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IL MEF non è un centro studi.

Un solo pensiero prima di partire per l’aeroporto.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) non deve diventare un centro studi economici.

Cosa fa un centro studi? Fa proiezioni sull’andamento dell’economia mondiale ed italiana, senza ovviamente poterne influenzare l’andamento e le dinamiche. E in più tiene gelosamente segreti i dati disponibili sull’economia. Non si sa mai che qualche altro centro studi glieli rubasse e gli sottraesse clienti ed abbonamenti.

Il prestigioso MEF quando fa il suo Documento programmatico DEF a me pare un centro studi. In realtà non dovrebbe dimenticare che è semplicemente il “Direttore Generale” di Casa Italia che sta scrivendo ai suoi azionisti il piano di azione per raggiungere gli obiettivi che a questi stanno a cuore: crescita, benessere, rigore, equità, pari opportunità….

Tutta la magra crescita che riesce a generare per i cittadini il DEF per il 2014 (1%!) viene invece da una stima alquanto azzardata di maggiori esportazioni che dipendono da un +1,9%  in quell’anno assai ottimistico (oggi) sulla crescita futura dei nostri partner europei. Come un centro studi, è tutto fuori dalle nostre mani.

Pratica pericolosa, forse andrebbe abolito il DEF. Perché se io fossi un cittadino e lo leggessi, questo DEF, mi deprimerei alquanto sul futuro del luogo dove vivo, e non farei investimenti, e non pianificherei maggiori consumi. Insomma, è un Documento che non facendo progetti su come uscire OGGI da questa crisi ma solo previsioni, rende più probabile che questa crisi permanga.

Dove è un piano di investimenti pubblici, o di minore carico della tassazione sul lavoro che può stimolare le aziende a dire, “bene, allora io qui in Italia ci investo?”. Dove è?

Ma c’è di più. L’azionista cittadino non possiede i dati su Casa Italia. Li possiede e li tiene gelosamente chiusi in un cassetto la Ragioneria Generale dello Stato (RGS), che fa parte del MEF, che li nega al suo azionista, il cittadino. Li nega addirittura al manager di Casa Italia, il Ministro dell’Economia Mario Monti, che sta seduto in un altro ufficio, a Palazzo Chigi, e non ha accesso diretto al database della RGS. Così Giarda resta più solo perché non ha il pieno controllo dei dati che gli permetterebbero di fare (forse) una spending review utilissima per il Paese.

Ecco, il fatto che il nostro manager, Mario Monti, sia anche ministro dell’Economia offre una opportunità unica: quella di obbligare a fare quello che il MEF non ha mai fatto, cedere il suo database allo staff del Presidente del Consiglio che lo potrà usare per fare politica economica (non oso chiedere una cosa ovvia, e cioè che sia messo a disposizione anche delle strutture della Camera e del Senato).

La proprietà di quei dati non è della RGS, ma nostra. Prof. Monti la ottenga e cavalchi rapidamente la spending review. E per favore, abolisca il DEF e faccia politica economica. Per il domani. Il domani mattina.

3 comments

  1. georges dalle

    25/04/2012 @ 09:45

    Ho visto anch’io ieri il viceministro Grilli alla televsione; mi sorge un dubbio. Era lo stesso Grilli che era il massimo dirigente del ministero delle finanze con una retribuzione di circa € 500.000, all’anno? Se si, perchè non si è accorto della crisi incombente? Perché non ha fatto niente?

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  2. Marco Malgarini

    27/04/2012 @ 12:15

    La tua osservazione mi pare molto pertinente. E per questo motivo in altri paesi (penso alla Germania ad esempio) i centri studi non stanno dentro ai ministeri, ma semmai in Istituti pubblici (o comunque pubblicamente finanziati) indipendenti che hanno per compito proprio quello di fare quel mestiere. Noi ne avevamo uno in Italia ma ci hanno detto che era un lusso che non potevamo piu’ permetterci… Forse tra un po’ i tempi potrebbero tornare maturi per tornare a pensarci su (a meno di ritenere che per questo basti la Banca d’Italia).

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