Pubblicato su Il Foglio di oggi.
E’ il tempo. Che non va. L’Europa e l’Italia hanno perso l’idea del significato e valore del tempo, lo hanno distorto, drogato, piegato.
E’ utile ricordare che i più grandi successi economici europei di questi ultimi trent’anni hanno avuto bisogno di, tanto, tempo. Parlo del Regno Unito, trasformatosi da economia incrostata e burocratizzata a flessibile centro di servizi avanzati per il pianeta – bancari, universitari, consulenziali – grazie addirittura a due governi di colore diverso, Thatcher e Blair, che hanno agito con un impossibile coordinamento spazio temporale con riforme coraggiose, specie nel settore pubblico, orrido negli anni 70 e oggi alleato intelligente di imprese e cittadini.
Stessa storia ha richiesto l’affermazione manifatturiera tedesca di fronte alla minaccia cinese e alla sfida europea, progettata da un cancelliere socialdemocratico e da una donna di ferro venuta dall’Est, erede di Kohl, assieme a imprenditori e sindacati maturi e pragmatici. Oggi per loro la Cina è divenuta opportunità e l’Europa leva politica. Ma quanti anni di paziente lavoro come formiche per tirarsi su.
Eppure la politica economica italiana ed europea oggi hanno perso il concetto del valore del tempo.
Lo vedo nella dipendenza drogata giornaliera da spread che attanaglia i giornali ma anche i politici. E’ nell’ansiosa rincorsa al suo altare che proponiamo ogni mese una ricetta diversa certi che stavolta funzionerà: prima le liberalizzazioni (quelle del “PIL che crescerà al 10%”, oggi non più, ci dicono 1%), poi la riforma del lavoro che in recessione permette più libertà di licenziamenti, ora la spending review, domani chissà. Dura un mese la loro notorietà, il tempo di riempire le prime pagine e non annoiare il lettore che vive momenti bui e si attacca a tutto, sperando che stavolta sia la volta buona.
E’ poi nelle ricette semplici, che non richiedono tempo, che troviamo sollievo. In fondo basta un decreto e tutto tornerà a posto. Come la vendita degli immobili pubblici che abbassano il debito. Vien da ridere al pensiero che una economia con difetti strutturali come la nostra convincerà gli spread a scendere per questo. Come se una banca fosse più disposta a prestare ad un cattivo cliente se quest’ultimo ha appena ricevuto un’eredità inattesa che gli ha permesso di ripagare metà del suo debito esistente.
Ma il tempo distorto è anche quello che ci autorizza, per il tramite di Documenti di programmazione sempre più assurdamente rilevanti come il DEF, a dire (parafrasando Gaber) la crescita oggi … niente, domani nemmeno, ma dopodomani… con stime per il PIL 2014 che, se errate, non potranno mai essere rinfacciate a coloro che le hanno scritte, perché nessuno se ne ricorderà. Mentre il tempo che conta per evitare che muoia l’euro “perché la Grecia non ce la fa più” è l’oggi, non solo il domani delle pur necessarie riforme. E’ l’oggi delle vitali politiche fiscali espansive che, però, “non si possono fare”, e domani sarà troppo tardi per tornare indietro.
Cavalcatelo questo tempo. Ditelo ora e subito ai mercati, che la spending review è partita e non si fermerà e che nel fra(t)tempo la spesa sosterrà l’economia e vedrete gli spread, crollare.
Ma è anche una visione errata dello scorrere del tempo che ci condanna a sentire eminenti giuristi discettare sulla necessità di procedere ad una unione fiscale ora, come se oggi potessimo privarci, noi italiani, dell’ultimo strumento di politica economica ancora nelle nostre mani, la politica fiscale, e come se oggi da Bruxelles si riuscisse a governare meglio un continente sfaccettato di culture ancora così diverse.
Già le culture. Che bello Disraeli sul Foglio di mercoledì 25 aprile che ci ricorda cosa ci vuole all’Europa per vincere: tempo. Lo cito: “la via maestra per … l’unificazione culturale del continente … era di assumere come base le sue culture nazionali nella loro pienezza … sarebbe stata un’impresa titanica e certamente molto lunga … ma era l’unica via realistica e concreta”. Molto lunga, sì, ma l’unica. Il tempo, nemico ed alleato dell’Europa a seconda di come lo si capisce e rispetta.