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Incompresa. La spesa pubblica tra inferno e paradiso

Spesso in questi anni mi sono chiesto perché molte persone non riescono proprio a digerire il concetto che da questa recessione si può uscire facendo più domanda pubblica di beni, servizi, infrastrutture. Lo ritengono impossibile.

Come se non credessero che esista qualcosa chiamata “domanda” che influenza la produzione e l’occupazione e che quest’ultima, nelle recessioni del tipo che stiamo sperimentando, si fa piccola piccola perché il settore privato non domanda più, terrorizzato com’è del futuro, preferendo tesoreggiare, non consumare, non investire. E che solo lo Stato può in queste occasioni portarci fuori dalle secche della recessione. Domandando beni, servizi, infrastrutture – appunto – alle imprese. E così generando occupazione e ricchezza.

Le ragioni possono essere tante. Le più ovvie: posizionamento ideologico contro lo Stato (compresa l’idea che spesa statale sia uguale a 100% di spreco) o l’ignoranza.

Sulla prima, io non ho dubbi che un buon 20% di spesa in Italia per acquisti sia spreco, vuoi per corruzione o incompetenza. E che vada combattuta molto molto meglio. Ma vedo in questo contesto anche il bicchiere mezzo (anzi quattro quinti) pieno. Detta in altro modo, che 80% di spesa pubblica in Italia per acquisti sia vera domanda che genera, in questa recessione, ricchezza ed occupazione perché non spiazza un settore privato che sul mercato, lo ripeto, non ci vuole proprio andare.

E Dio solo sa se abbiamo bisogno di quell’80% di domanda vera.

Ma c’è anche tanta ignoranza. Prova ne è che due anni di austerità hanno cambiato tante posizioni: questo blog, per esempio, con le sue argomentazioni anti austerità all’inizio sembrava fantascientifico (o sovietico), adesso per fortuna siamo tanti e gli argomenti passano con molta più facilità.

Abbiamo imparato che l’austerità fa male. Ma sembriamo resistere ancora all’idea che l’anti austerità faccia bene. L’informazione cioè serve, ma non muta la posizione sulla politica ideale/necessaria.

*

A questo pensavo dopo aver letto l’interessante saggio di 4 economisti prvenienti dalla crema degli atenei Usa: Berkeley, Columbia, Harvard e MIT.

Che esaminano come cambiano le loro opinioni su temi economici a sfondo sociale le persone quando sono esposte a un bombardamento di informazioni oggettive. E la risposta è: proprio tanto, divenendo consce di problemi sociali che prima non consideravano.

Ma da qui a portare queste persone a chiedere che qualcosa cambi in termini di politiche pubbliche … ce ne vuole. Anzi, più la gente comprende, grazie alla maggiore sensibilizzazione a cui è stata esposta … più mostra … sfiducia nell’azione della mano pubblica, dei governi.

Come se, argomentano gli autori, “enfatizzare la severità di un problema sociale o economico apparentemente mina la disponibilità dei rispondenti a fidarsi del governo per risolverlo, come se l’esistenza stessa di un problema potesse apparire come la prova della scarsa capacità del governo di risolvere in generale i problemi “.

E così, per mancanza di fiducia, il problema è noto ma non viene risolto, affogando nello scetticismo generale.

*

Non c’è dubbio. In un certo senso è ovvio: scoprire che la causa dei nostri mali è l’austerità e che la sua esistenza è dovuta ai governi che non hanno saputo contrastarla mina la nostra fiducia che un governo, qualsiasi esso sia, possa sapere farlo un giorno.

Ma c’è di più. Come dico spesso, apprendere che la spesa pubblica è fatta di sprechi che sono anch’essi concausa rilevante della stagnazione di questo Paese, fa sì che la soluzione più ovvia per uscire da questa, fare spesa pubblica buona, quando proposta riceva poca attenzione.

Un macigno terribile, vincere questa sfiducia. Ci vuole un monumentale sforzo per far capire, far credere e far sì che dalla passata mala gestione della spesa – che spiega in così tanti modi la crisi di oggi – si possa passare a partiti e uomini che sappiano invece usarla per fare quello che solo lei oggi può fare: farci uscire dalla crisi e ridare splendore alle infrastrutture cadenti di quello che un tempo, anche per le sua crescita grazie al motore degli investimenti pubblici, era un Paese invidiato ed ammirato nel mondo.

Ma va fatto. E per fare questo, bisogna prima di tutto fidarsi di chi tiene il bastone del comando.

7 comments

  1. Interessanti gli aspetti sociologici, ma credo che l’Italia resti ancora e soprattutto il paese degli sprechi e degli amici degli amici. Pur non essendo un iper liberista, credo che forse una fase del genere sarebbe necessaria per ripulire il sistema.

    Preciso tuttavia che non sono un professionista.

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    • si può fare insieme: uccidere gli sprechi con tanta volontà politica e professionalità e con quelle risorse spendere per l’economia. Se ci pensa, una volta che sai fare l’una, puoi fare l’altra.

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  2. Ho scoperto questo blog relativamente da poco e lo trovo molto interessante. Complimenti per il lavoro.

    Molto interessante anche questo articolo. Gli aspetti psicologici di relazione con il potere non li avevo mai considerati come importanti per uscire dal vicolo stretto in cui siamo rinchiusi. Devo dire che io sono ottimista sul fatto che l’Italia abbia ottimi strumenti per trovare il bandolo della matassa, ma effettivamente, lo scetticismo è sempre più diffuso. Mi auguro che i prossimi tempi, in qualche modo, ci permettano un cambio di prospettiva.

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  3. Rolando Bagnoli

    13/03/2013 @ 11:56

    Se con la scusa di ripulire il sistema insistiamo con l’austerità provochiamo un’ecatombe. Occorre cominciare a prendere coscienza di questo. Non scambiamo gli interessi della finanza globale con gli interessi della comunità.

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  4. RENE' AMICONI

    13/03/2013 @ 13:52

    Il bastone del comando appunto, quello è il problema più grosso. Sembra che tutti lo cercano ma nessuno lo vuole. E’ un bastone che brucia. L’ottimismo non manca anche perchè, dopo quattro anni di depressione, abbiamo capito che avere la testa tra le mani non serve. E il voto, con il trionfo del M5S, ha rimarcato questo concetto. Tutti, anche osservatori esteri, hanno apprezzato questa piccola rivoluzione democratica che il Popolo Italiano ha messo in campo; gli unici, ad non aver ascoltato il messaggio sono proprio loro, i vecchi furbastri della politica, quelli che quel bastone lo detengono da anni e che purtroppo rischiano di tenerselo ancora. Speriamo che il nostro Emerito Presidente Napolitano affidi quel bastone ad un uomo con mani ferme e cuore caldo. Speriamo..(a proposito di ottimismo).

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  5. Il sistema messo in atto per affrontare questa crisi economica, fatto di dati che producono cifre inimmaginabili per la comprensione della maggior parte delle persone, ci conduce ad un idea astratta della questione. Che siano per gli esperti teoremi ed elementi di totale comprensione, o siano per la maggioranza delle persone come l’idea che si avrebbe cercando di immaginare il numero di stelle nel firmamento, il risultato è sempre e comunque quello di una totale ineffabile astrattezza.
    Ora le soluzioni al vaglio riguarderebbero invece la sopravvivenza delle persone con problemi concreti e verificabili, ma in politica come in economia, milioni di persone in questione rimangono numeri, una formula astratta. Quindi penso, che se all’interno di questo processo non ci identifichiamo più come soggetto, finché saremo percepiti (anche da noi stessi) come merce da mettere sul banco del mercato, la nostra forza d’azione sarà inevitabilmente totalmente inibita, in un fenomeno che non è riferito solo ai bisogni materiali e alla loro perdita, ma all’alienazione, a qualcosa che ci colpisce più direttamente e in profondità come individui.
    Qui potrebbe nascere la fonte della sfiducia, è così che potremmo pensare che il nostro pensiero non conti nulla e di fatto che nessuna azione lo sussegua. È l’astrattezza che annienta totalmente le nostre forze emozionali. Anche questa è l’ignoranza. Abbiamo perduto un valore fondamentale, che dobbiamo assolutamente riconquistare.
    Ciò che abbiamo potuto riscoprire su questo blog è quanto lei riesce così straordinariamente a coniugare, e a dimostrare come la rigorosa competenza scientifica possa essere in perfetta adesione con l’individuo, con l’osservazione dei fatti e della realtà, i sui reali bisogni , di come si possa concepire un sistema economico che si misuri con un sistema democratico, in una direzione assolutamente percorribile da subito per affrontare la crisi, supportata dalle verifiche di un lavoro serio, concreto, di studio e di continui aggiornamenti con la realtà quotidiana, valori che nessuno oserebbe irridere o mettere in discussione, ma che i nostri governanti non hanno mai neppure tentato di fare. E allora davvero non possiamo più parlare di difficoltà di fronte all’ ampia possibilità che lei ci ha potuto mettere a disposizione, a condizione che riusciamo a capirne la scelta e l’assoluta importanza.

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