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Ecco la prova che inchioda l’Europa: si può fare

Bella giornata ieri a Bologna presso l’Associazione Prometeia diretta da Paolo Onofri a discutere del loro rapporto di previsione. Oggi sarà giornata un po’ dura ma bella, insegno 8 ore al Master Anti Corruzione dell’Università di Pisa, diretta dal grande e instancabile Alberto Vannucci, mio collega. Non so se oggi avrò ancora tempo di scrivere, vorrei parlarvi di cosa emerge dal Rapporto sulle condizioni del mercato del lavoro in Italia, informazione molto interessante.

Vedremo se avrò il tempo, sennò domani.

Intanto però non resisto a farvi vedere queste due slide che ha presentato durante la tavola rotonda Prometeia  a cui partecipavo il banchiere Antonio Foglia. Quando le ho viste mentre si preparava a parlare gli ho detto “mi raccomando anche se ti mettono fretta queste 2 slides le devi commentare!”. E così ha fatto.

Ci raccontano dell’altra Europa, queste slide, quella nascosta dietro il velo delle politiche attuali, testardamente recessive e miopi, quella dell’Europa a portata di mano. Lo fanno descrivendoci … gli Stati Uniti di America, sì l’altra grande unione monetaria che non ha nessuna intenzione di fallire, dove il Mississippi può avere la peggiore competitività, può fallire sul debito e nessun operatore di mercato si sognerebbe di prezzare a spread come quelli odierni di Spagna, Italia, Grecia.

Guardate questo grafico senza leggere né titolo né nomi degli Stati, guardate solo i grafici: sono i costi del lavoro per unità di prodotto prevalenti in ogni stato. Assomigliano a quelli europei, vero? Peccato che noi … siamo l’Alaska e la Germania è … la California!

Già, in una unione monetaria si può convivere con costi del lavoro per unità di prodotto (CLUP) … ben diversi e … non  soffocare né rischiare di perdere il dollaro. Mi aveva rimandato, una lettrice assidua, ad un articolo di Rampini dove si diceva che negli Stati Uniti si andavano a riallinearsi, gli Stati Usa, tramite massicci spostamenti di persone o tramite urticanti deflazioni o forti aumenti di produttività fino a quando i CLUP non coincidessero. Ma no, dai. Come vedete  dall’incredibile slide sottostante, la soluzione magica che tiene in piedi l’unione degli Stati (oltre ad una banca centrale assai pronta a comprare titoli di Stato) sta … nella sua solidarietà. Qualcuno lo può chiamare anche il prezzo della diversità? Benissimo, chiamiamolo così: ma al Mississippi. se lo volete nell’Unione a stelle e strisce, bisogna non chiedergli riforme che lo facciano divenire la California, impossibile, ma dargli soldi e trasferimenti che non lo facciano sentire di serie B.

Il grafico sull’asse verticale delle ordinate riporta i redditi pro-capite in percentuale del reddito medio degli Usa (in blu) e degli stati dell’euro (in rosso): come vedete c’è grande variabilità in ambedue le Unioni, stati più ricchi che convivono con stati più poveri.

Ora però guardate sull’asse orizzontale delle ascisse: leggete i trasferimenti che avvengono nell’Unione in percentuale del reddito dello stato. Noterete come i punti rossi europei sono tutti concentrati vicini allo zero, nessuno che molla una lira (oopps un euro) all’altro, anche se più povero. Notate invece la nuvola blu americana: gli stati più ricchi americani (in alto verticale) danno molti trasferimenti (a sinistra in orizzontale) agli stati Usa più poveri (in basso verticale) che non trasferiscono somme ma, appunto, le ricevono (a destra in orizzontale).

E già. L’Unione di stati funziona con la solidarietà. Ma anche questo non è vero: per arrivare a questo schema di trasferimenti ci sono voluti tanti decenni, più di un secolo. Prima gli Stati si sono dovuti conoscere (combattere addirittura), fidarsi, trovare un interesse comune che li unisse. Cultura, tolleranza, a volte con strappi cruenti.

Noi europei avremmo mezzi migliori: mettiamo i nostri giovani obbligatoriamente in viaggio durante un anno di liceo. Facciamoli conoscere i ragazzi. Altro che il meraviglioso Erasmus, molto molto di più.

E intanto cominciamo ad aiutare gli Stati in difficoltà, si creerà il più grande debito di tutti, quello che si ripaga sempre, il debito di riconoscenza.

8 comments

  1. Appunto, USA e Svizzera (dove ci sono importanti trasferimenti per investimenti) sono federalzioni, stati federali. L’Europa no. È una somma di stati egoistici che tirano dalla propria parte o anche tutti dalla stessa solo quando conviene.

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  2. gli stati uniti patria di solidarietà ?
    ho qualche dubbio
    gli stati uniti patria di democrazia ?
    ho qualche dubbio
    gli stati uniti patria di trasparenza , meritocrazia , mobilità sociale ?
    ho qualche dubbio
    gli stati uniti , paese da prendere ad esempio ?
    ho qualche dubbio

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  3. Gentilissimo professor Piga,
    non per essere petulante (sì, lo sono), ma nell’articolo in questione non solo si riportavano “lievi imprecisioni” relative agli USA che lei ha corretto con dati inoppugnabili, ma si suggerivano l’emigrazione di manodopera e il crollo dei salari (unitamente a un’unione bancaria e a MINIMI aiuti) come esempio da seguire in Europa (come peraltro sta già avvenendo).

    “Come possono convivere usando la stessa moneta, due nazioni tra le quali si scava un fosso così profondo di produttività? [...]
    Gli Stati Uniti, avendo mercato unico e moneta unica da oltre due secoli, nonché un solo mercato del lavoro e un sistema politico anch’esso unificato, conoscono le dure regole dell’integrazione.
    [...]
    Sono questi meccanismi (emigrazione e crollo dei salari, ndr) che appaiono inesistenti in Europa, e rendono meno assurda la resistenza di Angela Merkel, quando gli americani si calano nei suoi panni. L’assenza di questi ingredienti di base, resta agli occhi degli americani una debolezza che inficia la costruzione della moneta unica.”

    Se posso permettermi un piccolissimo appunto, il termine “solidarietà” potrebbe far sembrare, a un lettore disattento, che si pretenda l’elemosina della Germania, appellandosi alla sua compassionevole generosità in nome dell’ideale europeo.
    Preferirei il termine “cooperazione” ad indicare un’azione coordinata per cui chi trae vantaggi da un’unione deve poi reinvestire e ridistribuire i profitti per mantenere tale unione (che gli consente di prosperare) viva ed efficiente.
    Per contro chi, dopo aver privatizzato gli utili, si rifiuta di socializzare le perdite dovrebbe astenersi dalle unioni.

    La ringrazio infinitamente per la sua preziosissima opera di informazione corretta e di divulgazione.

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      • Il termine cooperazione è quello corretto (logicamente e giuridicamente). Solidarietà non figura nei trattati UE e non si confà a una comunità “in fieri”, cioè il cui senso di unitàappartenenza si vorrebbe “ottenere” perchìè ancora non c’è (e con leuro non ci sarà).
        La solidarietà è un concetto riferibile alle Carte costituzionali nazionali (e nemmeno da tutte condiviso), dove si pone l’accento sulla (scelta di) valorizzazione di un valore già “riconoscibile” e naturalmente preesistente nel substrato sociale.
        Cooperazione è invece un obbligo (di prestazione) di carattere internazionale, un “dover fare” da riempire di contenuti per raggiungere obiettivi (teoricamente)comuni, e quindi si addice a una situazione di “coesione” sociale che si vuole creare e non si “trova” già come propria di una tradizione etnica e culturale. (Direi che appellarsi alla solidarietà conduce proprio alla “straniazione” e al rifiuto di popoli come quello tedesco, che già hanno enormi difficoltà alla mera “cooperazione”, che hanno preventuivamente tradito attraverso la svalutazione interna deliberatamente iniziata nel 1995 proprio in vista dell’UEM, come afferma senza infingimenti lo stesso Sinn, rimproverando gli altri di non aver fatto altrettanto, cioè di non aver scatenato la competizione commerciale preventiva non appena si è sentito parlare di unione monetaria….)

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  4. Lorenzo Donati

    07/07/2012 @ 15:12

    Caro Professor Piga La seguo con piacere ogni giorno: La ringrazio per i suoi articoli sono sempre molto illuminanti; in particolare il suo tentativo di far riflettere, cifre e statistiche alla mano, sul “dare” e “avere” fra gli stati USA perché possa servire a illuminare la strada dei governanti europei meriterebbe un più vasto interesse da parte di un’opinione pubblica che è invece appiattita su soluzioni ‘ragionieristiche’ della crisi europea.

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