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Il buono, il nullo ed il cattivo: l’esempio della politica economica in Italia

Ora è giusto criticare le agenzie di rating. Sbagliano, sono preda di pregiudizi. Ma …

Ferruccio De Bortoli, Corriere della sera, 24 luglio 2013.

Che le agenzie di rating abbiano perduto molta della loro credibilità è un fatto da almeno un decennio … E tuttavia …

Francesco Giavazzi, Corriere della Sera, oggi

Il rating del debito pubblico italiano è ormai solo un paio di linee sopra il livello oltre il quale i titoli non sono più accettati come collaterale della BCE. Tuttavia …

Lorenzo Bini Smaghi, Corriere della Sera, oggi.

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Scherzavo ieri con un mio amico che a un certo punto mi ha detto “concordo con te al 100%”, “eppure?” ho chiesto, interrompendolo. E lui mi guarda sorpreso e mi dice “eppure cosa? Sono d’accordo con te al 100%”. Gli spiego che il più delle volte dire “concordo con te al 100%” è un’interlocuzione volta a stemperare la tensione o rafforzare la percezione di non faziosità del proprio argomentare quando ci si prepara a contraddire il nostro interlocutore. E che l’”eppure”, il “ma”, il “tuttavia” sono l’inizio della nostra vis retorica, l’unica con la quale veramente concordiamo al 100%.

Ha riso ed ha ammesso che era così, anche se stavolta, caso raro, era proprio d’accordo con me ed un sano silenzio ha sancito la nostra omogeneità di vedute.

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Mala tempora currunt.

E’ in arrivo un downgrading ulteriore del Sistema italiano? Non lo sappiamo, ma- a leggere il Corriere della Sera ed i suoi autorevoli opinion-makers – pare proprio che ci si debba preoccupare al riguardo e venire incontro al più presto alle richieste di queste agenzie, malgrado l’evidente inaffidabilità delle loro valutazioni, con un convinto ritorno della politica economica alle c.d. “riforme” e delle politiche dell’austerità.

Lo dice Giavazzi, preoccupandosi oggi di cosa penserà un investitore estero della sana decisione italica di avvisare i nostri gestori del risparmio nazionali di “non dare peso eccessivo al giudizio delle agenzie di rating”, così che questi non siano obbligati a liquidare titoli di Stato o di imprese nel caso in cui il loro rating scenda al di sotto di sogli critiche. Non penserà nulla, rispondo io, visto che la circolare si indirizza ai gestori nazionali e quindi non riguarda i gestori esteri ed è basata proprio sull’inaffidabilità, da Giavazzi stesso ammessa, dei giudizi di queste agenzie. Eppure sulla base di ciò Giavazzi chiede al Governo, con un salto logico fenomenale, di procedere con una “scossa … (di) riduzioni delle spese pubbliche”.

Lo dice De Bortoli quando afferma che “ancora due piccoli gradini in giù nel voto sull’affidabilità del debito e, con la perdita del cosiddetto investment grade , molti investitori internazionali sarebbero costretti, per regole interne, a liberarsi delle attività italiane. E un serio imbarazzo lo avrebbe anche la Bce di Draghi, che non potrebbe più accettare come collaterali titoli italiani nel finanziamento del sistema bancario”. A cui fa da perfetto controcanto l’ex membro della BCE Bini Smaghi quando rassicura De Bortoli ricordandogli, in un post scriptum che vale l’intero articolo, come si potrà rimuovere l’impatto negativo del downgrading  di quei due piccoli gradini “se il Paese adotta un programma di aggiustamento con l’Unione europea e il FMI”.

Ovvero: austerità à la Giavazzi, stabilita “internamente”, o à la Bini Smaghi, stabilita “esternamente”, sono le sole soluzioni che possiamo dare in pasto alle fauci sempre più affamate delle agenzie di rating e dei mercati.

Eppure? Nessun eppure, siamo d’accordo allo 0%.

La verità è che non sono le agenzie di rating che devono guidare le nostre decisioni: lo hanno fatto sinora ed ecco dove siamo arrivati. La verità è che i mercati non ambiscono a guidare le nostre decisioni ma a farsi guidare, da politiche per la crescita: guardate quanto hanno esultato in Giappone quando Abe ha preso in mano con coraggio la politica economica, rivoltandola contro l’austerità.

I mercati sono come i bambini, desiderano farsi guidare autorevolmente, con l’esempio.

Il problema è che quando i genitori non danno l’esempio, i bambini prendono il bastone del comando, con esiti spesso disastrosi per tutti, bambini e genitori.

Quindi alla fine, su una cosa concordo al 100% con i tre opinionisti: il ritorno della retorica del “ce l’impongono i mercati” sottolinea che, in fondo, il genitore “Governo” continua a non dare nessun esempio. Ma bisogna che l’esempio sia effettivamente “buono”: ci manca solo che il Governo in carica si metta a dare il cattivo esempio ascoltando i tifosi sconsiderati dell’austerità o delle riforme che non servono.

One comment

  1. Ottimo articolo.
    Tuttavia qualcuno ha inserito in Costituzione il Fiscal Compact e ci ha “CASTRATI” tutti.
    Ora io chiedo, se per una sorta di contrappasso, fosse possibile estendere il Fiscal Compact, dalla Costituzione, ad ogni singola famiglia Italiana, ad ogni singolo imprenditore, autorizzando tali soggetti a comportarsi, come lo Stato e’ Obbligato a comportarsi!
    Non sono un giurista, ma se fosse in qualche modo possibile far traslare su tutta la cittadinanza lo spirito di tale legge, potremmo essere Costituzionalmente autorizzati a non pagare le tasse o le bollette o quantaltro, per non DEROGARE al Fiscal Compact!
    Se per lo Stato vige l’Obbligo-Possibilita’ di non Spendere e quindi NON PAGARE il dovuto, penso che tale Diritto sia da ESTENDERE IMMEDIATAMENTE a tutta la cittadinanza!
    E’ una questione di Par Conditio!
    Siamo la Patria degli Avvocati e dei Giuristi. Mi piacerebbe sentire un parere a questa idea, da parte di un Tecnico.
    Saluti Giovanni

    Reply

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