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Come si uccidono le PMI, European style.

Che la goccia scavi la pietra… lo sapete quanto ci creda. Leggere la relazione Banca d’Italia di Paolo Sestito sulla riforma degli appalti pubblici è stata al 90% grande gioia, tutta focalizzata com’era sul problema essenziale da risolvere, quello della professionalizzazione delle stazioni appaltanti.

Stazioni appaltanti da ridurre in numero, senza dubbio, ma quanto? E quanto centralizzare gli acquisti pubblici nelle mani di poche organizzazioni? Una domanda a cui è difficile rispondere, e certamente non con la sicurezza che mostra Sestito nel suo appunto, in cui si sostiene che “la concentrazione degli acquisti non necessariamente limita la partecipazione delle PMI e di nuove imprese, che spesso sono – al contrario – ostacolate proprio dalla presenza di una struttura degli acquisti frammentata, poco standardizzata e opaca. A presidio della partecipazione al mercato di nuovi soggetti, in primis PMI e imprese innovative,  possono inoltre operare specifici meccanismi che promuovano la predisposizione di progetti innovativi, così da facilitare l’emergere di nuovi soggetti imprenditoriali. La Commissione europea già da tempo enfatizza il perseguimenti di tali finalità, in particolare attraverso lo strumento dell’appalto pre-commerciale”.

Ovvero: “PMI tranquille, più centralizzazione non può che farvi bene”. Più realista del re, la Banca d’Italia, che dimentica come le stessa nuova Direttiva, nel raccomandare la centralizzazione, ne ricorda i pericoli impliciti per le PMI, che vanno gestiti.

Tanto più che la situazione in Europa negli appalti pubblici è disastrosa per le PMI. Un recente rapporto della PricewaterHouseCoopers per la Commissione europea.

Ecco i dati, che parlano da soli: se oggi le grandi imprese contribuiscono al 42% del PIL dell’area europea, nella parte della domanda pubblica occupano il … 71%, 30% in più, mera discriminazione! Se le medie imprese sono quasi equamente rappresentate negli appalti pubblici (il 15% contro il 18% dell’economia complessiva) le cose si mettono male per le piccole imprese (il 9% contro di nuovo il 18%) a cui il mercato pubblico sembra ampiamente chiuso. Ma le cose divengono drammatiche per le micro imprese, che producono più di un quinto del PIL dell’Europa, e vincono 1/25 delle commesse pubbliche.

Devastante vero? Discriminazione pura, a cui negli Stati Uniti si cerca di rimediare riservando gare per le sole PMI, mentre in Europa si fanno spallucce.

Anche in Italia si fanno spallucce, mentre nel Regno Unito con la stessa normativa si cerca almeno di adottare obiettivi di target per le PMI negli appalti. In Italia no: è passata nel silenzio totale la mancata presentazione delle legge per le PMI che il Governo Renzi doveva adottare entro il 30 giugno e che certamente avrebbe potuto contenere sostegno per loro negli appalti pubblici.

E sì che l’Italia ne ha bisogno in una crisi come questa di aiutare le sue PMI (così tante!) con maggiore domanda pubblica a loro diretta visto che sono proprio loro a vedersi: a) ridotta la spesa pubblica per opere infrastrutturali minori  su cui sopravvivono; b) ridotto il credito per mancanza di fiducia da parte delle banche e c) incapaci di sopravvivere come le grandi imprese grazie all’export, unica fonte generatrice di domanda inq eusta ottusa crisi.

Eppure i dati PWC sono chiarissimi al riguardo. Se la discriminazione verso le PMI negli appalti pubblici media in Europa è del 30%  in Italia (freccia rossa) è del … 47%! Peggio di noi solo Grecia e Portogallo: nessuno come noi dunque fa vincere così tanto di più le grandi rispetto alle piccole imprese.

La colpa? Certamente la dimensione dei lotti non aiuta: ed in effetti l’Italia è tra i Paesi con la dimensione dei lotti maggiore e l’aggiudicazione alle PMI minori, come mostra il grafico sotto (freccia verde).

 

E il rapporto è chiarissimo nell’inividuare quali sono le vere difficoltà per le PMI negli appalti: “gli acquisti centralizzati hanno un effetto considerevolmente negativo per l’accesso delle PMI”.

Banca d’Italia sbaglia, e alla grande, se pensa che lo strumento di appalti pre-commerciali per prototipi innovativi sia la svolta per le PMI: questo tipo di appalti ha una rilevanza minima. E sbaglia una seconda volta nel pensare che possiamo centralizzare di più senza al contempo capire come gestire il “problema” delle PMI, ovvero le coneseguenze nefaste che potremmo avere procedendo su di una spending review senza pensare all’impatto negativo di questa sulla loro partecipazione alle gare pubbliche e, ancora più importante, alla loro probabilità di vittoria che si riduce.

Negli Stati Uniti, in Brasile, in Sud Africa, in Messico, in Cina ed in India, non paesi minuscoli, l’hanno capito: bisogna proteggere le PMI nel solo modo possibile, riservando esclusivamente a loro quote d’appalti perché gareggiare con le grandi equivarrebbe a far correre un bravo corridore di 14 anni i 100 metri con Usain Bolt: perderebbe sempre. Poi si può discutere per quanto tempo, per quale quota e come. Ma intanto lo si faccia.

Lo deve fare in primis un Paese come l’Italia che ha nelle PMI il suo gioiello industriale e che in questo momento di recessione le vede in enorme difficoltà.

3 comments

  1. Luigi Biagini

    07/07/2014 @ 07:29

    Mi preoccupa il fatto che il tema degli appalti pubblici rientri nel dibattito solamente per i fatti delittuosi. L’assenza di come “prevenire invece che curare” è assordante!
    Bisogna semplificare, migliorare la trasparenza, imporre la rotazione ma sembra che questi principi cardini sono i meno applicati di tutto il codice appalti.
    Ripeto la mia proposta: centrale unica di committanza con sistema simile alla CONSIP

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  2. Marcello Romagnoli

    07/07/2014 @ 11:16

    Le PMI sono il gioiello economico dell’Italia. Forse proprio per questo che i governi cercano di mettergli i bastoni tra le ruote in una logica di de industrializzazione e di impoverimento economico del paese?

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  3. Federico Betteni

    11/07/2014 @ 09:44

    Vogliamo parlare dei termini di pagamento (sia PA che privati) che, nonostante i regolamenti europei recepiti, rimangono disattesi? … chi ne paga le conseguenze? … generalmente le PMI e le micro PMI.

    Vogliamo parlare di quella soluzione geniale, promossa e vendutaci dal burocrate noto come Monti come la soluzione a tutti i nostri problemi e nota come “concordato in bianco”? … chi ne paga le conseguenze? … generalmente le PMI e le micro PMI.

    Sistemiamo queste situazioni e l’economia italiana ripartirà!

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