Lo spread Italia- Spagna è tornato ai livelli di luglio 2011, circa 33 punti base a nostro favore. Indice che la che il Governo Rajoy non convince troppo i mercati e che Monti da garanzie.
Francesco Giavazzi, che sostiene altrettanto, si preoccupa che non si debba abbassare la guardia. Concordiamo.
Il decreto liberalizzazioni a lui appare sgonfiato nel suo potenziale. Concordiamo, anche se probabilmente rispetto a lui non abbiamo mai pensato che anche al massimo del suo potenziale avrebbe fatto gran che. Ed il fatto che i mercati poco si preoccupino dei rallentamenti e dell’annacquamento del testo avvenuti pare confermare tutto ciò.
Finalmente poi parliamo di numeri. Francesco ci dice che “il governo continua a costruire i propri programmi sull’ipotesi che l’economia nel 2012 si contragga dell’1 per cento”: a noi risulta che la manovra Monti si sia basata su una crescita dello 0,5%, sarebbe interessante capire da dove trae queste notizie.
Ma soprattutto fa bene a ricordare che “il Fondo monetario internazionale prevede un -2,2% e i maggiori investitori internazionali una forchetta fra -2%, nell’ipotesi più favorevole, e -4% in quella meno favorevole, con una mediana di -3%. Con questi numeri il deficit rimarrà sopra il 4% del Pil e il debito ricomincerà a crescere”. P.S.: e chissà da dove vengono questi numeri, peccato che non ce lo dica: forse da manovre fiscali assurde in recessione?
Comunque sia, da qui, come al solito succede, si dividono le nostre strade sul da farsi.
“Come lo spieghiamo a quegli stessi investitori e ai nostri partner tedeschi, ai quali abbiamo ripetutamente promesso il pareggio di bilancio nel 2013?”. Beh, risposta, i mercati già lo sanno, ovviamente, sanno che non si raggiungeranno quegli obiettivi ma vi si tenderà più lentamente e che ciò è un’ottima cosa visto che con i numeri peggiori di crescita che deriverebbero da una ulteriore folle manovra (magari anche per recuperare il costo dei derivati chiusi ieri con Morgan Stanley) l’economia si allontanerebbe ancora di più dalla stabilità di bilancio. Eh già, funziona così l’economia: senza crescita non c’è stabilità.
Francesco sembra (meglio rimanere dubbiosi) comunque condividere questa idea quando poi chiede maggiore crescita: “c’è un solo modo per uscire da questo guaio. Convincerli che la recessione del 2012, per quanto grave, è un fatto transitorio e che le norme che stiamo approvando segneranno davvero un cambio di passo. Bruciata, purtroppo, la carta delle liberalizzazioni, rimane solo la riforma del mercato del lavoro.”
Ha ragione da vendere Giavazzi quando dice che il punto chiave è far sì che questa crisi sia TRANSITORIA e non si allunghi, perché se si allunga, diciamo noi da tempo, salta l’euro. Ma come pretendere di rendere transitoria una crisi con una riforma strutturale 1) di lungo termine e 2) che renderebbe i licenziamenti più facili? Come?
Ecco. Ripetiamolo. L’Italia del mercato del lavoro già flessibile secondo tutti i dati Ocse secondo Giavazzi uscirà dalla crisi TRANSITORIA con la riforma del mercato del lavoro che rende più facile tagliare i posti di lavoro per i giovani nuovi assunti. A parte che lui sembra avere una versione della legge Fornero su articolo 18 che a noi cittadini manca ["Il ministro Fornero ha pronto un testo incisivo, che prevede da subito interventi volti a eliminare la segmentazione tra precari e lavoratori a tempo indeterminato, e che modifica immediatamente l’articolo 18 per i nuovi assunti"] e saremmo grati se ci facesse sapere dove è scaricabile on-line, viene da sorridere al pensiero che questa crisi di questa gravità, così dominata da una crisi di domanda aggregata di famiglie ed imprese e mancanza di credito, venga risolta da un piccolo codicillo di cambiamento strutturale sul come assumono le imprese. Provate a chiedere ad un’impresa oggi quante persone assumerebbe con un tale (a noi ignoto) provvedimento. Noccioline. Se poi si pensa che questa riforma abbia effetti di lungo termine rivoluzionari, cosa che può pur essere ma cosa a cui noi non crediamo, rimane il punto che a nulla serve per farci uscire OGGI e subito da questa crisi e non distruggere per sempre piccole imprese, giovani che cercano lavoro, il FUTURO del nostro paese, risorse che non tornerebbero più. Perché così il primo a saltare con loro sarebbe l’euro, accusato come in Grecia di generare sofferenza, sacrifici, dolore e non speranza, prosperità, pace e felicità, i motivi per il quale l’abbiamo creato.
L’Italia deve rendere subito più facile produrre e occupare, non licenziare. Ecco l’unico modo per rendere transitoria questa crisi. Per fare ciò la soluzione è ovvia: 1) come ha fatto Obama, spendere di più con lo Stato con un piano straordinario di appalti pubblici che coinvolga solo le PMI – come chiede Sarkozy – e volto a ristrutturare tutte le nostre scuole ed ospedali su tutto il territorio; 2) spendere ancora di più e tassare (specie le piccole imprese) meno con l’identificazione degli sprechi della spesa pubblica, funzione affidata subito ad un’Autorità Anti Corruzione a cui inviare tutti i dati in tempo reale sugli appalti pubblici effettuati in Italia e con potere immediato di sospensione degli effetti della gara e verifica ispettiva; 3) assunzione a tempo determinato di un milione di giovani a servizio della Pubblica Amministrazione nei luoghi strategici che hanno bisogno di aiuto per supportare meglio cittadini ed imprese: tribunali, ospedali, scuole, musei, luoghi di turismo culturale; 4) battaglia vera e seria all’evasione con contestuale riduzione del costo del lavoro per le imprese.
Il debito pubblico su PIL crollerà e saremo usciti fuori dalla crisi. Se vogliamo parlare di altro, come abbiamo parlato per mesi delle magiche liberalizzazioni, facciamolo, tanto siamo professori e ci piace parlare. Parliamo della magica riforma del lavoro che nulla cambierà. Ma il paese ha bisogno di ben altro.
17/03/2012 @ 18:58
Concordo su tutto, anche se aggiungerei: cambiare mestiere (es. netturbini) a quella mandria di cialtroni che scaldano le poltrone in parlamento nel malaugurato caso in cui abbiano il coraggio di ripresentarsi alle elezioni future.
A parte la battuta le ricette da lei condivise sono condivisibili, ma bisognerebbe chiedersi come mai non vengono prese in considerazione.
In questa situazione,vista la condizione del mercato del lavoro (un giovane su tre disoccupato e gli altri due sottopagati), visto il boom della cassa integrazione (a febbraio +49% rispetto a gennaio), visto il crollo delle importazioni e delle esportazioni (oltre che della propensione di quest’ultima voce) e avendo soprattutto la situazione della Grecia sotto agli occhi, come mai non si adopera una riforma strutturale sul modello da lei preso in esame?
Non è che forse il problema vero è che non si vogliono fare? E non bisognerebbe chiedersi come mai?
Da studente potrei essermi fatto un’idea estrema e imprecisa, le sarei grato se mi desse la sua opinione al riguardo.
17/03/2012 @ 20:33
Caro Luca,
non per fare impropri paragoni con il Nobel Krugman ma anche lui non è “mai ascoltato”. Ma il nostro lavoro è questo: non difendere lo status quo, ma criticarlo se possibile intelligentemente per smuoverlo un po’. E io credo che i vari modi con cui le idee arrivano a destinazione sono curiosi e imprevedibili. Quindi andiamo avanti, senza pause.
17/03/2012 @ 20:35
Caro Luca,
non per fare paragoni impropri, ma anche il Nobel Krugman non è “mai ascoltato”. Ma è questo il nostro lavoro: criticare sempre, intelligentemente se possibile, chi è al potere sperando di smuoverli un po’. Il modo in cui le idee raggiungono il bersaglio non è mai prevedibile ma spesso in modo curioso e magari lento ce la fanno. Quindi: mai mollare.
18/03/2012 @ 06:37
Gli zelanti tecnici che hanno assunto l’arduo compito di traghettare questo paese fuori dalla tempesta, hanno deciso di ancorare l’urgente questione della crescita alle riforme. “Si dice” che (sul lungo periodo) l’austerità produrrà crescita; “si dice” che (sul lungo periodo) la flessibilità in uscita migliorerà la situazione occupazionale; “si dice” che (sul lungo periodo) la lotta all’evasione porterà ad una riduzione della pressione fiscale. Un famoso tecnico di altri tempi, se fosse ancora tra noi, affermerebbe che “in the long run we are all dead”…Speriamo che gli “eretici” come il Professore Piga, un po’alla volta, riescano a riportare i nostri governanti nell’economia reale.
19/03/2012 @ 10:09
finalmente, dopo mesi e mesi di questa crisi, trovo una voce che sappia dare al tempo stesso numeri e speranza; grazie davvero