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La protezione che c’è per le PMI, solo sulla carta

Mi chiedono se cambierà qualcosa con la partenza della norma che obbliga le pubbliche amministrazioni a pagare in 30/60 giorni i fornitori.

Qui non trattasi tanto dei crediti già maturati, i famosi 60 miliardi che hanno ritardo medio di quasi  un anno, di cui tanto si dibatte e su cui pochissimo si fa per ignavia.

Si parla dei contratti futuri.

Sono scettico, perché altre volte abbiamo avuto vincoli esterni, europei, che ci obbligavano a fare ciò e impunemente abbiamo continuato a fare altrimenti, con un impatto devastante su tutta la catena di fornitura, comprese le scadenze di pagamento tra privati, ovviamente: se una P.A. non mi paga, io non pago il mio fornitore ecc…

Supponiamo ora, invece, che le singole amministrazioni pubbliche si adeguino a tale obbligo perché si sentono “minacciate dal centro” ad adeguarsi alla nuova norma. Che succederà?

Dipende da come al centro, al Tesoro, adegueranno la liquidità alla spesa prevista in competenza. In assenza di liquidità proveniente nei giusti tempi dal “centro”, dal Tesoro, semplicemente non si firmeranno più i contratti con i fornitori (prima li firmavano e pagavano in ritardo). Con il che succederà un’altra cosa altrettanto semplice: i servizi pubblici rischiano di bloccarsi perché i contratti e dunque le prestazioni non partiranno.

Un massacro. Specie per le PMI e per il territorio, già massacrati dalla stupida recessione.

Ma non dovrebbe stupire più di tanto. Le PMI non sono molto in agenda di questo governo. Un solo, macroscopico, esempio. Con la nuova legge dello statuto delle imprese, entro il 30 giugno di ogni anno il Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, presenta alle Camere un disegno di legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese volto a definire gli interventi in materia per l’anno successivo.

Sono passati 4 mesi dal 30 giugno. E nessun disegno di legge annuale è uscito. Un operatore esperto della materia mi dice che:

L’adempimento diciamo che è stato osservato in parte, ma non nelle forme e con i tempi prescritti dallo Statuto. Il Ministero dello sviluppo economico ha cercato per quest’anno di porre fede all’impegno con il cd. Decreto Crescita (DL n. 179/2012), che contiene alcune misure per la tutela e lo sviluppo delle PMI ed ha lavorato insieme alla Funzione Pubblica alle disposizione contenute nel DDL semplificazione approvato dal Governo il 4 ottobre, le cui misure, se dovessero essere approvate con il DDL in questione o trasposte in un altro provvedimento dall’iter più veloce, contribuirebbero a delineare un quadro normativo più orientato alle PMI.”

In parte. Non nelle forme. Non con i tempi. Ha cercato.  Se dovessero essere approvate. Contribuirebbero.

Ditemi voi come si possano “tutelare” e “sviluppare” con queste parole in neretto le nostre PMI. Ditemi voi.

4 comments

  1. Al primo incontro del movimento quest’estate a Tor Vergata ho cercato appunto di dire che oggi c’è una spaccatura all’interno della classe dominante, da una parte gli imprenditori legati alla produzione e quindi al territorio; dall’altra quelli che qualche tempo fa Della Valle ha chiamato “i furbetti cosmopoliti”. Riferendomi ai primi ho detto che “stanno per essere spazzati via” come i salariati e la classe media in generale.
    Il fine di queste leggi con troppi condizionali, di questi DDL anticorruzione che non servono a niente, delle spending review fatte coi piedi, della politica di austerità prociclica è appunto quello di distruggere prima i salariati e la struttura dello Stato, poi la PMI che peraltro ha sostenuto questa opera di distruzione salvo a rendersi conto adesso che il disegno era un tantino più complesso di quello che credevano.

    Non è più il tempo delle sole analisi e proposte; occorrono le denunce (proprio quella parresia che vi piace tanto a parole) e la sensibilizzazione “sul campo” dei cittadini cercando nel poco tempo rimasto di far capire alla gente che la spesa pubblica serve alla comunità intera, sia ai salariati che alle PMI; che esistono interessi sovranazionali che proprio per il fatto di non essere legati ad alcun territorio non sentono alcuna affinità con le altre forze sociali e stanno cercando di imporre un regime che di democratico ed equo avrà solo il nome e poi nemmeno più quello; che le politiche di austerità sono strumentali proprio per poter mantenere il controllo politico della situazione distruggendo il senso della partecipazione democratica; che occorre ripensare le forme dei rapporti sociali a partire dai rapporti di lavoro e molte altre cose.

    O si comincia a parlare fuori dai denti, o ci si comincia ad alleare con altri gruppi con impostazioni ideologiche compatibili almeno in parte, o si esce dai blog per andare a “convertire” i concittadini meno reattivi o, come ho detto, sarete e anzi saremo spazzati via dalla storia senza pietà.

    L’unica vera soluzione per questa crisi è aumentare in maniera consistente il livello di consapevolezza e partecipazione dei cittadini e per farlo bisogna avere il coraggio di dire tutta la verità.

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  2. Giorgio Bolesan

    06/11/2012 @ 10:07

    buongiorno,
    le ultime righe di Marco contengono un’istigazione che meriterebbe una platea minimo nazionale. Concordo. Ma dove sono i media che hanno quel coraggio.
    Più che di coraggio non si tratta di “convenienza” personale o partitica?
    Prof. Piga, qui scrive “stupida recessione” ma non è più stupida l’”austerità”?
    Ho avuto il pacere di ascoltare il suo intervento, qualche mattina fà, nella rubrica economica di RAI1: complimenti, mai sentito esprimere opinioni così chiaramente. Mi pare che nell’occasione oltre a parlare di recessione sostenne,
    con garbo ma con fermezza, la stupidità della austerità. O sbaglio?
    Saluti a tutti.

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    • E questo riporta al discorso del prof sugli USA come esempio di Unione da seguire incluse le obiezioni di Caterina nel post su Obama e FDR.
      Perché gli Stati Uniti hanno un forte sentimento di appartenenza alla stessa comunità e noi europei no?
      Perché hanno combattuto insieme per ottenerla.
      Noi quindi dobbiamo indicare chiaramente chi sono i nemici dell’Unione e combatterli insieme risvegliando la coscienza di tutti i cittadini con messaggi di denuncia senza mezzi termini e indicando dei nuovi modelli di rapporti sociali basati sull’inclusione e la solidarietà, non solo sulla competizione e il profitto individuale.
      Esiste anche il profitto collettivo, altrettanto vantaggioso di quello individuale e non in contrasto con esso ed è un concetto che andrebbe sviluppato e diffuso.

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