“Le nazioni, come gli uomini, hanno il loro destino.” L’ultimo samurai, stasera su rete 4.
Uno dei problemi del criticare l’approccio Monti alla politica economica (più tasse, meno spese, più riforme, ci porteranno al pareggio di bilancio ed alla crescita economica) è esporsi al rischio di non essere nel giusto. Un modo per evitare questo rischio è quello di aspettare che la manovra esplichi i suoi effetti. Ma anche ciò non è senza rischio: aspettare potrebbe significare giungere troppo tardi al capezzale del malato Italia.
Come faccio a convincervi che il rischio di aspettare non vale la candela e che siamo nel giusto? Semplice. Sperare che qualcun altro si sia sacrificato prima di noi in condizioni molto simili alle nostre, adottando politiche simili a quelle che intendiamo adottare, e vedere l’effetto che queste hanno avuto.
Esatto. Basta vedere cosa ha fatto la Grecia del piano di Austerità che tanto assomiglia al nostro approccio: tasse, meno spesa, riforme. Sorvegliata speciale, la Grecia, in particolare dal Fondo Monetario Internazionale che assieme all’Europa eroga fondi al Governo greco a condizione che vengano eseguite le misure imposte/suggerite di, appunto, austerità. Come sta andando?
Male , malissimo, anzi peggio. E’ il Fondo Monetario Internazionale a dirlo, nel suo quinto Rapporto, con schiettezza e un po’ di ingenua sorpresa. Un po’ di citazioni tratte dal Rapporto non farà male tentare di tradurle:
“Nel frattempo, dal quarto Rapporto, la situazione economica in Grecia ha cominciato a volgere al peggio, con l’economia che sta sempre più aggiustandosi tramite una recessione e via spirale salari-prezzi, invece che via aumenti di produttività causati da riforme… Le riforme strutturali non hanno ancora prodotto i risultati attesi, in parte a causa di uno scollamento tra legislazione ed attuazione.”
Quanto volge al peggio? Tanto. “Per quanto riguarda la crescita del PIL, gli aggiornamenti dei dati mostrano come la recessione cumulata alla fine del 2010 è stata più profonda e la crescita nel primo trimestre 2011 più debole di quanto non avevamo compreso quando scrivemmo il quarto rapporto. Gli indicatori dell’attività economica (commercio al dettaglio, costruzioni, produzione industriale) suggeriscono come il declino della domanda interna è continuato incessante durante il terzo trimestre.
Le condizioni del mercato del lavoro si sono deteriorate notevolmente, con il tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 16.5 per cento questo Luglio 2011” (vedi grafico, in blu l’aggiornamento delle stime della disoccupazione).
Ma, mi direte, almeno le condizioni di bilancio sono migliorate? No, spiacenti: “dopo l’ampia manovra di consolidamento effettuata nel 2010, la posizione fiscale ha preso la strada sbagliata durante il 2011, mentre la recessione si aggravava e l’attuazione delle politiche sfuggiva di mano”.
E come mai sfuggiva di mano? “La mancanza di entrate nel bilancio statale ha toccato lo 0,75% di PIL, con un calo dell’IVA che segnalava anche problemi di evasione. Significative riduzione nei contributi sociali – ben al di là degli sviluppi della massa salariale nell’economia – suggeriscono anche un ridotto tasso di rispetto contributivo da parte delle imprese, dovuto probabilmente a vincoli di liquidità”
Forse le riforme hanno funzionato meglio? No. “Dopo un lentissimo miglioramento delle riforme … e con una crescente evidenza dell’impatto macroeconomico negativo, le autorità del Fondo, della BCE e della Commissione Europea tutte insieme sono concordi nel ritenere sia necessaria una significativa revisione delle previsioni del contesto e dell’approccio di politica economica”.
Sì ma in quale direzione andrà questa revisione? In una che ci possa far sperare in un ripensamento? Purtroppo no: “la Grecia ha raggiunto alcuni risultati veramente significativi. Durante il biennio 2010-2011 il deficit fiscale è stato ridotto del 5%, malgrado una contrazione del PIL di quasi il 10% in questi due ultimi anni.” Peccato non leggere piuttosto qualcosa del tipo: “la Grecia ha raggiunto alcuni risultati veramente significativi. Grazie al suo stimolo al PIL tramite maggiore spesa pubblica finanziata da tasse il deficit fiscale è sparito” (questo è Piga, non FMI, NdR). No, non avverrà. Anche se il documento del Fondo continua dicendo: “la crescita notevolmente inferiore alle attese dell’economia greca e la concomitante contrazione nella base imponibile è una ragione chiave del perché le autorità stanno facendo grande fatica a raggiungere i loro target fiscali e necessitano di effettuare nuove misure significative”. Qualcosa non vi torna? Già. Se sappiamo che una crescita economica minore genera deficit pubblici maggiori e che la minore crescita deriva da austerità fiscale, cosa ci impedisce di effettuare invece politiche fiscali espansive che creano crescita e riducono i deficit pubblici? Perché questa mancanza di logica? Perché stiamo creando recessioni che aumento il debito pubblico verso livelli che, nelle parole dello stesso documento, non possono essere considerati sostenibili?
E’ ovvio che stiamo parlando in quanto sopra della nostra Italia. E quindi vale la pena chiedersi: che destino attende l’Italia? Siamo predestinati al fato greco? O possiamo ancora batterci contro di esso?
15/12/2011 @ 15:22
Gustavo, sono smarrito.
C’era una volta un contadino in polemica col proprio asino: mangiava troppo e a suo parere lavorava poco (Rapporto debito/PIL eccessivo). Così decise di cominciare a diminuire le razioni di biada, frustandolo per farlo lavorare di più. Un bel giorno l’asino mori’, ed il contadino esclamo’: “che bestia, lo ha fatto apposta. E’ morto appena si era abituato a non mangiare”.
PERCHE’?
Com’e’ che cose che sembrano ovvie, anche da evidenze pratiche come quelle che riporti non sono prese in considerazione da chi dovrebbe saperne quanto te? E’ forse vero che “uno stupido e’ uno stupido, diecimila stupidi sono una forza storica”? Ma invecchiando ho imparato ad essere cauto nei giudizi, e a non pensare di essere l’unico che vede bene le cose, se gli altri non le vedono hanno le proprie “ragioni”.
Oppure c’e’ un gruppo di “illuminati” che sta lavorando per darci una guida appunto illuminata, così luminosa che non la vediamo? Approfittando della paura indotta dalla crisi (v. Intervista di Monti sul tuo blog)?
O, ancora, si sta avverando la profezia Maya?
Non ti nascondo che tra le diverse ipotesi avrei una certa preferenza per quest’ultima.
Sai darmi dei lumi?
15/12/2011 @ 21:30
Il 21 dicembre 2012 è la data del calendario gregoriano nella quale secondo alcune aspettative e profezie (vedi bibliografia) si dovrebbe verificare un evento, di natura imprecisata e di proporzioni planetarie, capace di produrre una significativa discontinuità storica con il passato: una qualche radicale trasformazione dell’umanità in senso spirituale oppure la fine del mondo. L’evento atteso viene collegato temporalmente alla fine di uno dei cicli (b’ak’tun) del calendario Maya. Tratto da wikipedia.
Molti errori sono stati fatti in passato, anche nel 1929. Si ripara ad essi discutendo e facendo vedere la luce a coloro che non ci vedono perché illuminati da vicino, credo!
15/12/2011 @ 22:55
Caro Riccardo (posso permettermi?), il contadino della favola era in realtà un po’ subdolo.
Non era vero che l’asino mangiasse troppa biada (l’asino, poverino, ci aveva creduto: altrimenti che asino sarebbe stato?). In realtà, il problema era un altro: il contadino aveva perso al gioco col suo vicino e gli doveva parte della sua biada. Come spiegarlo all’asino? Meglio accusarlo di mangiarne troppa…
Fuor di metafora?
Come ama ripetere il prof. Bagnai [1], il problema non è il debito pubblico. Se fosse vero, «dal 2008 la crisi avrebbe colpito prima la Grecia (debito al 110% del Pil), e poi Italia (106%), Belgio (89%), Francia (67%) e Germania (66%). Gli altri paesi dell’eurozona avevano debiti pubblici inferiori. Ma la crisi è esplosa prima in Irlanda (debito pubblico al 44% del Pil), Spagna (40%), Portogallo (65%), e solo dopo Grecia e Italia».
Si deve quindi cercare «cosa accomuna questi paesi», e il prof. Bagnai risponde: «l’inflazione».
I suoi grafici sono piuttosto suggestivi [2]. Però mi piace anche provare a cercare un po’ a tentoni per conto mio. Ho così trovato un’altra cosa che accomuna i PIIGS: hanno visto salire sempre più la differenza tra PIL e reddito nazionale lordo.
Mi permetta di ricordare a chi legge che quella differenza è data, in buona sostanza, dai redditi (da lavoro, ma soprattutto) da capitale che competono a residenti esteri. Il PIL misura ciò che viene prodotto sul territorio nazionale, il reddito nazionale è quel che ne rimane dopo aver pagato i redditi che, pur generati sul territorio nazionale, varcano poi le frontiere.
Tanto per dare un’idea dell’importanza di questa faccenda: la Germania ha realizzato, grazie all’euro, formidabili risultati in termini di export di beni e servizi, ma la Francia no, era in deficit fin dal 2005. Però la Francia ha sempre avuto un saldo positivo per i redditi dall’estero e (per ora) riesce a guidare le danze insieme alla Germania.
Il gioco che ha visto il contadino perdere col suo vicino si chiama “liberalizzazioni”.
Il primo tempo del gioco riguarda i movimenti di capitale.
Si sente spesso dire che gli investimenti dall’estero sono una buona cosa. Sarebbe divertente dilungarsi un po’ sulla faccenda [3], ma possiamo facilmente distinguere due casi:
a) se i capitali esteri creano lavoro possono aumentare il PIL, ma poi se ne portano comunque a casa una parte (l’Irlanda ne sa qualcosa);
b) se invece si limitano a comprare i “beni di famiglia” (da BNL a Gucci, da Edison a Parmalat, dall’acciaio alla Peroni ecc.: la colonizzazione del XXI secolo) non solo non creano proprio nulla, ma fanno sì che una parte sempre maggiore del reddito prodotto in un paese varchi poi le frontiere, che la differenza tra PIL e reddito nazionale nel paese colonizzato aumenti.
È pure un gioco un po’ sporco, perché i francesi possono comprare all’estero, ma gli altri non possono comprare in Francia (no a Enel per Suez, no a Pepsi per Danone [4]). Prof. Piga, ma non diceva che in Europa siamo tutti fratelli? A me non pare…
Il secondo tempo del gioco riguarda tassisti, farmacisti, professionisti ecc.
Dagli alle corporazioni! è il grido di battaglia.
Corporazioni? Sarà. Ma dobbiamo proprio fare gli asini e credere che la colpa della recessione sia… dei tassisti? o magari degli avvocati?
Forse degli avvocati anche parlamentari sì, ma proviamo a guardare un po’ meglio l’art. 10 della legge 182/2011 [5]: gli studi professionali possono diventare società, anche società di capitali; i soci possono essere non solo professionisti o tecnici, ma anche… puri e semplici “investitori”.
Che vuol dire? Che comprare BNL, Bulgari e Gucci non basta più. Che ora un investitore estero (diciamo pure francese, tanto per restare in tema) potrà costituire una società di avvocati coinvolgendo qualche giovane legale, praticare tariffe più basse (consentite dal D.L. 138/2011, art. 3, comma 5, lettera d [6]), fare concorrenza agli studi professionali tradizionali, infine lucrare profitti che si porterà a casa sua aumentando ancora la nostra differenza tra PIL e reddito nazionale.
Un bel risultato, vero?
Certo, la possibilità di compensi più bassi delle tariffe stabilite dagli ordini professionali è una buona cosa, potremmo sicuramente desiderare che gli avvocati guadagnassero un po’ meno, ma saremmo proprio asini se volessimo anche che quel guadagno, invece di far parte del reddito nazionale, diventasse parte del reddito di qualche vicino. O no?
Farmacisti? La stessa cosa. Parafarmacia vuol dire grande distribuzione. E a chi appartiene sempre più la grande distribuzione? GS è diventata Carrefour, Upim/SMA è diventata Simply, Auchan è in tanti centri commerciali ecc, E dove vanno a finire i profitti? Bianco, rosso e…. ?
Tassisti? La stessa cosa. Quello che si vuole è sostituire il tassista piccolo imprenditore “corporativo” col tassista lavoratore dipendente. Perché? Perché in questo modo ci sarebbe spazio per società di servizio taxi, ovviamente anche con capitale straniero. Effetti come sopra.
È una battaglia contro le “corporazioni responsabili della recessione” (?), oppure è una battaglia in favore di capitali esteri in cerca di nuove opportunità di investimento?
Se il contadino perde al gioco col suo vicino forse possiamo farci poco, ma quanto a noi… dobbiamo proprio fare gli asini?
Proviamo piuttosto a pensare che riforme serie (non à la Brunetta) della pubblica amministrazione e della giustizia civile sarebbero molto più utili. Anche in termini di PIL. Anche in termini di reddito nazionale.
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[1] http://goofynomics.blogspot.com/2011/11/luscita-delleuro-redux-la-realpolitik.html
[2] http://goofynomics.blogspot.com/2011/11/i-salvataggi-che-non-ci-salveranno.html
[3] Clamorosa la cantonata che hanno preso Blanchard e Giavazzi nel 2002!
[4] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-03-27/tremonti-martedi-nuova-norma-150940.shtml
[5] http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/E3D420D5-A2E8-46E5-B3B9-DA059B889667/0/20111112_L_183.pdf
[6] http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2011;138
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