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La vera sfida per il sindacato è nella Pubblica Amministrazione

Introdurre flessibilità nel settore pubblico?

Questione non facile da risolvere. Dipende che tipo di flessibilità.

Nel settore pubblico maggiore possibilità di licenziare rende più forte il datore di lavoro, la politica, e apre una grande porta alla corruzione. Non solo, ma facilità di licenziare potrà poi portare ad una facilità ad assumere anche individui che appaiono meno bravi (tanto poi lo licenzio se non funziona…) che poi è … probabile verranno trattenuti nuovamente per motivi politici, con scadimento della qualità forza lavoro pubblica (vedasi il lavoro per la Sveiza “Job Security And Work Absence: Evidence From A Natural Experiment”, di Assar Lindbeck, Mårten Palme and Mats Persson).

Questione ben più importante appare quella del legame tra salari pubblici e produttività.

Questione importante non soltanto perché un rialzo “eccessivo” degli stipendi pubblici si riverbera su inflazione e rivendicazioni salariali nel settore privato, minando la competitività internazionale delle nostre imprese, ma anche perché incoraggia i più giovani a mettersi in fila in attesa del posto pubblico e a indebolire così il settore privato, e nuovamente, i suoi costi.

Il grafico (fonte Aran) vede una quasi uniformità raggiunta a fine 2010 tra retribuzioni private e pubbliche che farebbe pensare a una situazione non problematica. In realtà il grafico nasconde tre potenziali problemi.

Primo, a fronte di una minore incertezza lavorativa nel pubblico, dovremmo immaginare salari medi più bassi per il settore pubblico e non “uguali”.

Secondo, perché si nasconde una dinamica territoriale alquanto pericolosa. Nel Meridione infatti, a fronte di una uniformità delle dinamiche salariali pubbliche a livello nazionale, vengono erogati salari pubblici con maggiore potere d’acquisto che al Nord (a causa della diversa dinamica dei prezzi), mettendo in crisi ulteriore il settore privato meridionale già affaticato da una più bassa produttività di partenza. Mai pensato ad una rivoluzionaria gabbia salariale Nord-Sud nella Pubblica Amministrazione in base al costo della vita?

Terzo, perché rimane aperta la questione del legame con la produttività del dipendente, legame che fatica a emergere nelle tipologie contrattuali. Alcuni ruoli nella Pubblica Amministrazione, per i vantaggi o danni enormi che arrecano, dovrebbero vedere premi consistenti in caso di raggiungimento del risultato. E non è detto che in questi settori strategici sia difficile misurare la produttività o la qualità dell’azione pubblica. Penso agli appalti pubblici (come fa il Regno Unito da anni) o all’evasione fiscale, dove è pensabile introdurre misuratori di performance degli ispettori grazie alla disponibilità potenziale di dati, ed in cui un buon lavoro fatto porta a scoprire miliardi di euro di risorse. Penso all’università, dove qualità della didattica e della ricerca possono portare ricavi ingenti da iscrizioni di studenti stranieri a cui imporre una più alta tassazione per l’iscrizione.

Certo ciò significa introdurre premialità differenziate ed ampie a seconda dei settori e delle performance nella P.A.

Anni fa, lavorando al Tesoro, mi ricordo di un dirigente che doveva valutare uno scansafatiche, da tutti riconosciuto come tale, e mi diceva che aveva problemi a dargli 9 su 10. “Poi i sindacati mi massacrano”, mi disse.

Ecco parlare di qualità nella P.A. richiede ai sindacati di contribuire ad una nuova stagione che non deve essere basata su licenziamenti più facili ma su modalità premiali ben diverse da quelle ipocrite e inutili per le quali si sono battuti negli ultimi decenni. Di questo dovremmo chiedere conto a Camusso et Co.

Altro che art. 18.

2 comments

  1. Ottimo articolo. Ricorda cosa successe quando Berlinguer provò ad introdurre criteri meritocratici nella scuola?
    Intanto una cosa che secondo me andrebbe fatta è riportare gli stipendi dei dipendenti della PA sotto il controllo legislativo, come era una volta.
    Poiché i dipendenti della PA hanno come “padrone” la cittadinanza deve essere il Parlamento, come rappresentante della cittadinanza, a fissare gli stipendi.
    E poi, visto che come Lei osserva giustamente all’inizio, introdurre la licenziabilità individuale del dipendente della PA creerebbe il rischio di un aumento della corruzione, cosa di cui non abbiamo affatto bisogno, e ad un ulteriore scadimento della qualità, il dipendente della PA non ha bisogno della tutela del sindacato, in quanto è tutelato per legge.

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  2. Aldo Ferruzzi

    23/07/2012 @ 10:47

    Cosa può fare un dipendente pubblico che ha fatto della “Professionalità” il “suo Credo” in tutti gli oltre 38 anni di carriera quando il sindacato, che firma gli accordi contrattuali è, è stato e continua ad essere un “Mister Hide” che difende se stesso ed i suoi simili improduttivi affiliati.
    In questo momento possiamo solo sperare di sopravvivere (pensare di risorgere sarebbe mancanza di umiltà) alla crocifissione a cui ci stanno portando i tagli indiscrimati proposti da questo governo che, conservandosi tecnico fino al midollo, non vuole intervenire direttamente ad estirpare le metastasi create dalle politiche locali e clientelari. Prova di ciò è il pagamento di 400 milioni alla Sicilia senza alcuna richiesta di eliminazione degli sperperi ampiamente e dettagliatamente denunciati.

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