Partiamo da qui, dai dati del Rapporto Istat sull’occupazione giovanile:
Come vedete, drammatico crollo di occupabilità durante questa recessione dei più giovani (l’Italia è in verde) all’uscita dal periodo di formazione.
Che effetti avrà questa recessione sui tanti giovani che hanno la sfortuna di uscire sul mercato del lavoro con il loro titolo proprio durante una crisi di questo genere?
Chiedetelo ad un economista di rango come David Cutler della Harvard University che ha appena terminato la sua ultima fatica con due suoi colleghi, Huang e Lleras-Muney . Dove si chiedono quanto vale istruirsi se poi quando si esce non si trova lavoro.
La risposta è quanto mai chiara: poco, specie per i livelli più bassi di istruzione.
Ma come viene misurato per diplomati e laureati questo peggioramento dovuto alle recessioni? In termini di effetti permanenti: salute e status nel corso dell’arco di una vita. Per coloro che escono sul mercato del lavoro con 9 anni di istruzione, un aumento del tasso di disoccupazione del 5% genera meno felicità nella vita, 5% più probabilità di fumare, 12% di probabilità in più di bere alcoolici quotidianamente, maggiore obesità. Valori in aumento decisamente minore per coloro con 15 anni di istruzione, che hanno spesso più difese a disposizione.
Cosa fare allora? Nei periodi di recessione, vanno effettuate – suggeriscono gli autori – politiche specificatamente indirizzate ai giovani al momento dell’uscita dal primo periodo di formazione, specie per coloro con minori anni di studio alle spalle. Politiche con ampi rendimenti futuri derivanti da minori disparità economiche e di salute.
Come …
Come il nostro servizio civile per i giovani che Renzi – come Letta e Monti – non è interessato ad attuare. Altro che 80 euro di minori tasse: avessimo utilizzato quei soldi per le minori tasse per assumere giovani per un anno nel settore pubblico avremmo avuto un risparmio di lungo periodo enorme.
Continuiamo a non capire come combattere questa crisi, malgrado abbiamo tutta l’evidenza empirica a indicarci la cosa giusta da fare. Una rivoluzione liberale è quella che ci vuole: quella che si mette al servizio di chi in questa recessione non ha più scelta ovvero, come spesso accade in una recessione, dei più deboli, che sono anche i germogli di una società, i giovani.
02/06/2014 @ 10:47
Occorre agire dal lato della domanda, diminuendo ulteriormente le tasse ai lavoratori e sgravando le tasse alle aziende che rinnovano. Dove prendere i soldi? C’è un unico modo virtuoso per tanti versi: si chiama redistribuzione. Prendere ai troppo ricchi per redistribuire. I ricchi se ne andranno? Bene dopo aver pagato le tasse , anche quelle evase. Per fortuna abbiamo abbastanza persone capaci ( anzi più capaci) da sostituirli. Tutto il resto sono chiavchere al vento.
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