Pubblicato sul Manifesto di oggi.
Ascoltare il dibattito tra Monti e Stiglitz è stato emozionante. Potenti le cannonate dell’economista americano, che lasciano basita una platea abituata allo slang triste europeo. Al termine del suo discorso si sente lo spavento che pervade la sala, paura per una crisi che forse non passerà se non si faranno le cose giuste. Ecco, il linguaggio è stato incredibilmente diverso, come quello di un marziano. Tant’è che la migliore difesa che il Presidente dl Consiglio ha potuto montare è stata quella differenziare l’America dall’Europa in termini di obiettivi. Non ha funzionato. L’Europa non deve solo crescere economicamente, come gli Stati Uniti, ma far crescere anche le sue istituzioni e questo può andare anche a scapito della crescita economica. Mi sono detto che non è così, che forse per uno o due o anche tre anni può essere così, ma nessuna nazione può tenersi in piedi, coesa socialmente, senza che le sue istituzioni siano dedicate solamente alla crescita del benessere dei suoi cittadini.
Un linguaggio che effettivamente non si sente più nel nostro Paese. Non è solo questione di diversa enfasi, no, ascoltare Stiglitz era rendersi conto che esiste là fuori una strada alternativa di cui in Europa è vietato parlare. Un nuovo “dibattito proibito”, per riprendere il titolo di un felice libro di Jean-Paul Fitoussi che uscì qualche anno fa. Era anche dare nuova linfa alle parole, come se queste fossero rose innaffiate dopo lunga aridità.
Prendete la parola più menzionata in Italia questi giorni. La parola spreco. Anche Stiglitz ne ha parlato. Di sprechi. Ma non parla di Bondi. No, parla del più grande spreco, quello vero, quello reale, dice Stiglitz: lo spreco immenso, trilioni di dollari, di tutte quelle risorse, naturali, materiali ed umane, uguali a quelle che avevamo nel 2008 e che da allora però non utilizziamo più a causa di questa crisi. “Ed è l’austerità che tiene vivi questi sprechi”. Tutti quei giovani, che oggi non lavorano. Che diventeranno alienati dal resto della società. Che se e quando, tra tanti anni – se continuiamo con la stupida austerità – troveranno forse un lavoro, ma a salari più bassi perché avranno disimparato a fare e avranno perso l’orgoglio e la voglia di affermarsi. Ecco lo spreco, dice il Premio Nobel. Ecco, è questo l’unico vero, grande intollerabile spreco di questa maledetta crisi che non vogliamo combattere.
Perché si può combattere. Con un nuovo approccio di politica economica. Nessuna grande economia mondiale, mai, è uscita da una crisi di questo tipo con l’austerità, dice Stiglitz che diventa subito un fiume in piena che abbatte le nostre magre argomentazioni europee affaticate dal fallimento. “L’austerità non funziona, basta guardare ai dati: essa smonta anche i rientri dei bilanci pubblici verso il pareggio”. Le riforme? Le riforme che servono anche nel breve periodo sono quelle che migliorano la situazione dell’accesso al credito per le piccole imprese e quelle che aumentano il sostegno alle università. Le riforme sono utili, ma hanno bisogno di tempo e, nel frattempo a volte riducono la domanda nel sistema, che già manca. Il mercato del lavoro americano è certamente flessibile eppure ciò non ha impedito che si raggiungesse una disoccupazione del 10%. In questa crisi non si creano posti di lavoro senza maggiore domanda aggregata. Bisogna fare politiche per il breve periodo. “E il breve periodo può durare a lungo se si mantiene l’austerità”.
Tutto qui? No, finiamo con la ricetta proposta dall’economista americano.
Primo, politica fiscale espansiva in Germania, anche con ampi deficit pubblici. Concordiamo. Secondo, in Italia, politica fiscale espansiva senza maggiori deficit pubblici. Il che significa più spesa pubblica con gli aumenti di tasse (già fatti) destinati a pagarci la spesa pubblica e non il debito pubblico. Oppure con i tagli agli sprechi che non devono generare maggiore austerità ma maggiore domanda da parte dell’unico attore che in questa crisi può domandare, lo Stato. Concordiamo. Senza toccare il deficit, il Pil sale, facendo anche scendere i rapporti deficit e debito su PIL. Grande ruolo per investimenti pubblici, spesa per l’istruzione e per la sanità. Terzo, tasse e spesa pubblica devono anche ridurre le disuguaglianze che specie in questa fase distruggono la crescita economica. Concordiamo.
Senza maggiore spesa pubblica anni ed anni davanti a noi di maggiore disoccupazione. Alle sue raccomandazioni aggiungiamo: vera spesa pubblica, monitorata e la cui qualità sia assicurata da competenze e assenza di corruzione.
Monti ha detto alla fine del dibattito: “sono desideroso di sapere come rispettare l’obbligo di bilancio in pareggio facendo diminuire il rapporto debito su PIL e soddisfacendo al contempo l’esigenza immediata di crescita”. Forse non se ne è reso conto, forse sì, ma questo “come” glielo aveva spiegato pochi minuti prima Stiglitz, che ha aggiunto: “i terremoti accadono. Anche gli tsunami. Non è colpa nostra se accadono. Ma perché a queste tragedie dobbiamo aggiungere dei disastri causati da noi stessi? E’ criminale questa ignoranza di quanto è avvenuto nel passato, l’economia deve essere al servizio della gente, e non viceversa.”
05/05/2012 @ 13:46
Bell’intervento professore…Ma non dimentichiamo la questione del tasso di cambio reale e dell’indicatore di competitività nell’area euro: cioè l’ossessione mercantilistica tedesca realizzata via euro.
Ora: perchè “politicamente” gli ideologi vincenti di bundesbank dovrebbero rinunziarvi, per ricorrere a politiche espansive (e magari correttive degli scarti inflattivi tanto perseguiti, tra l’altro, con la riforma Hartz del lavoro)?
Sotto tutto il discorso “macro-economicamente” impostato, e su cui magari Confindustria tedesca avrà capito la propria convenienza (meglio una “minore” domanda estera che “crollo” della domanda e importare recessione) , c’è un “non detto” finanziario per esigenze patrimoniali di bilancio bancario.
Si chiama ad es; Taunus (controllata USA di deutschebank, con in pancia 380 miliardi di US $ di derivati spazzatura, concentrati lì per sottrarli a EBA e Basilea 2).
E’ “troppo” ragionevole quanto indicato da lei e da Stiglitz, e non solo, per non esserci una remora da retropensiero finanziario che prevale sull’interesse dei cittadini europei…
05/05/2012 @ 18:08
Professore, la sensazione é che questo argomentare é un po’ come, si suol dire, farsi i conti senza l’oste; ovviamente l’oste é il mercato finanziario.
Cosa accadrebbe se i flussi generati dalla spending review invece di essere rivolti al raggiungimento dell’equilibrio dei conti fossero investiti nella crescita?
Siamo certi che i mercati accolgano la news con favore garantendo una riduzione dello spread oppure otterremo l’effetto opposto: ovvero di un ulteriore rialzo dei tassi con tutte le conseguenze che seguono.
Le politiche avviate dal governo Monti hanno invertito il trend dei tassi ( e quando dico trend lo intendo in senso quantitativo: é sufficente guardare il grafico del differenziale btp/bund con una media mobile per accertarsene obiettivamente) ; cosa accadrà se tali politiche vengono modificate?
Nessuno puo’ saperlo a priori. Abbandoniamo una strada che oggettivamente ha portato a dei risultati per ricadere nell’ignoto?
Cordiali saluti.
05/05/2012 @ 18:28
Due risposte. I fallimenti sinora sono una certezza. 390 punti sono una immensità. Secondo, mi critico io stesso. La domanda non è cosa faranno i mercati ma cosa vogliamo fare noi per il nostro Paese. Se vogliamo fare la cosa giusta non vedo perché, un giorno, i mercati non capiranno.
05/05/2012 @ 19:10
Professore, 390 punti non sono una certezza di fallimento, rappresentano una discesa del 30% dei tassi in 5 mesi; ai mercati interessano poco le nostre opinioni per quanto siano in buona fede. Il mercato ha sempre ragione, cio’ che è giusto per il mercato è giusto anche per noi e non viceversa. Almeno fino a che esistera’ il capitalismo.
05/05/2012 @ 19:18
Purtroppo non sono d’accordo con lei. Rispetto il suo pensiero ma i mercati sono una parte dell’umanità. Che, anch’essa, non sa bene cosa fare e abbisogna anch’essa di quello di cui gli uomini hanno da sempre bisogno: valori, ignoto e direzione.
06/05/2012 @ 09:13
Il suo assunto da per scontati presupposti che non si sono mai verificati:
1. non è vero che i mercati accettano tassi più bassi per via delle politiche di austerity. Il calo è esclusivamente dovuto ai LTRO e a una limitata domanda incrementale (come limitato è stato il calo degli spread, ora al livello di quelli di settembre-ottobre, ma con minori spazi di via d’uscita e quindi con forti prospettive di rialzo).
Gli spread sono dovuto agli squilibri commerciali dell’area euro (FMI lo dice e lo ribadisce ormai apertamente), che determinano trasferimenti strutturali di liquidità, indebitamento privato dei paesi in deficit commerciale e trasferimento sul debito pubblico del relativo onere (attraverso vari inevitabili meccanismi di pass-out: dal sostegno alla disoccupazione, al calo delle entrate inseguito da inutili aumenti di imposte su basi imponibili in accelerata contrazione, al sistema bancario soprattutto) v. ad es;http://www.businessinsider.com/sweden-vs-finland-2011-11;
2. Con l’attuale livello degli interessi (che può solo peggiorare, finiti i LTRO e applicate le demenziali riforme “strutturali” apportatrici di recessione crescente) nemmeno il “molto teorico” rimedio dell’austerity può portare agli obiettivi di riduzione del deficit che “dovrebbero” rassicurare i mercati (i quali, nonostante la disinformatja italiana sarebbero rassicurati dalla crescita del PIL ottenibile con i soliti sistemi anticiclici sulla domanda aggregata, e non uccidendo la produzione e sostenendo, a parole, l’offerta nella speranza che la disoccupazione abbassi il livello delle retribuzioni fino a riespandere i profitti di imprese che, nel frattempo…non ci saranno più; sulla follia di tutto ciò v.http://www.swissinfo.ch/ita/economia/Meglio_un_euro_sdoppiato_che_nessun_euro.html?cid=32593206; in particolare interessanti i commenti dei lettori svizzeri, in attesa della prossima massiccia fuga di capitali dall’Italia);
3. se avesse qualche residuo dubbio, guardi al DEF (di cui il prof. Piga evidenzia l’inutilità e io dico l’inattendibilità): ad agosto l’onere interessi 2012 era realisticamente indicato in 92,4 miliardi (atti camere sulla manovra relativa), con bollettino del tesoro di dicembre che poi confermava il dato, sulla base delle medie rilevate a settembre-ottobre, cioè gli stessi trend di ora. Ebbene nel DEF, improvvisamente questo onere è misteriosamente riquantificato in 75 miliardi (vado a memoria), cioè a un livello “sperato”, e al solo fine di conciliare il tutto con un deficit all’1,7 risultante da un, altrettanto sperato, saldo primario al 3,6. Nè l’no nè l’altro saranno realizzati e daranno la colpa ai mercati e a una recessione misteriosamente “esterna” (come confermano le dichiarazioni di Monti e Giarda), mentre sanno benissimo che la recessione non solo non sarà all’1,5, ma l’hanno loro stessi indotta e acuita.
E non solo: contano di inasprirla di nuovo e di trascinarla al 2013 e oltre, proprio per realizzare la irresponsabile idea che calo delle retribuzioni-occupazione e contrazione della domanda interna migliorerebbero i conti con l’estero correggendo i tassi di cambio reale (cioè gli squilibri commerciali). Invece provocheranno solo l’acquisizione estera a prezzi da saldo del residuo e sfibrato sistema industriale italiano (Ferretti, Ducati docent, e poi più di tutto il sistema dei servizi, bancario-assicurativo, utilities: cioè direzioni finanziarie-strategiche estere e profitti esportati a casa altrui, con recessione permanente da fiscal compact).
I luoghi comuni separati dalla realtà economica correttamente intesa stanno uccidendo il buon senso…
06/05/2012 @ 08:58
La discesa del 30% dei tassi in 5 mesi non è stata frutto di provvedimenti governativi ma solo interventi di pura finanza praticata dalla BCE. Il tasso del 6% attuale sui prestiti che le banche private impongono alla Stato, prima o poi comporteranno il default. Sottrarre circa 100 l’anno di costi per interessi al bilancio è pura follia, che prima o poi si paga. Aspettiamo provvedimenti che incidano sulla riduzione del costo per interessi e per la crescita.
06/05/2012 @ 09:28
Buongiorno Prof. Ho ascoltato l’intervento di Stiglitz, che ho trovato davvero entusiasmante. In particolare, quando l’ho sentito affermare che ridurre le disuguaglianze significa stimolare la crescita avrei fatto la “ola”: una considerazione così evidente eppure così sottaciuta, finalmente espressa – e da tale personalità – non può che confortare.
Lo stesso Dalema, bontà sua, si è rincuorato perché ha scoperto che “la sinistra c’è ancora”… (forse non più dalle sue parti, ma c’è).
Tutt’altro pianeta quello in cui vive il prof Monti, quando non ha niente di meglio da osservare, come esordio, che l’Europa, a differenza degli USA, deve anche far crescere le istituzioni, e questo può “comportare la rinuncia alla crescita nel breve e medio periodo”.
(Dichiarazione che fa il paio con una precedente sua lectio in cui sosteneva che l’Europa ha bisogno di crisi, anche gravi, per “fare passi avanti”, cioé “cedere parti di sovranità nazionale a livello comunitario”).
Ebbene, io trovo ciò AGGHIACCIANTE.
Ci sta raccontando che una Grecia ormai nel terzo mondo, una Spagna allo stremo, un Portogallo, Irlanda e Italia a seguire; ci sta raccontando che tutto ciò è l’obolo da pagare per far “crescere” le istituzioni europee? A pro di chi, visto che non sono nemmeno democratiche? Non certo dei cittadini, trasformati sempre più in sudditi. Il prof Monti lo sa che che c’è gente che non riesce più a soddisfare l’immediato periodo (altro che il breve e medio!)?
Se sono questi i nostri salvatori allora non invidio il futuro dei miei figli e dei miei nipoti.
Mi è venuto in mente il libro Shock Economy della Klein, i cui contenuti presentano sinistre analogie con ciò che accade oggi. Per chi non lo avesse letto e non avesse voglia di farlo, propongo il bel documentario di Winterbottom basato su questo testo:
http://www.youtube.com/watch?v=ScQO1txA57o
Qui il link del video di Stiglitz/Monti, che ho già linkato nell’ultimo post che lei aveva dedicato all’evento ma che ripropongo qui per essere più recente e quindi più visibile:
http://www.italianieuropei.it/it/le-iniziative/convegni/item/2662-oltre-l%E2%80%99austerita-politiche-alternative-per-l-occupazione-e-la-crescita.html
06/05/2012 @ 12:52
grazie mille. non sono molto bravo e non riesco a ottenere il codice per metterlo nel blog. ci riuscirò.
06/05/2012 @ 10:14
L’Appello a Monti conteneva senza troppe differenze le misure suggerite da Stiglitz. Mancava il Nobel.
A mio parere c’è però una nota stonata: il PIL. Credo che bisogna lavorare per definire nuovi parametri che tengano conto dello “stress ambientale e sanitario”. Faccio un esempio. Se circolano oltre 600 auto per 1000 abitanti il PIL aumenta ma anche il PM 2,5 altri inquinanti e quindi anche le patologie cardiache, respiratorie e tumorali. Ma questi maggiori costi sono a carico del SSN oltre quelli sociali che rimangono a carico delle famiglie. Quindi? Come intendente, cari economisti, risolvere il problema?
06/05/2012 @ 10:37
visto che si parla di mercati che influenzano i debito sovrani
faccio notare che gli unici stati(fra le nazioni sviluppate) che possono essere messi sotto scacco (e lo sono)
dal mercato dei capitali sono quelli dell’eurozona
tutti gli altri possono riacquistare o emettere bond sovrani piu’ o meno a piacere ….
06/05/2012 @ 10:46
notiamo inoltre che fino all’inizio dei ’90 quasi tutti i bond italiani erano in mani italiane e che nonostante gli alti tassi una discreta
crescita permetteva un equilibrio del sistema
e non prometteva il sostenziale e costante impoverimento che
aspetta la maggior parte degli italiani , ora
Inoltre la crisi del ’93 è nata dall’essere legati alla banda stretta
del tasso di cambio con il marco nello sme…
ora ci siamo legati al tasso di cambio (irreale) del marco/euro
è sconsolante notare che la svalutazione del ’93 porto’ crescita
e contenimento dell’inflazione , la deflazione impostaci ora dalla
bce e dalle forze dominanti in europa portera’ il disastro
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