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La mediocrità di far finta di non aver sforato e la vigliaccheria di non sforare come si deve

L’Europa delle ipocrisie contabili e della mancanza di trasparenza – che hanno generato la crisi dei derivati greci con Goldman Sachs avviando il fuoco dell’incendio della recessione che si è rapidamente esteso a tutto il continente europeo – è sempre al lavoro.

A guardare la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza con calma ma dotati di una lente d’ingrandimento – necessaria per accorgersi di “impercettibili furbate” – ci si renderà conto che da aprile di quest’anno quando uscì il DEF (oggi appunto aggiornato) la spesa per interessi è crollata clamorosamente senza che le ipotesi sull’andamento dei tassi d’interessi nazionali ed internazionali che vi stanno alla base si siano modificate.

Paragonando i nuovi dati con quelli del documento di aprile si nota infatti come la spesa per interessi in percentuale del PIL sia scesa di addirittura 0,5% (ogni anno) di PIL dal 2013 al 2015 e dello 0,6% nel 2016. Decremento dovuto per più della metà alla recente rivisitazione verso l’alto del PIL (una modifica che ha influenzato tutte le grandezze di finanza pubblica espresse in percentuale del PIL), ma, ed ecco qui la stranezza, anche al calo improvviso della spesa per interessi, di circa 4 miliardi di euro ogni anno, 0,25% di PIL. Le ragioni di tale calo? La rimozione dei costi dei derivati, sottoscritti dal Tesoro, dal capitolo della spesa per interessi, a seguito della nuova normativa contabile sovranazionale (SEC 2010) entrata ora in vigore. Una spiegazione succinta di ciò è alla pagina 25 della Nota di aggiornamento del DEF.

Strano destino quello delle normative contabili sui derivati nell’Unione europea delle ipocrisie. Nel momento (inizio dell’euro) in cui molti Paesi (come Grecia ed Italia) dovevano entrare nell’area della valuta comune e mostrare conti sani anche grazie ad operazioni derivate “ballerine” e “artificiose”, i loro effetti temporaneamente positivi dovevano e poterono essere contabilizzati nei deficit al fine di rientrare al di sotto del magico 3% di deficit su PIL.

Oggi che dobbiamo pagare (anche) i costi di quelle operazioni ballerine che battono, a distanza di anni, cassa per compensare le banche d’affari per i rischi corsi allora nel strutturarle, ecco che magicamente spariscono dalla contabilità pubblica e dalla spesa per interessi, aiutandoci nuovamente.

Tutto normale? Mica tanto, sotto due punti di vista.

Da un lato, quello microeconomico, perché ora sappiamo che ci sono 4 miliardi di spesa annuale per derivati che dovrebbe essere spiegata più nel dettaglio: un passo avanti, certamente, anche se involontario, nel dimensionamento del fenomeno che rimane tuttora oscuro e nascosto malgrado le promesse di Renzi e Padoan alla prima conferenza stampa governativa di fare chiarezza al riguardo. Ma rimane l’assurdità: ma è possibile che nessuno, a Via XX Settembre e/o a Bruxelles si preoccupi di spiegare l’origine di quel numero enorme al contribuente/cittadino? Spiegare quanta parte di quei 4 miliardi siano spese sostenute a causa dell’inevitabile andamento rischioso dei mercati e quanta parte a causa del rischioso (ed inopportuno) comportamento di precedenti gestori del debito? Spiegare a quali banche questi soldi sono dovuti, così da valutare se continuare ad intrattenere ulteriori rapporti con quelle banche, per evitare una concentrazione eccessiva dei rischi finanziari e di controparte?

Dall’altro, quello macroeconomico, perché se è vero che nulla è cambiato nella posizione reale del Paese con questo cambio di metodologia di contabilizzare i derivati nel bilancio pubblico, è anche vero che, paragonando mele con mele, ovvero usando sempre lo stesso metodo di calcolo della spesa nel corso degli anni, il vero deficit italiano per il 2015 non è il 2,9% annunciato da Padoan ma un vero e proprio 3,4% di PIL (2,9 più lo 0,5 dovuto ai nuovi sistemi di contabilità che ora nascondono il tutto).

E allora, mi direte? E allora, se tutti in Europa stanno facendo finta di non vedere che l’Italia in verità ha sforato il 3% di deficit su PIL, senza però riceverne alcun beneficio reale, non sarebbe stato molto meglio, infinitamente meglio, consentire lo stesso sforamento ma facendo sentire ai cittadini italiani il maggior benessere economico che avremmo potuto generare con quelle risorse aggiuntive? Non sarebbe stato infinitamente meglio battersi (per l’Italia) e consentire (per il resto d’Europa) uno 0,5% di PIL di investimenti pubblici italiani in più così da aiutare la piccola impresa e l’occupazione? Mettendo in sicurezza, con quegli 8 miliardi, il territorio delle tante Genova d’Italia? Riuscendo a ridurre grazie alla crescita addizionale, il rapporto debito pubblico su PIL?

E per quale motivo dobbiamo accontentarci della mediocrità di far finta di non aver sforato e della vigliaccheria di non sforare come si deve?

Per quale motivo?

Basta con queste ipocrisie. Basta. Sono queste che uccidono ogni giorno, come un veleno sorbito quotidianamente in piccole dosi, la casa comune europea.

6 comments

  1. Caro professore, leggo sempre molto interessata e… sconsolata i suoi articoli, mi danno il quadro terrificante in cui annaspiamo. Ora, non essendo preparata sui temi specifici economici, ma osservando la nostra società trista ed arrancante da tutti i punti di vista, culturale, sociale, educativo, sanitario, mi chiedo e mi permetto di chiederle: siamo tutti così obnubilati da non prenderci la responsabilità di un’alzata di testa forte da scuotere questo sistema elefantiaco che lentamente ci sta distruggendo? Oggi le persone vivono alla giornata, si chiudono nel loro orticello sempre più timorosi di esprimere dei dissensi, a questo siamo arrivati, dopo anni di politica mediocre, ottusa, opportunista, come è possibile che non riusciamo a smuovere con un “colpo di coda” questa anestesia progressiva sociale. Mi creda, ci sono ancora molte persone giovani e non che avrebbero voglia di mettersi in gioco, di costruire impresa, progetti, sacrificando sè stessi, il loro tempo e il loro danaro, ma sono costantemente schiacciati da una burocrazia spaventosa, da costi inspiegabili, da addetti ai lavori incompetenti che demandano risposte a …..non si sa a chi, e allora penso che sarebbe ora di dire basta, forse questi pseudo politici, non abituati a “vivere per la strada” ma conoscendola unicamente per i loro comizi, nella loro costante mediocrità si potrebbero finalmente spaventare (tipico dei vili), e, per non perdere lo scanno iniziare a darsi da fare, prendere delle decisioni drastiche , magari non popolari dal punto di vista europeo, ma vitali per noi, che ci considerano il loro fanalino di coda, sapendo di avere il fiato sul collo di noi gente comune. Che ne pensa?
    Un caro saluto

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    • Cara Laura, che piacere sentirti. Devo dirti che anche io sono a volte proprio stanco di questo continuo deresponsabilizzarsi della politica. Abbiamo perso così tanto tempo, il blog sembra solo un meccanismo per misurarlo. Io chiedo misure drastiche magari non popolari dal punto di vista europeo da anni. Forse tu alludi a qualcosa di più (l’uscita dall’euro) o di diverso nella nostra azione. Dopo la fatica del referendum non andato come volevamo e che dovremo riprendere ho dei dubbi che azioni democratiche “dall’alto” (minaccia di via dall’euro o raccolta firme per referendum, per esempio) possano essere utilizzate con successo per smuovere il sistema (ma non mollo sul referendum!). Azioni dal basso si nutrono di disperazione o di aggregazione. Credo ancora che l’aggregazione dal basso e la costruzione politica sia la sola risposta, e che la disperazione indotta da questi incompetenti faciliti queste aggregazioni sulla base di e attorno a idee corrette e coerenti. Lavorerò per questo ancora, magari imparando dagli errori. Un abbraccio.

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      • Quoto:
        “Azioni dal basso che si nutrono di disperazione o di aggregazione.”

        Non ho capito che significa che “si nutrono di aggregazione”.
        L’aggregazione è un male?
        Non vedo come si possa far passare un progetto politico senza aggregazione.

        Il problema dei movimenti dal basso è che mancano di una figura di riferimento dotata di reale preparazione ossia sono una aggregazione indistinta fondata prevalentemente su parole d’ordine semplificate.

        Come testimonia questa sua frase siamo fermi a un bivio: o le buone proposte senza aggregazione (I Viaggiatori in Movimento) o l’aggregazione senza buone proposte (Grillo).

        Occorre una persona di un certo livello (livello di varie cose…) che si decida a passare il Rubicone comprendendo che solo superando l’autoreferenzialità di classe e anzi rivolgendosi agli “altri da sé”, gestendo con competenza questa “aggregazione” di popolo (non a caso ancora abbastanza indefinita nelle sue parole), dandogli sì una progettualità ma soprattutto “ideali alti”, si riuscirà a realizzare un’idea politica seria.

        Era evidente fin dall’inizio che la stessa media borghesia per la quale erano stati pensati i quesiti del referendum non avrebbe risposto al suo appello e se ne è lamentato anche lei.
        I Viaggiatori devono rivolgersi alle classi meno abbienti oggi smarrite e divise, ma che potenzialmente sono la maggiore forza democratica disponibile, cercando di suscitare in loro la voglia di informarsi e partecipare alla vita politica offrendo una nuova prospettiva che superi l’impasse attuale incagliata nell’unica preoccupazione diffusa a ogni livello che è il mantenimento della rendita di posizione per quanto miserabile sia.
        Per questo il vostro referendum non ha raggiunto le firme perché il vostro referente, la “classe media”, ha come unico obiettivo il mantenimento della sua rendita di posizione quindi non si fida di una proposta come l’abolizione del Fiscal Compact che non gli garantisce affatto (anzi) le uniche cose che miopemente gli interessano, cioè la diminuzione delle tasse e disciplinare i dipendenti.

        Non basta assicurare la solita scontata “vita dignitosa”, bisogna garantire per tutti la possibilità di farcela, quella mobilità sociale che è “l’unico” vero collante di qualsiasi società e l’unica concreta motivazione per una azione politica attiva.
        Mobilità sociale che testimonia della sincerità delle intenzioni di chi la propone perché comporta oltre alla “salita” di alcuni la “discesa” di altri e contro la quale non esistono argomentazioni che reggano il confronto a meno di non voler passare per una specie di neo aristocratico.
        Questo è il solo argomento che può infiammare i cuori rivelando l’inganno della politica di austerità il cui ultimo scopo è proprio la cristallizzazione delle disuguaglianze (e l’espropriazione della classe media, fra l’altro).

        L’alternativa sono le vostre “buone proposte gestionali” che nessuno vuole seguire o le sparate di Grillo sul referendum per uscire dalla moneta unica che non si sa nemmeno cosa significano.

        Se vi deciderete a metterci passione e soprattutto rabbia siete il movimento ( o “l’aggregazione”…) con più potenziale sulla scena.

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          • Scusi professore, ma lei dove la vede l’aggregazione in questo momento se non nel Movimento 5 Stelle?
            Mancano di un vero progetto politico soprattutto economico visto che da anni stanno a chiacchierare di tagli alla spesa pubblica in nome dell’ “onestà” finendo inconsapevolmente, in nome delle migliori intenzioni, per dare corda a chi in malafede vuole ridurre il ruolo dello Stato.

            Questo perché sono un vero movimento dal basso con il pregio dell’aggregazione ma senza quelle competenze tecniche e di conoscenza dall’interno dei meccanismi economici, politici e sociali che obiettivamente non possono avere, per di più con tutte le difficoltà di chi deve rivolgersi a dei cittadini che mediamente sono sfiduciati e poco informati (cioè sono obbligati ad andare avanti a forza di parole d’ordine).

            Due domande, per cortesia.

            Perché secondo lei c’è questa impasse per la quale, usando le sue parole, la “disperazione e aggregazione ” non riescono a trovare un punto di contatto con la reale competenza e anzi si trovano ormai da lungo tempo in un rapporto di reciproca diffidenza?

            Non crede che quello che manca è una maggiore partecipazione della società civile visto che tutto sommato l’aggregazione disperata si è già formata?

            La risposta che mi do è che la società civile teme di dover perdere gran parte dei suoi privilegi e quindi si arrocca ottusamente sulle sue vecchie posizioni.
            Ma mi interessa molto di più sapere come la vede lei.

  2. Massimo GIANNINI

    12/10/2014 @ 15:14

    E sarebbe anche l’ora in effetti di fare un audito del debito e del deficit… mi sa che é da un po’ che si truccano i conti. Ora ci penseranno anche le attività illecite…

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