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Il DEF di Don Abbondio

“Che bisogno avete di combattere il Fiscal Compact ancora? Non vedete che la Francia e l’Italia se ne sono staccati e la lotta contro l’austerità è ormai avviata?”

Ma per favore.

 *

In cosa consiste il Fiscal Compact? In una legge che detta ai Paesi di costruire un piano pluriennale di rientro di debiti e deficit pubblici senza se e senza ma.

L’orizzonte temporale di questo, tipicamente quattro anni (2015-6-7-8 nel nostro caso), replica alla perfezione quello sulla base del quale gli imprenditori fanno per i loro piani per valutare se investire in macchinari, tecnologie, ricerca e sviluppo. Se l’economia è tale in quegli anni da risultare incerta e/o poco profittevole quanto a vendite, l’investimento non verrà intrapreso.

I governi francesi ed italiani, nel presentare i loro piani ieri, hanno detto  due cose. Che per il primo anno (il 2015) non sosterranno un’austerità forte come quella annunciata lo scorso anno. Ed anche che dal 2016 in poi perseguiranno il rientro verso l’obiettivo di medio termine, che richiede minori e minori deficit, via maggiori tasse e minore spesa pubblica.

*

 Minore austerità nel 2015.

Sapin, Ministro dell’Economia francese: “l’aumento nominale della spesa pubblica nel 2015 sarà dello 0.2%“, cioè in termini reali negativo, una diminuzione. Ovviamente andranno ad essere tagliati i progetti con meno difensori d’ufficio e più importanti per l’economia: gli investimenti pubblici. André Laignel, sindaco socialista a capo di un comitato di leader locali incaricato di negoziare i trasferimenti da Parigi afferma che “i tagli di €3.67 miliardi per le autorità locali l’anno prossimo porteranno ad un forte calo degli investimenti“. http://online.wsj.com/articles/france-2015-budget-to-curb-spending-1412150641

Senza queste misure, la spesa sarebbe cresciuta dell’1.7%”. E aggiunge, Sapin: “rimaniamo seri sul bilancio, ma rifiutiamo l’austerità”.

Uh? Cioè?

Mi metto nei panni dell’imprenditore che deve decidere di investire in Francia. Ci sarà la quasi garanzia di sufficiente domanda interna da garantirgli sufficienti vendite? Macché: con politiche siffatte l’incertezza regna sovrana.

Come in Italia, dove il deficit pubblico è lasciato “scivolare” per il 2015 verso quota 3% del PIL, ma dove la posizione di avanzo primario che denota la direzione della politica economica (spese pubbliche al netto di interessi e tasse) rimane immobile, scendendo dallo 1,7% del PIL allo 1,6%: di fatto scambiando la conferma del bonus di 80 euro che non verrà spesa da famiglie pessimiste sul futuro con un mini taglio a casaccio della spesa pubblica (probabilmente tagli lineari nei capitoli dei Ministeri), questo sì che inciderà (in negativo) sulla produzione delle imprese che avranno meno appalti pubblici da aggiudicarsi.

Se dunque la crescita del PIL 2015 era indicata a 0,5% dall’Ocse prima di conoscere la manovra del Governo, ora tale stima dovrà essere rivista al ribasso. Insomma, al contrario della solita … ottimistica previsione governativa di +0,6%, avremo un quarto anno di recessione consecutiva (2015) – record dei record. In fondo se in 6 mesi questo Governo ha sbagliato le stime di crescita 2014 addirittura dell’1,1% (prevedeva +0,8%, chiuderà a -0,3%), in 12 mesi cosa potrà mai combinare se non il doppio di errori?

*

 Maggiore austerità dopo il 2015.

C’è qualcosa di tragicamente esilarante nella tabella programmatica della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Essendo il Governo Renzi all’interno del Fiscal Compact che non rinnega, è obbligato a dire (dopo un tortuoso e immaginifico massaggio dei dati per mostrare che il deficit strutturale 2015 non peggiorerà rispetto a quello del 2014, rimanendo ad un quanto mai misterioso 0,9% di PIL elaborato secondo i dettami assurdi della Commissione europea) che dal 2016 in poi … ragazzi, yippie, si torna all’austerità (mai abbandonata come abbiamo visto sopra). Eh già.

Da 2,9 a 1,8. Da 1,8 a 0,8. Da 0,8 a 0,2. Eccolo il rapporto deficit-PIL che diminuisce di 2,5% di PIL in tre anni, dal 2016 al 2018. Con manovre annuali di 15 miliardi di maggiori tasse e minori investimenti pubblici.

Roba da far tremare i polsi a qualsiasi imprenditore che volesse investire in Italia: e quando mai lo farà, in un quadro così restrittivo e pieno di incertezze tendenti al negativo?

Ma non poteva mancare la goliardica ciliegina sulla torta. C’è, in basso alla tabella programmatica di pagina 2 della Nota di Aggiornamento (l’unica pagina che conta veramente perché rileva per la valutazione della Commissione europea) una piccola noticina che recita quanto segue (non è uno scherzo!):

nella legge di stabilità del 2015 è ipotizzata una clausola sulle aliquote IVA e sulle altre imposte indirette per un ammontare di 12,4 mld 2016, 17,8 2017, 21,4 nel 2018. Gli effetti di tale clausola, stimati con il modello macroeconomico ITEM del Tesoro, genererebbero una perdita di PIL pari a 0,7% a fine periodo dovuta da una contrazione complessiva dei consumi e degli investimenti per 1,3%…

http://www.tesoro.it/doc-finanza-pubblica/def/2014/documenti/NdA_DEF_2014_PDF_UNITO_xon_linex_protetto.pdf

Dove può arrivare la follia umana? Il Tesoro, pur di accontentare la Commissione europea e fargli vedere che siamo dei “bravi scolari che fanno i compiti a casa” (oh sì che li facciamo), è disposto con lucida follia a rimarcare gli effetti recessivi delle sue politiche, così da deprimere ancora di più imprese e famiglie. Ma hanno mai studiato al Tesoro il ruolo delle aspettative e dell’ottimismo nelle scelte degli operatori??

E, badate, a poco vale dire “ma no, è tutta una finta, non faremo queste manovre”: nell’incertezza famiglie ed imprese staranno lontani dall’economia.

Il Fiscal Compact obbliga Francia e Italia ad annunciare a tutti una grande austerità per anni ed anni a venire. Va rimosso completamente, prima che sia troppo tardi.

*

Una specie di Post Scriptum sulle scelte governative fatte con questa Nota di Aggiornamento. Questo aveva due opzioni ambedue valide per fronteggiare la crisi.

Prima opzione. Con una spending review seria, che andava avviata ben prima di oggi, individuava 1% di PIL di sprechi veri (non tagli a casaccio)  e destinava le risorse derivanti dalla loro eliminazione non ai bonus fiscali ma ad  1% di PIL di investimenti pubblici in più. Con i moltiplicatori stimati di recente dal Fondo Monetario Internazionale questi avrebbero generato un +1,2% di PIL in più per il 2015, lasciando il deficit su PIL al di sotto del 3% ed il debito su PIL in calo invece che, come annunciato, sempre in aumento. http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2014/02/pdf/c3.pdf

Seconda opzione. Prendendo atto dell’impossibilità di fare tagli agli sprechi ed evitando di fare tagli lineari a causa della mancanza di una seria spending review, uscire dal 3% di deficit su PIL con investimenti pubblici di 1% di PIL, per fermare il quarto anno di recessione (in questo caso il debito sarebbe con tutta probabilità rimasto stabile rispetto a quello previsto nella Nota, ma almeno avremmo avuto meno disoccupazione e più crescita).

Nessuno dei due progetti è stato scelto: si è invece preferito di lasciare il deficit al 3% senza spending review e senza investimenti pubblici. La peggiore, più timida e succube dei diktat europei, delle manovre. Da Don Abbondio. 

La lotta al Fiscal Compact continua, ma da fuori delle stanze del potere.

4 comments

  1. Non sia sempre così pessimista, la soluzione è semplicissima solo che ci vuole quel pizzichino di coraggio per metterla in atto:
    i mutui subprime…così il popolo oggi pigro, immotivatamente prudente si rimetterà a spendere e tutti i nostri problemi saranno risolti.
    Quando poi ci sarà il crollo dopo la presumibile bolla sarà molto più facile imporre definitivamente quelle misure di superamento della democrazia e del welfare che adesso sono ostracizzate da inspiegabili resistenze retrive e conservatrici.

    Reply
  2. Antonello S.

    04/10/2014 @ 15:13

    Posso affermare che me lo sentivo a pelle?
    Cioè due governi politicamente supini ai diktat europei, come quelli di Hollande e Renzi, cosa possono fare per placare le proteste della massa sempre più consapevole del grande inganno che le viene perpetrato?
    Semplice…studiare modalità sempre più raffinate per continuare ad ingannare la gente.
    La politica è troppo succube dei poteri forti.
    Bisogna che qualcuno si renda conto che il nostro debito, come quello di tanti altri Paesi, è semplicemente irredimibile.
    Occorre affamare la bestia…o questa politica o i poteri forti.

    Reply
  3. Avevo deciso di non intervenire più sul suo blog,in quanto mi trovo perennemente in disaccordo con lei. Ho comunque continuato a leggere i suoi post ed oggi ho cambiato idea.

    Primo. Se tagli la spesa dell’1% di sprechi, e li investi in infrastrutture con un moltiplicatore di 1,2 di quanto siamo cresciuti: di 0,2 o di 1,2? Dalla sua esposizione non mi è chiaro.

    Secondo. Ammesso e non concesso che spostare la spesa da un capitolo all’altro possa migliorare la situazione di 1,2 punti di PIL, Greg Mankiw non mi pare d’accordo con lei.

    “WEDNESDAY, OCTOBER 01, 2014
    The IMF on Infrastructure
    The IMF endorses the free-lunch view of infrastructure spending. That is, an IMF study suggests that the expansionary effects are sufficiently large that debt-financed infrastructure spending could reduce the debt-GDP ratio over time.

    Certainly this outcome is theoretically possible (just like self-financing tax cuts), but you can count me as skeptical about how often it will occur in practice (just like self-financing tax cuts). The human tendency for wishful thinking and the desire to avoid hard tradeoffs are so common that it is dangerous for a prominent institution like the IMF to encourage free-lunch thinking”

    Link all’articolo originale:http://gregmankiw.blogspot.it/2014/10/the-imf-on-infrastructure.html

    Secondo lui si inseguono “pasti gratis” e parla anche di “pio desiderio”. Propendo per la interpretazione di Mankiw rispetto alla sua.
    Nicola Branca

    Reply
    • 1,2 se sono veri sprechi.
      Attenzione che Greg Mankiw non è che non crede nel moltiplicatore nella frase: ma che sia tale da ridurre debito su PIL. Sinceramente a me la seconda cosa interessa poco, anche se ci credo visto l’impatto su di esso dell’austerità, mi interessa molto più il PIL.

      Reply

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