THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

I 300 giorni che non hanno cambiato nulla se non Stiglitz

Sono passati all’incirca 300 giorni da quando l’economista Stiglitz fece tremare per un attimo i muri della indifferente politica romana, ad un passo da Montecitorio, politica di allora che non sapeva allora di essere ad un passo dalla sua eutanasia.

Quello Stiglitz-2012 che, come se raccontasse la cosa più ovvia del mondo, guardando fisso negli occhi il Presidente Monti gli disse: l’unica riforma che serve è quella della testa europea, che deve cambiare per combattere l’austerità, anche con il bilancio in pareggio, e cioè con le tasse che stai alzando sui cittadini italiani, invece di ripagarci il debito,  dovresti domandarci produzione ed occupazione al settore privato tramite maggiore domanda pubblica, appalti, appalti, appalti.

Non scorderò mai il volto di un Presidente Monti culturalmente impreparato al concetto del moltiplicatore, all’idea che la politica della domanda pubblica è l’unica salvezza in queste gravissime crisi da carenza di domanda, quando ingenuamente chiese (prima ancora che a Stiglitz, a se stesso) “sono desideroso di sapere come rispettare l’obbligo di bilancio in pareggio facendo diminuire il rapporto debito su PIL e soddisfacendo al contempo l’esigenza immediata di crescita”.

Noi glielo abbiamo spiegato mille volte, anche con i calcoli degli economisti del Fondo Monetario Internazionale, ma era fatica inutile.

Oggi Stiglitz-2013 parla di nuova di Europa (vedi video qui). Dice cose molto simili. Eppure non esattamente le stesse. Qualcosa è cambiato nel suo linguaggio. Un anno cambia drasticamente le cose, confermando quello che diciamo sempre su questo blog, che non c’è tempo per aspettare le famose “riforme”, quelle che danno risultati a 10 anni (quand’anche fossero ben congegnate). Non c’è tempo. C’è bisogno di ben altro.

Parla sempre dell’enorme distruzione europea di capitale umano, di conoscenze e di entusiasmo specie nei giovani, che stiamo generando con questa stupida recessione auto-impostaci. Parla e dice ancora che la madre di tutte le riforme non è quella del mercato del lavoro in Italia, o della vendita del patrimonio pubblico, è la riforma dell’Europa verso la solidarietà. Perché senza di quella l’Europa muore.

E siccome non vede all’orizzonte segni di solidarietà sufficiente per far funzionare l’area dell’euro, dice per la prima volta in maniera esplicita, che “per salvare l’Unione europea e l’Europa, forse dovrà essere necessario sacrificare l’euro, anche se spero che ciò non avvenga. Purché le giuste riforme dell’Europa avvengano, in tempi rapidissimi”.

Io non concordo con lui su tante cose. Non concordo con lui che la strategia giusta richieda eurobond (impossibili da ottenere dai tedeschi), né che sia sufficiente e comunque molto rilevante l’unione bancaria per tirarci fuori dalle peste. Soprattutto non sono d’accordo con lui quando pensa che l’Unione europea e l’Europa si salveranno se salterà l’euro.

Ma sono d’accordo con lui quando chiede maggiori salari netti per gli operai tedeschi con politiche fiscali di minore tassazione in Germania (così che aumenti anche  la domanda per i nostri prodotti), quando chiede politiche industriali che l’attuale Commissione europea vieta (in special modo penso ad aiuti specifici alle piccole imprese), quando chiede la fine dell’austerità in Italia.

E sposo la sua richiesta di maggiore solidarietà come l’unica vera riforma che serve oggi all’Europa, all’Italia, alla Germania.

La solidarietà non si inventa in un anno? Può darsi, ma certamente si costruisce con elezioni a suo favore, come ha fatto l’Italia votando 90 a 10 contro l’austerità, primo Paese ad avere il coraggio di farlo.

Ma, clamorosamente, sembrerebbe che queste elezioni non abbiano cambiato nulla nella politica e nella stampa italiana, occupata a parlare di nuovo di … politica ed elezioni. Nulla.

Zingales oggi sul Sole 24 ore traccia un’agenda che dovrebbe occupare i prossimi mesi di una potenziale coalizione Grillo-Bersani. Agenda che nulla serve al fine di combattere questa tragica condizione del mercato del lavoro e delle imprese: anti-casta politica, class action, abolire l’ordine dei giornalisti, salario di disoccupazione senza occupazione pubblica, fondazioni bancarie, la TAV, il no al Porcellum. E così, mentre PD e Grillo dovrebbero scannarsi tra loro su questi “micro temi” (per carità così nobili), dove troveremmo il tempo per combattere ciò che uccide occupazione, produzione, dove troveremmo il tempo per costruire l’alleanza europea per mettere pressione sulla germania e sull’Europa per abbattere con un bazooka l’austerità?

Il popolo italiano ha votato contro l’austerità, unica cosa che accomunava tutti i partiti che non hanno votato Monti. La politica pare non avere capito il messaggio.

A cominciare da Grillo che nel suo programma non ha la minima idea di come combattere l’austerità – anche se la sua protesta ne incorpora il disagio - e che nel suo rifiuto di sostenere qualsiasi coalizione e nel suo flirtare col referendum sull’uscita dall’euro (che ovviamente i suoi elettori non sembrano condividere) pare non dare grande priorità a tutto ciò.

Eppure dovremmo. Stiglitz non è europeo. A lui spetta essere osservatore che ricorda con precisione i sempre maggiori rischi a cui ci esponiamo con la nostra idiozia. A noi spetta costruire un futuro per le prossime generazioni. Scusate se è poco.

Senza l’euro? Se non sei al tavolo, come sempre, sei sul menù. Gli americani lo sanno, e si prenotano per rappresentare i nostri interessi a quel tavolo dovessimo spaccare l’Unione europea con la decisione di spaccare l’euro, come hanno fatto fino al crollo del Muro di Berlino.

Noi continuiamo a non capirlo. Si sveglino i politici italiani e capiscano cosa ha chiesto a voce alta la gente.

Grazie Concetta.

20 comments

    • Direi al massimo da 5. Concordo pienamente: l’alleanza con Francia, Spagna, Portogallo, Grecia per sedersi a tavola mai fatta da Monti è tempo si faccia.

      Reply
  1. Ma l’ordine dei giornalisti (e avvocati ecc ecc) non si può abolire mentre si combatte l’austerità? E la riforma del finanziamento ai partiti non si può fare mentre si combatte l’austerità? 1000 parlamentari che ci stanno a fare?

    E chi l’ha detto che le riforme hanno effetto dopo 10 anni? Al FMI (e in altri posti), che viene citato una volta si e quattro no, la pensano diversamente
    http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1322.pdf

    Reply
    • Buon punto. Secondo me Marco finisce come i taxi di Monti: ci perdiamo 3 mesi sopra, mettiamo a ferro e fuoco il paese, distraendo tutto il dibattito dall’Europa e partorendo il famoso topolino. Anche perché le assicuro che i giornalisti, come i tassisti, in recessione combattono di più.
      Questione di priorità. Poi concordo con lei che alcune riforme sono non solo fondamentali, ma anche fattibili in recessione e non solo, anche utili per finanziare maggiore domanda interna: in primis la rivoluzione negli appalti con il taglio degli sprechi (sul serio) senza tagli lineari.

      Reply
  2. Caro Piga,
    la leggo da poco ma con interesse. Non sono un economista ma leggo i giornali.
    Dunque l’Italia ha bisogno di un governo. Ma l’unico governo possibile, stanti le pernacchie del Grullo (un nuovissimo modo di far politica! Ha solo poco più di novant’anni), è con il cavalier Banana (more Altano). Che, nonostante le infinite leggi ad personam rischia condanne giudiziarie gravissime per reati ancora più gravi. Quindi il prezzo da pagare sarebbe l’impunità.
    Lei sarebbe disposto a pagarlo? Io, francamente, no ma penso che nei DS molti sarebbero disposti a farlo a rischio di spaccare definitivamente partito e paese.
    Ma senza un governo chi potrà prendere le decisioni che lei e Stigliz auspicate?
    Noi siamo in un’impasse senza alcuna via d’uscita tranne nuove elezioni. E per di più con l’attuale legge elettorale, che sarebbe un ennesimo regalo al Banana, ma questa volta fatto dal nostro rivoluzionario mediatico.

    Mi chiedo sempre come mai tutta la classe dirigente europea continui con questa folle austerità. O conoscono male la storia, ad esempio quella degli anni Venti e Trenta, oppure la conoscono fin troppo bene ma allora quelle derive sono il loro vero e reale obiettivo da raggiungere. Come negli anni Settanta, era poi quello il vero obiettivo dei Chicago’s boys … Questi ragionano con la testa di Milton Fridman e per loro Keynes era un eretico.

    Sfasciare l’euro e le social democrazie europee ha i suoi costi, che comunque pagheremmo noi, quindi il prezzo sarebbe basso. Mi sembra un incubo da cui non ci si risveglia mai… Ma è un incubo non casuale: molta disoccupazione porta ad un abbassamento dei salari operai ed a continue riduzioni dello stato sociale. Ma gli gnomi di Wall Street non ne pagano il prezzo.
    Un saluto Piuma

    Reply
  3. Pingback: I 300 giorni che non hanno cambiato nulla se non Stiglitz « Sud – Il Blog di Gianfranco Miccichè

  4. Vladimiro Giacché

    11/03/2013 @ 09:27

    Sono molto d’accordo con il professor Piga. Aggiungo che anche in Germania (incipiente recessione anche lì, con connessi problemi bancari – visto che su questo fronte non sono mail stati affrontati con decisione da quelle parti: vedi DB, Landesbanken et cetera) oggi forse qualcuno disposto ad ascoltare potrebbe esserci: una parte degli esportatori (attivo verso l’Italia crollato del 75% in un anno) e forse anche i sindacati (vedasi documento della DGB su “un piano Marshall” per l’Europa del dicembre scorso). Il problema è l’assoluta inadeguatezza degli schieramenti parlamentari attuali (inclusi newcomers, per essere chiari) ad affrontare questo compito. E a farlo nell’unico modo efficace: ricattare la Germania minacciando la fine dell’euro.
    Annotazione sui commenti: quando capiremo che la polemica contro la casta è una tattica (auto)elusiva sarà troppo tardi. Finiamola di parlare delle cose irrilevanti e occupiamoci di quelle serie. (Preciso a scanso di equivoci che il sottoscritto lavora nel settore privato e che non ha nessuno che lo rappresenti nell’attuale Parlamento, vista la delirante legge elettorale in essere – sempre meglio precisare in questi casi…).
    Buona giornata.
    V

    Reply
  5. Caro Piga
    il libro di Stilglitz appena pubblicato è molto interessante e rappresenta, credo, un ottimo compendio anti neoliberista e neokeynesiano.
    All’interno del potere politico-finanziario americano si stanno creando due idee diverse: mantenere lo status quo e la iperfinanziarizzazione dell’economia con un possibile esito violento oppure iniziare un percorso di ritnro vero the golden age per recuperare un potere di player mondiale che comunque resta nelle cose ma come guida del mondo libero, più egualitario e democratico.
    Pertanto sull’euro mi pare si stiano delineando fonti contrapposti: alcuni lo vorrebbero distrutto, altri no. E mi pare che nell’estabilishement economico-politico stiano venendo fuori nuove prosepttive.
    L’articolo precedente a questo sul libro di Alesina riguardo la formazione di egemonie mi sembra interessante.
    Probabilmente potrebbe non essere più conveniente spaccare l’euro ed anzi lasciare l’europa a trovare una sua soluzione mentre intanto si riposizionano le linee strategiche mondiali, che si spostano a sud e per gli US verso il pacifico (Pacific Doctrina Obama 2012).
    Dipende molto dai rapporti di forze interne al mondo finanziario americano e da come vogliono mantenere la loro leadership mondiale
    cordialità
    GV

    Reply
  6. Roberto Chen

    11/03/2013 @ 10:08

    Quindi noi (dentro l’euro) siamo al tavolo e GB e Svezia (fuori) sono nel menu.
    A me non sembra ma sicuramente mi sbaglio.

    Reply
  7. Rolando Bagnoli

    11/03/2013 @ 11:24

    Caro professore ti ho sentito sulla 7 hai ragione al 100% PRIMA DI TUTTO BASTA AUSTERITA’ occorre creare lavoro, lavoro, lavoro, solo così si può salvare l’Italia e, quindi, l’Europa

    Reply
  8. In effetti la domanda, banalizzata, sarebbe: ci sono o ci fanno?
    Anche perchè i protocolli economici si portano dietro, sempre e comunque, un preciso disegno politico (parafrasando diremmo che il Fmi non gioca a dadi).
    Quindi la domanda seria è: qual è il disegno politico immaginato per il Vecchio Continente? Chi lo sta portando avanti, oltre la cancelliera teutonica? Chi da noi, nelle forze politiche, potrebbe contrastare ciò?

    Reply
  9. Sandro Tinnirello

    12/03/2013 @ 05:43

    Egr. professo Piga l’ho sentita su La Sette e ho letto cosa scrive. Io di professione faccio l’agronomo e l’agricoltore, vivo nel profondo sud e continuo nonostante immense difficoltà ad amare il mio lavoro e la mia terra . Le dico questo perchè sto vivendo sulla mia pelle questa crisi profonda, che a mio parere non è solo economica, ma anche morale, è una crisi di valori, di idee, di questa politica sorda e cieca, distante ormai anni luce dal paese reale e dal mondo del lavoro. Quanto lei scrive e dice, credo siano le cose più sensate che abbia sentito in questo turbine di parole inutili, di idee strampalate, di concetti economici spesso miranti più ad interessi di parte che al bene del Paese e dei cittadini. Buon lavoro a lei e tutti coloro che ancora continuano a tenere la schiena dritta, a fare sacrifici, a lottare quotidianamente per uscire dal fondo del baratro in cui siamo caduti

    Reply
  10. Prof. Piga,
    d’accordissimo con lei che con l’austerità stiamo distruggendo il paese.
    Le mie perplessità riguardano la disponibilità dei paesi del nord ad approvare politiche economiche di vero aiuto per i pigs…in Germania addirittura le regioni del sud (baviera in testa) cominciano a lamentarsi perchè con le loro tasse devono sostenere quelle del nord meno sviluppate (una sorta di lega nord al contrario), figuriamoci se sono disponibili a sacrificarsi per “coloro che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità” (che poi con i capitali esteri affluiti grazie al tasso di cambio fisso i paesi del sud si sono potuti permettere beni di produzione straniera, vero volkswagen?)!
    La mia impressione è che appena la restante parte dei grossi capitali investiti nel sud europa rientreranno a casa i paesi del nord si sganceranno lasciandoci con il cerino in mano acceso. Allora dico, anzichè aspettare non sarebbe meglio anticipare i tempi riappropiandoci della sovranità monetaria, svalutare e riacquistare competitività sui mercati esteri?
    Cui prodest la permanenza nell’euro?

    Reply
    • Grazie. I vantaggi dell’exit dall’euro rispetto al restare saranno temporanei, e con buona probabilità sviliti dall’addizionale austerità che ci daremo per far finta di rassicurare l’Europa che combatteremo l’inflazione o il suo pericolo (che questo pericolo ci sia o meno sarà irrilevante per gli austeri che continueranno a comandare). I costi dell’uscita dall’euro (per me coincidenti con i costi del blocco della crescita istituzionale europea) saranno permanenti o perlomeno di ben più lungo periodo e di ben altra dimensione.
      Bisogna non mollare ed imporsi con le appropriate alleanze europee.

      Reply
      • Grazie per la risposta.
        Io resto della mia opinione e credo che l’uscita sia la soluzione migliore.
        Non vedo pericolo alta inflazione, nel 92 uscimmo dallo SME e, dopo aver svalutato, non ricordo problemi d’inflazione (all’epoca avevo 15 anni ma ricordo bene che non andavo dal distributore con una carriola piena di lire per rifornire il mio scooter!)…se poi addirittura il più grande sostenitore dell’auterità fu costretto ad ammette che la “svalutazione ci ha fatto bene”: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/09/12/la-svalutazione-ci-ha-fatto-bene.html

        Reply
        • Non ci fu inflazione. La svalutazione fa spesso bene, se presa a sé stante. Se ragioniamo cioè da meri economisti. Basta un pizzico di geopolitica e di storia per rovesciare gli effetti. Ma qua è anche questione di modello interpretativo della realtà, mica ho ragione io o lei con certezza! saluti.

          Reply
          • Infatti certezze non ce ne sono…a parte la morte e le tasse! :-)
            Io, da non economista, mi limito a guardare i fatti cercando di approfondire e capire le ragioni della crisi dell’eurozona e ho maturato la convinzione che da quando ci siamo agganciati al tasso di cambio fisso la nostra economia ha iniziato un lento declino che la moneta unica (o meglio una valuta straniera), unita alle deleterie politiche comunitarie, ha finito per stremare.

          • Il lento declino strutturale è ovviamente cominciato ben prima! Il declino ciclico che tocca anche alla Germania subire è frutto di politiche stupide stupide stupide di austerità.

  11. Rapisarda Salvatore

    01/05/2013 @ 20:44

    Alcune delle proposte del prof. Zingales anche se solo apparentemente appaiono di buon senso sono errate e dannose, oltre che quasi sicuramente marginali.
    In primis la deregolazione del mercato del lavoro (tale essendo anche quello dei liberi professionisti), a parte che costituisce un pendant pericoloso di quella ideologia che io insisto nel definire anarco-capitalista e non liberista che vuole dei mercati totalmente deregolamentati che contribuiscono a comprimerei redditi dei lavoratori e a creare diseguaglianze.
    Non mi stupisce inoltre la sua adesione al reddito di cittadinanza che costituisce misura lesiva della dignità delle persone oltre che ghettizzante in quanto tendente ad espellere parte dei cittadini dal tessuto sociale e produttivo.
    Ritengo illuminante in tal senso la nozione di lavoro espressa dai nostri padri costituenti che è vilipesa da chi propone il reddito di cittadinanza.
    Ma mi chiedo che senso economico ha tale proposta quando vi sarebbe bisogno di un progetto che coinvolga i cittadini nelle moltissime attività di cui la nazione ha bisogno da una differenziata efficiente, alla ricerca, al riassetto del territorio alla valorizzazione delle risorse culturali ed al patrimonio storico-archeologico?
    Non sarebbe come buttare risorse in un buco nero? Peraltro questa via di odio per lo Stato (datore di lavoro) già seguita in Gran Bretagna ha portato a risultati disastrosi se si tiene conto che tale stato pur avendo un debito pubblico leggermente inferiore a quello Italiano ne ha uno privato enormemente superiore e un patrimonio pubblico inesistente.
    Basti ricordare inoltre che l’ENI è sostanzialmente l’unica grande impresa italiana.
    Quanto alla politica basterebbe una riforma profondamente democratica e liberale quale l’abolizione del finanziamento privato(ripeto privato) ai partiti che oltre una certa soglia dovrebbe diventare reato (e chi lo dice a Berlusconi e Renzi?) e l’applicazione della par condicio restrittiva in termini quantitativi alle spese elettorali rimborsate dallo Stato.

    Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*