Il punto vero del fallimento europeo è il fallimento politico che avviene a Bruxelles quando le preferenze degli elettori non vengono rappresentate durante gli incontri e le deliberazioni del Consiglio europeo, in maniera tale da modificare la politica economica nella direzione giusta. Le elezioni francesi, greche, italiane hanno dato ai vincitori un chiaro mandato anti-austerità: perché questo non è stato mai rappresentato con forza al tavolo europeo?
Ho spesso parlato di incapacità dei paesi dell’area dell’euro-sud di unirsi per parlare con una sola voce, di mancanza di coraggio.
Non mi ero mai interrogato in maniera scientifica sulle ragioni del deliberare così errato a Bruxelles, di un gruppo di Paesi (dell’UE o dell’euro) con un obiettivo apparentemente comune. Dopo aver letto l’importante lavoro di Cass Sunstein (Harvard) e Reid Hastie (Chicago University), lo farò con più solerzia e sistematicità.
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Cosa fanno i nostri 2 autori? Passano in rassegna tutti i possibili fallimenti deliberativi di un gruppo decisionale composto da rappresentanti di diversa provenienza.
E cosa scoprono? Semplice: che il gruppo finisce spesso per commettere errori non “malgrado il fatto di avere deliberato (a maggioranza, NdR), ma proprio a causa di ciò”. Le deliberazioni portano a tendere verso “l’uniformità e la censura” e verso la perdita di informazione utile per tutti, che viene a non essere rivelata da quei rappresentanti del gruppo che la detengono.
Solo a scorrere queste prime parole del loro lavoro mi sono subito detto che avrei proseguito nella lettura, tanto mi sembrava importante l’argomento per capire i fallimenti del Consiglio europeo, un gruppo – appunto – di rappresentanti incapace di deliberare contro l’austerità e così mettendo tutti i paesi dell’euro a rischio di rottura dell’area.
Eccoli ancora: di fronte ad “un gruppo fiducioso, coeso ma prono all’errore, non c’è niente da festeggiare. Al contrario, può rivelarsi estremamente pericoloso, sia per se stesso che per gli altri”. Non vi ricorda, questa frase, proprio il maggiore rischio del funzionamento del mediocre e coeso decisionismo del nostro Consiglio europeo?
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E come mai, direte? In fondo, verrebbe da dire, tanti che pensano e decidono insieme è meglio di uno solo. Certo, sostengono Sunstein e Hastie. Ci sono almeno tre casi che possono far sperare in tal senso.
Primo: la migliore soluzione proposta la spunta, ed i gruppi seguono di fatto l’opinione dei loro rappresentanti migliori quanto a competenza sulla questione. E’ la situazione c.d. “Eureka”: quando la persona che conosce la risposta la menziona, tutti ne vedono la correttezza e vi si adeguano.
Secondo: il tutto coincide con la somma delle parti, i gruppi aggregano tutte le informazioni disponibili così che il gruppo sa più dei membri (paesi?) singolarmente. Immaginate tante persone curvate su un cruciverba: alla fine il cruciverba sarà terminato con più probabilità se ognuno contribuisce con il proprio sapere.
Terzo: il tutto è superiore alla somma delle parti. E’ il caso fantastico delle sinergie, dove il discutere insieme porta all’elaborazione di nuove idee, migliori, che non erano disponibili nemmeno se avessimo esaminato tutte le informazioni disponibili presso ognuno dei membri del gruppo.
Bella. Questa convergenza verso il giusto, verso il successo del gruppo.
Eppure spesso non funziona così. Perché? Perché si finisce per convergere (a maggioranza), sì, ma verso la decisione più sbagliata per tutti. Come mai? Chiedetelo a Sunstein e Hastie.
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Perché chi spesso ha le informazioni più rilevanti per il benessere del gruppo finisce per … non rivelarle. Pensate forse anche voi all’Italia e la Grecia che … si tacciono al tavolo di Bruxelles contro l’austerità? E come è mai possibile, direste, se sono loro a sapere meglio di qualsiasi altro paese che è proprio questa austerità che farà saltare l’euro? Perché dovrebbero tacere i loro primi ministri?
Due le motivazioni individuate da Sunstein e Hastie:
a) “se la maggioranza del gruppo credo che X sia vero (per esempio: l’austerità non fa male all’euro) c’è ragione di credere che X sia effettivamente vero ed è una ragione così forte da poter dominare la ragione individuale di un singolo membro del gruppo che porta questo a credere che X sia invece falso. E se molti membri condividono una particolare opinione, altri membri isolati o in minoranza forse decideranno di non esporsi, lasciando che parlino gli altri, magari nel dubbio che la loro informazione (per esempio: l’austerità fa male all’euro) sia sbagliata. Questo è tanto più vero quanto più deferenza impone il membro più importante o con più reputazione del gruppo di maggioranza.” Perché rischiare di alienarselo, si chiedono i due scienziati?
E a voi non pare proprio paro paro quello che è successo nella recente storia europea in cui il moraleggiare tedesco e la sua superiore crescita economica gli hanno conferito quell’aura di vincitore che azzittisce gli altri partner più in difficoltà?
Eppure, proprio quei partner sono quelli che dovrebbero denunciare a voce alta, perché conoscono meglio di qualsiasi altro Paese, guardando in casa propria e sentendo vicina la pressione politica che proviene dalla sofferenza, i rischi che corrono tutti insieme a proseguire ancora con l’austerità.
b) La seconda ragione non ha tanto a che vedere con la sensazione di sbagliarsi quando si ha ragione, quanto con il timore di essere isolati e messi da parte se ci si mette in opposizione con il consenso dominante. E tanto più ampio è questo consenso, tanto più chi sa … tacerà.
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Le conseguenze di deliberare così, a maggioranza? Oh possono essere svariate a seconda del contesto, tutte spesso tragiche per il gruppo: gli errori di valutazione si propagheranno piuttosto che spegnersi; un’idea potrà essere perseguita anche se è sbagliata e se (molti) sanno che lo è; idee giuste saranno messe da parte perché in altri contesti – diversi – non hanno funzionato; il gruppo si polarizzerà al suo interno ancor di più, in gruppi opposti e la decisione finale a maggioranza (potenzialmente sbagliata) sarà ancora più estrema di quella che da solo avrebbe scelto il più estremo dei membri della maggioranza; l’informazione condivisa all’interno del gruppo sarà solo quella nota a tutti (“i conti pubblici vanno spesso male perché si è spendaccioni”) e non quella disponibile da pochi membri (“i conti pubblici stavolta vanno male perché l’economia va male a causa dell’austerità”).
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Periferici. “Periferici” sono quei membri del gruppo che hanno informazione che nessun altro membro del gruppo ha: secondo i due scienziati, i periferici del gruppo sono quelli che più possono aiutare il gruppo stesso a deliberare bene, se sono incoraggiati ad esprimersi e argomentare. Sì, l’Italia è periferica, per fortuna in questo caso. Se solo sapesse sfruttarla, tale posizione.
Ma, ed ecco l’ultimo tocco che spiega meglio di qualsiasi altro fattore l’incartarsi crescente del Vecchio Continente: “l’attenzione del gruppo a quelle informazioni che sono note a tutti (pochi) cresce (decresce) al crescere della dimensione del gruppo”. Ovvero: mano a mano che cresce l’Europa quanto a numero di Paesi membri, tanto più cresce la “(auto)censura” dei paesi potenzialmente più importanti da ascoltare nei momenti decisionali più rilevanti. Esatto, i paesi periferici.
Così muore l’Europa: per auto-censura.
Così muore l’Europa, in un assurdo circolo vizioso: “il nostro lavoro suggerisce come i membri di un gruppo, e specialmente quelli che hanno meno status, sono riluttanti a comunicare informazione che la maggior parte degli altri membri del gruppo non ha. Di fatto, questi membri dal minore status probabilmente faranno cadere queste informativa così rilevante come una patata bollente, in parte perché hanno difficoltà a crearsi una credibilità e rilevanza e in parte perché non vogliono arrischiarsi a subire la disapprovazione del gruppo se spingono per una posizione che gli altri rigettano”.
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Sarebbe bello dire “Eureka, l’austerità uccide l’Europa” e vedere tutti acconsentire e darsi da fare per farla fuori. Ma non sarà così.
E allora? Come sperare che il continuo sbagliare decisioni e deliberazioni nel Consiglio europeo cessi?
Fino a quando? Fino a quando non avremo dei leader straordinari che non temano di dirsi italiani e di denunciare, mettendosi a capo di un’alleanza della … periferia, la miopia di chi non vede e dunque non può sapere.
Fino ad allora, fino a quando ci terremo leader dal braccino corto, sarà proprio … la timida Italia a portare alla morte l’Europa. L’Europa che aspetta solo un nostro sussulto d’orgoglio per tornare a vivere.
14/08/2013 @ 08:24
Decisamente illuminante questo post e ricco di spunti. Un po’ da teoria dei giochi (alla Nash o alla Von Neumann – Morgenstern) debbo dire che da’ dei risultati sorprendenti e mai banali.
Quindi nulla questio se ben otto premi Nobel per l’economia sono stati conferiti a chi mastica (e bene) questo nuovo (a dire il vero oramai ultra sessantenne) strumento di analisi.
Leggerò il paper durante questi giorni. Come dice Lei: grazie per gli spunti!
14/08/2013 @ 11:33
Caro professor Piga,
questo spiega le dinamiche del gruppo. Non voglio sembrare saputella nel mettere i puntini sulle i allo studio di autorevoli autori, ma nel caso europeo si deve aggiungere tanta, tanta, tanta MALAFEDE, quella di chi ha consapevolmente INGANNATO e deliberatamente TRADITO non solo i propri elettori, ma tutte le persone e i popoli d’Europa.
Nel Parlamento Europeo una manciata di deputati, in primis Farage, hanno avuto il coraggio di criticare le decisioni europee indicandone con lucidità gli errori. Qualcuno ha già avuto dunque il coraggio di infrangere la censura, sarebbe bastato aggregarsi a loro, anche senza condividerne i modi e la volontà di uscire dall’euro.
Che si tratti di codardia, di passiva omologazione, di soggezione al cospetto dei forti, di idiozia o di marciume, non fa differenza: questi politici che ci hanno imposto l’Europa e continuano a imporci le sue norme distruttrici non hanno giustificazioni e non meritano alcuna giustificazione di tipo psicologico e neppure nessuna pietà umana, sono COLPEVOLI senza se e senza ma.
14/08/2013 @ 12:09
Acuta analisi. Complimenti. A proposito: che ne pensa della Memmt di Warren Mosler? Grazie
14/08/2013 @ 13:24
Molto interessante e condivisibile. Almeno in linea generale, perché tutto questo ragionamento presuppone un elemento fondamentale da parte dei protagonisti: la buona fede.
Nello specifico del caso Europeo secondo me la buona fede è proprio il grande assente, da parte dei paesi centrali come da parte di quelli periferici. Certo, io sono il solito che pensa sempre male, ma come è possibile che mentre da tutte le parti (centro, periferia e addirittura dall’esterno) arrivino ormai da tempo messaggi a senso unico del tipo “l’austerità fa male”, solo quelli che devono prendere le decisioni non lo abbiano ancora capito? O sono stupidi o sono in mala fede.
E io non credo alla stupidità, non a certi livelli.
14/08/2013 @ 14:58
Grazie. Il suo commento è simile a quello di Chiara. Ma è Maria Cristina a darle la risposta più giusta. Non è questione di colpe loro, ma di colpe nostre. Mia, sua, di Chiara. Fino a quando non ci uniremo per rappresentare con coraggio idee come quelle che condividiamo, beh, io almeno non mi darò pace.
15/08/2013 @ 08:56
Sono abbastanza d’accordo con Cristina ma non con lei prof.
Cristina aggiunge al discorso la questione della nostra (di noi comuni cittadini estranei alle stanze del potere) responsabilità, che è un dato di fatto e si concretizza nel saper scegliere i leader; ovviamente non è tutto qui, ma questo è senz’altro un punto importante ed è un punto su cui abbiamo toppato ripetutamente.
Il concetto di “colpa” invece è un po’ diverso, e cambia di parecchio i termini della questione, soprattutto quando viene usato (come appare nel suo commento) in maniera estensiva.
La situazione attuale NON è colpa nostra, la mala fede di chi ci governa NON è colpa nostra, i disastri di cui stiamo pagando (e pagheremo ancora più care) le conseguenze NON sono colpa nostra. La colpa è di chi le cose le fa. Io sono d’accordo con lei sull’esigenza di unirsi e di fare una lotta comune, anche al di là di singole questioni su cui possiamo dissentire, ma non ci sto a prendermi responsabilità non mie.
Fatto 100 il totale delle responsabilità, la nostra quota è 1, mentre il 99 rigaurda altra gente: vogliamo ancora sostenere che “non è questione di colpe loro, ma di colpe nostre”?
15/08/2013 @ 14:37
Cercavo un po’ di provocarla e quindi le do ragione. Ma un po’ non provocavo.
15/08/2013 @ 18:44
@Il Buon Beppe
Tutti quanti ormai ci siamo resi conto di essere coinvolti in uno sforzo estremo nel tentativo di arrestare l’inesorabile. Siamo in guerra? Sì, sappiamo anche questo. Ma la guerra come qualsiasi guerra è sempre una crisi della coscienza, che lo accettiamo o no siamo chiamati a cambiare le cose.
La nostra coscienza ha un ruolo determinante all’ interno della realtá, non è argomento per acchiappanuvole, siamo tutti d’accordo che essa determina ogni nostra azione consapevole, quindi possiamo concordare sia un aspetto concreto e determinante per rendere possibile il cambiamento.
Ora, tutti i problemi sono stati sviscerati , i maggiori responsabili individuati, gli errori implosi con i loro effetti devastanti, ci siamo leccati un bel po’ di ferite inflitte dal tracollo economico, nella mia regione anche quelle prodotte dal terremoto, e pure dal ciclone e chi più ne ha più ne metta. Sembra un incubo ma a questo punto le cose sono quelle che sono. Che ci resta da fare? Affrontarle? Come? Si esprimono qui in moltissimi commenti ottime ragioni per una lotta serrata alle aberrazioni.
Il prof. Piga appartenendo a quella razza che non vuole estinguersi per autodistruzione, ci propone una visione elevata del nostro futuro e concreta, avvalorata dalle sue straordinarie competenze e qualità umane che assieme ai Viaggiatori in Movimento offrono un ottima opportunità di aggregazione, un laboratorio straordinario per chi vuole concretamente contribuire ad elaborare il cambiamento con la consapevolezza che il nostro Paese è fatto per essere meraviglioso.
Oppure ci si unisca ad altri, reputati affini e in linea con le proprie idee e strategie. Rimanere soli sarebbe la vera miseria. Ma soli non siamo soprattutto grazie al supporto delle nuove tecnologie che permettono la comunicazione, e all’accoglienza che luoghi come questo blog ci offrono.
E’ bello interrogarsi e ragionare ma il tempo è scaduto non possiamo attendere oltre. Tutte le buone intenzioni oramai senza un azione che le sussegue cadono nel vuoto in un precipizio che conduce solo al vittimismo , quel vittimismo che non produce più nulla, nemmeno la compassione. Possiamo cambiare le cose? Forse, ma come dice il prof.Piga dobbiamo volerlo , volerlo e volerlo. Volerlo veramente.
La domanda fondamentale a questo punto è una sola. Cosa siamo disposti a fare per trasformarci da vittime a detentori del nostro destino? Salvati o sommersi?
Che propone lei? Se mi è permesso lo chiedo anche a Chiara e E.Poggiopoggiolini.
14/08/2013 @ 14:45
Tutto questo ricorda il medioevo , quando il mondo era governato da re e tiranni. Senza nessun accesso alle informazioni, la gente doveva accettare ciò che veniva deciso essere divulgato, non solo perché era l’unica realtà messa a loro disposizione, ma sopratutto perché dissentire dai capi era un ardire punibile col patibolo.
Ora che i tempi sono cambiati perché i nostri ministri non desiderano fare ciò che è necessario fare? Perché commettono lo stesso peccato tutte le volte che permettono che qualcuno al loro posto prenda decisioni di fondamentale importanza per la sorte del nostro Paese, invece che praticare loro una giusta azione di risanamento? Perché cedere a qualcun’altro questa responsabilità, perdendo di vista il valore che avremmo nella grandezza di questa comunità? Forse perché il potere, quello egoistico, negativo, cambia il volto ma non le sue dinamiche.
Ci siamo messi in disparte e ci siamo limitati a guardare persone avide confezionare per noi un kit di sopravvivenza totalmente insufficiente. Una bottiglietta d’acqua per attraversare il deserto. Grazie al nostro lassismo, persone senza scrupoli si sono impossessate del potere di farcelo attraversare quel deserto.
Perché è tanto difficile sentire quel sussulto d’orgoglio?
Faremmo bene a fare nostra responsabilità quotidiana individuare quei potenziali leader dalle lunghe braccia, che ci aiutino a non perdere la correttezza e la bellezza degli ideali e della solidarietà, che è lampante si siano già smarriti.
Che abbiano in più due soli ingredienti da sommare alla capacità, la volontà e la bontà.
Analisi la sue sempre chiare e precise. Questa volta però c’è qualcosa in più, l’epilogo di quanto a breve possa realmente accadere.
Buon Ferragosto Professore.
14/08/2013 @ 15:08
E’ un poco datato, “Public Opion” (1922), ma gli “stereotipi” di W Lippmann (fondatore con von Mises, von Hayek e altri della Mont Pelerin Society, c’era anche M Allais poi redentosi a Damasco) potrebbe essere utile a comprendere il “fenomeno”.
Come anche i più attuali la “spirale del silenzio” di E Noelle-Neumann e gli studi sui “momenti decisionali” di Herbert A Simon, economista, (Nobel economia 1975).
Quando la musica finisce e si accendono le luci nella balera UEM, staremo a vedere, caro phD, quante sono le “sedie”, quanti in piedi e chi seduto e quanti fuori, svegliati all’alba , ad aspettare la fine delle danze.
14/08/2013 @ 15:17
Non sono d’accordo. A me non pare che il problema sia di chi non troverà la sedia, appunto. Ci sono 27 (28?) sedie come forse è giusto che sia per le 27 (28?) persone invitate. E non ho un problema a stare fuori dalla stanza, ho altre cose da fare importanti per la mia vita. Devo solo esser certo che la persona seduta per mio conto rappresenti quanto il mio Paese gli ha chiesto. Ecco, questo è il mio problema. Ed è di questo che dovremmo parlare, non di fine delle danze, ma di chi danza. Perché se lei aspetta che le danze finiscono, le danze, come è sempre avvenuto, riprenderanno. Sempre nello stesso modo, notte dopo notte, sempre nel modo più sbagliato.
15/08/2013 @ 03:57
Anch’io credo che la permalosità sia evidenza di una individualità definita e manifesti una idea definita che è importante per “sapere” chi hai dinnanzi.
Come, ammettendo le mie limitatezze, non ho compreso se il disaccordo fosse riferito alle modalità della “comunicazione” sociale oppure attorno alla “balera” UEM della quale ancora mi risultano che le “sedie” sarebbero dovute essere 17.
E come hanno dichiarato pubblicamente i gestori della balera, gli J Attali, i R Prodi, i V Visco, altri predicendo un “delirio”, altri propagando un “sogno”, alcune delle seggiole erano “scranni”, altri “sgabelli” e comunque in numero minore rispetto ai ballerini ma, si sa, che “si deve guadagnare il posto (pane) a meno che non vi capiti di avere altri mezzi”.
Come completamente d’accordo sulle danze che non finiscono mai, è la Storia che lo racconta, qualche volta in “balere” e “musiche” diverse e in alcuni casi anche per il solo gusto di ballare senza, per caso o necessità, partecipare ad un concorso (di bellezza).
A quelli spesso si vince con asimmetriche comunicazioni date alla giuria.
With compliments
15/08/2013 @ 06:44
Ballare senza non è possibile, la soluzione egiziana è superata. Partecipare ad un concorso di bellezza, o ballare altrove, perché no: ma non mi pare il punto visto che siam qui. Il disaccordo è sul tipo di gioco: ci sono tante sedie quante le persone, quindi il paragone a mio avviso è imperfetto. Di asimmetriche comunicazioni, appunto, ne abbiamo già abbastanza: dire siamo diversi ma “ora te lo spiego io” porta, lo insegna la Storia, a ripeterla solo cambiando il nome del comunicatore.
15/08/2013 @ 08:32
Mi scuso per l’interferente impertinenza, ma continuo a credere che il “perno”, le verità della Storia, attorno al quale si giocano le danze con qualsiasi “musica” sia molto a/simmetricamente manipolato, mistificato, adulterato con le metodica del “Public opinion”, con le conseguenti “spirali del silenzio” e dinamiche dei “momenti decisionali”.
Potremmo giocondare con i paradossi logici della Transilvania di Smullyan dove tra cittadini e vampiri, sani e matti entrambe per “par condicio”, si interrogano sulla verità.
Il vero “perno” della democrazia è la trasmissione della verità alla “vulgata” bambocciona, sfigata e ciusi.
Tutto il resto è noia.
15/08/2013 @ 14:34
e ovviamente la verità è … e ovviamente i non bamboccioni sono … Scusi ma ho già dato e visto.
18/08/2013 @ 10:16
Caro professor Piga e cara Cristina,
non siamo in una democrazia diretta, quindi i cittadini hanno il dovere di tenersi informati e di vigilare sull’operato dei politici e il diritto di eleggere qualcuno che li rappresenti.
Circa il dovere di tenersi informati, i media e tutti coloro che li riempiono (giornalisti, opinionisti, tecnici….) sono di proprietà delle lobbies quindi li riempiono di notizie propagandistiche e tendenziose. Il che implica capacità di pensiero critico e di ricerca di “fonti non inquinate”, capacità e competenze che il pubblico (anche perché deve pensare al lavoro, alla famiglia e a mille necessità quotidiane) non può avere e in democrazia non dovrebbe essere costretto ad avere.
Anche internet è invaso dalla propaganda (i siti dei media di cui sopra) mentre nei siti/blog “di nicchia” non allineati (ad esempio questo), dove è già molto difficile arrivare, può scrivere chiunque: informatori seri e preparati, ma anche manipolati inconsapevoli, fanatici, pazzi furiosi e ignoranti qualsiasi. In breve, l’estrema libertà di pubblicazione e la immensa sovrabbondanza di informazione, non garantiscono la qualità dell’informazione.
Tenersi BEN-informato è al di sopra delle possibilità del cittadino comune che in genere più si informa più è MAL-informato.
Quando la verità comincia a circolare, significa soltanto che è diventata funzionale al sistema che quindi ha interesse a farla circolare, o che il sistema sta per implodere per ragioni che non dipendono dai cittadini.
Riguardo il sistema elettorale cosa può fare un cittadino se puntualmente viene ingannato e tradito da chi elegge per rappresentarlo? Se tutti i candidati sono non-votabili? Se nessun partito ha un programma che minimamente tiene conto dei cittadini?
Cittadini che sono anche molto disuniti per effetto della propaganda che mira appunto a mettere tutti contro tutti per evitare che facciano fronte comune; poi è difficile organizzarsi e le associazioni esistenti, in primis sindacati, collaborano all’inganno e al tradimento della classe politica.
Le “alternative” tipo Lega o più di recente Grillo, sono valvole di sfogo che allentano la tensione, sono allineate al sistema e funzionali alla sua sopravvivenza.
Il tradimento (o l’ignoranza) di chi ha ricevuto un mandato, di chi ha un incarico istituzionale, di chi viene remunerato per rappresentare e difendere i nostri diritti è su un livello di colpevolezza totalmente diverso, neppure paragonabile a quella del cittadino che non può fare nulla.
Le rivoluzioni sanguinose hanno per effetto un “cambio della guardia”, ma spesso portano a nuovi sistemi uguali o peggiori di quelli che li hanno preceduti. Il risultato dipende solo dalla volontà dei nuovi leader (come nel caso di quelli pacificamente eletti), non più dai rivoluzionari.
L’impegno civico è una illusione e serve solo a sciacquettarsi la coscienza e a darci l’impressione di arrabattarsi per qualcosa… informati o disinformati contiamo meno di nulla.
18/08/2013 @ 23:30
A me piace quello che ha scritto Chiara. Mi piace la sequenza logica e il pensiero serrato. Una sola cosa: io non concordo con la sua ultima frase, e credo che sia un non sequitur importante rispetto alle righe precedenti. Ovviamente contiamo molto più di nulla. E qui torniamo al punto di Maria Cristina prendendo atto degli ostacoli immensi menzionati da Chiara. Immensi, non insuperabili.
19/08/2013 @ 20:32
@ Chiara
Perfetto. Quali siano le catene invisibili che limitano l’idea di libertà sulla quale si basano le nostre democrazie sono bene individuate nella sua acutissima analisi.
Senza dubbio il primo fattore di inibizione è l’automatismo con il quale reagiamo alla legge di causa effetto, successivamente segue l’impegnativo lavoro per liberarci dagli schemi che hanno determinato il nostro comportamento.
Continuo a seguirla in questo processo che ci tramuta da dormienti a svegli, qui iniziamo a distinguere quale sia il nostro pensiero autentico e cosa invece ci appartiene per ideologia. Con l’acquisizione di queste facoltà possiamo iniziare ad essere maggiormente liberi nella percezione della realtà e dei suoi accadimenti, in possesso degli strumenti necessari per avventurarci oltre la fitta trama di informazioni faziose e deviate.
Bene siamo arrivate a questo punto perfettamente concordi. Ma poi Lei Chiara qui si ferma o perlomeno io non la vedo procedere. Perché?
Perché lei come tanti altri dotati di straordinarie potenzialità, strappa così brutalmente la pagina delle sue riflessioni, che ci raggiungono come ragionamenti chiari di chi ha compreso bene che solo un individuo che inizia a liberarsi da quei condizionamenti potrà agire responsabilmente nel determinare le condizioni che favoriranno un progresso positivo nella nostra società.
Il mio invito non è teso all’appartenere a fazioni di impegno civile, partiti ecc.ecc.
È un appello profondamente sentito ad offrire tutto il nostro sostegno e grande rispetto per chi opera positivamente e concretamente per il nostro sviluppo senza un tornaconto personale, un invito a collaborare concretamente con chi ha a cuore il benessere nostro e delle future generazioni, un appoggio che ognuno di noi dovrebbe dare naturalmente, in totale spontaneità, incoraggiando chi nella sua idea di riforma ricolloca l’essere umano in posizione centrale, nei contesti economici, scientifici, tecnologici.
Non serve essere specializzati per capire che se l’idea di questo impegno non passerà, il futuro che ci aspetta sarà una catena di effetti senza soluzioni nelle mani di uomini inconsapevoli e incapaci, che produrranno una serie ininterrotta di reazioni, dove crisi dopo crisi ci condurranno inevitabilmente al tracollo totale.
Forse occorre iniziare a chiedersi molto seriamente se non sia indispensabile, compiere lo sforzo fondamentale e primario di ricostituirci come individui integri, ed usare la propria capacità di discernimento e comprensione per crescere assieme agli altri e non sotto il comando dell’arroganza di altri, iniziare a cambiare l’ordine delle priorità per un esistenza dignitosa, alzare finalmente la testa e vederci come esseri pieni di potenzialità . Altro che sciaquettarsi la coscienza, Chiara.
Faccia attenzione alle trappole, pensare di non contare nulla significa farsi condizionare da quei modelli e quegli slogan da lei fortemente denunciati, che inducono a farci credere di essere quello che NoN siamo, inutili uomini e donne che hanno perso il diritto alla loro autodeterminazione.
Preservi il suo valore Chiara è prezioso.
21/08/2013 @ 22:42
Grazie professor Piga e Cristina per i profondi spunti di riflessione.
Sarò eccessivamente pessimista, ma temo che il nocciolo della questione sia proprio che i nostri governati (occidentali in generale) abbiano scoperto che nonostante la nostra istruzione, la “libertà” di informazione, la diffusione della cultura e internet, l’animo umano è rimasto tale e quale, nulla è cambiato sotto la forma esteriore.
E per quanto possa sembrare paradossale è sempre la coda che muove il cane.
Sono ritornati al passato poco a poco, per riprendersi quello che ci avevano concesso, esperimento dopo esperimento: le danze le hanno aperte Thatcher e Reagan. Poi li hanno seguiti le nazioni europee con la separazione tesoro-banche centrali e la “privatizzazione” di queste ultime, poi Maastricht, l’euro, le cessioni di sovranità fino al Bail-in di Cipro senza trovare mai alcuna resistenza. La crisi ha fornito loro un facile alibi; l’urgenza è diventata il metodo di governo. Non hanno più limiti, si credono onnipotenti. Fanno paura.
Non solo in Europa, ma in Europa è peggio che altrove, in primis per la gravissima retrocessione di civiltà e democrazia e poi perché avrebbe dovuto essere la civile Europa l’esempio lo stimolo e l’aiuto per l’evoluzione degli altri paesi, non arretrare lei ai loro livelli.
Anch’io mi sono arrabattata ma sinceramente sono al limite; le persone con cui ho occasione di parlare non vogliono o non possono capire, ormai completamente assuefatti all’austerità che dovrebbe salvarci invece genera crisi (indispensabile per questa forma di governo) al simulacro della competitività (quando siamo in una crisi di domanda), a un liberismo che premia i più avidi e quelli con meno scrupoli e non i migliori, alle logiche illogiche, ai moralismi immorali che ci hanno inculcato in almeno un ventennio di propaganda.
Forse un giorno si risveglieranno inferociti o forse siamo tutti talmente civilizzati da essere diventati totalmente incapaci di reagire. Innalziamo altari ai partigiani, elogiamo la rivoluzione francese, ma aborriamo la violenza… siamo falsi dentro?
Non so immaginare cosa potrà succedere, ma non vedo luce, solo buio. Pesto.
08/07/2014 @ 08:36
Non basta dire Eureka. Le colpe del braccino italiano | Gustavo Piga