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La riforma numero 1 di Mrs. Thatcher e Mr. Blair.

Abbassare le tasse non serve all’Italia, con buona pace del bravo Luca Ricolfi.

Non darà una grande spinta alla domanda aggregata: imprese e famiglie eviterebbero di spendere i ribassi di imposizione, pensando così di affrontare un futuro oscuro e contribuendo a renderlo ancora più buio.

Ma forse a Ricolfi non interessa tanto questa crisi (come a tanti d’altronde) e pensa al medio periodo, quello in cui non tutti ma tanti saranno morti. Allora sì che la tassazione e la sua struttura contano nell’influenzare la crescita, non ne dubito. Ma in che direzione?

Meno tasse più crescita? Non credo proprio. Le nostre aziende hanno bisogno per essere competitive di quello che tanti altri Paesi rivali annoverano tra i loro migliori fattori produttivi. Quale fattore? Lo Stato. Già, lo Stato con la sua spesa, per stipendi e per acquistare beni pubblici. Francia e Germania per esempio, ci massacrano quanto a capacità di supportare le loro aziende con la macchina pubblica, direttamente o indirettamente.

Ridurre le tasse per avere meno Stato fa male alle imprese? Credo che possiamo provocare a sufficienza affermandolo con una buona dose di convinzione.

Ma lo Stato in Italia non funziona!

Certo, per questo facciamo le riforme, per cambiare le cose. Se cambiamo (con vantaggi che rasentano lo zero) i mercati dei beni e servizi con le liberalizzazioni e il mercato del lavoro con l’art. 18, non vale la pena riformare il fardello più penalizzante che ci impedisce di rilanciare le nostre imprese?

Se l’obiettivo è chiudere lo Stato non solo l’economia crolla a breve (con conseguenze permanenti sui perdenti) ma anche a lungo, e le imprese lo sanno.

E questo Governo – come molti dei suoi predecessori – poco sta facendo per far sì che quella spesa pubblica così essenziale si cominci a trasformare in valore per le imprese e per i cittadini. Certo ci vuole tanto tanto sforzo, ma il problema è che non vediamo in giro né la Thatcher né il Blair che hanno saputo (in modo diverso ma complementare) rivoluzionare la P.A. britannica – cadente e burocratizzata – facendone il volano della ripresa e dell’affrancamento dal declino in cui versava l’Impero.

3 comments

  1. Buongiorno Professore.
    1) “Abbassare le tasse non serve all’Italia, con buona pace del bravo Luca Ricolfi.
    Non darà una grande spinta alla domanda aggregata: imprese e famiglie eviterebbero di spendere i ribassi di imposizione, pensando così di affrontare un futuro oscuro e contribuendo a renderlo ancora più buio.”

    Se vi fosse riduzione delle tasse io spererei, mi augurerei vivamente, che le famiglie non spendessero i ribassi di imposizione. Ciò creerebbe una massa di capitale da destinare all’investimento. In Italia, e in Occidente in generale, non ci manca la capacità di produrre beni di consumo, quanto quella di ivetire per mancanza di risparmio. La FIAT potrebbe produrre il doppio delle automobili che produce oggigiorno. Se producesse automobili migliori le venderebbe, anche in presenza di un mercato dell’auto declinante, e ne importeremmo di meno. Quello che serve alla FIAT è capitale da investire, risparmio.

    2) Il risparmio è proprio la cosa che è mancata negli ultimi anni, un po’ per la follia consumistica che ha pervaso tutti e ha portato a livelli di indebitamento elevatissimo un po’, anzi soprattuto per quanto riguarda l’Italia, per l’enorme ammontare di spesa pubblica improduttiva. A me, da liberale, sta bene un governo che spenda per costruire l’Autostrada del Sole, non un governo che che mette due insegnanti per classe tanto per distribuire uno stipendio. Quello stipendio lo si poteva anche pagare ma magari mandando quello stesso numero di persone a sistemare gli argini di quei fiumi che alla prima pioggia autunnale straripano causando danni ingentissimi.

    3) La spesa pubblica fatta mantenendo in vita, estendendo i benefici a figli, nipoti e pronipoti, l’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra è spreco allo stato puro. Si fanno vivere sulle spalle degli altri decine, centinaia di persone, che potrebbero fare qualsiasi altra cosa che abbia una utilità sia pur piccola.

    4) La spesa pubblica fatta continuando a pagare pensioni d’oro a molte persone, che magari continuano pure a lavorare, solo e soltanto perché qualche anno fa si fecero conti sballati (oppure i conti erano giusti ma si doveva regalare qualcosa ai clientes), è ugualmente spreco allo stato puro. Costringe chi è in attività a svenarsi di contributi per versare decine di migliaia di euro a gente che di contributi ne ha pagati pochissimi.

    5) I contributi all’editoria o il canone RAI che permettono di pagare compensi milionari a personaggi di dubbia qualità snoo spreco allo stato puro.

    Come Lei scrive lo Stato, cioè l’organizzazione di tutti i cittadini, se funziona è il miglior volano economico. Ma non quando diventa una organizzazione al servizio di quelli che sono dentro lo Stato e di altri beneficiati che servono a creare la rete di clientela di supporto.
    L’ho già scritto in un ltro commento e lo ripeto: se vogliamo una spesa pubblica positiva, partiamo dall’analisi di quella improduttiva per trasformarla in produttiva. Già questa azione da sola farebbe tanto; invece di sprecare 100, produrremmo 100.
    Vedo che Lei parla molto spesso della CONSIP di cui è stato presidente (pensi che tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002 feci anche dei colloqui per andarci a lavorare). Ci lavora, è dirigente, una mia amica, non molto motivata a quanto mi è parso di capire parlando ogni tanto del suo lavoro. Ma è anche vero che la CONSIP, per quanto ne so e ricordo, non nacque da un progetto organico di ottimizzazione della spesa pubblica ma solo per assorbire personale proveniente dal settore telecomunicazioni (come appunto la mia amica, se non erro ex-Italtel). Stante tali premesse io non mi meraviglio che i risultati ottenuti siano stati modesti, come Lei stesso ammette. E questo è vero per molti progetti varati dal nostro settore pubblico, belli nelle parole ma fondamentalmente finalizzati ad assicurare stipendi a qualcuno.
    Forse, per farla funzionare al meglio, sarebbe necessario un rinnovamento completo del personale, almeno da un certo livello in su.
    Lei ricorderà sicuramente la privatizzazione di Nuovo Pignone, la prima grande privatizzazione, insieme al Cridito Italiano, intrapresa in Italia dal governo Amato nel 1992 per fronteggiare la crisi di quell’anno. Nuovo Pignone, in ambito ENI, non era neanche una cattiva azienda, soldi non ne perdeva (difficile farlo nel campo oil & gas peraltro). Ma, come in molti altri casi del settore pubblico italiano, la gente non stava lì con l’occhio a una missione aziendale, anche se l’ENI tra le varie aziende pubbliche italianeè stata una delle poche a creare un po’ di cultura d’azienda. In molti erano lì perché amici di, figli di, nipoti di.
    Quando venne ceduta a General Electric, per qualche anno GE lasciò le cose come stavano, poi un giorno tagliò tutti da un certo livello in su rimpiazzandoli con forze fresche. Motli dei tagliati sono comunque rientrati come consulenti per non perdere competenze tecniche, ma non hanno più coperto ruoli direttivi. Oggi Nuovo Pignone è il fulcro di GE Oil & Gas, una delle unità più profittevoli di tutta la GE ed è un centro di autentica eccellenza tant’è che a Firenze vi è il centro di formazione europea di GE. E Oil & Gas è stata fino a tre o quattro anni fa l’unica divisione GE ad avere la direzione fuori dagli USA; oggi anche Healtcare ha la direzione in Europa a seguito di una acquisizione.
    Non pretendo che lo Stato italiano si comporti come General Electric, non a caso riconosciuta da sempre come una delle società meglio gestite al mondo, ma forse questa esperienza può servire a capire il metodo con cui occorre muoversi.

    Ma ha ragione Lei, non ci sono in Italia una Tatcher o un Blair. Nessuno ha il coraggio di rivedere tutto il sistema burocratico.

    P.S. mi scusi se il commeento è troppo lungo e spazia su vari fronti. Se Le è apparso che ho fatto un po’ troppo un panegirico della General Electric è perché ne sono un dipendente (non di Oil & Gas, che comunque frequento con una certa assiduità) e sono contento di esserlo.

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    • Wow. Grazie. Vado per punti.

      Purtroppo i risparmi in recessione non generano investimenti perché le imprese non domandano e le banche non prestano.

      Nel lungo periodo certamente le minori tasse su lavoro e imprese aumentano produttività dei fattori ma questo può essere raggiunto con ricomposizione della tassa via dai fattori produttivi e verso il consumo, facendola felice perché è anche un sussidio al risparmio.

      Sul punto 2, benissimo concordo. Pensa allora che la risposta giusta sia dare mezzo insegnante a suo figlio? Guardi che all’università c’è un insegnante solo, pagato sempre meno, mentre sempre più giovani dovrebbero andare all’università che hanno bisogno di più insegnanti. Non ceda alla vulgata, anche la Francia spende tantissimo per le sue scuole e meglio di noi. Non si migliora tagliando ma spendendo meglio. La so d’accordo su questo.

      Sugli sprechi siamo d’accordo lei lo sa. Ma se la sua azienda taglia i costi secondo lei perché lo fa, per ridurre il fatturato o espanderlo? Per chiudere nella sua missione o per avere più risorse per lavorare meglio? Quindi taglio agli sprechi non per meno Stato ma per più (migliore) Stato.
      Gli sprechi per le pensioni d’oro sono un simbolo. E’ poca roba. Bene tagliarle ma attento a non pensare che tagliandole risolve il problema quantitativo. Né che per quei 3 soldi che guadagna dall’eliminarle ha dimostrato qualcosa sul ruolo dello Stato nell’economia.

      Sbaglia sull’origine di Consip. Nasce da una richiesta della Commissione europea allo Stato italiano di esternalizzare le gare di informatica del Tesoro. La Consip è una istituzione potenzialmente eccezionale che non riceve la dovuta attenzione. Anche questo è uno spreco ma per me è una opportunità: se la usiamo bene stiamo meglio. Chiuderla perché ora non è usata al suo massimo potenziale? Una idiozia, in tutto il mondo ce la invidiano già così come è. Il che non significa che non si possa e non si debba migliorarla.

      E non è vero che non c’è nessuno in Italia che riforma il sistema burocratico. O, detta in altro modo, non c’era nessuno nemmeno in Inghilterra prima della Thatcher, tutti dicevano così, rassegnati. I leader non cascano come pere dal cielo. Li coltiva l’insodisfazione della gente per quanto non si fa. E ce ne sono in ogni paese del mondo, se si semina bene l’insoddisfazione, a spuntare fuori all’improvviso.

      Non molli e pretenda sempre il massimo.

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      • Grazie della risposta, che condivido e grazie per il chiarimento su Consip su cui non avevo chiarezza. Ribadisco comunque che forse le grandi potenzialità che lei giustamente evidenzia potrebbero forse esplicarsi al meglio con un rinnovo del management scegliendo persone nuove, anche dal settore privato, e affidandogli una missione chiara. E ciò vale per tutti i settori della pubblica amministrazione o assimilabili. In troppi settori si vedono sempre le stesse faccie o parenti dei politici o politici trombati, pensi alle municipalizzate. Come si può pensre che queste persone possano riuscire dove fino ad ora hanno fallito? Sarebbe come se domani mattina Berlusconi venisse di nuovo a proporre il miracolo italiano. Con quale credibilità? I voti che prenderà li prenderà perche alcuni elettori considerano lui meno peggio degli altri, non perché lo considerino capace di fare ciò che in tanti anni non ha mai fatto.
        Penso che alcuni tagli sarebbero necessari se on altro per il valore simbolico. Come ho sentito l’altra sera a Report un ex dirigente Telcom, e neanche di quelli noti al grande pubblico, riceve 90000 euro al mese di pensione, una follia allo stato puro. Non penso che abbia mai pagato contributi tali da guadagnarsela.
        Concordo con Lei che in questo momento tutti abbiano paura ad investire e che quindi un po’ di stimolo farebbe bene, ma senza aumentare le tasse come si è fatto ultimamente.
        Sul doppio insegnante mi riferivo alle elementari. i miei figli, ormai grandi, ne hanno avuto, io dico per fortuna, uno solo.
        Sarebbe interessante sapere se la Tatcher sbucò fuori casualmente o perché vi era ormai un terreno fertile per farla germogliare. Forse Lei me lo potrà chiarire. Quello che vedo è che in Italia tale terreno sembra sempre arido perché non vi è una vera consapevolezza dell’enormità del problema della cattiva spesa pubblica. Tutti ne parlano in modo molto generico ma nessuno entra nei dettagli.

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