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E se per caso le cose andassero peggio?

Alan Taylor insegna oggi Economia alla prestigiosa University of Virginia. Ma nel biennio 2010-11 era altrove. Nella nota iniziale del suo ultimo lavoro pubblicato qualche giorno fa spicca il caveat: “Alan Taylor è stato Senior Advisor presso Morgan Stanley nel biennio 2010–11, ed ha ricevuto compensi per presentare i risultati delle sue ricerche ad incontri privati e pubblici”. Ecco al lavoro le prime regole che si sono dati dopo la crisi gli economisti Usa per dichiarare i loro potenziali conflitti d’interesse: non male. Aspettiamo che qui in Italia si faccia altrettanto, anche per i corsivi sui maggiori quotidiani quando pubblichiamo le nostre opinioni.

Ma torniamo a Taylor, economista con un passato presso la banca d’affari Morgan Stanley, pericoloso forse per il suo conflitto d’interessi potenziale ma certamente anche un esperto che può dirci qualcosa di nuovo su questa crisi finanziaria mondiale e su quanto i suoi effetti nefasti rischino di rimanere con noi, e per quanto.

Ebbene Taylor nel suo lavoro argomenta come 1) i principali responsabili delle crisi finanziarie del tipo che stiamo attraversando non sono tanto gli squilibri di bilancia commerciale né quelli di debito pubblico, ma quelli dovuti a eccessi di credito (“credito sbagliato”) da parte del sistema bancario e 2) come tanto maggiore l’eccesso di credito che ha generato la crisi tanto peggiore e più duraturo il successivo aggiustamento dell’economia: minore PIL, consumo, investimento, credito, moneta, inflazione.

Questo ruolo degli eccessi del credito, specie quando esasperati da crisi finanziarie è spesso, e gravemente secondo Taylor, sottostimato dai politici: “Una “normalizzazione” dell’economia su tutte queste dimensioni semplicemente richiede molto più tempo in uno scenario di questo tipo. E’ facile immaginare come i politici, se fossero ignoranti a riguardo di questi fattori, potrebbero incurantemente effettuare previsioni economiche eccessivamente ottimistiche, o intraprendere azioni di politica economica premature, mettendo a rischio una un sentiero di ripresa già estremamente fragile”.

Ah le previsioni. Che per l’Italia 2012 hanno già sbagliato il bersaglio con un ottimismo che non ha trovato conferme.  -2,5% di PIL, mica poco (il FMI nel maggio 2011 indicava, come il Governo, +1,3%!). Ma già nel 2013 tutti danno per vicina la ripresa, anzi mi correggo, ormai danno solo per meno devastante la recessione. E dal 2014 ovviamente trionfa l’ottimismo con numeri positivi (il FMI nel 2011 dava +1,4 dal 2012 in poi per sempre).

Ma stiamo usando il modello giusto direbbe Taylor, che tenga conto della crisi che ha originato l’attuale situazione? Forse no.

Guardate il grafico che ci propone derivante dalle sue simulazioni. In blu vedete l’andamento del PIL a seguito di crisi derivanti da eccesso di credito in assenza di crisi finanziaria, per un paese con un rapporto debito-PIL del 50%: recessione prolungata (gli anni sono sull’ascissa, la crescita del PIL sull’ordinata), sì, ma moderata. In rosso la stessa linea ma con una crisi del credito accompagnata da crisi finanziaria, simile a quella che l’Europa sta sperimentando in questi ultimi 2 anni, sempre per un Paese con un rapporto debito-Pil del 50%. Come vedete in questo caso la crisi si prolunga per 6 anni con una recessione peggiore, da -1% di PIL annuale circa.

Se il debito-PIL sale, fino al 100%, le  cose vanno peggio, forse, dice Taylor, perché con debito alto i paesi non usano con la stessa forza le politiche anti-austerità. Forse pensa all’Italia? O alla Spagna? Guardate un po’ dove andiamo a finire seguendo il contorno grigio più basso di tutti (seguite anche le frecce rosse): al -1% del primo anno ed al -2,5% del terzo (toh, lo stesso numero che quello effettivamente italico del 2012), fanno seguito numeri spaventosi per il quarto, quinto e sesto anno: -3%, -4% e -4% di PIL, stile Grecia.

Certo, sono solo scenari. Ma anche il Ministero dell’Economia fa scenari, solo più (molto più) ottimistici. E anche se quelli del Ministero fossero scenari oggettivi (ma vedremo presto in un altro post che le cose non stanno sempre così, specie quando le finanze pubbliche non vanno bene, si tende a sovrastimare l’andamento dell’economia e delle finanze pubbliche …) non tengono conto, come sospetta giustamente Taylor, delle caratteristiche eccezionali di questa crisi. Facendoci  temere che con le nostre politiche (europee) sbagliate stiamo “mettendo a rischio una un sentiero di ripresa già estremamente fragile”.

Siamo sicuri che conviene rimanere ottimisti solo per non spaventare nessuno e sperare che così le imprese investano ed i consumatori spendano in attesa che gli Stati Uniti ripartano? Vale veramente la pena mettere il nostro destino in mani altrui e non adottare invece le contromisure adatte? Davvero siamo sicuri?

11 comments

  1. Buongiorno Professore e bentornato.
    Mi pare di capire, dall’articolo, che Lei non dissenta da ciò che dice Taylor, ovvero che all’origine della crisi via sia stato un “eccesso di credito”.
    Questa è, da sempre, la spiegazione Austriaca delle crisi. Il credito facile porta ad investire in progetti sbagliati, insostenibili nel lungo termine, se non addirittura a finanziare la spesa corrente, fino al momento in cui non avviene lo scoppio della bolla.
    Che poi l’investimento sbagliato, l’uso sbagliato del credito facile, lo facciano privati o Stato è, alla fin fine, indifferente.
    Diciamo che l’esperienza italiana dimostra che da noi il peggior utilizzatore del credito è proprio lo Stato, cosa che magari non è vera altrove dove sono più i privati ad imbrcarsi ina vventure fallimentari.
    Gli ultimi dieci anni, con i bassi tassi di interesse, credito facile appunto, hanno dimostrato che lo stato italiano non è assolutamente stato in grado di utilizzarlo bene, anzi all’opposto ha aumentato la spesa corrente riducendo gli investimenti.
    Ritiene che le stesse persone che hanno rpodotto questo disastro sarebbero realmente in grado di cambiare registro?.
    In fondo l’aumento dei tassi sta dicendo all’Italia che, prima ancora di intraprendere una qualsiasi politica economica di qualsiasi segno essa sia, si deve liberare della classe dirigente che la governa e che non è assolutamente in grado di utlizzare il credito.

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    • Sono d’accordo che la responsabilità appartiene sia al creditore che al debitore, ma con una differenza fondamentale. Il debitore conosce piuttosto bene se, quando e quanto sarà in grado di restituire il prestito ricevuto – insomma io so quanto guadagno e quanto spendo ogni mese – il creditore può solo fare una stima peraltro su dati in linea di massima forniti dal debitore.
      Al limite si può parlare di una ripartizione 70-30.

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      • @ Vincenzo: Stiamo parlando di banche internazionali, non di individui sprovveduti. A mio avviso esse conoscevano bene quali bolle andavano alimentando, quali i rendimenti e quali i rischi. E per quanto riguarda i rischi, in particolare, esse contavano sul fatto che, alla peggio, non sarebbero state abbandonate.
        Come è successo, puntualmente.
        Dovessi fare io una ripartizione, userei le stesse percentuali – ma invertite.

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      • Caro Vincenzo,
        scusa ma le cose non stanno come tu credi.
        Il debitore, quando chiede un prestito di solito ha intenzione di restituirlo ed è convinto di poterlo fare.
        Per semplificare, prendiamo l’esempio della Spagna: mentre si gonfiava la bolla edilizia, c’erano (apparentemente) soldi e lavoro per tutti, regnava un certo ottimismo; giravano un sacco di soldi e la Spagna era portata come esempio di sviluppo ovunque (ti ricordi cosa scrivevano quello che adesso li accusano di essere cicale o peggio truffatori?).
        Dunque, tutto andava bene, quasi tutti avevano un lavoro e concedevano mutui facili a tassi bassi, perché non approfittarne per comprarsi la prima o la seconda casa? Perché non comprare una casa come investimento? (e la bolla cresce) Questo era almeno quello che percepiva la gente, la gente normale non capiva quello che stava succedendo, da dove arrivassero tutti quei soldi facili (si stavano pericolosamente indebitando verso l’estero, ma un comune cittadino è tenuto a sapere qual è il debito della Spagna verso l’estero?).

        Mentre le banche, che avevano a disposizione informazioni e competenze nettamente superiori, conoscevano indubbiamente il livello di indebitamento della Spagna verso l’estero; cioè sapevano che gli spagnoli non sarebbero mai riusciti a ripagare il debito quando la bolla sarebbe scoppiata.
        MA NONOSTANTE QUESTO hanno continuato a prestare con disinvoltura scommettendo sul fatto che, quando la situazione sarebbe esplosa, sarebbe intervenuto lo stato a salvarle (cioè a spese di tutti) restituendo quello che avevano incautamente prestato.
        Si chiama MORAL HAZARD.

        Inoltre, chi cerca alti tassi di rendimento sa perfettamente che il tasso è alto perché è alto il rischio, quindi accettando un alto rendimento accetta anche un alto rischio. (mica ti danno tassi alti perché sei più virtuosamente biondo)
        Se non fosse per questo piccolo dettaglio perché mai gli investitori (prevalentemente tedeschi o dei paesi “virtuosi”) avrebbero preferito prestare a uno spagnolo-cicala (o peggio a un truffatore che per professione chiede prestiti con l’intenzione di non restituirli) piuttosto che a una virtuosa azienda tedesca che investe sullo sviluppo?

        E ancora: se la Spagna avesse la sua moneta e gli interessi alti arrivassero a malapena a bilanciare la svalutazione della moneta spagnola, pensi che gli investitori tedeschi investirebbero ancora così tanto in Spagna? Quindi, in questo senso, è l’euro a permettere che si creino questi squilibri, questi flussi di capitali dai paesi ricchi ai paesi meno ricchi.

        ps
        Professor Piga, mi scusi se mi sono permessa di fare un lezioncina terra-terra, spero non abbassi il livello del suo blog; se ho sbagliato qualcosa, la prego di correggermi, sa che non sono esperta di questioni economiche.

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        • Concordo per il caso della Spagna, però è un po’ diverso per il caso italiano, dove ad indebitarsi è stato direttamente lo Stato (chiedo scusa per la brutta ripetizione).
          Uno Stato, per definizione, possiede il massimo delle informazioni, anche più di una grande banca.
          Lo Stato italiano ha fatto tutto quanto era in suo potere per rendere insostenibile il debito: spesa pubblica a casaccio, come spesso il Professor Piga sottolinea (comprare un tomografo è una cosa, regalare pensioni d’oro è ben altra), legislazione e burocrazia fatta apposta per paralizzare l’attività economica e chi più ne ha ne metta. Se allora per la Spagna le percentuali vanno invertite, per l’Italia vanno invece portate al 95 debitore 5 creditore

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          • Caro Vincenzo,
            in Italia la situazione è meno evidente, ma anche qui il debito pubblico tra il 2000 e il 2007 si stava riducendo, mentre aumentava l’indebitamento estero (non tanto come in Spagna o in Grecia, ma aumentava).
            http://goofynomics.blogspot.it/2011/11/i-salvataggi-che-non-ci-salveranno.html

            Poi l’Italia ha un saldo primario positivo; quindi quello che ci ammazza sono gli interessi. Non so esattamente la cifra che lo stato ha speso nel corso degli anni, ma di sicuro ha incrementato paurosamente il debito togliendo risorse al welfare (cioè a tutti i cittadini) e agli investimenti.
            Se non c’è stato un palese salvataggio di banche italiane, sono comunque costantemente aiutate.
            Basti pensare che la BCE presta (i soldi degli stati, cioè pubblici) alle banche allo 0.75% e poi queste comprano i titoli di stato speculando sugli interessi (che paga lo stato incrementando il debito).
            Questo articolo del sole24ore spiega bene dove vanno a finire i soldi pubblici, non solo italiani, altroché Grecia:
            http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-10-22/banche-pigliatutto-081326.shtml?uuid=Aatwj2EE

            I tagli alla spesa pubblica che impongono all’Italia e a tutti gli altri PIIGS non funzionano, anzi come si può ben vedere aggravano la situazione. In questi momenti lo stato non deve fare un’azione prociclica restringendosi, ma come spiega meglio di me il Prof. Piga deve aumentare la spesa per sostenere i redditi e quindi i consumi dei privati e quindi l’economia. Questo dovrebbe farlo ALMENO la Germania che ha un surplus enorme, invece lo sai che i redditi reali dei lavoratori tedeschi sono addirittura diminuiti?

            E poi penso anche a quanto è costata ad esempio Fiat allo stato (e al potere ricattatorio di Fiat sullo stato). Fiat è la più grossa, ma naturalmente lo stato italiano ha aiutato con agevolazioni vari settori privati (incrementando quindi il debito pubblico. Ma lo stato è cattivo e i privati sono bravi… boh, non lo capisco.

            Sia chiaro che non sto sostenendo la tesi che lo stato italiano sia perfetto e non abbia mai sperperato nulla, ma criminalizzare lo stato serve solo a farci credere che lo stato corrotto e sciupone va ridotto e quindi a permettere agli “amici” di fare man bassa delle aziende e dei beni pubblici (che sono anche miei e tuoi).
            Ad esempio le privatizzazioni (per 110 miliardi di euro) degli anni 90: hanno consentito a grandissime aziende private di diventare fornitori di servizi in regime di monopolio (esempio emblematico autostrade Benetton) senza giovare in nessun modo all’Italia (quindi pochissimi grandissimi imprenditori in difficoltà nel loro settore originario di attività hanno conseguito profitti cospicui a danno di tutti noi).

            Quando si aggiungono la crisi e l’emergenza poi le attività vengono di solito svendute sottocosto a multinazionali magari straniere (che magari le chiudono anche perché vogliono solo liberarsi della concorrenza).

            Il trucco del debito pubblico (= stato cattivo) serve solo a tenere in pugno le popolazioni per poterle sfruttare e depredare, l’unica novità è che prima lo facevano nel terzo mondo, ora hanno capito che possono farlo anche a noi.
            Insomma stanno spolpando il nostro povero Paese, nel pubblico ma anche nel privato, per darlo in pasto a pochissime grandissime corporation.

            Se posso consigliarti un libro veramente ottimo: “Titanic Europa” di Vladimiro Giacché. Spiega tutto benissimo e non è un mattone.

            Per concludere, la Germania, a suo tempo, è riuscita a imporre le sue regole all’Unione (e allora non era la superpotenza che è diventata grazie all’euro http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-06-06/ecco-quanto-germania-guadagna-105240.shtml?uuid=AbL304nF) creando le premesse per la progressiva egemonia che poi ha poi incrementato con una deflazione competitiva doppiamente sleale (primo perché mirava a fregare gli altri stati dell’unione, che dovrebbe essere basata sulla collaborazione, secondo perché l’ha fatto infrangendo le stesse norme europee che adesso ci impone di rispettare (ed è riuscita pure a non pagare la multa!!! Alla faccia della morale calvinista che proclamano a gran voce!)

            Scusa se sono prolissa e mescolo un po’ gli argomenti; concludo con quello che secondo me è il succo di tutta la questione: negli ultimi anni è aumentata la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochissimi (l’1% possiede più del 50%).
            Ciò per me significa cinque cose:

            1) Non c’è nessuna crisi, solo uno spostamento di ricchezze nelle mani di pochissime banche e multinazionali sovranazionali. La conseguenza è che hanno sempre più potere, quindi lo usano per imporre regole che gli consentono di aumentare ancora la loro ricchezza a danno del 99%, e così via in un circolo vizioso. Sta volta saltano non solo le classi “basse” ma anche la borghesia (che crede di essere furba a stare dalla parte dell’1% ma ovviamente non ne fa parte e rimarrà fregata). Questo sistema per mio conto non potrà andare avanti all’infinito, ci sarà un punto di rottura e temo che sarà cruento.

            2) i trattati europei, l’euro e l’austerità che impongono serve solo a spostare le ricchezze delle classi medie e basse alle élite e dalle periferie al centro (Germania). Ovvero è un progetto élitario-imperialistico, antidemocratico, antisociale.

            3) non c’è più alcuna democrazia (se non di facciata) e non a causa di qualche politico/partito/stato corrotto: tutte le decisioni vengono prese FUORI dai parlamenti che devono e possono solo approvarle. Ce le fanno mandar giù con la propaganda terroristica (nel senso di false notizie che generano il terrore) di regime.

            4) quello che chiamano “libero mercato” non è affatto libero perché le grosse multinazionali fanno le regole solo a loro vantaggio per ammazzare la piccola e media concorrenza (hai notato che adesso anche le piccole e medie imprese che hanno costituito la vera ricchezza dell’italia adesso sono diventate anche loro brutte e cattive?)

            5) troppa finanza e troppa libertà di movimento dei capitali (gli stati dovrebbero regolamentarli).

  2. vincezo la banca monte dei paschi è dello stato vero proprieta’ dello stato? allora ha ragione in quanto afferma

    poi si guardi l’andamento dell’indebitamento pubblico
    e privato prima dell’italia dal 2000 al 2011 ….
    (e analizzi come e perchè è aumento il debito pubblico , dopo il 2008 , poi ne riparliamo)

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    • Non ho capito bene la domanda e comunque non so se riuscirei a fare un’analisi seria dell’andamento del debito pubblico e privato.

      MPS è di fatto controllato dalla politica, e questo è il problema.

      Io, in effetti ho scritto che ci viene richiesto un ricambio della classe dirigente, e questo va inteso in senso lato. Monti certamente non è un ricambio, fa parte della classe dirigente da decine di anni.

      Il grosso problema dell’Italia, ma non solo, è che per come è strutturata la società, per i paradigmi mentali che ci guidano, l’istituzione Stato finisce per cadere in mano a gruppi di interesse che includono anche soggetti privatissimi e che la usano per i loro scopi ed interessi.

      Le porto un esempio.

      Su un altro sito sto portando avanti una discussione sul mercato immobiliare. E’ del tutto evidente che il mercato immobiliare è entrato in bolla da alcuni anni, i prezzi delle case sono più che raddoppiati in termini reali (ho fatto il conto l’altro giorno sulla casa che era dei miei genitori, valore reale triplicato dal 1970 al 2008).
      Al contrario di altri paesi però, in Italia la bolla non è scoppiata fragorosamente, la diminuzione dei prezzi è stata abbastanza contenuta anche se si è registrato un calo notevole delle compravendite. In altri paesi vi è stao il crollo tipico delle bolle da mercato.

      La mia tesi, corroborata peraltro da quanto sento dire da mia moglie che è architetto, è che la proliferazione di leggi, regolamenti e norme nel settore hanno finito per metterlo in mano di quei pochi che sono in grado di muoversi in tale giungla. Questi pochi, in effetti, sono proprio coloro che spingono perché tale norme vengano approvate anche se magari nelle dichiarazioni pubbliche dicono tutto l’opposto.

      Il tutto viene ottenuto, e qui sta il supremo inganno, con il sostegno dell’opinione pubblica che fa opinione. Insomma, il dagli all’abusivismo è un ottimo modo per fare approvare piani regolatori che favoriscono solo i grandi immobiliaristi e mettono fuori mercaato i piccoli costruttori o la costruzione fai da te, salvo magari nei piccolissimi centri.

      in aggiunta a breve, continuando con la produzione di norme tutte apparentemente logiche e giuste come la certificazione degli impianti, la sicurezza nei cantieri, finirà che anche per il rifacimento di un bagno non ci sarà più la possibilità di rivolgersi al piccolo artigiano, che calmiera i prezzi, e ci si dovrà rivolgere a poche grosse ditte che lavoreranno in regime oligopolistico.

      Lo stesso succede in molti altri settori. Siamo tutti sicuramente favorevoli ad una elevata sicurezza del lavoro, ma le norme esistenti sono un incubo che sicuramente cui i piccoli non riescono a stare dietro, qualche volta neanche i grandi. Non parliamo poi del sistema fiscale.

      Pensi poi al sistema scolastico, strutturato non per educare i giovani ma per garantire comunque lo stipendio a una pletora di insegnanti anche se incapaci. Il settore della scuola è tra l’altro uno di quelli dell’area pubblica dove sarebbe facilissimo verificare la capacità di una persona a svolgere un certo incarico se non nel brevissimo termine, nel medio breve – una classe impossibile può capitare, ma se la cosa si ripete due-tre volte è l’insegnante a non essere capace.
      E l’insegnante incapace andrebbe semplicemente invitato a trovarsi altro incarico.

      Il settore universitario, e qui il Professor Piga può senz’altro essere d’aiuto, è pieno di personaggi che non hanno mai pubblicato niente sulle riviste internazionalmente riconosciute (se non sbaglio Monti, rettore della Bocconi, è uno di questi: due pubblicazioni in tutta la sua vita; ma forse sbaglio)

      Spero che questi esempi siano stati sufficientemente chiari a spiegare ciò che intendo.

      E’ evidente che tutto ciò è responsabilità della classe dirigente, di nuovo intesa in senso lato. Essa, appunto, utilizza male il credito, in quanto lo utilizza per suo uso e consumo personale.

      La classe dirigente va quindi sostituita ma sopraattutto, affiché non si replichi a breve scadenza la situazione attuale, vanno anche cambiati i paradigmi culturali dell’italiano medio.
      Non si deve per esempio contrapporre il concetto di scuola pubblica a quello di scuola privata, ma passare, a mio parere, ad un sistema che pur essendo ancora finanziato dallo Stato sia gestito dal pubblico inteso come cittadinanza, quindi eliminando l’apparato burocratico ed eleiminando il concetto di insegnante come pubblico dipendente, e in cui lo Stato svolga la funzione di controllo e non di gestione.
      immagino si renderà conto che per fare questo occorre un salto culturale enorme.

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