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Il piu’ grande taglio delle tasse della storia dell’uomo sarà recessivo

Qualche chiarimento sulla c.d. manovra.

Non è una manovra che aumenta il deficit di 11 miliardi. Il deficit si riduce, non aumenta. Non è questione da poco, anche perché dicendo che aumenta sembra che abbiamo ottenuto una grande vittoria sull’Europa. Una piccola vittoria l’abbiamo ottenuta nel senso che il deficit sì diminuisce, ma di meno di quanto inizialmente previsto. Mi direte: ma allora come fa il Premier a dire che aumenta il deficit di 11 miliardi. Oh, è un vecchio trucchetto della politica. Ma andiamo per ordine. Che il deficit diminuisca, in valore sia assoluto che percentuale di PIL non lo dico io: lo dice la Nota di Aggiornamento del DEF inviata in Europa (e ancora da scrutinare da parte della Commissione europea). Più precisamente mentre il deficit 2014 si chiude al 3% di PIL e con un valore di circa 48,8 miliardi di euro, quello del 2015 di Renzi è programmato chiudersi – ha deciso il Governo – al 2,9% di PIL, 47,7 miliardi. 1 miliardo in meno, altro che 11 in più. E da dove esce fuori 11 direte? Oh semplice, dal famoso valore “tendenziale” del deficit 2015, che il Governo ha stimato al 2,2% di PIL. Siccome il deficit come abbiamo detto nel 2015 sarà del 2,9% di PIL, la differenza, 0,7% di PIL sono circa 11 miliardi. Ma che cosa è questo tendenziale? Semplice, è il valore al quale avrebbe teso “naturalmente” il deficit 2015 se non fosse stato deciso da Renzi invece che andava rifiutato e modificato, con la sua manovra, appunto, al 2,9% programmatico. Il tendenziale? Il tendenziale non ha significato economico, è il mondo come sarebbe stato se non fosse che non è stato. Per capire come il Governo ha deciso di sostenere l’economia più dell’anno precedente viste le sue difficoltà dobbiamo guardare a come è variato da un anno all’altro il deficit, non da come è variato il deficit tra quello che avrebbe potuto essere quest’anno (informazione irrilevante che non tocca l’economia) e quello che sarà. Una manovra dunque, quella di Renzi, certamente non espansiva, ma apparentemente nemmeno recessiva: infatti la riduzione dell’indebitamento dal 2014 al 2015 deriva dalla riduzione della spesa per interessi di 0,2% di PIL e dalla diminuzione dell’avanzo primario (la differenza tra entrate e uscite al netto degli interessi) da 1,7 a 1,6%. Briciole, direte.

Un attimo per soffermarsi sulle famose slide di Renzi. Mi direte: ma come? Lui tra le cifre in entrata ha messo gli 11 miliardi di maggiore deficit! Sbagliato, come abbiamo visto il deficit diminuisce di circa 1 miliardo. Quindi le entrate non sono 36 miliardi ma circa 25. Che vanno a finanziare quali uscite? Non ha forse Renzi detto che le uscite sono pari a 36 miliardi? No, il conto deve tornare: se le risorse sono 25 miliardi, gli impieghi (le uscite) devono anche esse essere 25 per il 2015. E’ probabile che vengano dall’avere inserito nel 2015 delle uscite che in realtà erano già state decise nella legge di stabilità del 2013 e che già valevano nel 2014, e che sono state confermate nel 2015: in particolare i 6 miliardi di spese per missioni all’estero ecc. e 4 miliardi di bonus fiscale. Aggiungeteci che le entrate servono anche a ridurre il deficit di 1 miliardo e ci dovremmo essere. Comunque una bella cifra 25 miliardi, ma non 36.

25 miliardi di qua e 25 miliardi di là, manovra neutrale? Mica tanto. Perché se è vero che ci sono minori spese che finanziano minori tasse devono essere fatti alcuni distinguo essenziali. Primo, le minori tasse in una recessione come questa hanno certamente un effetto positivo minore dell’effetto negativo delle minori spese per appalti pubblici. Perché? Semplice. 1 euro in meno di spesa, specie se tagliato a casaccio – perché la spending review fino ad oggi non è mai stata fatta con il criterio che sarebbe stato necessario per individuare veri sprechi – genera riduzioni di produzione e occupazione immediati di pare ammontare: se lo Stato non domanda 100 ecomotografi, il PIL cade di 100 ecotomografi. E se l’azienda di ecotomografi fa meno soldi licenzia e/o paga meno i suoi dipendenti, che consumeranno di meno eccetera. Studi recenti su cui torneremo mostrano che 1 euro in meno di spesa pubblica in una recessione grave come la nostra tipicamente riduce il PIL di 1,2 euro. Fatevi i conti: se riduciamo la spesa di 15 miliardi, il PIL si abbasserà di circa 18 miliardi. “Ma ci sono le riduzioni della tassazione!!” direte voi. Certo. Ma non tutto il maggior reddito netto si traduce in consumi ed investimenti: tanto più si è pessimisti sul futuro, e in queste recessioni imprese e famiglie lo sono tanto, tanto meno se ne spendono, di quelle riduzioni. Se ipotizziamo ottimisticamente che l’effetto positivo delle minori tasse sia di 10 miliardi di PIL, abbiamo un PIL che calerà di 8 miliardi rispetto a quanto sarebbe stato senza questa manovra di Renzi: 0,5% del PIL attuale dunque, portando la crescita 2015 allo 0%, dallo 0,5% promesso da Padoan. Quarto anno di recessione consecutiva e debito su PIL che continua a marciare verso l’alto. Fate voi.

Certo che l’Europa ci guarda. Ma ci guarda benignamente ed è un’ingenuità pensare che sia effettivamente irritata con l’Italia per essersi rifiutata di raggiungere traguardi ancora più ambiziosi di finanza pubblica: la Germania sta finalmente soffrendo per la mancanza di domanda italica e francese, si sta spaventando e ha chiesto di chiudere un occhio se non due sulle apparenti infrazioni italiane all’idiotico Fiscal Compact, pur di evitare una recessione peggiore. Ma la recessione ci sarà, come abbiamo visto sopra. E ci sarà perché malgrado tutti gli appelli di Renzi a Confindustria, gli imprenditori non investiranno quanto vorrebbe il Premier. E non lo faranno per colpa di quello che il Premier ha scritto, sotto dettatura europea: e cioè che anche se il deficit italiano resta al 3% di PIL oggi, scenderà al 2 e poi all’1 e poi allo zero, in tre anni. Lasciate stare che sia vero o meno: l’ha scritto. A forza di annunci recessivi di maggiori tasse o minori investimenti pubblici, richiesti dal Fiscal Compact, crolla l’economia italiana, che non ascolta i richiami all’ordine del Premier, e con essa la speranza di un’Europa diversa.

Renzi aveva due opzioni soltanto: o a primavera di quest’anno far partire sul serio la spending, e con 15 miliardi di tagli di veri sprechi (manovra non recessiva in questo caso) finanziare maggiori investimenti pubblici – unica vera leva per far ripartire occupazione e produzione – senza muoversi dal deficit del 3% di PIL ed abbattendo il rapporto debito PIL; o, preso atto della sua incapacità di fare la spending in tempo, come è stato, effettuare investimenti pubblici per 1% di PIL, 16 miliardi, portando il deficit al 4% di PIL ma riuscendo comunque ad abbattere il debito sul PIL grazie alla maggiore crescita di quest’ultimo e senza preoccuparsi di multe che nessun leader politico europeo avrebbe mai avuto il coraggio di comminare al fondatore Italia. No, Renzi non ha fatto nessuna delle due cose: ha scelto la via semplice di lasciare il deficit al 3% senza fare né spending né investimenti pubblici. Così che la disoccupazione possa crescere, il PIL crollare, il debito continuare nella sua salita. Che l’abbia fatto perché glielo ha chiesto l’Europa lo esonera solo in minima parte: l’Europa siamo noi, specie in questo semestre di Presidenza europea, e sarebbe stato opportuno ricordarlo a Schauble, collega tedesco di Padoan, che ha recentemente parlato – in una importante intervista televisiva ai margini della riunione annuale del Fondo Monetario Internazionale – ben più a lungo del legale rappresentante dell’Unione, il nostro Padoan appunto, a cui spettava la parola. Tra pochi mesi saremo qui a chiederci come mai il PIL continua a crollare malgrado ci sia stato il più grande taglio delle tasse della storia dell’uomo.

34 comments

  1. Caro professore aspettavo il suo post sull’argomento e, come sempre, grazie per la puntuale spiegazione. Mi chiedo come mai però, se ho capito bene il loro pensiero, persone come il professor Ricolfi critichino invece questa manovra proprio perché comporterebbe troppo deficit…Non hanno letto bene ? Sono in mala fede ? o che altro ? e mi stupisco anche, più in generale, del fatto che argomentazioni come la sua (fra l’altro esposte in modo veramente accessibile anche ai non addetti ai lavori) non abbiano più risonanza pubblica.

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    • Lorenzo grazie. Sa dipende dalla visione che uno adotta sulla politica fiscale: anche per i tedeschi il deficit italiano è troppo alto … Se si crede che fare meno deficit aiuti l’economia tutto si spiega. Io non credo che in questa crisi da domanda fare austerità sia intelligente, anzi.

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  2. Lorenzo Donati

    17/10/2014 @ 05:12

    Sì ok, capisco bene il discorso delle visioni diverse…(chi ha paura di troppo deficit e chi no)……ma non capisco invece come alcuni non vedano che in questa manovra non c’è PIU’ deficit (11 miliardi) ma MENO (1 miliardo) come scrive lei.
    Certo….bisognerebbe chiederlo a loro e non a lei. Buona giornata prof.

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      • Vorrei far notare che il fatto che lei non dia una risposta a Lorenzo è precisamente il motivo per cui la gente non le ha firmato il referendum.
        Questo significa che c’è una certa questione che per lei è più importante del consenso alle sue proposte sul Fiscal Compact.
        È strano, è anzi contraddittorio e la gente se ne accorge per cui le si trova ad avere meno seguito di alcuni economisti di serie B…..

        Politicamente lei appare come il Narcisetto delle Nozze di Figaro: “Non so più se son foco o son ghiaccio”.

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        • Magari non avessero firmato il Fiscal Compact per gli effetti del mio atteggiamento, magari. Non so per certo quale sia questa misteriosa questione Marco, magari me la dice, ma a naso credo che sbagli. Vuole che risponda a Lorenzo se questi altri sono in mala fede? Se perseguono altri interessi? Alcuni sì, altri no. Ognuno ha le sue tare, ma generalizzare per ottenere consenso e urlare alle folle come lei sa bene non rientra nel mio carattere. Perché penso sia l’anticamera della sconfitta. Ad ognuno la sua strategia, vedremo alla fine, come a volte anche lei dice.

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          • Certo che era per l’effetto del suo atteggiamento, per che altro dovrebbe essere scusi?

            Il prodotto era buono, ottimo, anzi l’unica idea seria uscita fuori in sei anni di crisi, quindi è evidentemente il marketing che ha sbagliato, mi pare ovvio.

            Invece di ripeterle la mia opinione, si ricorda di aver scritto che era molto stupito dallo scarso sostegno al suo referendum da parte della classe media?
            Ora però questo referendum era pensato proprio per la classe media, no?
            E allora mi dice qual’è la sua spiegazione, fuori dai denti, su questo “inspiegabile” disinteresse?

            Inoltre sulla domanda di Lorenzo, non si tratta di generalizzare o urlare alle folle ma di aiutare la gente a prendere coscienza.
            Vedere che qualcuno non solo è in grado di interpretare in profondità gli avvenimenti politici (come nel suo post sulla nota di agg. al DEF) ma di denunciare con coraggio l’ipocrisia classista dà coraggio ai cittadini che cominciano a credere nella sincerità di chi propone un progetto politico e si sentono motivati a impegnarsi per realizzarlo tutti insieme.

            È semplicemente ridicolo vedere economisti di serie B….. o finti economisti di serie G……. o accademici chiaramente non all’altezza col nome di dolcetti piemontesi al liquore, tutta gente senza un progetto politico che non sia la propria ascesa con qualsiasi mezzo, ottenere più ascolto di chi avrebbe un potenziale e soprattutto delle intenzioni molto migliori.

            Il suo understatement è enormemente controproducente in questo contesto.

          • Marco, per favore. E’ semplice. Nessun accesso alla televisione prima di settembre e una difficoltà dei nostri partner politici a raccogliere firme, rispetto ad una iniziativa non preparata con mesi di anticipo per ottenere il voto nella primavera del 2015 invece che del 2016.
            Sul secondo punto, capisco il suo punto, grazie.

          • No per cortesia , non mi venga a parlare dei media che non c’entrano un piffero.
            Lei pretende che le idee che mettono in discussione l’establishment possano passare solo coi mezzi dell’establishment?

            Si guardi intorno, Grillo la sua visibilità se l’è guadagnata dicendo certe cose (si può farlo con uguale e forse maggiore durezza senza urlare, fra l’altro); il suo collega ha cominciato da niente e adesso è richiesto dai media e ha un suo pubblico (e si può farlo senza doversi circondare di zeloti).

            I concetti non passano se non attraverso la condivisione di un’emozione, lei considera un punto essenziale controllarle e quindi le sue proposte non piacciono.
            Una risposta fuori dai denti a Lorenzo sarebbe stata molto meglio di quel secco “esatto” che voleva chiudere senza repliche il discorso.

            Strano che di queste cose non se ne parli fra voi, visto che essendo un movimento politico dovreste preoccuparvi anche di creare un consenso consapevole e appassionato.

  3. Leggendo il suo post e confrontandolo con altri articoli che girano in rete mi sorgono un paio di dubbi:

    1 – Pare che la scusa che Renzi usa per non sforare il rapporto del 3% non sia la stessa di Monti (ce lo chiede l’Europa), ma ce lo chiedono i mercati. Quindi sembra voler rispettare tale vincolo non per paura di eventuali procedure d’infrazione ma per non far salire lo spread BTP-BUND.

    2 – Non ho ancora ben capito cosa vogliono i tedeschi. Lei sostiene che siano disposti ad accettare una maggiore flessibilità nei confronti dei conti italiani per far ripartire il consumo dei loro prodotti e poi si lamentano perché gli italiani hanno un forte sbilanciamento dei pagamenti proprio nei confronti dei paesi nordici (Germania in primis).

    Qualcuno non la racconta giusta.

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  4. Marcello Romagnoli

    17/10/2014 @ 08:53

    Il fatto che a minore spesa pubblica corrisponda una diminuzione di PIL non ci piove. Ci stanno i fatti a dimostrarlo. Ancora più importante dell’ammontare del debito è il suo rapporto col PIL perché si può avere un debito altissimo, ma se si è in grado di pagarlo perché il PIL è anch’esso alto nessuno si innervosisce. Se poi la spesa invece che tagliarla la si ottimizza spendendo meglio, sarebbe bellissimo.

    Ma allora perché continuare su questa strada?
    “E’ l’Europa che ce lo chiede. La Germania ce lo impone”.

    Io non ci credo più alla paura dei nostri politici di Bruxelles o di Berlino.

    La mia convinzione è che i grossi gruppi economici-industriali del paese vogliano questa politica. E perché? Perché sull’onda della crisi si può:

    tagliare l’art.18 (= maggiore facilità di licenziamento=possibilità di tagliare gli stipendi=più profitti per le aziende e competitività all’estero);

    ridurre le tasse (“L’economia non parte perché le aziende sono gravate di troppe tasse”). I tagli all’IRAP come verranno impiegati? Per fare investimenti e creare nuovo lavoro? O per dare dividendi più generosi agli azionisti? O per comprare pezzi di aziende pubbliche che dovranno essere vendute perché le cose peggioreranno?

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    • La questione credo si ponga ormai come evidente. Notevole vedere anche gli aspetti distributivi di questa crisi, fortemente sbilanciata sui lavoratori meno istruiti.

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  5. Jacopo Tramontano

    17/10/2014 @ 09:57

    Caro Professore,
    questa manovra e’ l’ennesimo attacco allo stato sociale, e non favorira’ le piccole e medie imprese a investire, bensi’ solo le grandi imprese (e pure poco, a quanto dice lei).
    Su un punto sono perplesso: basterebbero solo 25 miliardi, spesi nella maniera giusta, a far ripartire l’economia italiana? Per me anche i 36 originari sono piuttosto pochi. Gli investimenti da fare sono di portata di gran lunga piu’ ampia, ad esempio il risanamento del territorio italiano e delle infrastrutture (pensiamo solo all’edilizia scolastica), e la rivalutazione dei beni culturali.

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  6. Giuseppe Mele

    17/10/2014 @ 17:18

    Caro Gustavo, ho trovato molto brillante e interessante il tuo commento sulla “manovra” di Renzi, ma molto, forse troppo “macro”; e, comunque, altri potrebbero interpretarla in modo diametralmente opposto da te (il famoso “mezzo bicchiere”). Una lettura di alcuni contenuti del DDL (versione finora disponibile) mi porta invece a delle personali considerazioni un po’ diverse dalle tue e che vorrei sottoporre all’attenzione tua e dei tuoi lettori, solo per aggiungere qualche altro elemento di riflessione.
    A parte i “giochini” contabili e lessicali sull’entità e sul “tenore”, questa manovra ha soprattutto una grande rilevante lacuna: dimentica gli investimenti e il rilancio produttivo o, meglio, lo fa solo in parte, agendo su una ipotetica ripresa dei consumi finali (confermando gli 80 euro e aggiungendovi, per chi vuole, il TFR) e, quindi, su una eventuale “retro-azione” sulla domanda di investimenti delle imprese (ma il sotto-utilizzo degli impianti potrebbe anche vanificarla del tutto). Insomma, dalla domanda interna privata le aspettative potrebbero essere ancora deluse (del resto, il tuo amato Keynes spiegava benissimo i meccanismi determinati della spirale negativa consumi-risparmio nella quale ci troviamo, ma pochi se ne ricordano). La domanda pubblica subisce invece un’ulteriore abbattimento; già l’aggiornamento del DEF non lasciava speranze agli investimenti pubblici e ai consumi intermedi della PA, ma il DDL introduce qualche limitato accorgimento: ad esempio, i tagli (8,2 miliardi a regime dal 2017) agli enti territoriali, per metà (quelli di Province e Comuni) escludono esplicitamente la spesa per investimenti. Certo, non basta, ma è qualcosa, forse un tentativo. Comunque, come dici tu, l’effetto sulla domanda pubblica è complessivamente depressivo, ma un tentativo di “difesa” (purtroppo!) degli investimenti pubblici va riconosciuto, anche se previsti in calo già dal DEF di aprile (sai bene che questa è la spesa meglio manovrabile se saltano i saldi previsti, per cui è già qualcosa che non abbiano tagliati quei pochi previsti). Insomma, dalla domanda interna c’è poco da attendersi, perché la spinta ad investire non esiste o è molto labile; ma va anche detto che l’attivazione degli investimenti determinata dalla PA (cioè quelli pubblici e privati incentivati dal pubblico) è più lenta difficoltosa (basta vedere l’ennesimo “Sblocca Italia” e il lungo tempo occorso per quei pochi soldi destinati a crediti per acquisto macchinari e per R&S), per cui non meraviglia se si punta soprattutto sulla riduzione fiscale dei redditi medio-bassi – anche se in misura molto, molto limitata – e sulla loro (purtroppo) ipotetica spinta alla domanda interna per avere un qualche effetto anticiclico.
    L’altra grossa parte della manovra riguarda in realtà il lavoro, non le imprese. L’esclusione dall’imponibile IRAP del lavoro riguarda solo il tempo indeterminato (ma l’aliquota generale risale di mezzo punto su tutte le altre voci dell’imponibile!), così come pure gli incentivi per le assunzioni, per non parlare delle altre misure di accompagnamento del cd. Jobs Act. Più che favorire le imprese, mi sembra che si sia pensato a dei contrappesi alla soppressione dell’art. 18, cioè a dare dei messaggi (peraltro subito rifiutati, ma anche forse poco compresi) da CGIL e opposizione interna del PD. Per le imprese, al massimo, si può ipotizzare un sostegno alla competitività da costi, poco incisiva sulla stagnante domanda interna, ma forse positiva per la competitività estera. Su quest’ultimo aspetto, nulla da eccepire, ma i problemi strutturali del nostro sistema produttivo non vengono minimamente scalfiti e quei soli 260 milioni (!!) al credito d’imposta per R&S (a parte le riserve sulla sua reale efficacia) lo testimoniano; ma non è certo il DDL Stabilità la sede più opportuna per affrontare temi complessi come la produttività e la competitività delle imprese.
    Insomma, la mia personale e limitata (oltre che inevitabilmente di parte) lettura della manovra del Governo è che si tratta di misure parziali, in parte anche positive, ma in pieno “stile renziano”: molti messaggi, interni (elettorali?) ed esteri (Merkel?), e limitata incisività sui nodi strutturali del Paese, a cominciare (come giustamente ricordi) da una vera ed efficace spending review, la cui attuazione avrebbe proprio la Stabilità come sede più appropriata di intervento (anche se personalmente trovo che il lavoro di Cottarelli sia stato poco incisivo, in parte superficiale e, anch’esso, un po’ troppo “mediatico”). Ma di questo spero avremo modo di parlare in seguito.
    Un caro saluto da un tuo affezionato elettore e amico.

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    • Grande Giuseppe. Grazie. Concordo al 100% su mancanza investimenti, hai visto il post dopo. Non concordo sulla difficoltà di avviare investimenti pubblici: pensa a lavori piccoli nelle scuole, i più essenziali per PMI (:-) ). Su tutto il reso, schierato al 100% con te, anche per l’acume interpretativo. Grazie.

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  8. Lorenzo Donati

    17/10/2014 @ 17:47

    Per quello che può valere la mia esperienza personale e a conferma delle difficoltà di cui diceva il prof.sulla scarsa “visibilità” :
    1) ho avuto difficoltà a trovare luoghi dove facilmente firmare per il referendum… poi, a pochi giorni dalla scadenza, ci sono riuscito, quasi per caso, in una manifestazione di Legambiente
    2) mi sembra che solo negli ultimi tempi il prof. venga invitato in televisione con una certa regolarità ed è proprio lì che, secondo me, riesce ad essere ancora più chiaro e accessibile (se possibile) di questi post….e non mi sembra che ci sia understatement voluto

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    • Non è che è proprio “voluto”, è l’unico registro concepibile.

      Peccato perché si lascia il campo libero ai furbi.

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  9. Corrado Truffi

    17/10/2014 @ 20:49

    Prof, io sarei tanto tanto d’accordo sugli investimenti pubblici. Però non ha risposto all obiezione che tutti fanno e che rende problematico il 4%: i famosi mercati e il castigo dello spread

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    • Corrado come va. C’è talmente tanta carne al fuoco, ha ragione. Allora, detto che ognuna ha la sua sul perché dello spread, e detto che c’è tanto di notizie che filtrano su stress test bancari che sta sporcando il dato, la mia opinione la conosce bene: è la crescita europea che abbatte lo spread e non l’austerità. Detta in altro modo: si fa tutti politica espansiva insieme ed i mercati impazziranno di gioia. Qui si apre la questione su cosa succederebbe all’Italia se facesse 1% di investimenti pubblici in più con la Germania che invece resiste. Nel mio mondo dei sogni, che Renzi non ha realizzato, li si sarebbe fatti senza sforare il tre per cento con una spending vera iniziata a marzo. Non si è fatto. Con un quattro per cento fatto a casaccio invece, lo spread sarebbe schizzato verso l’alto. Con un quattro per cento fatto di investimenti pubblici, beh, il giudizio è sospeso. La mia convinzione è che bisognava rischiare, perché la Germania è debole, perché la Francia è lì, perché avremmo mostrato forza e non supina attenzione. Comunque sia, è un momento chiave per misurare la bontà delle nostre teorie avverse: se Renzi azzecca, chapeau, mi sono sbagliato sui moltiplicatori. Io credo che sia folle quello che lui sta facendo, in termini redistributivi e di rilancio del PIL, sbaglia alla grande.

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  10. Confermo quanto ci dice Lorenzo Donati.
    Anche in Emilia nessuno era a conoscenza del Referendum, ne parlavi e nessuno sapeva, le cose hanno iniziato a muoversi a settembre inoltrato, nel totale silenzio dei mezzi d’informazione (è anche vero che molte città luglio e agosto sono deserte), Rai3 Tg regionale ha parlato dell’iniziativa verso la fine della campagna con una brevissima intervista a GustavoPiga, due battute in croce andate in onda. Difficoltà anche a trovare i banchetti, aperti per la maggior parte in orari non compatibili con gli orari di lavoro.
    Devo dire che il risultato del Referendum ottenuto in questo contesto così poco favorevole, anche se insufficiente, è stato paradossalmente più consistente di quanto ci si potesse aspettare visto il totale disinteresse dei mezzi di informazione purtroppo fondamentali per la visibilità e la diffusione, fattori indispensabili per il buon esito di tutte le iniziative in generale.
    Il lavoro e l’impegno da parte di tutti coloro occupati nella campagna referendaria è comunque stato enorme, grazie Professore a lei a I Viaggiatori e a tutti i volontari.

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    • Ma sì, però se andate alle elezioni e il risultato è un insuccesso, se proponete un referendum e non raggiungete il numero di firme un dubbio fatevelo venire, no?
      Mi spiace fare la parte del rompiscatole (per la quale in effetti sono molto portato) ma la situazione è gravissima come testimonia la decisione secondo me pazzesca di mettere il TFR in busta paga.

      Voi Viaggiatori siete concentrati sul “far passare le nostre buone idee” mentre a mio avviso, e lo dico da un po’ di tempo, ritengo che le buone idee difficilmente potranno passare quindi vanno certamente proposte e portate avanti ma la chiave è creare una consapevolezza politica dal basso di cui i Viaggiatori dovrebbero essere il punto di riferimento, perché ci sono molte possibilità che la situazione peggiori notevolmente e lì se non si si sarà creata una “base” sarà “dure dure” come dicono i francesi.

      L’ho visto il professore in tv: è di un’eleganza aristocratica inarrivabile; è sempre “strepitosamente sobrio”; è rispettoso di tutti, ascolta tutti, mette sempre in secondo piano la propria persona privilegiando il compito e le responsabilità che si assume gratuitamente.
      Splendido.
      Volete sapere come viene percepito tutto questo? Come un signore algido e elitario che vuole mantenere le distanze perché lui viene da un certo ambiente e non ama mischiarsi troppo.

      Se questo era il vostro obiettivo di comunicazione lo avete centrato in pieno.

      Reply
  11. etto con calma praticamente il sunto se ho capito bene e che Renzi doveva fare 16 miliardi di investimenti pubblici sforanda il 3% andando al 4% e fottendosene e non detassare e tagliare. Giusto?

    Praticamente tutto il contrario di quanto detto dal Governo da sempre attuale da sempre . Qundi Renzi ha fatto bene ha usato il contrario della solita ricetta più investimenti senza taglio a tasse invariate.

    La sua teoria è quelle vecchia contraria totalmente a quella attuale quindi improponibile.

    P.s. Mi pare assurdo non tagliare l’inefficenza come Cottarelli ha ben spiegato o addirittura pensare che dopo non aver fatto i tagli delle partecipate ( Le Regioni devono decidere con piano nella legge di stabilità) non si dovevano fare ma investire nell’inefficienza.

    Reply
  12. Lorenzo Donati

    19/10/2014 @ 06:15

    direi a Marco che il prof. si adegua agli standard dei dibattiti nelle tv di tutto il mondo e non, per fortuna, a quello che avviene, di solito, nelle casarecce e caciarone tv nostrane….al di là di certi tratti propri del carattere della persona occorre poi guardare ai contenuti e agli argomenti che vengono proposti e, mi sembra, che il prof. lo faccia con molta passione e determinazione

    Reply
    • Ma non metto in discussione le intenzioni e i contenuti né dico neanche lontanamente che deve mettersi a fare le piazzate.
      E’ addirittura banale quello che sto dicendo quindi vi invito solamente a valuatre i risultati concreti senza rifugiarsi dietro la solita tattica di raccontare le sconfitte come se fossero vittorie.

      Non dico che si debba fare proprio così come in questo filmato ma insomma, una via di mezzo…(dura 1 min. e 22):

      http://www.youtube.com/watch?v=e1WaTUcmukU

      ;)

      Reply
  13. Marco,
    questo è quanto spesso ho trovato su web nel periodo Referendumstopausterità
    Dal forum di beppe grillo scrive Alessandro:
    “Ho appreso da Il Fatto Quotidiano del 13/09 che si sta svolgendo in questi giorni una raccolta firme per contrastare l’austerità e in particolare il Fiscal Compact(http://www.referendumstopausterita.it). Essendo l’eliminazione del Fiscal Compact uno dei punti del programma del M5S alle Europee sono subito andato a cercare sul Blog informazioni in merito per informarmi sulla posizione del Movimento su questo referendum; non ho trovato niente. Perché non se ne parla? Perché il Movimento non promuove questa raccolta di firme? Buona giornata e buon lavoro, Alessandro Galtieri P.S. Forse questo non è lo spazio idoneo per appelli di questo tipo, ma ho girato tutto il Blog, il sistema operativo e il portale senza trovare uno spazio dedicato.”
    Questo è il link, e ce ne sono altri
    http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/2014/09/referendum-anti-austerita.html

    Come vedi e anche tu sai, Marco in politica è tutto molto complicato, spesso incomprensibile.
    Grillo non è un esempio positivo di comunicazione , ora non più, conosco molti giovani, lavoratori del M5S, che sono stanchi delle sparate di Grillo, degli insulti a priori e a prescindere, di una strategia nichilistica che non porta a nulla. Perché la rabbia va bene ma fino ad un certo punto. Ciò che sempre più numerosi desiderano è che Grillo si faccia da parte e lasci il passo ad altri del movimento. Più giovani e politicamente costruttivi. Quindi?

    Il problema di comunicazione non è di Gustavo Piga, che si pone in modo spontaneo e naturale con le peculiarità dettate dal suo carattere, essere sé stessi è un fattore di autenticità che può indicare solo positività e simpatia. Gustavo Piga ha un suo ruolo ben preciso e lo investe molto bene, senza volere essere altro di diverso da ciò che è, la sua grande passione passa attraverso al suo impegno e ci arriva attraverso espressioni di persona normale, perché vedi una cosa che la gente ha imparato a percepire molto bene e a rifiutare, è il fasullo.
    Il problema è, e ne siamo tutti pienamente consapevoli, che i poteri forti in generale renderanno ogni tipo lotta nei loro confronti molto, molto difficile, con qualsiasi mezzo. Come difficili sono sempre state le cose importanti da conquistare.
    Che queste politiche economiche antiausterità funzionerebbero, a certi livelli lo sanno bene, ma disturberebbero i piani delle riforme e chissà cos’altro.

    L’ideologia della debolezza e della sconfitta, come del resto quella della violenza e della sopraffazione, portano inevitabilmente allo stesso risultato. Alla distruzione.

    Pertanto concludo considerando che nell’intraprendere imprese così ardue come avere messo in piedi una campagna referendaria di questo tipo non possiamo metterci alla ricerca di risultati immediati, sicuri e assoluti, ma almeno di quella a tappe sì.
    E questa, posso immaginare sia stata una grande tappa, un grande percorso, fatto di incontri straordinari scambi e sinergie, semi depositati che vedremo cosa svilupperanno. Tutto ovviamente a prescindere.

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    • Cristina io però ve lo avevo detto che non avreste raggiunto le firme, te lo ricordi?
      E ricordi che anche tu eri perplessa dalla scelta di mettersi con Scelta Europea accanto a esseri come Tabacci e Boldrin, cosa che ha dato estremamente fastidio a molti frequentatori del blog, sia a quelli prevenuti che a quelli ben disposti?

      E’ inutile cincischiare dicendo che Grillo fa le sparate e che i media non danno visibilità.

      a) Grillo deve parlare a un popolo sfiduciato, disinformato e scarsamente istruito, non ha molta scelta almeno all’inizio. Ha fatto uno splendido lavoro di sgrosso ma non ha le competenze (tema complesso) per far evolvere il progetto.
      Non esiste un unico registro comunicativo e bisogna capire che a tempi, fasi “tattiche”, luoghi e tipo di pubblico diversi occorrono registri diversi.
      Quindi (e l’ho già detto) trovo assurdo che debba esserci da una parte Grillo che comunica benissimo affettivamente ma è carente di contenuti e dall’altra chi ha i contenuti ma non si preoccupa di trovare il modo di appassionare i cittadini.

      b) il prof sta dicendo da anni una cosa gravissima ed è sceso in campo perché si sta ribellando a un sistema di potere che sta tradendo gli ideali democratici.
      Come lo dice (e se vuoi che racconti certi suoi interventi alla tv, sto qua)?

      Lo cito copincollato:

      “La mia impressione è che le politiche giuste, che richiedono inflazione e spesa pubblica, ovvero tassazione su redditi medio alti e dunque su creditori e/o abbienti, colpiscano proprio loro, coloro al comando. Un conflitto d’interessi notevole, che si può risolvere solo politicamente, rimuovendoli democraticamente.”

      Allora…vogliamo fare l’ermeneutica di quel “La mia impressione”?
      O il durissimo “notevole” seguito dall’altrettanto drammatico “rimuovendoli democraticamente”? Perché non si tratta assolutamente di pacate e distaccate considerazioni professorali…
      Gustavo legge e mi può smentire ma qui parla un signore incazzatissimo sbalordito dalla inaccettabile deriva della politica e dei rapporti sociali però, piccolo particolare, se usi quel tono non lo capisce praticamente nessuno.
      Quindi, se lo scopo dichiarato è “rimuoverli democraticamente” (io penserei a quella macchina per la rimozione democratica inventata da quel medico del Poitou-Charentes ma so che la mia proposta non verrebbe accettata. Per adesso…) sarà necessario che i cittadini comprendano la situazione e per farlo, ahimè per voi, sarà indispensabile riuscire a coinvolgerli anche emotivamente.
      Niente discorsi “alla pancia”, niente piazzate, ma se non si fa vedere che si sentono le passioni politiche con emozione, come le persone comuni e non come un lord inglese, i contenuti non passeranno e la gente finirà per seguire o i pasticcioni o i furbacchioni o i fascisti.

      Cristina, sei tu che scrivi: “Il problema è, e ne siamo tutti pienamente consapevoli, che i poteri forti in generale renderanno ogni tipo lotta nei loro confronti molto, molto difficile, con qualsiasi mezzo.”
      E ti aspetti che i poteri forti ti diano il loro organi di stampa e le loro tv per aiutarti a far passare un progetto come l’abolizione del Fiscal Compact che metterà pesantemente in discussione la loro posizione di dominio?
      Allora devi rompere un ordine del discorso imposto dall’alto, cristallizzato, semplificato e standardizzato quindi ridotto alla sua parte schematica esclusivamente e rigidamente “logico deduttiva”. Non hai altra scelta, ma proprio nessun altra, che affidarti a un ordine di discorso diverso, uno che il potere non può usare se non rinnegando sè stesso, e quindi rischiando di finire sconfitto, ossia l’ “analogico intuitivo” che significa affettivo cioè la capacità di immedesimarsi nei problemi invece che di distanziartene per “analizzarli”, la comprensione del fatto che i concetti passano solamente se “prima” chi ascolta ha percepito una istintiva affinità con chi gli sta parlando. Questa affinità la si percepisce quando si vede che chi parla “sente” dentro di sé emotivamente le idee che sta comunicando e l’impegno che sta profondendo.
      Senza di questo non vi firmano il referendum, non vi votano alle europee, Renzi (bravissimo in questo e anche obiettivamente molto intelligente) prende il 40%, nonostante la crisi sempre più drammatica i cittadini non trovano la forza di ricominciare a partecipare attivamente alla politica.

      E attenzione Cristina: come è vero che i poteri forti ostacolano il progetto dei Viaggiatori per delle politiche di investimento pubblico perché queste minerebbero la loro egemonia così voi media borghesia non vi decidete a rivolgervi al popolo perché temete di perdere la vostra rendita di posizione.
      Quest’ultima cosa non la dico io soltanto, è l’opinione a volte razionalmente consapevole a volte inconscia diffusa fra la gente e ne dovreste tenere conto sia tatticamente sia come esame di coscienza.

      P.S.: Ma vuoi un esempio concreto di come da bravi medio borghesi certe cose proprio non le capite? Agli albori dei Viaggiatori si discuteva se non era il caso di scegliere un personaggio noto al grande pubblico per cercare di avere maggiore visibilità.
      Molti proponevano…scusa, mi viene da ridere…Beppe Severgnini… :D

      L’unico adatto è il professore il giorno che lo si vedrà incazzarsi di brutto.

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      • A parte Severgnini, che non ricordo (ma che può essere), e che è agli antipodi del nostro modo di pensare ed affrontare le persone e le sfide (ma anche a me vien da ridere :-) ) , ringrazio Marco per quanto fa per stimolare la mia testolina da professore all’azione. Un riconoscimento che gli devo da sempre.

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  14. Professore è una dichiarazione di grande ammirazione quella che le ha fatto Marco, anche se a modo suo.

    Marco
    tutti i partiti finiscono per diventare fisiologicamente inadeguati a rappresentare la gente perché diventano inevitabilmente un gioco di spinte per spostare il potere e quindi i consensi, che come nella logica di mercato vince chi vende.

    Ora non siamo qui a dire che vogliamo vedere cambiare le cose tramite la speranza solo perché un signore troppo educato non riesce ad avere legioni di infervoriti simpatizzanti a seguito.

    Qui abbiamo un Movimento non di potere, straordinariamente in movimento, in cui circolano nuove idee, nuovi approcci, nuove modalità di dialogo. Il movimento dei Viaggiatori e nato da soli tre anni e i più attenti si saranno già accorti che sta fortemente influenzando la politica attuale, nonostante le sconfitte che hai citato. In alternativa ad élite di potere che già esistono, abbiamo qui finalmente un avanguardia di conoscenza che scambia informazioni reali fra coloro che sanno e coloro che non sanno e viceversa. Una straordinario fluire di comunicazione in un ingorgo mediatico di informazioni. Concretamente tra l’altro sono già state fatte molte cose significative in breve tempo, dove ho potuto osservare un fatto straordinario, che l’importante non è la lunghezza del passo che si riesce a fare, ma la grande voglia di fare quel passo.

    Può sembrare una cosa inutile nel mondo dell’utile, ma è cosa di grande grandissimo valore, che dà identità all’associazione e che personalmente mi emoziona.

    Sento con loro di appartenere a una nuova frontiera e a nuove energie, e poco importa a me se qui aggregazione non significa massificazione, qui trovo un significato di collettività molto determinata e democratica di persone che si aggregano per valori comuni. L’unica regola l’accettazione dell’altro con la sua unicità, non possiamo chiedere a nessuno di essere tondo se è quadrato. L’aggregazione selvaggia per impulsi di causa effetto, o come contenitore di rabbia e frustrazione da sempre ha finito per rendere la società inerte e manipolatoria, dove l’individuo muore col suo pensiero. Dove forte si affaccia il rischio di ritornare a quelle bestialità che poco ha a che fare con la sola perdita dei privilegi, ma alla perdita assai più drammatica di umanità.

    Borghese, popolo che significa oggi? Sono cartoline ingiallite di un riferimento storico. Anche il linguaggio necessita di un aggiornamento, in un processo iniziato negli anni sessanta siamo diventati tutti classe media in questo fenomeno sociale di omologazione siamo diventati la società, forse appiattita, ma una società che suppergiù ha avuto accesso alle medesime cose con più o meno sacrifici. Sono pochi invece coloro che guidano il mondo e non possono certo essere chiamati borghesi.
    La crisi dell’ideologia se da un lato è stato indice di un vuoto nella nostra società, dall’altro ci ha finalmente liberato da limiti troppo opressivi, da schemi ai quali siamo rimasti aggrappati per comodità, per pigrizia, per non avere dubbi e che hanno finito per farci vivere stupidamente insabbiandoci in questa palude che sono stati questi ultimi vent’anni . Solo un individuo che ha iniziato a liberarsi da questi carcerieri potrà intraprendere azioni che producano libertà nei tempi in cui viviamo, perché i tempi sono diversi e cambiati. Un nuovo modo di crescere assieme agli altri e non al comando di altri, non è scontato,occorre che ognuno agisca consapevolmente e responsabilmente. Occorre dare sempre più energia alla nostra idea di futuro poiché da quella stessa idea avremmo la possibilità di accedere a variabili sempre più complesse dove creare condizioni socioeconomiche sempre più favorevoli allo sviluppo di un autentico campo di conoscenza, consapevolezza e cognizione.

    Abbiamo bisogno di gente cosciente, per il nostro futuro non di vittime o di eroi.

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    • “Borghese, popolo che significa oggi? Sono cartoline ingiallite di un riferimento storico”

      Il problema è che non sono parole con una definizione univoca ma se si ammette di avere un linguaggio comune sono termini che hanno senso e anzi è fondamentale inquadrare la situazione proprio secondo quelle categorie.

      Che i Viaggiatori influenzino la politica lo si vede chiaramente, non ho dubbi. Certamente la calma del professore sarà un polo di attrazione per quelle persone che improvvisamente cominciano ad aprire gli occhi.

      Ma hai scritto che i poteri forti faranno di tutto per ostacolare i tentativi di opporsi democraticamente a questa euro tecnocrazia?

      E quindi mi pare logico pensare che quei politici al governo che adesso pare stiano rivedendo le loro posizioni (quelli che probabilmente cominciano ad ascoltare i Viaggiatori) siano così timorosi proprio perché sanno a quali difficoltà andranno incontro se porteranno alle estreme conseguenze il loro dissenso; a quel punto o avrai dalla tua parte un popolo consapevole o ci si troverà di fronte a una situazione ingestibile.

      Per di più lasciati a sé stessi i cittadini finiranno su posizioni tipo la Lega o la Le Pen quindi credo che bisognerebbe cominciare a considerare anche la presa di coscienza “dal basso” e non solo la resipiscenza di signori di borghesia media che con colpevole ritardo si stanno rendendo conto di non essere più funzionali al capitalismo delle oligarchie.

      Tu metti al centro del tuo discorso “conoscenza, consapevolezza e cognizione”, io invece ritengo che quando il confronto politico inevitabilmente diventerà autentica lotta saranno fondamentali altri valori che si riveleranno essere quelli senza i quali i tuoi “conoscenza, consapevolezza e cognizione” rimangono privi non solo di significato ma se ci si pensa un attimo anche di contenuto.

      Ora tu vuoi che queste cose le facciano quei signori che solo adesso cominciano a prendere le distanze dal loro stesso partito?
      Io ritengo che sia un errore e che ci voglia un altro tipo di persona con altre caratteristiche (che non mi pare si siano mai presentate sulla scena politica italiana fino adesso).

      Sono sicuro che, pur a modo tuo, sei d’accordo su quello che dico; l’importante è avere ben presente che con questi “poteri forti” il confronto sarà inevitabile, quindi è necessario avere anche un seguito popolare e non è detto che in nuove situazioni ce lo si potrà guadagnare con persone e modalità vecchie.

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  15. Tre punti Marco, sì.
    Messi al centro del discorso con grande convinzione.

    Oltre alle competenze tecniche che chiunque può acquisire e imparare, in ognuno di noi c’è la possibilità di conoscere e comprendere. In questa tensione alla CONOSCENZA circola sangue e forza vitale, da cui possono scaturire le grandi passioni e le idee.

    Il fare per fare senza COGNIZIONE , ci pone ad altissimo rischio di ingiustizia e annientamento dei supremi valori.

    La CONSAPEVOLEZZA intesa, non come conoscenza di una certa quantità di cose, ma come il sapere di un’osservazione attenta e profonda, ci rende sensibili produttori di ideali e appassionati amanti della verità.

    In queste tre semplici cose che richiedono solo essere ricordate c’è tutto, ci sono tutti gli ingredienti per esprimere quel grande desiderio di progresso e miglioramento che abbiamo dentro, per fare concretamente le cose giuste nel migliore dei modi. Per credere che si può lottare per cambiare il nostro destino.

    Svuotare di significato tutto questo è possibile, eccome se è possibile, ma è facoltà solo e unicamente delle nostre responsabilità.

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  16. Pingback: Essere “buoni tedeschi” | www.econominima.it

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