Riceviamo volentieri pubblichiamo questa lettera del nostro banchiere Gerontius
Gli analisti economici prevedono una caduta dell’uno per cento del GDP (PIL, ndr) per l’area dell’euro nel 2012. La seconda e la terza economia di questa zona, Francia e Italia, sono in recessione. Gli indicatori economici della Germania a dicembre davano qualche segnale positivio, ma se il resto dell’area non cresce anche la Germania ha poche possibilità di ripresa.
Nel frattempo la Signora Merkel predica la dottrina dell’austerità fiscale e delle sanzioni economiche per quelli che non seguono le regole. Sarkozy gli fa il controcanto puntando ad un nuovo trattato per fissare regole fiscali più stringenti. Il Prof. Monti va avanti con le sue riforme dal lato dell’offerta sperando per questa via di riguadagnare credibilità e abbassare il famigerato spread. Che ben vengano le liberalizzazioni dei servizi pubblici e delle professioni o l’introduzione del contratto unico nel mercato del lavoro, ma questi provvedimenti da soli non possono farci uscire dalla crisi. La ripresa economica passa attraverso l’aumento della domanda aggregata, consumi ed investimenti. Se non aumentano questi aggregati, gli investitori punteranno sulla liquidità, i prezzi degli assets rimarranno depressi e gli spread elevati. La dottrina dei due tempi, sposata dai leader delle tre maggiori economie europee, prima si mettono a posto i conti pubblici poi si pensa alla crescita, semplicemente non funziona. I conti pubblici si possono aggiustare solo se l’economia riprende. E l’economia riprende solo se si fanno politiche di stimolo della domanda. I nostri però non vogliono ascoltare questa campana. La storia come sempre ripete se stessa. I nostri leader sembrano voler ripercorrere gli errori commessi dal presidente americano Herbert Hoover che si rifiutò nel 1930 di creare deficit di bilancio per finanziare politiche di welfare o quelli del cancelliere tedesco Heinrich Bruning che negli stessi anni perseguì una politica fallimentare di austerità fiscale. Alle politiche fallimentari di Hoover pose rimedio il più illuminato Roosevelt. Il fallimento politico di Bruning invece aprì le porte al nazionalsocialismo di Hitler. E’ interessante osservare che né il repubblicano Hoover, né Bruning erano fermi assertori di politiche di lassairfaire, ne erano contrari in principio all’intervento pubblico nell’economia, ma su un punto erano intransigenti: il rigore fiscale ed il pareggio di bilancio! Potrà forse sorprendere ma anche Keynes era un assertore del bilancio dello stato in pareggio quando l’economia si trova sul sentiero di crescita di piena occupazione, anzi Keynes si spingeva anche oltre ritenendo che nei momenti normali lo Stato dovesse perseguire addirittura una politica di avanzo di bilancio. Ma al contrario di Hoover e Bruning, riteneva che di fronte a recessioni persistenti, quando l’economia non mostra di ritrovare l’equilibrio di piena occupazione attraverso i suoi meccanismi di autoaggiustamento, si dovesse mettere in piedi politiche di stimolo senza curarsi del deficit di bilancio.
Saremmo felici di essere smentiti, ma temiamo che mettere al centro della questione economica da parte dei leder delle più grandi economie europee il rigore fiscale e non la crescita economica ci possa condurre verso uno stato di severa depressione economica e forte instabilità finanziaria data anche la estrema fragilità in cui si trova il sistema bancario europeo, il cui esito finale potrebbe essere la disintegrazione dell’euro e la balcanizzazione dell’Europa. Un esito del quale i nostri leader credo non vorrebbero mai assumersi la responsabilità.
Mettere al centro la crescita economica significa cambiare rotta sul piano della politica fiscale individuando soluzioni di stimolo della domanda. Una soluzione possibile è quella di un piano triennale di investimenti in infrastrutture, trasporti ed energia rinnovabile per i paesi dell’area dell’euro. Una opportunità per rinnovare e ampliare strade, reti ferroviarie, porti ed interporti e potenziare le attuali capacità di produrre energia rinnovabile. Può essere fatto con un minimo di dispendio per le finanze pubbliche utilizzando principalmente fondi privati. Deve essere almeno pari a 300 miliardi di euro, circa il 3% del GDP (PIL) dell’eurozona e può essere finanziato attraverso l’emissione di project bonds. Un ruolo centrale può essere giocato dalla BEI sottoscrivendo le tranches piu rischiose di questi bonds, mentre le tranches meno rischiose possono essere sottoscritte dai fondi pensione dei paesi europei, dalle assicurazioni e dagli investitori istituzionali internazionali. L’impegno finanziario degli stati per un piano del genere è minimo. Si tratta eventualmente di ricapitalizzare le BEI per sostenere nuovi impegni finanziari. Molti dei progetti sono già pianificati, altri devono essere individuati.
Gerontius
08/01/2012 @ 09:48
L’unica cosa che si può dire è che Roosvelt è passato alla storia, di Bruning e di Hoover non è rimasta traccia (per lo meno per una non economista come me).
08/01/2012 @ 10:08
Impeccabile, così evidente e con prove così lampanti (Grecia) che sembra perfino superfluo doverci spendere del tempo. E qui rifà capolino la mia paranoia: non è possibile che questi signori siano così sprovveduti o ideologicamente accecati; ergo, l’obiettivo che stanno perseguendo è tutt’altro.
Vorrei tanto che lei o il dr Gerontius poteste tranquillizzarmi indicandomi una terza opzione
08/01/2012 @ 10:48
Aggiungiamo, ai settori indicati da Gerontius per rilanciare la domanda, anche la spesa nel settore IT.
E’ un settore, l’Information Technology, estremamente ripagante, sia dal punto di vista occupazionale sia dal punto di vista delle ricadute tecnologiche.
Servirebbe, e da subito, un “Piano Nazionale Straordinario per L’Informatizzazione della Pubblica Amministrazione” .
E per impedire la prassi degli sprechi e ruberie si dovrebbero fissare deadline a brevissima scadenza (due anni al max per i primi obiettivi concreti, come ad esempio l’informatizzazione dei processi penali e civili, sviluppo di software unificati per la gestione della PAL e PAC etc. etc.).
La metodologia operativa sarebbe per cosi dire a “massa d’urto” sia di fondi sia di risorse applicate. Ciò allo scopo di “forzare” l’ottenimento di risultati concreti.
Niente più casi come Italia.gov per intenderci. Solo con il rilancio di questa specifica spesa pubblica (i cui fondi si potrebbero recuperare tutti con tagli, questi si lineari, del 40% alla spesa degli apparati burocratici della Camera, Senato e Presidenza della Repubblica ed abolendo davvero totalmente il finanziamento pubblico dei partiti, come da esito dei referendum peraltro!) si otterrà indirettamente che anche le imprese private investano decentemente nel settore IT.
Infatti forse è poco noto che sia le PMI sia le grandi imprese italiane (che predicano bene ma razzolano male) hanno storicamente investito sempre pochissimo in IT, e ne vediamo oggi tutti i drammatici effetti di questa politica miope, scarsa qualità e competitività dei prodotti italiani su tutti i mercati.
L’obiettivo deve essere quindi aumentare di competitività sui mercati internazionali e fondamentalmente tramite l’apporto delle tecnologie, come fanno tutti i competitor del resto …
Poi è chiaro che il discorso è molto più ampio e riguarda la necessità di un New Deal complessivo per il nostro del Paese.
New Deal che passi attraverso sia altre azioni immediate di liberalizzazione in tutti i settori, attualmente “bloccati” dai corporativismi, sia attraverso una nuova visione politica condivisa e votata dagli elettori delle prospettive del paese (con buona pace dei tecnici attualmente al governo).
Ma questa è un’altra storia…
08/01/2012 @ 12:01
io vengo dalla montagna, faccio ragionamenti semplici.
se è vero che un aspetto della recessione è la riduzione della domanda, e se è vero che a Natale c’è stato un crollo dei consumi diciamo (non so se le cifre sono precise) del 15% e in assoluto di 400M€, sempre venendo dalla montagna, col conto della serva significa 80M€ in meno di IVA e circa 120M€ in meno di tasse sul reddito, tanto al chilo.
Vogliamo metterci su un’altra manovrina per ripianare i mancati introiti dello stato?
I più titolati economisti mi correggano!
08/01/2012 @ 12:57
Tanto al chilo.
08/01/2012 @ 13:47
Bisogna capire bene se le politiche che i singoli Stati nazionali sono chiamati ad adottare servano per l’Europa nel suo insieme o solo per la Germania.
08/01/2012 @ 14:23
Sarò miope, ma io, questa Europa “nel suo insieme”, non riesco più a vederla.
Il guaio vero è che, a non vederla, sono in compagnia di personaggi come Cameron….
Quanto ai tedeschi, che io conosco molto bene, il problema è il solito.
Su certe cose, la loro rigidità arriva ad essere tale da far diventare i loro palesi errori di valutazione delle questioni di principio, dalle quali non sono disposti ad arretrare neppure di fronte all’evidenza dell’errore.
08/01/2012 @ 14:06
Si parla di crescita e di investimenti, ma per definire entrambi è opportuno indicare direzione e priorità.
Ad esempio, investire in strade non è la stessa cosa che investire in ferrovie o trasporti pubblici, così come incentivare genericamente gli investimenti in fonti rinnovabili di energia non è la stessa cosa che incentivare la manutenzione delle costruzioni civili, finalizzata all’impiego di accorgimenti per il risparmio energetico degli edifici.
E’ quindi il momento di uscire dalla genericità dei termini crescita e sviluppo che di per sé sono termini poco significativi se non accompagnati da precisi ragionamenti su quale società vogliamo nel domani prossimo, scelta indubbiamente non indolore.
In quest’ottica potrebbero essere affrontati anche gli orari di lavoro.
Non sarebbe infatti sensato favorire l’occupazione giovanile penalizzando l’utilizzazione degli straordinari da parte delle imprese? E la frattura tra disoccupati cronici e occupati potrebbe essere affronatata in tempi rapidi, ricorrendo anche alla solidarietà?
08/01/2012 @ 16:49
Io investirei subito in una grande opera di manutenzione e innovazione Paese, non (solo) in grandi opere (rattoppare le strade, gli acquedotti, le montagne, il patrimonio ambientale e culturale genera lavoro diffuso, immediato, visibile e meno appetibile – si spera- per la criminalità organizzata, le cricche ecc.) Ma prima si deve decidere cosa fermare: chiedo a voi che ne facciamo dello Ponte sullo Stretto ? il TAV ? il terzo valico ? anche su questo occorre una decisione, perchè lì corrono molti molti soldi. L’altro problema è il rinnovo/risanamento generale della classe dirigente pubblica legata allo spoil system. E’ inutile mettere i “migliori tecnici del mondo” al Governo, se restano dove erano coloro che detenevano le leve del comando della PA.
08/01/2012 @ 20:31
Salve professore, vorrei porle una domanda:
Qual è il vero problema dell’impossibilità per l’italia di finanziare la sua spesa pubblica in deficit per rilanciare la produzione e quindi la domanda?
1) è solo per una questione politica?
2) perchè in questo momento potremmo prendere a prestito esclusivamente ad alti tassi d’interesse (e quindi poco conveniente)?
3) perchè anche utilizzando la spesa nel miglior modo possibile i mercati avrebbero comunque poco fiducia (reale o di convenienza) e quindi ci condannerebbero?
4) O il problema è di altra natura?
Se l’unico modo reale per evitare una nuova depressione è quello della spesa pubblica, perchè limitarsi ad utilizzare solo i risparmi generati da una migliore gestione della PA?
08/01/2012 @ 21:04
E’ una ottima domanda.
Sostanza: non è molto importante come finanziarla ma farla.
Detto questo.
(1) certamente c’è una questione politica a Bruxelles ma comunque secondo me un deficit di 1% di PIL con la recessione attuale ce lo consentirebbero. Ma teniamo conto che già ora con le stime vere del PIL siamo all’1% di deficit (segreto di Pulcinella). Quindi comunque non ci sarebbe spazio per finanziare maggiore spesa pubblica – se l’unico modo in cui lo vuole fare è in deficit – con l’assenso europeo.
(2)Non è detto che oggi i tassi (r chiamiamoli) siano alti, domani potremmo prendere a prestito a tassi ancora più alti se le cose peggiorano. Comunque il suo è un argomento che potrebbero fare. Ma sarebbe un argomento sbagliato. Supponga di spendere 100 oggi in più. Come lo finanzia? O con 100 di tasse oggi o, se fa debito di 100, con 100 +100*r di tasse domani domani, cioè 100(1+r) domani, di tasse che, in valore attuale, sempre 100 sono.
Anzi noti bene che non tassando oggi gli individui che stanno messi male perché c’è la recessione, e tassandoli domani 100 (1+r) [perché fa debito], è come se gli prestasse 100 euro oggi che loro restituisocno con interessi domani: e lei sa quanta gente in questi momenti difficili non riesce a prendere a prestito. Sembra complicato ma facendo deficit oggi e tasse domani, lo stato presta a coloro a cui oggi non presta nessuno, quindi il deficit è cosa buona…
(3) Non mi è chiaro cosa vuol dire condannare. Immagino lei pensi che aumenti lo spread. Può darsi, specie se non spieghiamo bene il perché lo facciamo. Questa è una delle ragioni per cui non mi azzardo nemmeno a proporlo e suggerisco di farla (la maggiore spesa) o via tasse o via riduzione di sprechi.
Dalla sua ultima domanda mi pare che lei non consideri la terza possibilità, come dicevo sopra, finanziare la spesa: con tasse. Anche questa comunque funziona!
08/01/2012 @ 23:59
Salve professore, la ringrazio innanzitutto per la risposta precedente.
Mi scuso se non sono stato molto chiaro prima, ma ho cercato di sintetizzare così da avere la possibilità di una sua risposta.
Alla 3, per condannare mi riferivo a tre scenari da me ipotizzati.
1) aumento dello spread.
2) corsa alla vendita di titoli italiani per maggior paura di default.
3) attacco speculativo in seguito ad una presunzione di maggiore debolezza italiana.
E magari anche tutti insieme un pò alla volta.
In realtà considero l’opzione tasse, ma in maniera marginale, ovvvero fatta 100 la manovra, cercherei di recuperare 45 risparmio PA, 45 in Deficit e 10 di maggiori tasse.
Forse essendo uno studente tendo all’estrema semplificazione per ignoranza, però non riesco a comprendere una cosa:
se tassiamo i cittadini di 100, come primo effetto abbiamo un impoverimento dei cittadini e quindi un ulteriore decremento della domanda. Ora io immagino un effetto immediato di breve termine, qualche fallimento, posti di lavoro persi e meno introiti derivanti dalle tasse.
Ora, utilizzando questo denaro nel modo corretto e, quindi con un incremento della domanda di beni da parte della PA, quel denaro tolto rientra in circolo nell’economia e nella migliore delle ipotesi non dovremmo ritrovarci cmq nella stessa situazione precedente? Cioè con – 100 di domanda da parte dei cittadini e +100 da parte della PA?
Cioè non immettendo denaro nuovo in una situazione di stallo non rimaniamo comunque fermi?
A questo punto oltre a risparmiare sugli sprechi, per quanto possa sembrare un azzardo non sarebbe meglio spendere a deficit per generare domanda nuova da parte della PA e soprattutto per creare un apparato statale che possa realmente lottare contro mafie ed evasioni e, che ci permetterebbero realmente di riportare grosse fette di denaro “nuovo” nelle casse statali? I mercati non si fiderebbero a questo punto maggiormente?
09/01/2012 @ 13:11
Ottima domanda. C’è una differenza. I cittadini a cui leviamo i soldi, quei soldi che gli leviamo non li avrebbero spesi tutti. Una parte sarebbe stata risparmiata. Mentre quando li prende lo stato li spende tutti. Da qui il maggiore impatto sull’economia quando questa è affetta da domanda insufficiente.
09/01/2012 @ 16:13
Gustavo, l’Italia non e’ l’America e non e’ la Germania (per fortuna, ooops!). Inoltre, siamo nel 2012, non saprei quanti “paradigm shifts” dopo !
Fatico, cioe’ non riesco a comprendere i tuoi esempi per giustificare IN ITALIA politiche fiscali espansive, cioe la politica dello sfacelo totale (al quale gia siamo comunque).
In Italia non funziona niente, come puoi immaginare che politiche applicate con successo in nazioni come USA e Germania possano funzionare nel nostro sistema dominato da decenni dall’imbroglio ? dove nessun meccanismo di aggiustamento funziona, dove l’economia come sistema/processo non esiste (appalti ? ahahah, non devo fare esempi …) ?
Se noi italiani non cominciamo a pensare “outside of the box”, non ne usciamo piu’. L’italia e’ un caso speciale, infinitamente piu’ grave di quello che per anni ci hanno raccontato i politici ladroni e compagnia bella.
Io temo che senza uno “shock culturale” non si combinera’ molto. Ovvio ? se il paese ha operato per decenni in maniera cosi’ deleteria … come lo cambi ? ancora spesa pubblica ? Il focus dovrebbe essere altrove.
Ci vuola una nuova volonta’ nazionale, senza di quella non si cambia. E sena uno schock la volonta’ non c’e’. Finche c’e’ lo spaghetto … ma se lo spaghetto glielo levi ah! allora finalmente ci arrabbiamo ??
09/01/2012 @ 19:53
Mi scusi quindi la soluzione per lei sarebbe estremizzare la situazione, creare il conflitto di classe per poi dichiarare default e ucciderci tra noi magari in una guerra civile? Giusto per imparare la lezione?
Se fino ad ora si è speso male, perchè dovremmo “non spendere” anzichè spendere bene?
Perchè ad esempio non spendere a deficit per dare benzina ai poliziotti e carta e straordinari pagati ai tribunali? Sarebbe questo sfacelo totale?
09/01/2012 @ 21:11
Temo che almeno concettualmente hai capito, almeno la direzione del mio pensiero. Triste e drammatico si, ma l’Italia di oggi cos’e’ se non triste e drammatica ?
Ma quali tribunali ? ma dove vivi ? in Italia il tribunale e’ un idea, un concetto teorico. Ma scherziamo ? E’ parte integrante della schema nazionale di imbroglio totale.
Come dico sempre, abbiamo un deficit pubblico gigamegagalattico, ma le principali responsabilita’ dello stato INTERAMENTE abbondanate: ORDINE PUBBLICO, DIFESA e infrastrutture.
Ma che ci abbiamo fatto con quei soldi ???
Ora da un giorno all’altro siamo tutti bravi e ripuliamo decenni di corruzione, tanto da potere addirittutra rilanciare la spesa pubblica a supporto della crescita perche’ facciamo bene benino, niente piu’ imbrogli, appalti trasparenti etc etc .. io non so’ come si fa a scrivere roba del genere.
09/01/2012 @ 21:15
ma poi scusami, che parla di “imparare la lezione” ? tu ! non io, io parlo di salvare la nazione, quale lezione. C’e’ sempre un prezzo da pagare, ma anche questo e’ concetto perso in Italia, e non solo in Italia.
Intanto poi bisogna uscire dalla trappola mortale dell’euro.
10/01/2012 @ 11:06
Io sono a conoscenza di quello che succede in Italia, e sono convinto che ora come ora i tribunali servono a poco. Però sono altresì convinto che mettendo le persone giuste al posto giusto (+ qualche soldino per mettere in moto la macchina), qualcosa si può anche risolvere.
Per quanto riguarda l’euro, se in linea teorica potrei condividere con Lei una piccola avversione, il linea pratica, come pensa di poter combattere da solo nei prossimi decenni contro Cina, India e tutti gli altri pvs ?
10/01/2012 @ 14:35
Dosto, vorrei tanto potere pensare come te, ma, perdonami se mi ripeto, decenni dopo decenni di corruzione totale mi rendono alquanto scettico … esiste una volonta’ vera e sufficientemente estesa dei cittadini italiani di cambiare ? Non ho elemento per pensare di si, ho fatti che giorno dopo giorni mi provano il contrario.
Adesso assistiamo a questo impeto di nuove iniziative …. i blitz della GF a porto ercole e vari mi fanno veramente divertire. Si, spero che ci sia una base solida e duratura, ma non ci conto.
Ma fa enorme piacere di vedere che ti rifersici a Cina India etc come paesi che dovremo combattere, perche’ anch’io la vedo cosi’; spero saremo fortunati e che non diventera’ un combattimento armato !
Caro Dosto, l’euro non c’entra niente. Su questo pero’ mi riprometto di spiegarmi meglio dopo.
13/01/2012 @ 23:51
L’euro è la nostra salvezza. E non solo per combattere ma per fare la pace.
09/01/2012 @ 16:48
Altra possibile via d’uscita: una politica di sinistra? Tassare i più ricchi, abbassare le tasse sui più poveri, redistribuire reddito dai supermanager ai lavoratori ad esempio con la redistribuzione degli utili? Tassare le pensioni più alte ed alzarle a chi sopravvive con 400 euro al mese? La forte disuguaglianza dei redditi non era tratto costante delle grandi crisi?
09/01/2012 @ 16:55
Voglio dire la parte più povera della popolazione dovrebbe avere una maggiore propensione al consumo ed una minore propensione al risparmio. Al contrario la parte più ricca una maggiore propensione al risparmio che al consumo. Ergo 100 euro trasferiti dai più ricchi ai più poveri non farebbero solo la felicità (1)della povera pensionata che può fare il regalo al suo nipotino, (2)del nipotino ma rimetterebbe anche in moto la domanda senza costi per l’erario.