caso, stiamo dicendo solo una mezza verità.

Perché in altre unioni monetarie, malgrado situazioni di competitività molte differenziate non si parla di uscita dall’Unione da parte degli Stati più poveri. Perché? Perché questi ultimi sono aiutati. Costantemente. In India, per esempio, gli Stati più ricchi finanziano più di 2/3 delle loro spese locali con tasse locali. Gli Stati più poveri anche solo il 20%. Il resto delle risorse viene dal centro e cioè dagli stati piùricchi. Come negli Stati Uniti di America.

In Canada, altra unione monetaria di diversi ma uguali, l’art. 36 della Costituzione prevede di rispettare il principio dell’equalizzazione dei pagamenti per assicurare che i governi provinciali abbiano sufficienti entrate per fornire livelli di Servizio pubblico ragionevolmente simili a ragionevolmente paragonabili livelli di tassazione. Non ce l’avremo scritto in Costituzione ma l’Italia del Nord e del Sud sono rimaste unite (con la beneamata Lira) perché un patto simile è rimasto implicito ma reale dal dopoguerra in poi e si è (parzialmente) disunito quando una parte del Paese ha ritenuto “ingiusto” questo accordo perché troppo sbilanciato a favore del Meridione.

Ma torniamo al Canada. Secondo quanto si legge nel Rapporto della Royal Commission dell’epoca: “la giustificazione per tale equalizzazione si basa sul fondamento di cittadinanza di una federazione che dovunque lui/lei decidano di vivere dovrebbero avere accesso a certi diritti economici e sociali …” e, aggiungiamo noi, alla necessità politica di tenere unita una federazione di diversi.

Insomma una federazione di diversi si vuole unita ed eguale e dunque adotta le politiche economiche differenziate per esserlo.

Una federazione non adotta politiche economiche unite ed eguali con l’obiettivo di diventare un giorno unita. Se così facesse, sarebbe destinata ben presto a subire un colpo di Stato, ovvero un abbandono da parte di una delle sue componenti, per esempio la Grecia, che non sentirebbe di ricevere dagli altri Stati la giusta equalizzazione che le spetta per far fronte ai suoi ritardi strutturali e vivere con pari dignità di cittadinanza nella stessa nazione.

La Germania dell’Ovest nemmeno per un minuto ha avuto problemi di credibilità nel creare una unione monetaria con i meno produttivi fratelli orientali. Perché il disegno solidale era forte dall’inizio: mai più ti lasceremo andare via, fratello dall’altra parte del Muro, mai vorrai andare via.

I mercati questo lo sanno. Gli spread sono alti perché non siamo Stati Uniti nei fatti, per quanto poi urliamo al vento di volerlo essere. E non li saremo con una Unione bancaria né con una politica fiscale centralizzata, né con le riforme che eugeneticamente tentano di trasformare in teutonici gli ellenici. Una faccia, una razza. Due facce, due razze. La plastica facciale voluta con violenza è tortura, non è abbellimento.

Gli spread crolleranno quando pagheremo noi per gli errori greci. Strano a dirsi, ma non c’è nulla in questo periodo di più solidale dei mercati nel ricordarci il costo della mancata fratellanza.

8 comments

  1. Gentilissimo Professor Piga,
    quello che scrive è giustissimo: i tedeschi dell’ovest non ha avuto problemi a riunirsi con i fratelli dell’Est perché li considerano appunto fratelli (e anche perché ambivano a ritornale la grande nazione con il pallino di dominare l’Europa, cosa che peraltro gli sta riuscendo).

    Ma i tedeschi non si sentono nostri fratelli; loro si sentono la razza superiore ariana.
    A questo si aggiunga che sono stati male informati, quindi sono convinti che il loro rafforzamento economico dall’introduzione dell’euro dipenda soltanto ed esclusivamente dalle loro virtù, mentre i nostri problemi derivino dalla nostra pigrizia, corruzione, ecc. ecc.
    Li ha letti i commenti che fanno su di noi? E i rimproveri alla Merkel per essere troppo compassionevole?
    La conseguenza è che non sono disposti a sborsare un centesimo per noi. Nessun politico che glielo chieda ha la minima possibilità di governare. PUNTO. Discussione chiusa.

    E allora fino a che punto dovranno sacrificarsi i greci, gli italiani e tutti gli altri che già tanto bene non stanno? In nome di cosa? Di una moneta? Della predestinazione divina?
    E’ giusto rinunciare alla democrazia e alla libertà a causa dei debiti come sta succedendo?

    E’ molto toccante la storia che ha raccontato sul sacrificio greco (molto meno poeticamente io l’avrei definito ricatto). Ma quale miglioramento ha portato? Solo richieste di altri nuovi sacrifici.
    E poi, scusi se mi permetto, è facile fare i cantori delle disgrazie altrui, avendo la pancia piena.
    Quei sacrifici sono ingiusti, devono essere impediti, devono essere denunciati.

    E siccome la Germania si è bruciata il suo principale mercato, sta iniziando a sentire le conseguenze. E sa benissimo con chi se la prenderanno.

    Lei parla sempre di salvare l’euro, a me dell’euro importa meno di nulla. Non pensa che sia più importante salvare popoli, democrazia e libertà?
    L’euro non è che una delle tante monete europee, che differenza fa se ce ne sarà qualcuna in più?
    E’ la volontà di essere unione che conta, non un pezzo di metallo o di carta. Infatti abbiamo una sola moneta, ma non un’unione.

    I suoi accorati appelli e i suoi sensatissimi consigli, nessuno li ha mai ascoltati e nessuno ascolterà mai né in Italia, né tantomeno in Europa. Lei lo sa meglio di me, e allora perché continua a illuderci?

    + Europa significa – democrazia e – libertà; la strada che abbiamo imboccato entrando nello sme non ha fatto che aggiungere disastro a disastro. E ogni volta ci sono stati imposti sacrifici. Siamo al limite, non possiamo più sopportarne altri. Se la strada è sbagliata che senso ha ostinarsi a percorrerla fino alla catastrofe finale? Solo le oligarchie dominanti ne traggono vantaggio.

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  2. è curioso notare come la competitivita’ italiana peggiori declinando rispetto a quella germanica dopo l’aggancio al marco
    con lo sme…

    comunque è chiaro che l’unione europea nei fatti ha favorito la competizione piuttosto che la cooperazione …e ha favorito le grandi aziende rispetto alle piccole , per vari ed evidenti motivi
    normazione , lobbying , ecc…ecc.. da qui anche lo spiazzamento
    delle pmi italiane che si vede nei dati…

    a me diaspiace perchè i litigi e le rotture tra partner vicini e parenti sono le piu’ dolorose e difficili da trattare…e questa crisi dell’eurozona che a livello embrionale esiste da molti anni avrebbe dovuto essere gestita e affronatata in maniera ben diversa…qui qualcuno ha preso il suo dividendo sapendo che qualcun’altro avrebbe pagato le conseguenze…
    è un crisi di irresponsabilita’ gestionale piu’ ancora che di aree valutare non ottimali

    Reply
  3. Questo articolo mi ha revocato una celebre frase di Massimo D’Azeglio dopo l’unità d’Italia:
    “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”. Credo che quello europeo sia uno dei tanti casi in cui, purtroppo, la storia non è maestra di vita. Abbiamo fatto l’Europa ma non ci sentiamo ancora Europei e non siamo disposti a sacrificarci per questa.

    Adriano

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