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Quella Grecia così simile all’Europa

Siamo così diversi dalla Grecia, noi europei? Il loro settore pubblico è così scandaloso? Uno studio recente di 8 ricercatori della … Banca Centrale Europea, sembra dire tutt’altro. Specie se poi confrontiamo le performance del pubblico con l’andamento delle dinamiche salariali nel settore privato, questione decisamente rilevante per una comparazione più informativa.

Rubens, Il supplizio di Prometeo

In Italia l’occupazione nel settore pubblico è leggermente inferiore a quella greca, 27% da noi contro 29 da loro, ma ambedue sono a livelli ragionevoli: è del 38% in Belgio.

Decisamente di più, sia nel privato che nel pubblico, i laureati greci rispetto a quelli italiani ma nel settore pubblico la differenza è più evidente: 56% in Grecia, 34% in Italia. Uguale la percentuale dei part-time ma decisamente superiore il numero di dirigenti nel settore pubblico italiano: 26% contro 18%.

Quanto a età media dei lavoratori pubblici, siamo lì: maggiore che nel settore privato in ambedue i paesi, 44 in Italia e 41 anni in Grecia. Il numero di ore lavorative settimanali è praticamente identico.

I salari medi sono più alti nel settore pubblico che non nel settore privato: i salari medi pubblici netti orari greci, malgrado siano più bassi che in Italia (10 euro contro i nostri 12), sono più alti di quelli prevalenti nel settore privato: del 55% in Grecia contro il nostro 42%. Ma se guardiamo al guadagno complessivo medio annuale (che tiene conto delle ore lavorate) di 19000 euro in Italia contro i 15000 in Grecia, tali differenze si stemperano (ovviamente, perché nel settore privato si lavorano più ore) con un “premio per il pubblico” del 27% greco contro il 22% italico. Per riferimento: 18% il premio tedesco per i dipendenti pubblici che hanno un pagamento medio pubblico annuale netto di 23.000 euro.

Questi numeri sono difficilmente paragonabili, vista la diversa composizione della forza lavoro nei vari paesi, il loro livello di istruzione, il settore pubblico in cui lavorano ecc.

Una volta che teniamo conto di tutte queste differenze, emergono 3 gruppi di paesi, divisi per la generosità delle paghe mensili rispetto a quelle del settore privato.

Gruppo A, i “privatisti”: Belgio e Francia (ebbene sì, la Francia del pubblico d’eccellenza) che hanno paghe mensili  pressoché simili tra settore privato e pubblico;

Gruppo B, gli intermedi: Austria, Italia e Portogallo;

Gruppo C, gli “statalisti”: Spagna, Irlanda e … Grecia e Germania, quest’ultima con un premio per i salari pubblici del 15% contro il 16% greco.

Non pare dunque essere, il settore pubblico greco, questa grande anomalia. Ha una presenza dell’occupazione pubblica importante  ma non  diversa da tanti altri paesi. Ha meno dirigenti di quelli che abbiamo in Italia malgrado abbia tassi di scolarizzazione universitaria migliori dei nostri. E il settore pubblico non pare trascinare verso una peggiore competitività il settore privato greco, visto che il premio salariale è in linea con quello tedesco.

Certamente il problema greco è quello di una scarsa competitività complessiva (in parte dovuta ad una eccessiva centralizzazione della contrattazione collettiva). Ma a guardare i numeri, il crescente peso del “pubblico” nell’economia greco che tante critiche sembra attirare è dovuto a qualcosa di ben altro: al crollo del denominatore, ovvero al crollo del PIL e dell’economia, dovuto a politiche di austerità e di dissennate connivenze internazionali nel settore bancario emerse con la crisi (il ROE delle banche greche è passato dal 15% circa del 2005-2007 al -1,5% del 2009). E al fatto che, per fortuna, quando l’economia crolla il settore pubblico, come avviene in ogni paese del mondo, crolla più lentamente svolgendo una funzione di assicurazione.

Peccato, dicono i dati. Ce la siamo giocata proprio male, l’occasione di aiutare la Grecia e con essa noi stessi.

11 comments

  1. Professor Piga,
    mi pare che in questo post Lei abbia centrato in pieno il probelma della Grecia, dell’Italia e in fondo dell’Europa intera.
    Il problema, a mio avviso, è che le retribuzioni del settore pubblico sono decisamente più elevate delle retribuzioni del settore privato, e ciò tra l’altro pur inpresenza di una scandalosa inefficienza del settore pubblico.
    Quale ragione ci potrà mai essere per costringere aziende e dipendenti del settore privato a pagare una enormità di tasse per garantire retribuzione elevate e, fondamentalmente, immeritate al settore pubblico? Oltre tutto un dipendente pubblico ha il posto di lavoro garantito, cosa che non avviene nel settore privato. Dove sta la differenza legata al rischio? Se si seguisse la stessa logica nel mercato dei titoli di stato, i bund dovrebbero rendere il 7 % e i BTP il 2 %.
    E poi, 3 lavoratori su 10 nel settore pubblico? Ma a fare che? Regolamenti talmente assurdi che per spostare una porta dentro casa sono necessari, inutilmente, due quintali di pratiche (mia moglie è architetto, so di cosa parlo?
    Regolamenti tanto assurdi che se uno vuole aprire una lavanderia deve attrezzarsi per trattare gli scarich manco fosse una raffineria dell’ENI (è successo a un mio conoscente, so di cosa parlo)? Regolamenti tanto assurdi che in un ufficio con 15 persone dove gira solo carta serve il piano della sicurezza e il responsabile della sicurezza (sono stato il responsabile della sicurezza, so di cosa parlo)? Regolamenti, a livello europeo, così assurdi e castranti per ogni innovazione e per il consumatore come il REACH (sono ingegnere chimico, so di cosa parlo)?
    Vengo da una famiglia di dipendenti pubblici e proprio per questo quando ho raggiunto l’età lavorativa ho deciso che mi sarei tenuto il più lontano possibile dal settore pubblico.
    Ma una cosa ricordo bene: un tempo i dipendenti pubblici erano retribuiti il 20-30 % meno dei privati e il loro stipendio poteva essere cambiato solo per legge, niente contrattazione.
    La vera riforma Europea deve partire dal taglio immediato delle retribuzioni publliche, restituendo al settore privato una parte delle assurde tasse che paga per mantenere persone che, nella maggior parte dei casi, sono solo capaci di rendere la vita impossibile a chi ha solo voglia di lavorare e guadagnarsi la vita onestamente.
    E se poi i dipendenti pubblici non accetteranno la riduzione, c’è sempre tanta terra da coltivare onestamente, c’è tanta richiesta di baby-sitter, badanti, infermieri a domicilio, muratori, falegnami, idraulici, panettieri, cuochi e quant’altro che siamo costretti a coprire importando lavoratori dall’estero perché la gente cerca il posto e lo stipendio, non il lavoro.
    Se proprio lo stato deve spendere, che almeno faccia un po’ di strade decenti invece di pagare gente che produce montagne di carta buona solo per accendere il camino.
    Scusi lo sfogo ma sono stufo di sentire dotte elucubrazioni su ciò che si dovrebbe e non si dovrebbe fare quando la soluzione è sotto gli occhi di tutti quelli che abbiano voglia e coraggio di vererla.

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    • Post interessante, grazie. Intanto lei mi ricorda che per parlare della Grecia e dell’Europa ho dimenticato di quell’articolo che la dinamica del premio italiano era tra i più crescenti nel tempo.
      Secondo poi, la sua logica, che io condivido su occupazione pubblica, è a mio avviso da tempi non recessivi come questi. Ecco perché la nostra proposta di lavoro temporaneo nella PA per i giovani, per evitare che quando le cose tornano a posto il pubblico non possa dimagrire.
      Dal 1999 anche in Europa è ripartito il trend crescente dei salari pubblici che si era arrestato negli anni settanta.
      In parte sindacalizzazione, in parte contrattazione più centralizzata possono spiegare questo differenziale positivo, ma non tanto la sua crescita nel tempo.

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      • Professor Piga,
        intanto la ringrazio per la risposta. Se non erro, la sua proposta di impiego temporaneo presso la PA è fondamentalmente analoga alla proposta JG-ELR della MMT, sui cui siti ho avuto occasione di leggerne i contenuti.
        Comprendo che tale proposta è formulata per condizioni di severa cruisi, come quelle in cui ci troviamo. dovrebbe però essere soggetta a condizioni estremante vincolanti: stipendio ai livelli minimi di mercato, nessuna possibilità di stabilizzazione, utilizzo solo per lavori strettamente operativi di tipo “servizion civile” quali ad esempio l’impiego nelle strutture di protezione civile, assistenza agli anziani o alle famiglie in difficoltà senza nessun impiego all’interno delle strutture amministrative.
        Al tempo stesso questo programma di emergenza dovrebbe essere accompagnato da un piano per la progressiva riduzione, una volta usciti dalla crisi, del numero di dipendenti pubblici e delle loro retribuzioni medie allineandole, almeno nella fase iniziale, a quelle private e successivamente, sfruttando la dinamica degli aumenti retributivi nel settore privato, di portarle al di sotto al fine di tenere conto del beneficio di stabilità del lavoro di cui godono i dipendenti pubblici.
        Per la riduzione del personale si potrebbe pensare ad un piano da portare avanti in 5 anni, durante i quali una parte dei dipendenti pubblici venissero progressivamente levati dagli uffici, senza sostituirli ma piuttosto con lo scopo di ridurre le “pratiche” , utilizzandoli in questo arco di tempo quinquennale per quei compiti sopra citati. In tale periodo manterrebbero retribuzione e altri benefit preesiistenti, ma al termine di quel periodo dovrebbero cercarsi impiego nel settore privato.
        Purtroppo credo che questo sia un libro dei sogni. Troppo forti sono gli interessi, i clientelismi e i poteri sindacali perché ciò sia effettivamente realizzabile. Non è questa la sede per parlarne ma conosco fin troppo bene per esperienza diretta a livelli elevati (come le ho detto provengo da una famiglia di pubblici dipendenti) i meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione per potere credere che ciò sia realizzabile.
        A meno che qualcuno che come lei, che non ha certo la fama del liberista selvaggio, non faccia finalmente sentire una voce fuori dal coro per rompere i tabù legati al pubblico impiego.
        Voglio precisare che allo stesso modo è necessario che, quando si parla di libero mercato, si torni veramente al Mercato, che è un qualcosa che riguarda le merci e le idee, non certo la finanza etutti i sui sporchi giochi.
        Da liberista convento le dico che sarei assolutamente d’accordo sull’aumento dell’aliquota marginale fino anche al 90 % per tutti i redditi da lavoro dipendente o assimilabili (e gli amministratori delegati altro non sono che impiegati come me, sia pure meglio pagati) per redditi superiore ai 500000 euro l’anno (o altra cifra che fosse ritenuta congrua) e a limitazioni estremamente rigide sull’utilizzo delle stock options per gratificare i top manager, in modo da mettere fine allo scandalo delle super retribuzioni di persone capaci solo di distruggere le aziende che dirigono. E non chiamiamo più banchieri persone che sono solo bancari.
        Cordiali saluti

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  2. Aggiungo un corollario al commento precedente.
    Vista l’altissima probabilità che gli assunti sotto il programma di emergenza vengano poi in qualche modo “stabilizzati”, non sarebbe forse il caso di studiare un sistema che permetta al settore privato di assumere temporaneamente alcuni disoccupati?

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  3. Secondo corollario.
    Tutto si può dire in Italia fuorchè la spesa pubblica non sia già molto elevata.
    Il problema vero, ed è ciò che ha reso l’Italia un paese a rischio pur in presenza di capacità che altri paesi si sognano, è che tale spesa pubblica è utilizzata in modo da bloccare la crescita. Non arrivo a dire che dovrebbe promuovere la crescita, ma quantomeno essere neutrale. La PA si comporta come quegli impiegati amministrativi delle aziende private (ci sono, ci sono) che, dopo che i venditori, i tecnici, gli addetti alla produzione si sono scervellati per trovare una soluzione al problema di un cliente, bloccano tutto con un cavillo amministrativo. Aziende così vanno fallite in breve.
    E’ necessaria una riqualificazione della spesa pubblica: meno carte e più strade, meno regolamenti e servizi più efficienti, meno pensioni di anzianità e più ricerca.
    Alla fin fine un investitore è ben felice di prestare i suoi soldi a qualcuno che cresce e che paga con regolarità gli interessi perché investe i soldi prestati in attività produttive e non già per comprarsi l’ultima auto di lusso.
    Cordialmente

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  4. Pingback: Il problema greco non è il settore pubblico « Keynes blog

  5. Regolamenti talmente assurdi che per spostare una porta dentro casa sono necessari, inutilmente, due quintali di pratiche

    C’è anche di peggio.
    In un comune di una provincia toscana devi far denuncia se intendi tinteggiare casa, ripeto tinteggiare.
    Un mio parente non sapendolo, si beccò la denuncia da parte del vicino e dovette pagare pure una multa.

    Demenziale!

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    • mica tanto caro Luigiza. Esiste , e per fortuna , un piano colore al quale ci si deve attenere e tu non ti svegli al mattino decidendo che la tua casa d’ora in poi sarà gialla

      Prova a comprare una casa in Provenza e poi vedi…

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  6. Ho sempre considerato i liberisti italiani come dei delinquenti in stand by, c’è addirittura chi si lamenta del fatto che una persona, aprendo una lavanderia, è costretta ad attrezzarsi di strumenti per la depurazione delle acque. Ma sì, basta “burocrazia”, facciamo scaricare i reflui direttamente nei fiumi!

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  7. Mi scusi professore, non ho capito una cosa. Nell’articolo prima si parla del 27% di premio per il pubblico per la Grecia e del 18% della Germania. Nella successiva classifazione dei paesi europei invece alla Grecia viene assegnato un 16%, mentre alla Germania un 15%. Perchè si arriva a questa differenza? Poi non si corre il rischio che in queste medie siano un po’ sporche, dato che si mettono nello stesso pentolone sia i dirigenti/manager, ai quali da poco è stato imposto un tetto per gli stipendi, che un insegnante o poliziotto che in media guadagna 1200 euro? Non sarebbe meglio fare delle medie un po’ più selettive ?

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