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La spending che verrà?

Da Panorama di oggi in edicola, il mio articolo.

Il gioco della spending review è complesso. Più che a una partita di poker assomiglia ad una di Risiko, dove l’accumulo paziente di truppe nelle varie aree geografiche di cui è composto il tavolo toglie ossigeno al nemico fino a farlo capitolare. Ogni area merita attenzione, alcune più delle altre, il successo in una sostenendo le possibilità di vittoria nell’altro.

Renzi sembra muoversi agilmente sul tavolo della “spending”, come la chiama lui. Alcune mosse che pare voler fare rappresentano delle precondizioni essenziali per avanzare.  Al contrario dei governi precedenti ha messo nella semantica della propria azione di governo (ma sì, anche nella presentazione con le sue slides) l’intenzione di vincere questa battaglia. Ricordo ancora quando Letta non menzionò nemmeno la parola “spending review” nel suo discorso di insediamento al Parlamento: mi dissi che l’apparato burocratico-amministrativo della cosa pubblica avrebbe annotato tale dimenticanza e l’avrebbe riversata a valle su di una indifferenza di fondo per  un obiettivo così importante. Così come tutti al Tesoro si devono essere accorti di quanto l’incaricato alla spending di Monti, il Dott. Bondi,  fu lasciato solo in una grande stanza, senza accesso a quella dei bottoni della Ragioneria Generale dello Stato che controlla i dati. Il suo potere fu dimezzato in un batter d’occhio da un simile distratto isolamento.  Il fatto che Renzi non molli la preda nei suoi discorsi è elemento che incide sulle aspettative delle persone, specie quelle che lavorano nell’amministrazione pubblica, rendendole più timorose e pronte ad individuare gli sprechi per non essere sgridate dal “capo”.

C’è di più. Il volere ricondurre a Palazzo Chigi gli uffici guidati dal capo della spending, Carlo Cottarelli, danno una qualche credibilità ai discorsi di Renzi, mostrando a tutti la sua intenzione di essere percepito come il solo responsabile di qualsiasi successo o fallimento, una forte motivazione al fare ed al fare bene su questo tema, che motiva anche i suoi sottoposti.

Queste precondizioni per il successo vanno ora condite con ulteriori elementi, appartenenti meno alla sfera comunicativa ed organizzativa e più legati all’operatività del progetto. L’esercito deve essere messo in marcia e non più solo motivato.

Prima di tutto, Carlo Cottarelli non va lasciato solo ma deve avere al suo fianco una squadra potente di funzionari capaci, ben pagati, motivati. Ad oggi Cottarelli ha potuto contare sul contributo a tempo parziale, senza alcun bonus, di tante persone di buona volontà che lavorano in altri uffici dell’amministrazione pubblica. Carlo Cottarelli è l’unico del team della spending che viene pagato per quanto fa. Un approccio ridicolo, basato sull’idea che sul tema degli sprechi si possa avere un “free lunch” che non esiste in nessun altro settore dell’attività economica, ovvero che si possa ottenere qualcosa senza fare investimenti, senza spendere. Cottarelli ha bisogno a tempo pieno di funzionari esperti di come si combatte la mafia, la corruzione, la collusione, l’incompetenza, i fattori che generano sprechi in quel mondo degli appalti e del personale che così tanto delle nostre tasse consumano. E devono essere ben pagati per il loro lavoro. Questi sono investimenti che ridanno mille volte quanto sono costati e vanno intrapresi senza timore di spendere. D’altro canto non è ovvio che chi dice di voler spendere bene sappia anche selezionare altrettanto bene il personale per garantire la bontà di questa spesa?

Sul fronte degli strumenti a Carlo Cottarelli va dato anche un database degli appalti (che rappresentano il 15% del PIL ed il 30% del totale della spesa pubblica) in tempo reale, che a tutt’oggi non c’è. A tutt’oggi Renzi, se dovesse chiedere chi spende quanto, su cosa, quando, riceverebbe in cambio un sonoro silenzio. E’ impossibile non dotarsi di una infrastruttura informatica che  garantisca una simile disponibilità di dati.

Non avendo ancora tutto ciò, non  per colpa sua, a Renzi ci viene automatico di dire che il rischio più grande che corre è quello di vendere risultati che oggi non può ottenere. Un grave danno è stato già inferto dalla confusione sulle cifre delle risorse disponibili per il 2014 dalla spending review, con Cottarelli che cita in Commissione 3 miliardi di sprechi ed il premier 7. Le cifre pubblicate dai giornali hanno fatto rapidamente sparire ogni riferimento ai 3 miliardi di Cottarelli ma è facile ritrovarli: dai 7 totali vanno levati i contributi temporanei dalle pensioni di 1,4 miliardi, e siamo già a 5,6. Calcolando che il decreto uscirà ad aprile e non potrà che essere operativo prima di giugno, facilmente si arriva alla metà, ovvero ai famosi 3 miliardi per il 2014. E siamo a mio avviso ancora nel reame dell’ottimismo: dubito fortissimamente che a primavera ormai avanzata una spending review seria appena avviata generi non 3 ma 1 miliardo. Le prime gare di appalto da razionalizzare verranno aggiudicate in autunno, troppo tardi per incidere sui numeri di quest’anno. E così per i tagli dei trasferimenti alle imprese, altra voce “corposa” nelle slide di Cottarelli.

L’impressione è che se cifre significative saranno ottenute, proverranno in larga parte da tagli lineari che incidono sulla domanda pubblica che viene rivolta alle imprese private, che non vinceranno dunque più le relative commesse, deprimendo il loro fatturato, l’occupazione ed il PIL del Paese. Il menzionare nel documento singoli settori, come i corpi di polizia, piuttosto che le specifiche misure riorganizzative (formazione, anti-corruzione, antitrust per l’individuazione dei cartelli nelle gare, disponibilità dati) per tutti i settori confermano questa sensazione.  L’unica misura di metodo menzionata, quella della centralizzazione delle gare (e non dei dati) appare come rischiosa in termini di impatto sul territorio e dunque di fattibilità politica (difficile pensare che le piccole imprese acconsentiranno ad un mutamento che inevitabilmente aumenta la dimensione delle gare della Pubblica Amministrazione).

Altre perplessità, non da poco, derivano, nel metodo, dall’assenza di qualsiasi riferimento a tagli agli sprechi nei lavori pubblici (e ce ne sono!) e, nella governance, al defilarsi dal tavolo di lavoro del Ministero della Sanità, che cura il settore più strategico per l’individuazione di risorse da sprechi da rimettere dentro il tessuto economico con altri investimenti e minori tasse.

Il punto centrale rimane infatti quello di individuare gli sprechi, non di tagliare la spesa tout court. Tagliare uno spreco non taglia occupazione: comprare un ecomotografo al prezzo giusto senza rialzo indebito non mette in crisi l’azienda che lo vende (a profitti più bassi ma senza tagliare lavoro o investimenti) e libera risorse per comprare ecotomografi aggiuntivi, se necessari. Ma bisogna saperli individuare gli sprechi, e per questo ci vuole tempo, speso bene.

Risiko è un gioco di grande pazienza. Renzi deve dimostrare di averne un bel po’. Ammassi truppe alla frontiera prima di invadere i paesi dell’avversario e passerà alla storia come il primo generale che ha condotto le sue truppe d’inverno in territorio nemico sbaragliando qualsiasi resistenza. Il Paese gliene sarà grato.

One comment

  1. Gli esperti antimafia che Lei suggerisce giustamente debbano essere affiancati al Cottarelli, dove si trovano? Anche perché il Cottarelli a suo modo rappresenta una lobby ben precisa….
    Se ne guarderà bene dal pestare i piedi ad altri gangsters.
    “Altre perplessità, non da poco, derivano, nel metodo, dall’assenza di qualsiasi riferimento a tagli agli sprechi nei lavori pubblici (e ce ne sono!) e, nella governance, al defilarsi dal tavolo di lavoro del Ministero della Sanità, ”

    Pienamente ragione, ma quegli sprechi sono le tangenti e le creste per le cosche….non saranno toccati. Basti pensare al TAV

    Reply

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