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La scodella di lenticchie a Cipro che non abbiamo voluto pagare. La pagheremo, cara.

Facciamola breve.

Per ottenere 6 miliardi di euro dai depositanti ciprioti, tassa altamente regressiva (perché i cittadini più ricchi non detengono che una quota molto bassa della loro ricchezza in depositi bancari e perché tipicamente i più ricchi queste cose le vengono a sapere prima, in tempo per scappare) e altamente ingiusta (perché basata su contingenze del quotidiano e non di una effettiva e certa capacità di contribuire di colui che subisce l’imposta), l’Europa è riuscita nell’incredibile performance tafazziana di contemporaneamente:

a) perdere il supporto di una larga parte della popolazione cipriota sul progetto europeo;

b) aumentare la paura dei risparmiatori mondiali sugli investimenti nell’area euro, con tutti i connessi impatti sui rendimenti richiesti sulle attività in euro e sulla (accresciuta) probabilità di un effetto contagio sui depositi delle banche degli altri Paesi euro in caso di future notizie macroeconomiche negative appunto in quel Paese.

“Siamo in un nuovo mondo, una nuova era”, dice l’economista americano al New York Times. Preistorica direi.

Un’era preistorica, dove per 6 miliardi di euro, meno dell’1 per mille del PIL dell’area dell’euro, ma che costituisce 1/3 del PIL cipriota (che, ricordiamolo, ha una economia con un PIL pari all’1% di quello italiano), abbiamo deciso di correre gli immensi due rischi di cui sopra. Ci sarebbe costato una scodella di lenticchie ad ognuno di noi, venire incontro ai ciprioti nel momento di difficoltà.

Ripetiamolo. Per un piatto di lenticchie che non abbiamo voluto mettere a disposizione dei cittadini ciprioti (manco fosse colpa loro la cattiva sorveglianza del sistema bancario locale e dei suoi eccessi, e che le autorità europee non c’entrassero per nulla) ci ritroviamo con un rischio interno ed esterno molto più grande di prima.

E’ un’Europa dove la solidarietà, anche quando c’è, non appare mai per quello che dovrebbe essere: convinta, trasparente, equa, proporzionale.

Complimenti ai nostri leader europei: siamo un passo più vicini al baratro, per non aver voluto pagare un piatto di lenticchie.

36 comments

  1. jean sebastien

    17/03/2013 @ 15:27

    Come diceva Ettore Petrolini
    “I soldi vanno cercati dove si possono prendere, cioe’ tra i poveri, non hanno molto,ma sono in tanti…

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    • Petrolini era un grande , sotto tutti punti di vista.La logica in oggetto e’ stata applicata alla lettera in Europa e in Italia negli ultimi venti anni i vari Amato. Prodi, D’alema, Berluska e Monti sono stati dei veri maestri in tale senso.E’ un meccanismo che pero’ tra un po’ non funzionera’ piu’, perche’ noi “poveri” siamo stufi di fare sacrifici per far fare il culo grosso a speculatori, maneggioni,banchieri disonesti, politici, ecc…..

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  2. Senta prof. posso chiederle quando si deciderà a mettere a disposizione dei cittadini italiani ed europei, che lei tanto adora, le sue indubbie capacità di comprensione della realtà economica e dichiarare finalmente: “io ci ho provato, ho fatto di tutto per salvare l’euro e l’Europa, non riuscendoci perchè era oggettivamente impossibile. Ora dobbiamo cambiare strategia, prima che sia troppo tardi, dobbiamo ammettere che l’unica alternativa attaulmente praticabile, sebbene molto doloroso è l’uscita dall’euro dell’Italia. Uscita concordata con gli altri partner se lo vorranno, uscita e basta se non lo vorranno”.
    Ecco penso che quando lei arriverà a capire l’ovvio sarà sempre troppo tardi, ma meglio tardi che mai!

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    • Certo che me lo può chiedere! Le rispondo: oggi è un passo indietro. Domani se ho tempo le parlerò di un passo avanti che potremo sfruttare.
      Non so come dirle: più le cose diventano difficili e più quelli fanno errori, più val la pena combattere per salvare il tutto proprio perché sono più deboli i difensori dell’austerità. Lo si vede chiaramente dopo il risultato italiano: è cambiato il loro linguaggio. A sufficienza ? Assolutamente no. Quindi continuiamo a mostrare la debolezza dei loro argomenti e pian piano aumenteranno le chance di vincere. Aumenterà nel frattempo anche la chance di lasciare l’euro, certo. Ma ci sono altri che possono difendere quella posizione: io, come lei sa, la credo nettamente inferiore a quella di rimanere nell’euro sconfiggendo l’austerità.

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      • Quando prendera’ atto, prof, che l’ istituzione di bilancio federale europeo degno di questo nome, e relativi trasferimenti, e’ semplicemente impossibile da fare?

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          • Con politiche economiche espansive e più espansive presso i paesi creditori all’interno dell’area. Sono le uniche che hanno una possibilità di essere accettate dai tedeschi che rifiutano (comprensibilmente, dato lo stadio ancora di lontananza culturale tra Paesi, che dovremmo mirare a colmare nei prossimi decenni) unioni fiscali.

  3. Lorenzo Donati

    17/03/2013 @ 16:09

    Continui, caro Prof., a mettere in luce con la sua consueta lucidità l’accecamento dei governanti europei e a darci ancora speranze insistendo e dimostrando che la via d’uscita non è l’abbandono dell’ euro ma una riscossa della politica (fatta anche e soprattutto di alleanze fra paesi) sui meri dati ragionieristici contabili.

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    • “Con politiche economiche espansive e più espansive presso i paesi creditori all’interno dell’area”.
      Peccato che un paio di giorni fa abbia notato che:
      “Così facendo la Germania cerca di mettere all’angolo i paesi dell’euro del Sud: visto che io faccio austerità, io che sono messa bene quanto a finanze pubbliche, tu dovrai fare altrettanto”.
      Con questa gente un’Unione non si può proprio fare. PUNTO.
      E se il nostro futuro dipende dalla contromossa di Hollande, sarei più ottimista se mi venisse un ictus.

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    • Non sapevo cosa fosse questo ciclo, grazie di avermelo indicato. Leggendo un suo lavoro, leggo questo sul c.d. toccasana dei tassi di cambio flessibili “Are fix exchange rate regimes a necessary condition for the configuration of financing traps? The Brazilian situation suggests a negative answer. Brazil experienced low growth and high country risk since 1998. This case shows that countries can fall and remain caught in financing traps even if they have already experienced and overcome currency crises and adopted a floating exchange rate regime. It is a neat example of path-dependence. Brazil corrected in 1999 many of the features that characterized its previous policy approach. But it wasn’t enough, because the country could not get rid itself of the heavy financial commitments inherited from its previous path. Country risk premium and interest rate remained high and the country did not find a way out of the financing trap” e questo sull’austerità: “In any case, fiscal austerity measures are not only inappropriate from a macroeconomic and development point of view, but also risky in relation to their own credibility target. The negative impacts on the economic performance, the financial distress and the social conflicts may actually end up worsening the sustainability assessments.
      Why do governments take the risks? The situation is worrisome and the administration in charge is responsible for its management. Governments must show
      action. So, they implement fiscal austerity measures as one of the few ways they have to show policy initiatives “in the right direction”. Maybe the same argument is applicable to the IMF policy proposals. IMF lending has necessarily to be submitted to conditionality. When there is no much room for correcting policies and the IMF has decided new lending – Argentina in 2000 is probably the best example – the institution appeals to fiscal contracting measures as a solution to the problem of establishing some conditions for their disbursements. Ultimately, fiscal austerity looks always respectable and the policy is deeply rooted in the institution traditional orthodoxy. The suggested explanation can shed some light on the more intriguing case of IMF fiscal austerity measures recommendation: the situation in which there are not fiscal sustainability problems nor even significant public debt. In this case the norm followed by IMF officials seems to be the following: if you don’t know what to do and you have to do something, raise taxes and reduce public expenses. The justification of this orientation would be an archaeological residual of the pre-globalization period.” http://cdi.mecon.gov.ar/biblio/docelec/MM2055.pdf
      Commenti interessanti. Anche se non si riferisce ad un insieme di Paesi che hanno un progetto politico in comune con valuta comune, ci sono spunti interessanti.

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  4. Gent.mo prof Piga leggo spesso il suo blog: sulla genesi di qs Lei concorda con la lettura secondo la quale essa è un calssico esempio dei Ciclo di Frenkel, secondo la riflessione che fa ad esempio il prof Bagnai ed altri, come il prof Zezza ed il prof Cesaratto? (dove il problema non è il debito pubblicom, ma il debito privato? ed in effetti cipro ha un rapporto debito pubblico/ pil al 70%)
    Grazie

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  5. ops, ho letto ora il mex di jean sebastien e quindi forse sono un doppione:) a mia difesa posso solo affermare che nel primo pomeriggio avevo deciso la domanda, ma poi motivi di lavoro mi hanno permesso di formularla come “secondo”
    ps
    allora nn siamo cosi’ pochi che “leggono” la crisi in modo diverso, se 2 post vicini hanno come cmd il Ciclo di Frenkel:)

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        • Stia tranquillo lo predermo presto (in cambio di un mijob da fame?)

          “Tra i punti del M5S anche la realizzazione di un piano comparabile all’Agenda 2010 tedesca – per gli amici Hartz IV – il piano di riforma dello stato sociale e del mercato del lavoro voluto dall’ex Cancelliere Gerhard Schroeder. Perché, spiega, “quel che ha dato buoni risultati in Germania, lo vogliamo anche noi”
          Questa sarebbe l’agenda del movimento che è nato per contrapporsi alla “casta” e a Monti?
          Sono contenta di avere annullato le mie schede elettorali.

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        • GianMarco Tavazzani

          22/03/2013 @ 16:21

          E qui casca l’asino.
          Invoco sempre, in quanto ingegnere, il diritto sancito dalla Costituzione -se non erro- di essere un cretino (la costituzione mi pare che dica ‘sempliciotto’, ora non rammento bene) MA CACCHIO, a me pare che la gente sia povera quando non riesce a produrre quel che le serve o qualcosa che serva ad altri, salvo esser statunitensi (un tempo si parlava in antropologia di ‘razziatori’, oggi di ‘esportatori di demcrazia, avete spento le candeline sul decimo anniversario della SECONDA guerra in Iraq?).
          Qui abbiamo una popolazione crescente di persone che O non lavorano O producon cianfrusaglie inutili, TAV e Stretto sul Ponte compresi, ma basta guardar la pubblicità per ben comprender che siam trattati come incapaci da circumvenire.
          Anche di tanti servizi, di tante complicazioni potremmo far a meno ed accorgerci che ora ci voglion 10 persone per far quel che poteva una, esempi? Rapporto personale/alunni ora e nel dopoguerra.
          La diseconomia occidentale, salvo isole felici, nasce dall’IRRAZIONALIZZAZIONE intervenuta durante la razionalizzazione, dagli yogurtini che fan da ombrello, o, in alternativa fan… defecare, irrobustiscon le ossa, abbattono il colesterolo a seconda, per fortuna che son piccoli!
          La PAZZIA si coniuga alla mancanza di idee imprenditoriali, di schietta risposta alle esigenze reali.
          Gli economisti cercan di capir le risonanze mareali dei flussi finanziari come fossero El Niño o La Niña, di preveder terremoti ed eruzioni ma qui si tratta di riorganizzare un tessuto produttivo riscoprendo lo spirito che permise il miracolo industriale della seconda parte della prima guerra mondiale in Italia e questo NON È il loro mestiere!
          Non è nemmeno il mestiere della politica, infatti lo Stato non è capace di ‘produrre servizi’, riordinare il territorio, crear infrastrutture e DAR DEL LAVORO VERO a chi paga, dagli studenti anche giovanissimi ai pensionati, passando pei cassintegrati e zampettando allegramente sulla testa degl’industriosi impiegati statali, alcuni dei quali si fan davvero un mazzo così PER NULLA o con mezzi obsoleti.
          Una società impoverisce quando non lavora o il suo lavoro non produce beni utili.
          E la costruzione di strumenti utili è utile, e la cultura e l’informazione lo sono, lo son la democrazia partecipata attivamente, il dialogo costruttivo, l’intelligenza diffusa.
          Augh, ora prendo un tè… :-)

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  6. Prof., riallacciandomi alla breve chiacchierata di qualche post fa, le vorrei porre una domanda.
    Ma come è possibile che nell’ambito di un’isola relativamente piccola ci siano due Stati che – nonostante la sostanziale identità di tessuto economico/produttivo – stanno vivendo situazioni economiche completamente opposte?
    Tralasciando le assurde misure imposte, mi paiono evidenti gli squilibri che l’euro ha prodotto su quell’economia…a mio parere il problema è a monte!

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  7. In luce di quella sacrosanta visione che proclama lo stato come ineguagliabile protagonista nella centrifugale vita d’un popolo, e quindi in luce dell’intesa sulla necessità d’interventi di spesa pubblica come unico antidoto a quella mancanza di domanda privata in periodi di profonda recessione economica, si rammenti che assai furono le grandi opere pubbliche che questa nazione, nonostante tutto, dalla sua entrata nella moneta unica volle poter implementare sebbene priva successo.

    - La vera legge sul conflitto d’interessi, ovvero una totalitaria e sediziosa riforma della giustizia che non solamente avrebbe testimoniato la separazione delle carriere per sciogliere finalmente di fatto un conflitto d’interessi innegabile e veramente deleterio per una qualunque società classificabile come erudita ed evoluta poiché priva di ovvia collusione fra giustizia e commercio e quindi politica, ma una anche capace di dichiarare finalmente al mondo globalizzante che la cultura Italiana così tipica della sua era repubblicana sarebbe una volta per tutte svanita: si è forse obliato che la correlazione negativa fra investimento ed inefficienza della giustizia in uno stato è ineluttabile? E quale manifestazione più cristallina del valore culturale d’un popolo v’è se non la sua riflessione giurisprudenziale?
    - La riforma del lavoro, che incombeva sull’Italia già de qualche decennio, fu voluta fortemente in quel, stranamente oggi percepibile come lontano, 2001: essa venne stroncata da un omicidio. Dieci anni avrebbero concesso un graduale adattamento alla potenzialmente nuova condizione, sia alle aziende che ai lavoratori.
    - La riforma delle pensioni, anch’essa volitiva nel suo essere annullato però per meri scopi di rivalità politica. Oggi, essendoci di fatto una base ristretta su cui applicare la tassa intra-generazionale, esiguo numero di giovani contribuenti causa economia in decrescita a sua volta vittima di mancanza di riforme strutturali adeguata spesa pubblica ed occasionale deprezzamento di valuta competitivo, implementata al contempo di quella del lavoro è stata un colpo di grazia per la sofferente domanda aggregata, per i risparmi, per gli investenti ineluttabili, per la nazione.
    - La liberalizzazione delle caste dei cosiddetti liberi professionisti, zoccolo duro del vero evasore fiscale in Italia, di quell’elettorato amico dell’inesistente popolo in luce del fatto che in questa concezione di mondo v’è solo l’individuo, che non è il medio impiegato o il pensionato più o meno indigente ne l’audace imprenditore ma il benestante radicale.
    - L’unica idonea privatizzazione: quella delle infrastrutture pubbliche che garantiscono servizio non prodotto manifatturiero, poiché 20,000 impiegati in un azienda di beni non sarà mai qualche cosa d’esclusivamente privato, ma di sociale.
    - La riforma dell’istruzione che liberasse una volta per tutte i cervelli di questa gioventù deplorevole dalle catene plasmanti di quelle correnti di pensiero nei migliori dei casi generatrici d’odio insensato e nei peggiori di perseguimento d’interessi più o meno incontestabili. Di fatto, questi giovani sono ignoranti nel senso che all’aggettivo si deve porgere dal verbo ignorare: delle lingue; della scienza; della storia; dell’arte e della religione. A differenza dei loro medesimi prototipi d’oltreoceano o d’oltre Caucasi, luoghi esportatori di queste macabre usanze, qui non si compensa con il capitale materiale ne si controbilancia con la forza lavoro, si scarseggia in entrambi ed ad differenza d’un tempo dove v’era il nesso reattore dei precedenti due, il capitale umano ovvero l’intelletto, oggi v’è la più consumata delle desolazioni. Ciò è indiscutibile perché riflessione della veridica verità.
    - Appalti, infine, che avrebbero visto vero e proprio impiego, come, che se ne voglia insensatamente dire, l’energia nucleare, il ponte Messinese, la restaurazione del porto Veneziano e la TAV.

    A fronte di ciò il PNL sarebbe cresciuto e non v’è spazio per il contraddittorio. Ma non successe, si passarono gli anni a dibattere sulle più o meno interessanti fortune d’uomo che a differenza dei suoi oppositori mai si ammalò d’invidia, ovvero mai arrivò a provare odio inspiegabile nei confronti del benessere e della guadagnata fortuna altrui anche a costo di spasmodiche e veramente grasse elaborazioni. Era però cominciato un processo, che all’apparenza ma forse anche nei fatti, del tutto inarrestabile: la precoce, e forse mai giustificabile, integrazione economica corroborata dalla definitiva rinunzia alla titolarità di gestione della propria politica monetaria.

    A che prezzo però? Si dica una volta per tutte.

    È insindacabile che voler fissare il tasso di conversione, ove paese esportatore, ad una o più monete appartenenti a nazioni importatrici delle merci in questione, le proprie, senza l’inibizione del trasferimento dei capitali finanziari è fanatica ricetta d’integralista distruzione economica.

    Le prove per il famigerato tavolo Occidentale furono già fatte tramite l’infame Bretton Woods, ma gli esigenti Teutonici reagirono nel pieno della loro non imbelle natura: dentro o fuori?

    In quel periodo i monetaristi furono abili nel dimostrare che il taglio dei tassi d’interesse nominali (ed/od acquisto di moneta estera o titolo di stato domestico) con consequenziale deprezzamento di valuta in regime fluttuante gioverebbe solo inaspettatamente una nazione in virtù delle aspettative razionali degli agenti economici e che nel medio-lungo periodo la crescita andrebbe perseguita con una politica fiscale che mantenga simultaneamente la produzione in accordo con la domanda aggregata e le finanze pubbliche in ordine, ipotizzando l’attiva controparte monetaria come mero strumento di rifinitura per le sempre più in tal caso occasionali fluttuazioni cicliche economiche, simbiosi d’azioni quali se all’unisono implementate permetterebbero alla bilancia dei pagamenti di convergere verso un reale equilibrio ragionieristico. Furono assai abili, tuttavia la costante importazione d’inflazione Americana fece si che in Germania prevalse il fuori. Continuarono le nazioni Europee ad esercitarsi per la sconfitta, con l’eccezione della Germania che sostituì gli SUA, erigendosi di fatto in una posizione dominante: trovando un mercato importatore dei propri prodotti senza rischi alcuni di fluttuazioni di valuta ne di prezzi domestici.

    Per gli altri fu baratro.

    Speculazioni sulla permanenza nel regime di conversione fisso fecero si che, a fronte della vendita massiccia di Lire targata Soros, esso forse parte di quella cucina che serve piatti avvelenati a coloro che a quel tavolo si siedono, invece che inibire quella poi auto-realizzante crisi di valuta inibendo lo scambio della Lira con il controllo sui capitali finanziari, detenendo quindi ipoteticamente controllo sulla politica monetaria domesticamente, facoltà di permanenza nello SME ed ampie riserve estere per affrontare eventuali problemi di debito sovrano (che poi non stranamente sorsero) si decise l’opposto: si comprò l’invenduta Lira con tutte le riserve estere, si svalutò per poi uscire e deprezzare definitivamente, scaturendo il dilemma dell’insostenibilità del debito causa potenziale monetizzazione dello stesso e paura d’inflazione susseguente, se medesima potenziale fonte di decrescita ove consueta – come nel caso d’attacco speculativo ricorrente al debito, escluso qualora non si monetizzasse tutto insieme, spesso inverosimile – accadendo tutto in luce d’una mancanza di fiducia verso il sistema Italico generale che non seppe gestire la complessiva situazione.

    Nello specifico, tale azione, la monetizzazione del debito, sarebbe per l’appunto d’ultima istanza e l’ipotesi della sua realizzazione è ciò che dovrebbe bastare al creditore. La materializzazione dell’evento di contro è però in teoria temibile poiché sarebbe fonte d’inflazione ricorrente, a fronte d’attacco speculativo ricorrente o semplicemente ingenuamente di calo di domanda per quel titolo ricorrente, e quindi fonte di decrescita che comunque però, oltre ad avere i suoi vantaggi per la produzione ed occupazione per un paese d’industria esportatore nel breve-medio periodo, si dissolverebbe nel lungo. La realtà è che l’investitore non è mai soggetto a perdita ma è il popolo ad eventualmente trovarsi costretto a rivedere le sue politiche economiche nel medio-breve periodo e che quindi i cosiddetti mercati, gli investitori, testimoni della non prevedibile fluttuazione dei prezzi dei beni fungibili (obbligazioni ed azioni), poiché quest’ultimi soggetti a cambiamenti solo a fronte di divulgazione di nuove informazioni riguardanti i loro emittenti, una volta capita la perenne copertura dal rischio insolvenza avendo appurato informazioni reali rispetto al bene fungibile da loro detenuto (titolo di stato in tal caso) possono essere dissuasi dal fidarsi di tali entità solamente a fronte d’informazioni nominali riguardanti quei beni medesimi, ovvero: le vendite in larga scale di tali contratti. In parole povere una volta constata la copertura d’un titolo di stato nonostante quanto debole il paese emittente grazie alla presenza d’una banca centrale prestatrice d’ultima istanza, l’unico modo per cui essi, gli investitori, potrebbero cambiare idea e decidere di volere vendere il titolo sarebbe a fronte di vendite apparentemente unanimi di quel titolo stesso, generando scetticismo ingiustificato ed ingiustificabile però catalizzante d’un calo di domanda per quel titolo in questione. Queste vendite unanimi, in larga scala, massicce, sono la speculazione, sono l’informazione nominale, l’informazione dell’informazione rispetto al titolo.

    Tornando al caso, esso, il problema debito, fino ad allora, a prima della speculazione di Soros, rimase in incubazione causa mancanza di riforme strutturali ma sotto controllo grazie ad un PNL ancora in crescita ed a una banca prestatrice d’ultima istanza. Tale discusso scenario in ogni caso vide convergenza verso politiche di svendita dell’industria a partecipazione maggioritaria pubblica, IRI, destituendo la nazione di voce baritona sui mercati. In un sol colpo la nazione ebbe a dolersi d’una moneta debole e fluttuante, d’un debito potenzialmente crescente ed insostenibile tramite paventata mancanza di crescita, d’una non industria e quindi d’un’economia potenzialmente soggetta ad inflazione e recessione. Si disse che a fronte di talune catastrofi non sarebbe stato più sicuro rimanere dentro al piatto ma sarebbe stato opportuno sedersi a quell’arcano tavolo. Sedersi non era impresa semplice, parametri Germanici bisognavano essere rispettati e così venne il 6 per 1000; così venne l’UME. Arcano poiché sconosciuto ai cittadini, mai consultati. Per la cronaca, l’inflazione in Italia non schizzò, implicando come la credibilità della banca centrale come prestatore d’ultima istanza continuò ad esistere, ed il paese crebbe ancora.

    E perché nessuno si accorse di tutto ciò? Dove fu quell’intoccabile professione del fare informazione? Di che cosa si parlò in quel tempo? D’una bufala. O meglio dell’esasperazione d’un fenomeno che non era che una riflessione dell’Italiano repubblicano e quindi un non-scandalo per definizione, che vide addirittura l’esilio e la susseguente annichilazione d’uomo che probabilmente troppo era arrivato a sapere a riguardo: un’altra, dunque, come parecchi anni prima, fondamentalmente matrice socialista piegata.

    Inoltre l’eradicazione di cospicue riserve estere fu una folle azione che inibì lo stato dal paventare la monetizzazione del proprio debito in moneta estera, in tal caso sicché giammai intaccando ne i propri tassi di conversione ne la fluttuazione dei prezzi domestica. La distruzione dell’IRI fu un sacrilegio che smembrò la nazione delle sue industrie vendendo codeste ragioni sociali al soggetto privato imbibito d’individualismo liberale pronto ove utile a divergere verso l’estero Orientale schiavizzante qualora in buona fede, svendendo le stesse allo straniero concorrente qualora in mala fede.

    Tutto ciò non é forse esplicita politica economica non-espansiva, basata sul calo della produzione e quindi dell’occupazione? Non è carta bianca e fianco scoperto per attacchi speculativi all’insostenibilità del debito sovrano? E cosa dire del 6 per 1000? Reso utile al mero fine di entrare al tanto professato tavolo.

    Il sostenitore del famigerato tavolo, e non v’è astio ne frecciata nel commento, non sa cosa vuole dire vedersi sequestrare risparmi sudati, che rappresentano sacrifici d’intere generazioni d’antenati le quali anche il sangue hanno versato pur di permettere la sana intraprendenza materiale e morale d’un loro erede ma soprattutto adempiere alla più basica delle libertà d’un uomo, la creazione, in una sola notte, poiché all’epoca perseguiva le ultime fasi dei suoi inestimabili studi oltreoceano. Che cos’è quell’accattivante concetto di cui si tanto parla ma nessuno conosce l’immanenza: libertà? La libertà di creare e far creare; capitale, lavoro ed intelligenza: concetto molestato istantaneamente per entrare in questa tanto amata Europa monetaria, che presto sarà fiscale, presto sarà politica, sarà universale nella sua inarrestabile decadenza trascendentale: culturale, civile, spirituale e materiale.

    Si sicché chiarisca che la recentissima crisi del debito sovrano in Italia ha preso luogo indiscutibilmente ed esclusivamente in luce della mancanza del prestatore d’ultima istanza che potesse paventare la monetizzazione del debito ove necessario.
    Si rimembri che un agglomerato d’istituti d’investimento privati, la BCE, operatore d’una politica monetaria unilateralmente Germanica, tutt’oggi impone politiche fiscali a stati che hanno di fatto meramente scelto un regime di tassi di conversione fisso, e che il massimo che fu potuto auspicare da quegli inerti parlamenti, quegli intorpiditi consigli e quelle oziose commissioni Europei ed Europee fu niente meno che un illanguidito sotterfugio Lusitano nel quale la disgregazione morale e spirituale d’un continente civilmente trimillenario fu in calce scalfita. Oggi, staticamente parlando, le novelle discrepanti bilance dei pagamenti urlano, in un silenzio assordante, sino alla raucedine.

    Quantunque, il denominatore comune, per un raro, e forse quasi unico in data odierna, attento osservatore, è d’altronde il medesimo del piegato Egitto Faraonico, della Persia Maratoneta, della Roma Visigotica, dell’Ispagna Inquisitoria, della Londra Puritana, della Parigi Giacobina, delle valli Confederate del Mississippi, della Pietrogrado Bolscevica, della Roma Sedevacantista, e di chi sapeva, sa od a breve forse capirà di poco altro ancora.

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    • Credo – e concorderà con me – che lo sperpero di tantissime riserve valutarie ed il 6 per mille – che ben ricordo – non siano da ascrivere a nessun esercito straniero, ma alla nostra incompetenza e scarsa sensibilità per quel prezioso atto chiamato risparmio di generazioni e generazioni.
      Certo ha ragione quando dice che questa a cui assistiamo ora è una decadenza culturale e civile. Ma a cominciare da casa nostra. Trovo per esempio imbarazzante la nostra capacità di non batterci di fronte all’interesse ed al modello tedesco, assolutamente comprensibili, per un interesse ed un modello italiano, rinunciando a priori a farli emergere o suggerendo di “uscire” fuori, come se là fuori ci fosse chissà quale Paradiso privo di scontri d’interesse.
      Mi stupisce in questa sua interessante e spesso condivisibile e (solo a volte) poco comprensibile cronistoria, il forte pessimismo su questa Europa. Mi permetta di non condividerlo. Ha dimenticato forse che questa Europa ha voluto e contribuito alla libertà (a lei giustamente così cara) di metà del suo Continente oppresso dal comunismo ed ha accolto a braccia aperte questi suoi fratelli? Ha dimenticato che questa Europa ha generato uno dei più lunghi periodi senza guerre che si è dato conoscere? Sono dati di fatto di una rilevanza così grande da cancellare qualsiasi dettaglio contingente. Che le cantano, queste sì in un silenzio assordante, sino alla raucedine, di un trionfo.
      Preferisco la dura guerra economica degli interessi di oggi a quella dei cannoni e dei muri di ieri. E non credo assolutamente che abbiamo scelto un regime di tassi di cambio, ma che invece abbiamo cercato di fare un passo rischioso in avanti senza conoscerne bene le conseguenze, come è sempre stato nella storia dell’uomo e delle nazioni. Un passo rischioso ma pieno di buone intenzioni e di ambizione positiva ed in cui gli interessi dei potentati internazionali si adeguano giocoforza alle nuove richieste di pace e progresso da parte dei popoli, e non viceversa. Ora che i rischi si materializzano, non vedo perché scappare di fronte ad essi, piuttosto che affrontarli con forza e determinazione.
      Grazie per questo suo complesso ma affascinante messaggio.

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      • si prof Piga , concordiamo . Pero’ ci deve spiegare cosa centra l’euro la costruzione dell’europa unita con la caduta del comunismo , l’annessione della ddr ecc…ecc…

        Inoltre vorremmo sapere se questa costruzione dell’europa e in particolare dell’eurozona ha reso i cittadini degli stati aderenti piu’ ricchi (e almeno mantenuto i tassi di crescita della ricchezza e della capacita’ di spesa pre euro)
        se e in cosa i cittadini dell’eurozona hanno aumentato le proprio liberta’ personali e individuali ( e non mi dica possiamo andare a lavorare in germania perchè mi risulta’ che centianaia di migliaia di italiani lo facessero gia’ nei decenni precedenti…) Insomma vorremmo inoltre capire se l’euro e l’eurozona ha migliorato le prospettive di vita e benessere dei giovani (italiani in paticolare ,non andaimo a cercare il penoso caso greco) e in quale misura
        Concretamente . E’ bello allungare lo sguardo alla lontana prospettiva storica ed è molto bello avere degli ideali nobili e alti .

        Ma i giovani europei che vivono nell’eurozona che prospettive reali hanno per i prossimi 10 anni?

        Reply
      • Grazie a lei per il ripudio dell’oscurantismo odierno dilagante. Asserire oggigiorno pubblicamente che la straziante austerità impostaci arbitrariamente sia per noi letale è un atto di vero autolesionismo, poiché in luce di tale follia, di tale atto, si viene immediatamente gabellati come innominabili eresiarchi, possibilmente da internare. Lei al contrario non solo sposa questa medesima tesi, l’anti-austerità, rendendola audace nel contempo, ma offre la possibilità di discuterne: pertanto obbligato.

        Tuttavia non comprendo la ragione per cui lei afferma, consapevole dell’opposto, che oggi in Italia è prevalso il voto anti-austerità. Dichiaro io che lei non ha obliato affatto che per oltre l’anno e mezzo da poco trascorso i maggiori partiti che oggi sederebbero in parlamento in luce delle recenti elezioni VOTARONO CON CONVINZIONE ASSOLUTA LE AUSTERE MISURE Montine.
        (Non sto urlando ma gradisco solo enfatizzare il punto senza utilizzare l’italico o quanto altro stile forse inefficace).

        Non v’è il 90 a 10 poiché PD e PDL sono partiti Europeisti e le direttive, implicite od esplicite, che provengono da talune città nordeuropee, come l’insensata austerità voluta e causata appositamente dalla Germania con la vendita speculativa di titoli di stato Italiani poiché consapevole della nostra masochista natura essa stessa prodotta dal quel nostro inaudito strano amore per la zona Euro che sino ad oggi solo ha nuociuto, sono accettate a priori perché quest’Europa “Unita” non è scenario economico e morale su cui dibattito rispetto alla sua possibile non idoneità potrebbe esser possibile ma è ideologia cieca e di conseguenza ormai totalitaria.
        Per quanto concerne il M5S: non è e mai sarà anti-Europeista. Anche perché il conduttore d’un movimento deve informare rispetto a tale potenziale mossa rivoluzionaria (il referendum sull’Euro) non alludere demagogicamente ad un giudizio arbitrario e necessariamente ignorante del popolo.
        È inoltre democratico che in Italia oggi non esista un partito che fa della sua ragione l’anti-Europeismo? E no, non è perché nessuno ha voluto esporsi, è perché è vietato.

        Dunque, debbo dissentire: l’austerità, purtroppo, è prevalsa nell’esito delle ultime elezioni e prevarrà. Prevarrà sino al punto in cui i tassi d’interesse verrano alzati dalla BCE per soddisfare l’esigenze economiche Germaniche, s’è gonfiata molto ultimamente la Germania, e per l’Italia nuovamente sorgerà il problema sostenibilità del debito – verrano esatti tassi d’interesse più alti in luce del lì nuovo e alto costo d’opportunità del possesso di risorse, danaro od obbligazioni, e giacché non avremo potuto esercitare crescita, causa Meccanismo Stabilità Europeo e Patto Fiscale, sicché austerità, senza includere possibili ultime privatizzazioni e delocalizzazioni varie tanto volute da tutti i partiti e quindi neanche più l’ombra del lavoro in Italia e con esso via quel prezioso stato sociale a quel punto davvero insostenibile, saremo nella medesima situazione odierna e a tal punto si dirà: “Italiani (incapaci) rinunziate a governarvi ci penseremo noi”.
        Gai saran tutti convinti di cambiare grazie alla lì nuova e benevole impronta straniera, ma la realtà brutale è che saremo un mero stato federale nel quale trasferimenti arbitrari possono essere e ma soprattutto non essere fatti senza nessuna giustificazione. Il libero mercato chiamerà la, per esso, legittima e definitiva entrata dell’Asiatico e dell’Africano che produrranno per definizione, secondo le loro esigue preferenze, ad un relativo basso costo e di noi una volta Europei se ne perderanno le tracce. Non è detto si potrebbe controbattere, e perché no? Si guardi per conferma dove tutto ciò è già accaduto, si guardi al Nord America che tanto è aspirato come prototipo: si guardino le coste Occidentali Americane, degli SUA e del Canadà, si guardi a chi oggi in quegli stati produce ed impiega, si guardi che politica le aziende applicano – quella del costo 0 – e in che modo la implementano ma soprattutto a discapito di chi, si contempli bene prima di volere far passi rischiosi con una temerarietà vicina alla non innocua sfrontatezza.

        Di più: assumendo ingenuamente che lo sperpero delle riserve estere e la conseguente svendita dell’IRI siano state veramente nostre disattenzioni e negligenze, implementate comunque da personaggi oggi visti come santi, il 6 per 1000 è stata comunque una tassa per acquistare il biglietto UME: non solo non si è chiesto al popolo di partecipare ma lo si è fatto anche pagare.

        Per quanto riguarda l’Italiana incapacità di alzare la voce nel contesto modelli economici da perseguire, le rispondo esortandola a leggere nuovamente il paragrafo del denominatore con cui ho chiuso il precedente messaggio.

        In ultimo: sono pacifico rispetto all’accanimento contro le guerre per principio, l’interpretazione letterale delle parabole Cristiane per intenderci, sebbene lo reputo per il momento irrealizzabile. Non perché non lo desidero ma perché noto che la gente cade in peccati che inibiscono la caratterizzazione ed il concepimento stesso di tale obbiettivo. Basta laicamente guardare ai peccati capitali ed i comandamenti giammai rispettati da tutti. Però l’arbitraria distinzione fra una tipologia di guerra ed una altra, ovvero l’umanitarismo democratico, può essere solo che l’inizio della fine. Non è idoneo parlare dell’inesistenza della guerra e della presenza della pace in quest’ultimi 70 anni di storia, ancor meno è appropriato imputare l’apparente calma fisica ad un associazione che non mantiene la pace ma prepara la guerra.
        L’invasione dello stato Europeo di Serbia è forse scindibile dal cannone e dalla mitragliatrice? L’assassinio da parte di un paese che come il nostro ha ripudiato anni or sono la pena di morte dei capi delle nazioni di Libia e di Iraq è qualche cosa di meramente economico e di non sanguinario? L’essere alleati con nazioni che minacciano sanzioni economiche a paesi che sola colpa hanno quella di produrre a costi più inferiori in virtù dello sbandierato lascia-fare o di possedere ricchi giacimenti di petrolio oppure gente ancora restia a lasciare i loro stati e non invadere l’Europa è forse qualche cosa di imbelle e pacifico? I recenti premi Nobel per la pace assegnati ad individui ed organi che celano la loro natura bellicosa sono veramente superflui dettagli contingenti. Non si oblii che reticenze nel manifestare le proprie opinioni confluiscono in atteggiamenti reazionari e spesso come accaduto tirannici.

        Ci si accorga in fine che oggi il discorso della nostra storia presente ed attuale viene posto nelle seguenti linee: è assolutamente vietato sottolineare come sia stata per noi una catastrofe questa U(M)E perché, anche costo della distruzione totale, l’Unione Federale Europea (sicché monetaria, fiscale e politica) è l’unico scopo che si deve inderogabilmente raggiungere, punto e basta.

        L’adattamento di cui lei parla sembra oggi un utopia, ma amerei essere smentito, a breve però poiché l’infinito tempo, nominalismo umano, non è che guisa di mera dissolvenza.

        Grazie ancora.

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  8. La crisi suggerisce ognuno per sé. Pur di sopravvivere mi tiro fuori. La divisione si consolida e si giustifica in nome della necessità. Ora avverto il pericolo e ho il diritto di difendermi.
    L’immagine è quella di un vetrino di laboratorio, i batteri prolificano, poi finiscono i nutrienti, allora si divorano fra loro, infine soccombono tutti. È questo il meccanismo perverso. Il circolo vizioso. È una catena di eventi automatici che conducono passo dopo passo al conflitto all’annientamento.
    Noi dovremmo essere altro, potremmo scegliere e decidere di entrare nel circuito dell’automatismo e interromperne la sequenza (come italiani lo abbiamo dimostrato con l’esito elettorale).
    Le proposte del professore dimostrano come sia possibile liberarsi dai quei modelli sui quali hanno costruito questa pestilenza finanziaria, e costituirne dei nuovi.
    Perseguire un pensiero differente , un azione di reale indipendenza intelettuale, nel tentativo irrinunciabile di far valere il libero arbitrio, individuando quali carcerieri limitino la democrazia e lo sviluppo. Aspiriamo a un Mondo Unito più giusto, partendo da noi, dal nostro Pese, dalla nostra Europa . Si può fare e ci viene ripetutamente indicata la via. Non permettiamo che la crisi e la paura impoverisca anche le forze che sgorgano naturalmente in noi e dalla nostra intelligenza. Abbiamo la grande opportunità di esserci e di poter rafforzare la tensione verso questa nuova idea del mondo, della quale si potrebbero già intravedere i caratteri. Ma è necessario vincere la perdita di fiducia. A questo punto la domanda fondamentale è una sola, la mia scelta è utile o dannosa per questo straordinario sviluppo?

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  9. Cipro ha fatto quello che Amato fece nel 1992 per entrare nell’Euro. Loro lo hanno fatto per restarci…. Far pagare alla collettività gli errori nella vigilanza di un sistema bancario o come nel caso italiano il rientro dai debiti e’ assurdo… E poi aggiungo, magari uscendo un po’ dal tema principale: negli anni 90 l’allora direttore generale del tesoro, Draghi, come gesti’ certe privatizzazioni senza liberalizzazioni? I cittadini di allora (e di oggi) stanno ancora pagando quelle inefficienze… Basta mettere una tassa, svendere a capitalisti senza capitali il patrimonio pubblico e i giochi sono fatti…. Spero che la lezione di Cipro ci insegni qualcosa, ma per noi sarebbe sufficiente apprendere dal passato…

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  10. Pingback: La scodella di lenticchie a Cipro che non abbiamo voluto pagare. La pagheremo, cara. « Sud – Il Blog di Gianfranco Miccichè

  11. Einstein diceva: ‘non confondere la scienza con gli scienziati’, e aveva ragione. Oggi bisognerebbe dire: ‘non confondere l’economia con gli economisti’..
    Io proprio non riesco a capire come tutto ciò sia possibile!? Ma questi tecnocrati tedeschi e i loro supporters sono completamente ignoranti o cosa?
    La rabbia cresce.
    Caro prof bisogna reagire, non si può più restare miti. Mi piacerebbe che un gruppo di economisti avveduti come lei e altri che sono contro la stupida austerità, si arrabbiassero seriamente e iniziassero ad alzare fortemente la voce, a sparare a zero da tutte le radio e televisioni nazionali e internazionali. Bisogna far capire a tutti i cittadini, europei e non, che tutto ciò e soltanto assoluta ignoranza e stupidità. Si potrebbe organizzare una giornata internazionale contro la stupida austerità?

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  12. Now that the dictatorial EU and IMF have simply set about stealing the privately accrued wealth of lifetime savers in Europe, everyone is asking one question – who’s next?
    Joerg Kraemer, chief economist of the German Commerzbank, has called for private savings accounts in Italy to be similarly plundered. “A tax rate of 15 percent on financial assets would probably be enough to push the Italian government debt to below the critical level of 100 percent of gross domestic product,” he told Handelsblatt (http://www.handelsblatt.com/politik/international/brisante-daten-die-maer-von-den-klammen-krisenstaaten-seite-all/7931578-all.html)

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  17. attilio dappozzo

    19/03/2013 @ 17:08

    Sono perfettamente in accordo con la sua tesi sui moltiplicatori e sulla necessità di abbandonare qualsiasi politica di austerity. Ho però un dubbio: sarà sufficiente ad invertire il trend di crescita e l’andamento del GDP/PIL o sarà solo un rallentamento nella caduta verso il baratro? Non crede che il ritorno ad una moneta sovrana e la nazionalizzazione della Banca d’Italia siano indispensabili? Perchè secondo me l’Europa non è per niente un’Area Valutaria Ottimale.

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