Ho letto l’ultimo lavoro di due economisti che cercano di comprendere la relazione tra disuguaglianza economica, capacità di tassare e spread.
Partendo dall’assunto che maggiore disuguaglianza in un paese rende più difficile tassare (per l’inevitabile contrapposizione che si crea all’interno della società tra diversi gruppi sociali), gli autori speculano che in paesi più diseguali, che non riescono a generare maggiore pressione fiscale per l’opposizione che si crea a questa, dovremmo aspettarci maggiori spread in momenti di crisi finanziaria (come quella che stiamo vivendo in questi anni nell’area dell’euro) a causa del timore da parte dei mercati che lo Stato non riesca a trovare i fondi per ripagare il debito.
La loro analisi sui dati di svariati paesi conferma la bontà della loro previsione. Nella media dei paesi. Ma non per l’Italia.
In che senso? Che l’Italia spicca come anomalia. Data la nostra disuguaglianza, l’Italia dovrebbe essere capace di tassare molto meno di quanto non riesca a fare. Detta in un altro modo, tassiamo quasi quanto gli scandinavi ma siamo molto più diseguali, come distribuzione del reddito, di loro. La stessa cosa avviene con la corruzione, intesa come indicatore di bontà della spesa: per quanto siamo percepiti come corrotti i nostri cittadini dovrebbero rifiutarsi di pagare le tasse molto di più di quanto non facciano effettivamente.
C’è di più. Gli autori notano come dal 1999 al 2009 la disuguaglianza in Italia è cresciuta ma così anche la tassazione. E, come sappiamo, la governance a protezione della qualità della spesa pubblica è calata in questo decennio. Strano, gli autori si aspettavano il contrario: perché le tasse in Italia riescono ad aumentare senza opposizione, per di più di fronte ad un peggioramento della qualità della spesa, quando ci dovrebbe essere invece addirittura più opposizione a causa della maggiore disuguaglianza? Pare come se i cittadini italiani non riuscissero a essere rappresentati democraticamente come negli altri Paesi, e dunque ad opporsi con efficacia a maggiori tasse e peggiori spese.
Ora, aggiungiamo noi, dopo il 2009 lo spread che i mercati caricano per l’insicurezza di vedersi ripagato il debito (in euro) dell’Italia è salito, malgrado la nostra capacità di tassare sembra non perder colpi e la nostra spesa pubblica non pare migliorata quanto a qualità. Perché?
Forse perché i mercati hanno capito che non c’è più margine per tassare ulteriormente e peggiorare ulteriormente la qualità della spesa. E se ne preoccupano: come ripagherà il Governo il debito pubblico se i cittadini dicono “basta al malgoverno e basta a tasse in cambio di nulla”?
E questo forse perché in Italia si è “finalmente” toccato il punto limite quanto a distribuzione del carico fiscale (evasori vs. non evasori) e qualità della spesa pubblica. Anche una democrazia carente di rappresentanza alla fine sa ribellarsi e i mercati ne tengono conto, rivedendo le loro aspettative. L’Italia s’è desta?
Ecco perché la madre di tutte le riforme, come ho sempre detto, quella che farebbe crollare gli spread italiani senza proposte che coinvolgono eurobond o BCE, dovrebbe essere il nuovo patto tra cittadini e Pubblica Amministrazione: mai più corruzione, mai più sprechi. Lotta senza quartiere a corruzione. Lotta senza quartiere a sprechi. Dopo 2 anni di questi sforzi, dopo aver convinto i cittadini che si fa sul serio, lotta senza quartiere all’evasione. Perché non cominciare con l’evasione? Perché una battaglia che dovesse cominciare subito dall’evasione non avrebbe il supporto necessario da parte di una maggioranza stabile di elettori capace di evitare la caduta del Governo sulla base delle proteste degli evasori.
In un Paese dove la spesa è fatta bene, la gente paga le tasse. E ne paga pure meno perché gli spread crollano.
Non festeggiate la riforma del lavoro che non serve a nulla. Pretendete e appoggiate la migliore spending review possibile. Pretendete che i vostri politici vi rappresentino di più. E il circolo virtuoso che parte da lì si materializzerà.