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PS: Lo stupido patto fiscale non passò negli Usa. Grazie ai Premi Nobel.

P.S.: ecco cosa dicevano nel 2011 5 Premi Nobel e tanti grandi economisti targati USA sull’inserire in Costituzione regole di bilancio in pareggio.

Cari presidente Obama, presidente Boehner, capogruppo della minoranza Pelosi, capogruppo della maggioranza Reid, capogruppo della minoranza al Senato McConnell,

 

noi sottoscritti economisti sollecitiamo che venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il Paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose.

 1. Un emendamento sul pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.

 2. A differenza delle costituzioni di molti stati che consentono di ricorrere al credito per finanziare la spesa in conto capitale, il bilancio federale non prevede alcuna differenza tra investimenti e spesa corrente. Le aziende private e le famiglie ricorrono continuamente al credito per finanziare le loro spese. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio impedirebbe al governo federale di ricorrere al credito per finanziare il costo delle infrastrutture, dell’istruzione, della ricerca e sviluppo, della tutela dell’ambiente e di altri investimenti vitali per il futuro benessere della nazione.

 3. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio incoraggerebbe il Congresso ad approvare provvedimenti privi di copertura finanziaria delegando gli stati, gli enti locali e le aziende private trovare le risorse finanziarie al posto del governo federale. Inoltre favorirebbe dubbie manovre finanziarie (quali la vendita di terreni demaniali e di altri beni pubblici contabilizzando i ricavi come introiti destinati alla riduzione del deficit) e altri espedienti contabili. Le controversie derivanti dall’interpretazione del concetto di pareggio di bilancio finirebbero probabilmente dinanzi ai tribunali con il risultato di affidare alla magistratura il compito di decidere la politica economica. E altrettanto si verificherebbe in caso di controversie riguardanti il modo in cui rimettere in equilibrio un bilancio dissestato nei casi in cui il Congresso non disponesse dei voti necessari per approvare tagli dolorosi.

 4. Quasi sempre le proposte di introduzione per via costituzionale del vincolo di pareggio di bilancio prevedono delle scappatoie, ma in tempo di pace sono necessarie in entrambi i rami del Congresso maggioranze molto ampie per approvare un bilancio non in ordine o per innalzare il tetto del debito. Sono disposizioni che tendono a paralizzare l’attività dell’esecutivo.

 5. Un tetto di spesa, previsto da alcune delle proposte di emendamento, limiterebbe ulteriormente la capacita’ del Congresso di contrastare eventuali recessioni vuoi con gli ammortizzatori gia’ previsti vuoi con apposite modifiche della politica in materia di bilancio. Anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perche’ gli incrementi degli investimenti ad elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessita’, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza.

 6. Per pareggiare il bilancio non è necessario un emendamento costituzionale. Il bilancio non solo si chiuse in pareggio, ma fece registrare un avanzo e una riduzione del debito per quattro anni consecutivi dopo l’approvazione da parte del Congresso negli anni ’90 di alcuni provvedimenti che riducevano la crescita della spesa pubblica e incrementavano le entrate. Lo si fece con l’attuale Costituzione e senza modificarla e lo si può fare ancora. Nessun altro Paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di bilancio. Non c’e’ alcuna necessità di mettere al Paese una camicia di forza economica. Lasciamo che presidente e Congresso adottino le politiche monetarie, economiche e di bilancio idonee a far fronte ai bisogni e alle priorità, così come saggiamente previsto dai nostri padri costituenti.

 7. Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole.

Firmato, tra gli altri da: KENNETH ARROW, premio Nobel per l’economia 1972 PETER DIAMONDpremio Nobel per l’economia 2010 WILLIAM SHARPE, premio Nobel per l’economia 1990 CHARLES SCHULTZE, consigliere economico di J.F. Kennedy e Lindon Johnson, animatore della Great Society Agenda ALAN BLINDER, direttore del Centro per le ricerche economiche della Princeton University ERIC MASKIN, premio Nobel per l’economia 2007 ROBERT SOLOW, premio Nobel per l’economia 1087 LAURA TYSON, ex direttrice del Natonal Economic Council

Una sola domanda: gli Usa ne sono usciti, dallo stupido patto per il pareggio di bilancio, non adottandolo. E la crescita è ripartita. Ma dove è l’Europa? E gli economisti europei? Dobbiamo sperare che li illumini il vincere un Premio Nobel? Ma il Premio Nobel si vince solo con idee intelligenti, quindi prima contestate lo stupido Patto e poi vincerete il Nobel (smile).

Grazie a George ed  a http://infoaltra.blogspot.com/2012/03/lettera-dei-premi-nobel-per-lecnomia.html

8 comments

  1. Beh, le famiglie si indebitano, anche tanto, magari per farsi la casa. Ma quel debito prima o poi lo ripagano. E comunque, appunto, si indebitano per farsi casa, cosa che significa che si risparmiano l’affitto. Mi sta benissimo che lo Stato si indebiti per costruire una stada, basta che non finisca nel nulla. Ma che si indebiti per pagare baby-pensioni è fare come quei tizi, e ce ne sono, che fanno il mutuo per andare in vacanza alle Maldive. Vadano a Capocotta piuttosto, che è pure un bel posto.
    Insomma, Professore, quand’è che inizimo a parlare, concretamente, della riqualificazione della spesa pubblica dicendo chiaramente quali spese sono assurde e quali utili? E non tirando in ballo i generici sprechi e le generiche inefficienze, spreco e sono inefficiente anche io a casa mia.
    Quand’è che iniziamo a dire che tutti coloro che sono stati più o meno baby-pensionati (incluso chi se ne è andato in pensione dopo tren’anni di lavoro) vedranno la loro pensione decurtata del tot % se la loro pensione supera un certo X (perché è assurdo pagare loro di più) e quei soldi vengono utilizzati per fare lavorare i giovani nella riqualificazione del patrimonio artistico-museale?
    Quand’è che si comincia a dire che la dimensione minima di un comune è 10000 abitanti (fatti salvi casi particolarissimi) anche perché avere amministratori locali decenti per 8000 e passa comuni è impresa allo stato impossibile, e quegli impiegati comunali in sovrappiù vengono nella cura del territorio sempre soggetto ad alluvioni così ci risparmiamo gli interventi di emergenza? Certo, andare a sistemare gli arfini di un fiume è molto più faticoso che mettere timbri, ma tant’è. Quand’è che diciamo che due maestri per classe alle elementari sono un assurdo (ho chiesto in giro a un po’ di colleghi in Europa, trasecolano al sentire la faccenda del doppio maestro)? Magari quelli che rimangono senza classe li mandiamo ad occuparsi dei bambini più difficili il pomeriggio a casa. Quand’è che diciamo che un burocrate che si inventa che un souvenir da 20 euro se esposto in vetrina deve avere la sua scheda tecnica (quando l’ho spauto sono rimasto di stucco)? Quel burocrate non merita neanche di zappare la terra. Quand’è che diciamo basta alle sovvenzioni ai film di registi affermati o ai quotidiani? Le pare possibile che il direttore di un quotidiano a diffusione nazionale percepisca centinaia di migliaia di euro di stipendio pagati con i soldi dei contribuenti? Non sarebbero meglio utilizzati quei soldi se messi in mano a qualche ragazzo che abbia un’idea nuova per usare Internet? Quand’è che diciamo basta ai mega cachet RAI pagati con i soldi dei contribuenti? Fazio, la Carlucci, Ferrara, camperebbero benissimo con 10000 euro al mese, senza bisogno di cachet milionari pagati con il canone. Poi, se sono capaci di catturare abbastanza pubblicità, buon per loro.
    Quand’è che diciamo basta alla spesa pubblica parassitaria comunque essa si evidenzi? Penso che alla Merkel e a Schauble, se ci mettessimo a spendere i soldi, gli stessi soldi o anche di più, ma in maniera logica, del nostro debito e del nostro deficit non gliene fregherebbe un bel niente.
    Il problema vero non è il quanto, ma il come vengono spesi i soldi.
    Le auguro una buona serata

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    • Beh, che le famiglie ripaghino sempre il debito per la casa, l’esempio statunitense recente dice altro.
      Il punto comunque che lei fa non ha nulla a che vedere con il debito ma, giustamente, sul come si spende. Quando si spende pagando tasse per pagare baby pensioni lei si arrabbia come e quanto se queste pensioni le finanzia col debito. Il problema non è il meotdo di finanziamento ma cosa ci fa con quei soldi.
      E su questo io ne parlo e lei lo sa.
      Si da però anche il caso che siamo in una recessione e qui c’è una difficoltà: perché se sappiamo una cosa è che durante le recessioni è una follia non aumentare la spesa, magari anche in deficit. Negli usa l’hanno fatto, anche in deficit e ora si stanno chiedendo perché molta di quella spesa è sttata sprecata. ma il punto vero è che senza una parte di quella spesa che sprecata non è stata, non avremmo mai avuto il recupero di posti di lavoro che ha avuto Obama.
      Quindi a morte gli sprechi ma viva, oggi, la spesa. E’ fattibile? Io dico assolutamente sì. Se poi vogliamo anche parlare di debito le dico che tutto questo fervore anti-debito non risolve i problemi di cui parlo io né quelli di cui parla lei.

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      • Grazie della risposta Professore.
        Personalmente non ho mai avuto nessun fervore anti-debito. Fino a che c’era la lira ho sottoscitto e rinnovato tranquillamente BOT, BTP e CCT e mai mi sono spaventato dell’ammontare del debito pubblico italiano. Sapevo perfettamente hce ci sarebbe stato un problema solo se tutti i sottoscrittori contemporaneamente avessero deciso di non rinnovare alla scadenza ma poi mi rispondevo “e perché mai dovrebbero farlo visto che BOT, BTP e CCT rendono qualcosina più dell’inflazione e sono trasformabili in contante immediatamente in caso di necessità imprevista?”
        Concordo pienamente con Lei che l’isteria sul debito pubblico è appunto un’isteria, cioè degna di essere analizzata psichiatricamente e non economicamente.
        Per il resto mi devo ripetere, ovvero bene la spesa pubblica ma se fatta bene. Non ho mai sentito nessuno che, aldilà dei momenti di crisi, abbia fatto critiche e azioni serie volte a migliorare la qualità della spesa.
        Mi sta benissimo spendere per costruire l’Autostrada del Sole, meno per le baby-pensioni. E il guaio è che abbimo speso per le baby-pensioni quando avremmo potuto costruire, invece, infrastrutture grazie alle quali, oggi probabilmente non ci troveremmo nei guai

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  2. genesio volpato

    09/03/2012 @ 11:11

    bellissimo post, profes.Piga, e davvero acuta la lettera di quei professori, non a caso insigniti del Nobel….. Mi aspettavo da lei un commento sull’atteggiamento molto netto e coraggioso del Pres. spagnolo Rajoy nel vertice Europeo in cui ha dichiarato di non poter abbassare quest’anno il deficit (“siamo già in recessione”ipse dixit ) e per questo gli va riconosciuto intelligenza politica oltre che onestà intellettuale ( e come dicono gli spagnoli “tiene cojones” !)
    non dice niente Prof ?
    saluti

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  3. Giuseppe Agrillo

    11/03/2012 @ 09:35

    Il vero problema è rappresentato, a mio avviso, dalla voragine politica che sta minando il futuro dell’Italia. La crescita economica, più che rigore, richiede coraggio nelle relazioni internazionali ed un’ autorevolezza che solo l’investitura popolare può garantire.
    Finchè il Paese sarà commissariato, non si riuscirà a conciliare le prospettive di breve periodo con quelle di lungo periodo. il vero dramma è l’assenza di idee che blocca una classe politico-dirigente assolutamente incapace di fornire un’alternativa di politica economica che rimetta in moto l’economia (sul breve periodo) e che, contemporaneamente, individui le poche riforme di cui abbiamo bisogno, al fine di non rendere debole e poco duratura un’eventuale ripresa.
    La retorica sull’eccessiva spesa pubblica (alla quale si stanno prestando televisioni, giornali, politici, intellettuali e comuni cittadini) sta finendo con il legittimare politiche di austerità che “puzzano” di recessione. In pochi capiscono che, anzichè tagliare, è opportuno allocare diversamente le risorse disponibili ed impedire che la maggiore tassazione si traduca in crescita negativa. Spero sempre che si ravvedano, ma non sono ottimista.

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  4. Dostoevskij

    11/03/2012 @ 16:55

    Salve prof. una domanda: prima dell’euro la Banca d’Italia aveva la facoltà di battere moneta per conto proprio (quindi a costo 0), generando più inflazione e quindi abbassando anche il costo del suo indebitamento.
    Ora con l’euro gli Stati devono indebitarsi come normali privati sui mercati finanziari pagando anche tassi d’interesse più alti.
    E’ questa la differenza sostanziale che ha fatto si che il problema del debito (se problema così di prim’ordine è) divenisse un punto cruciale delle scelte di politica economica? Oppure la differenza è un’altra?
    Cioè è questo passaggio che trasforma un debito più che altro numerico in un debito reale da tenere sotto osservazione costante?

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