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I tagli lineari di Monti, Saccomanni e Giavazzi: 3 fallimenti di politica economica

E’ apprezzabile il tentativo di Francesco Giavazzi di sottolineare il fallimento della politica dei tagli lineari di spesa pubblica.

Menziona la riorganizzazione degli uffici pubblici come cartina di tornasole della sconfitta del Governo Monti. Cripticamente suggerisce che per tali riforme “diversamente dai tagli lineari, la riduzione della spesa che ciò comporta è davanti agli occhi di tutti“, come se ci fosse in tale maggiore visibilità un che di positivo: ma non si vede perché un taglio pessimo davanti agli occhi di tutti sia meglio di un taglio ottimo che sfugge ai più.

Ma è proprio su quest’ultima sfumatura che l’articolo di Francesco porta finalmente qualcosa di nuovo nel dibattito sul taglio della spesa: l’idea che la spesa si tagli meglio e con più intelligenza se i nostri leader si spendessero quotidianamente per difendere nella pubblica piazza, di fronte ai cittadini, la bontà delle loro scelte.

“I nostri presidenti del Consiglio trascorrono anche le vacanze e i fine settimana a Palazzo Chigi. Durante la difficilissima battaglia per l’approvazione della sua riforma sanitaria, il presidente Obama trascorreva poche ore alla Casa Bianca. Per mesi ha viaggiato da un lato all’altro degli Stati Uniti cercando di convincere gli americani in ogni città, scuola e associazione che le aziende farmaceutiche mentivano e quella legge era nel loro interesse.”

C’è una parte di vero in tutto ciò: se un leader si schiera pubblicamente, convintamente, dialetticamente contro la spesa sbagliata e ingaggia una costante comunicazione intelligente su tale tema, il lavoro di ogni dirigente pubblico che vive ogni giorno la sua difficilissima battaglia per migliorare la qualità della spesa potrà acquisire più legittimità e qualità.

Ma su cosa si impegna e comunica un leader se non ha dietro l’informazione giusta? Sulla chiusura dell’Università di Urbino, colpevole secondo Giavazzi di essere “in fondo alla classifica Anvur” della ricerca, come se l’Università fosse un campionato di serie A da cui le ultime 3 devono retrocedere? Senza ricordarsi che 1) abbiamo troppo pochi laureati in Italia, 2) pochissime università rispetto agli obiettivi di laureati che ci poniamo e 3) che in America accanto a Harvard e Stanford fioriscono centinaia e centinaia di università di minor valore sulla ricerca ma ottime nella didattica o nella formazione professionale? Le Università si incoraggiano a migliorare, non si chiudono come locali notturni dove si schiamazza troppo di sabato sera, specie se comunque formano ad un livello ben superiore a quello minimo, come è certamente il caso di Urbino.

Tutto questo per dire che ci vuole competenza per fare bene la spesa pubblica che serve al Paese e non i tagli lineari formato Giavazzi, che non differiscono molto da quelli di Monti.

Non basta proprio un leader che si spenda. Obama fece ben altro e di più rilevante di quello che ricorda Giavazzi: face spesa pubblica per appalti in tutto il Paese per risollevarlo dalla crisi da domanda che attanagliava gli Stati Uniti nel 2009 e accanto a quella spesa pubblica aumentò la spesa per ispettori che controllassero la qualità delle commesse. Funzionò a giudicare da dove stanno loro oggi e dove stiamo noi con la stupida austerità.

E noi siamo qui, ad aspettare che il Governo Letta, prima ancora che di andare per le strade a spiegare i tagli, si operi per individuare con precisione chirurgica quali sono i tagli da fare. Ci vuole un piano. Basato esclusivamente sulla professionalità - una squadra di stazioni appaltanti competenti e sul pezzo, ben remunerate sulla base dei risparmi e della qualità raggiunti – e sulla disponibilità d’informazione di chi compra cosa, quanto e quando. E che con quei soldi, quei tantissimi soldi, li usi per ringiovanire il nostro Paese e le sue fatiscenti infrastrutture che limitano la capacità delle nostre imprese di competere.

Dov’è il progetto? Dov’è la volontà di cambiare il Paese? Ed il coraggio?  Questo manca al Paese, prima ancora di una utilissima discesa in piazza per parlare con i cittadini.

5 comments

  1. Allora… spero di farle un complimento dicendole che scrive un sacco di ovvietà, come Luca Ricolfi in questo articolo che le segnalo (http://www.linkiesta.it/utopia-spending-review). Quindi cosa si puo’ *FARE*? Io non vedo uscita davanti ad un popolo che, nella sua componente maggioritaria, è meschino, pigro e indifferente. Mi dia una speranza.

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  2. Questo articolo è stato pubblicato su La Stampa del 28 luglio 2013:
    L’America riparte da Internet Le città hi-tech creano più lavoro.
    L’autore è Enrico Moretti, docente di economia alla University of California di Berkeley.
    E leggo:

    “La mia ricerca mostra che a partire dagli Anni Settanta il destino economico delle città americane comincia a dipendere in misura sempre maggiore dal livello di istruzione dei loro abitanti. Le città con un più alto numero di lavoratori provvisti di formazione universitaria hanno cominciato ad attirarne sempre di più, mentre le città con una forza lavoro meno istruita hanno iniziato a perdere terreno.”

    Poi arriva Giavazzi e scrive:
    ” O a Bari, Messina, Urbino e a spiegare che la chiusura di quelle tre università (in fondo alla classifica dell’Anvur) è nell’interesse dei loro figli”

    L’idea che quelle università possano operare meglio se hanno maggiori fondi o una migliore organizzazione (tutte cose umanamente fattibili) non passa nemmeno per l’anticamera del cervello del sig. Giavazzi. Chiudiamole e via andare, no?

    Addio all’ascensore sociale e un caldo benvenuto all’oligarchia.

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  3. Dov’è il progetto? troppo laborioso e complesso crearne uno … Dov’è la volontà di cambiare il Paese? solo teorica e solo presente nella classe media e operaia (oggi impoverita), buona parte dei politici non hanno alcuna voglia di cambiare le cose! In quanto al coraggio? Questo manca al Paese, manca agli italiani … in particolare manca la capacità di essere uniti e di pretendere quanto indicato nella costituzione … quindi più semplice per tutti parlare, parlare e poi agire in modo semplicistico con tagli lineari a pioggia senza intervenire chirurgicamente ove è realmente necessario. In questo modo sono tutti scontenti in misura uguale e nessuno è penalizzato, nemmeno il consenso … ma non capisco quale consenso se tutti non sopportano più la politica e i politici … semplicemente siamo opportunisti, con una visione a breve termine che arriva solo al prossimo week end!

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