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Non si uccidono gli usignoli e i mimi

Il Congresso Usa ritiene e dichiara che: (…)

… leggi e regolamentazioni disegnate per l’applicazione ad entità di grande dimensione sono state applicate uniformemente alle piccole imprese … anche se i problemi che hanno giustificato l’azione del governo possono anche non essere state causate dalle entità più piccole;

… regolamentazione federali e obblighi di compilare documentazione hanno in molte situazioni imposto pesi eccessivi e non proporzionati alle piccole imprese, comprendendo costi legali, contabili e consulenziali;

… l’incapacità di riconoscere differenze nella scala e nelle risorse delle aziende regolamentate ha in numerose circostanze negativamente pesato sulla concorrenza nel mercato, scoraggiato l’innovazione e ridotto i margini di miglioramento della produttività;

 … approcci regolatori alternativi che non confliggono con gli obiettivi dichiarati  … possono essere disponibili, aiutando a minimizzare il significativo impatto economico sulle piccole aziende …

 … il processo tramite il quale le regolamentazioni federali sono sviluppate ed adottate dovrebbe essere riformato per richiedere alle agenzie di sollecitare idee e commenti da parte delle piccole imprese … per esaminare l’impatto delle regolamentazioni esistenti e proposte e per rivedere la necessità di mantenere le regolamentazioni esistenti.

Questo Jimmy Carter per voi, Presidente Usa fine anni 70. Si chiama Regulatory Flexibility Act, RFA, approvato nei lontani anni settanta per bloccare norme e regolazioni troppo costose per le PMI. Parliamo dunque di cose importanti. Cose pratiche, che servono alla vita di tutti i giorni delle piccole imprese. Per esempio:

visto che la Federal Communication Commission (FCC) aveva limitato l’utilizzo del fax per telemarketing a fini di privacy e visto che questa era una regolamentazione che prevedeva che prima di poter inviare un fax recante una pubblicità non richiesta bisognasse ottenere permesso scritto dal potenziale ricevente, dopo aver determinato un significativo impatto negativo per molte piccole imprese, l’Office of Advocacy ha spinto con successo la FCC per bloccare l’avvio di tale regolamentazione fino al passaggio di una legge (Junk Fax Prevention Act del 2005) firmata dal Presidente Bush che, grazie anche all’attivismo dell’Office per Advocacy, prevede che siano esentati i fax che contengono una possibilità di rifiutare di ricevere fax simili sulla cover page del fax stesso. La stima dei risparmi per le piccole imprese è stata valutata attorno 3,5 miliardi iniziali e 700 milioni di dollari per anno.

Già robetta. Ma essenziale. Il Regulatory Flexibility Act nel 1996 il Presidente Clinton dà potere alle corti giudiziarie di esaminare l’effettiva aderenza delle Agenzie federali con il RFA e permette all’Office of Advocacy di costituirsi, in eventuali processi in tribunale attivati da piccole aziende, contro le Agenzie e come amicus curiae delle piccole imprese, tramite memorie a supporto delle stesse.

Contro le Agenzie. Come se oggi lo Stato si schierasse a difesa delle piccole contro i Ministeri che regolano a vanvera o gli uffici delle Regioni con le loro determine. Pagandogli gli avvocati. Contro i Ministeri. Non male, eh?

Inoltre, per le regolamentazioni dell’Agenzia per la Protezione Ambientale e dell’Amministrazione della Sicurezza e Salute sul Lavoro la norma richiede che un panel composto da piccoli imprenditori e rappresentanti delle Agenzie debba riunirsi, prima ancora che la proposta di regolamentazione sia pubblicata per il dibattito formale, con le parti interessate per esaminarne l’impatto sulla piccola impresa.

Che meravigliosa cosa a supporto vero della competitività di un sistema di piccole imprese destinate a crescere con maggiore probabilità perché lo stato gli è vicino.

E da noi? Beh da noi finalmente nel 2011 ci siamo dotati dello Statuto per le Imprese. Bellissima legge,  volta a assicurare lo sviluppo della persona attraverso il valore del lavoro, sia esso svolto in forma autonoma che d’impresa, e di garantire la libertà di iniziativa economica privata in conformità agli articoli 35 e 41 della Costituzione. In esso ci si impegna in particolare:1. a valorizzare il potenziale di crescita, di produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese; 2. ad adeguare l’intervento pubblico e l’attività della pubblica amministrazione alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Lo Statuto prevede che si disciplini anche la questione della regolazione:

Lo Stato, le regioni, gli enti locali e gli enti pubblici sono tenuti a valutare l’impatto delle iniziative legislative e regolamentari, anche di natura fiscale, sulle imprese, prima della loro adozione, attraverso:

a) l’integrazione dei risultati delle valutazioni nella formulazione delle proposte;

b) l’effettiva applicazione della disciplina relativa all’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e alla verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR);

c) l’applicazione dei criteri di proporzionalità e, qualora possa determinarsi un pregiudizio eccessivo per le imprese, di gradualità in occasione dell’introduzione di nuovi adempimenti e oneri a carico delle imprese,tenendo conto delle loro dimensioni, del numero di addetti e del settore merceologico di attività.

La relazione AIR dà conto, tra l’altro, in apposite sezioni, della valutazione dell’impatto sulle piccole e medie imprese e degli oneri informativi e dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. Per onere informativo si intende qualunque adempimento comportante raccolta,elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.

Certo, non siamo a livello Usa ma sarebbe un primo passo. Sarebbe. Dove stiamo con l’attuazione e l’applicazione di queste regole? Non è dato sapere. Ci faranno sapere al Ministero dello Sviluppo?

Certo, ci faranno sapere. Nel frattempo annotiamo come la stesse legge rilevi come il Governo: entro il 30 giugno di ogni anno il Governo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico presenta alle Camere un disegno di legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese volto a definire gli interventi in materia per l’anno successivo.

Ebbene, sappiate, già dal primo anno di attuazione delle legge il disegno di legge NON c’è. Arriverà.

C’è un libro che amo molto, in italiano si chiama il Buio oltre la siepe, titolo originale, To Kill a Mockingbird. Il film tratto dal libro vede uno stupendo Gregory Peck come attore principale. Leggetelo ai vostri figli. Il titolo originale cosa significa? “Uccidere un usignolo” (in realtà è un “mimo”, simile ad un usignolo) tratto da questo passo del libro:

“Atticus said to Jem one day, “I’d rather you shot at tin cans in the backyard, but I know you’ll go after birds.  Shoot all the blue jays you want, if you can hit ‘em, but remember it’s a sin to kill a mockingbird.”  That was the only time I ever heard Atticus say it was a sin to do something, and I asked Miss Maudie about it.  “Your father’s right,” she said.  “Mockingbirds don’t do one thing except make music for us to enjoy.  They don’t eat up people’s gardens, don’t nest in corn cribs, they don’t do one thing but sing their hearts out for us.  That’s why it’s a sin to kill a mockingbird.

Traducendo io una parte:

Il papà che dice alla figlia: “è un peccato mortale uccidere i mimi.” E una signora conferma: “tuo padre ha ragione. I mimi non fanno null’altro se non musica bellissima. Non mangiano nei giardini delle persone, non fanno nidi nei campi di grano, null’altro fanno se non suonare con tutto il loro cuore per noi. Ecco perché è un peccato mortale uccidere un mimo”.

Ed ecco perché io penso che sia un peccato mortale lasciar morire le nostre piccole imprese nell’indifferenza della grigia burocrazia.

13 comments

  1. Ma il punto è che non è colpa della grigia burocrazia la quale non è minimamente indifferente ma fa gli interessi di qualcun altro che è il vero responsabile; certo che se uno non lo nomina per eccesso di prudenza gli facilita il lavoro…
    Capisco che se parlo io che sono solo un microscopico bosone di Higgs conta poco ma esiste, ad esempio, questo articolo di Nicola Acocella:

    http://temi.repubblica.it/micromega-online/crisi-equita-sviluppo/

    Cosa ne pensa? E’ d’accordo, non lo è, non vale la pena di parlarne?

    Lei si preoccupa delle PMI che sono una realtà legata al territorio e che si trovano con l’ acqua alla gola esattamente come i salariati che stanno riducendo in maniera consistente i loro consumi; a questo proposito Nicola Acocella (che non è un bosone qualsiasi) nell’ articolo linkato parla addirittura di un concreto pericolo di derive autoritarie ricordando le conseguenze delle politiche deflazionistiche di Weimar.
    Insomma esiste un nemico comune delle PMI e dei lavoratori dipendenti, ossia di chi si trova per costruzione legato al territorio (lei sottolinea spesso l’ importanza della sovranità nazionale e del patriottismo che ovviamente nasce non dall’ insegnamento scolastico ma dalla lotta contro un nemico comune) e per la primissima volta nella storia il conflitto fra le classi può trasformarsi in una lotta da combattere insieme.

    Come si può sperare che sia tutto una favola che si può realizzare per la felicità di tutti quando è assolutamente evidente che ci sono idee diametralmente opposte sul lieto fine? Come si fa a chiedere uno scatto di reni in nome di altissimi ideali a persone che lei stesso definisce dei nani da cartone animato (sic) accecati dal desiderio dei diamanti nella loro miniera?
    Se le persone come lei non cominciano a indicare con chiarezza quali sono gli interessi in gioco, quali sono i gruppi e i rappresentanti dei gruppi lo farà qualcun altro fra non molto, perché le politiche di rigore porteranno la gente all’ esasperazione e allora i pifferai avranno gioco molto facile nell’ indicare qualche capro espiatorio reale o fittizio, funzionale ai loro disegni con risultati che purtroppo in Europa conosciamo molto bene. Poi chiederà anche a loro uno scatto di reni?

    Nel suo blog lei offre spunti interessanti, divulga idee e proposte valide ma sempre e comunque si tratta o di “richieste” al leader che esplichi tutta la sua “potenziale potenza salvifica” (parole sue), di inviti allo scatto di reni o i moniti a non compiere dei “peccati mortali” come quello di non uccidere un piccolo uccellino indifeso.

    Ma è così indifeso l’ uccellino? Ma lei è veramente sicuro che a lei, ai suoi ideali, convenga un uccellino indifeso?
    Il suo blog è interessantissimo per le analisi e le proposte ma dal punto di vista politico è, per così dire, un tantino liliale; quando lei scriveva di avere un sogno pensavo che volesse anche realizzarlo non solo raccontarlo al caro leader sperando che volesse benignamente prenderlo in considerazione. I cari leader, come lei sa benissimo, si smuovono solo quando si rendono conto che il popolo, istruito dagli intellettuali come lei, ha capito la situazione e si sta ammassando sotto i cancelli del palazzo.
    Mi è venuta voglia di mangiare una brioche, non so perché.

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    • Lodevole e intelligente intervento caro Marco.
      Dubito che la mancanza di realismo da cui sono affette le “visioni” italiane del problema dell’euro- che è inutile e cieco confondere con quello dell’europa- possa mai a condurre a proposizioni politiche operativamente significative.

      L’ossequio verso il potere “costituito”, della cui legittimazione gli italiani stentano a interrogarsi dai tempi del regno temporale della Chiesa, è un freno troppo forte a veri mutamenti del paradigma politico (oggi assolutamente necessario).
      Si preferisce lasciare che la Costituzione sia calpestata senza reagire, fino al punto da rendere il danno irreversibile (e ci siamo), salvo poi accodarsi ai vincitori di uno scontro combattuto “anche per noi”, da “altri”, gli “stranieri”
      Quindi, more solito, USA in testa, quando sarà risolto il problema della rielezione di Obama, e presto anche la Francia, quando sarà colpita dall’austerity per rientrare nel fiscal compact…Allora sule prodezze di questo “potere costituito” ci sarà da ridere (amaramente, come nel 1943-45)

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      • Appunto, e voglio sentire Krugman se dopo le elezioni continuerà a insistere sulla necessità di salvare l’ euro (I’m sorry, but I’m afraid that for your own good…). Seguo questo blog con interesse anche perché ammiro molto e capisco bene il significato dell’ ottimismo propositivo e anti conflittuale del professore e quando arriverà il momento delle proposte politiche basate sul “che fare”, non solo dei progetti suggeriti al leader, sarò molto contento di poter dare un qualsiasi contributo, se non altro di massa critica.

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        • E “che fare?” è un problema…siamo in Italia, troppo indietro come cultura e razionalità “media” e a questo punto è pure inutile cercare le cause di ciò. Prima di tutto occorre riconoscere questo problema ed anche la sua vischiosità “paralizzante”.
          Credo che l’aggregazione debba partire dalla base, attraverso la rete, come ha fatto grillo (su pseudo-contenuti, disfunzionali rispetto alla portata dei problemi…per difetto di cultura). Forse la domanda è “per chi suona la campana?”. Per chi è disposto a combattere…

          Cosa fare è abbastanza chiaro, solo che per farlo occorre necessariamente essere in molti e il “riunire” questi “molti” non può passare per soggetti politici preesistenti, ormai tutti irrimediabilmente e variamente “tarati” dalla melassa euro=europa, pace, stabilità (come no?).
          Nessuno pensa a creare un OWS in Italia, eppure è la soluzione più diretta, sotto gli occhi di tutti (quelli che si preoccupano veramente del futuro)…

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          • “il ‘riunire’ questi ‘molti’ non può passare per soggetti politici preesistenti”

            Sì, sono d’ accordo.

  2. Jimmy Carter HR 5612…. withered on the vine. Its sustenance, money, followed Reagan’s “deregulation” path.

    Regards

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    • Here’s what happens in America:

      Weak Sales Deflate Business Owners’ Optimism: Survey
      Published: Tuesday, 10 Jul 2012 | 7:30 AM ET

      By: Patricia Orsini, Small Business Editor

      Small business owners’ pessimism about the U.S. economy seems to be rising with temperature. For the second month in a row, the Small Business Optimism Index declined, according to a monthly survey by the National Federation of Independent Business.

      “Optimism fell off last year at the same time, but not like this,” said William Dunkelberg, chief economist for the NFIB. The index was down three points in June, after a one-tenth of a point decline in May.

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  3. Professore, mi invita a nozze.

    “Atticus aveva ragione. Una volta aveva detto che non si conosce realmente un uomo se non ci si mette nei suoi panni e non ci si va a spasso”.

    (da “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee (1962), traduzione di Amalia D’Agostino Schanzer. Milano, Feltrinelli).

    Buona lettura a tutti e Buona vita (as usual).

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  4. Condivido TUTTO lettera per lettera!
    Penso che le piccole aziende, ancora un po’ artigianali, o familiari, non solo facciano parte della tradizione, del patrimonio culturale italiano ma che abbiano in larga parte contribuito al sostentamento del nostro stato.

    Purtroppo, da un po’ di tempo è in atto una campagna sia politica che di informazione che le danneggia per favorire i grandi gruppi.

    Nella mia piccola città, come in tante altre, un centro commerciale (di livello piuttosto mediocre e con sempre i soliti grossi marchi) ha in pratica ucciso il centro storico che ora è pressoché deserto; i negozi stanno chiudendo uno dietro l’altro. Oltre alle responsabilità politiche, non capisco neppure la gente che affolla questi orripilanti “non luoghi”, a dire il vero.

    Sempre la mia città era economicamente florida, ma in pratica mono-settoriale; ora il tessile è irreversibilmente estinto (salvo qualche gruppo più grosso che ha delocalizzato), una crisi locale senza ritorno a cui si è sommata la crisi generale.

    NON SI UCCIDONO GLI USIGNOLI E I MIMI.

    Grazie, Professore!

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  5. Non c’è neanche bisogno di andare nel mondo delle imprese. Basta pensare che un qualunque cittadino che debba presentare la dichiarazione dei redditi, e non per redditi fantascientifici ma magari perché ha contemporaneamente un reddito da lavoro dipendente e qualche introito da lavoro autonomo, la casa dove abita, quella ereditata dai nonni al paese e magari un monolocale dove ha investito i suoi riparmi che ha dato in affitto per integrare il reddito, un po’ di spese mediche e assicurative deducibili, non è assolutamente in grado di compilarla da solo, per non parlare poi di compilare il modulo F24.
    Pochi giorni fa mi è arrivato un accertamento dell’Agenzia delle Entrate dovuto a un ritardato pagamento. Il pagamento era stato fatto l’1 dicembre invece che il 30 novembre. Immagino che il commercialista, ci pensa lui a pagare, abbia trovato la fila alla posta, o magari il 30 novembre aveva l’influenza o qualcosa del genere. Insomma 19 centesimi di interessi per ritardato pagamento, 13 e rotti euro di sanzione. E parliamo di proporzionalità?
    Il bello è che c’era allegato un F24 precompilato. Avendo deciso di pagare on-line (mettermi a protestare per meno di 14 euro mi sembrava una pura perdita di tempo) ho perso mezz’ora perché il formato dell’F24 sul sito della banca è diverso da quello del modello che mi avevano mandato e non capivo quali campi compilare.
    E poi parliamo di semplificazione.
    Professore, metà della spesa pubblica italiana è PIL solo per finzione contabile, in realtà è puro spreco, produzione di norme assurde, pensioni dorate (caso Amato insegna), corruzione e cose simili. Togliere lo stipendio al demente che mi ha mandato l’accertamento suddetto (il costo sarà sicuramente superiore ai 4 euro che ho pagato) e invitarlo ad andare a zappare la terra farebbe aumentare il PIL perché la spesa che lo Stato sostiene per quella persona e che appare nel PIL è pura finzione contabile. Quella persona in realtà distrugge PIL, mentre se tirasse su un paio di patate qualche cosa di utile la sua attività produrrebbe.
    Se i mercati ci puniscono è perché si sono accorti che i dati del PIL italiano, così come di quello greco, sono drogati da una spesa pubblica inutile e che anzi è dannosa all’economia vera.
    All’interno della spesa pubblica abbiamo ormai solo la sanità che funziona ancora in maniera decorosa e manco ovunque. La scuola produce per il 90 % degli asini, le università fanno scappare i pochi talenti che alla fine potrebbero emergere, la tutela dei beni culturali e paesaggistici, autentica grande ricchezza italiana, fa ridere, Pompei insegna, e serve solo a mettere altre norme che impediscono di fatto qualsiasi attività laddove ci sia mezzo albero, la burocrazia non facilita e migliorama soffoca, vedasi le norme per la tutela della sicurezza sul lavoro che non impediscono affatto le morti bianche ma in compenso impongono una quantità di procedure allucinanti, il sistema previdenziale-assistenziale regala soldi in cambio di niente (ma insomma, perché mai a un cassaintegrato non si può chiedere almeno di andare due ore al giorno a tenere pulite le strade?).
    Basta con il mantra della spesa pubblica “bella”. Lo può diventare, certo, ma non con le regole e la mentalità che adesso vi imperano, non con la classe politica pavida che ci ritroviamo adesso (tutta, da destra a sinistra passando per i tecnici).
    Centralizzare gli acquisti alla CONSIP può servire, certo, ma non cambierà la sostanza delle cose perché a monte manca la domanda fondamentale: “perché sto comprando quella cosa?”

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  6. bene professore, vorrei aggiungere quello che sto riscontrando in questi ultimi tempi: le aziende più efficenti che hanno fatto investimenti chiudono a vantaggio delle imprese meno efficenti (e meno indebitate); le aziende più efficenti (di solito PMI)chiudono a causa della insopportabile pressione fiscale a vantaggio delle grandi imprese burocratizzate in perdita costante e inefficenti e delle imprese che eludono o evadono. Se continuiamo così va a finire veramente male! Inoltre a scuola, voi professori, mi avevate insegnato esattamente l’opposto circa la selezione di mercato……

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  7. Mi chiedo sempre qual è la piccola impresa, e me lo domando perchè la mia definizione e concezione è ampia,ma forse sbagliata. Vivo in Sardegna e anche qui quando si parla delle pmi si pensa alle aziende artigiane, che magari realizzano oggettistica costosa o lavorano la filigrana e il corallo, o altre che operano nel settore agroalimentare e realizzano che so la bottarga piuttosto che i malloreddus. Ecco che ,come direbbe forse Lubrano la domanda sorge spontanea: ma nelle pmi sono comprese ci sono per caso anche i commercianti? Il mio edicolante è compreso tra le pmi? Il negozio che vende jeans o maglierie che gli arrivano dal Cis di Napoli o che vende scarpe che arrivano dalla Puglia o dalle Marche, anche lui è tra le pmi? Il rappresentante che esce alle 5 del mattino e torna alle 11 di notte o che sta via tutta la settimana, anche lui è tra le pmi? Perchè ,mi direte, mi faccio queste domande: perchè mi pare che ogni volta che si pensa ad aiuti riguardanti l’economia del paese che è in difficoltà, si parla di aziende che producono e che devono confrontarsi con i produttori esteri. Allora la conclusione è che le persone, le partite iva, che ho menzionato sopra, a parte quelle imprese del settore agroalimentare, non rientrano in aziende o partite iva degne dell’aiuto e dei suggerimenti o delle dritte per uscire dalla crisi. Chi vende o che fa quel lavoro, peggio per lui. Ci vorrebbe qualche ministro che aggiunga costoro alla categoria degli “sfigati”. Potrei proseguire nei ragionamenti ma penso di essermi spiegato: avrei voluto parlare della Consip ma tralascio.

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  8. D accordo su tutto . Vorrei aggiungere che dubito che una soluzione “tecnica” possa risolvere un problema che è in parte culturale e in parte corporativo.
    Culturale perchè in fondo l opinione pubblica alimentata dai media confida nella legge ” avanzata” che crea posti di lavoro o in quella anticorruzione che elimina il malaffare o in quella ” rigorosa ” che promette di abolire l evasione fiscale . La legislazione salvifica e emergenziale che ci accompagna da anni produce mostri normativi che si autoalimentano autoriproducendosi con l obiettivo di migliorarsi : il regolamento dei contratti approvato un anno fa dopo una gestazione lunghissima, ha già più di cento modifiche. La riforma del lavoro , ancora non entrata in vigore ha già i suoi correttivi pronti in sede di conversione del dl crescita . Naturalmente una regolamentazione così complicata giustifica una serie di controllori , in parallelo beninteso non in linea, in modo che ognuno possa dare la sua interpretazione senza necessità di coordinarsi con gli altri controllori, alimentando conseguentemente difficoltà interpretative e applicative che ricadono su famiglie e imprese. Questa situazione è alimentata da chi a vario titolo istituzionale deve giustificare il proprio ruolo che si può conservare solo mantenendo costante il livello di complessità del sistema ( semplifico una norma ma ne emano altre due ) .Questo è l aspetto corporativo, che in qualche modo si lega agli interessi della grande impresa che stimola la iperregolamentazione che logicamente esclude dal mercato chi( la piccola impresa) non riesce a
    gestirla. Sullo sfondo a completare il quadro uno dei motivi ” epocali ” di una legislazione soffocante è la trasformazione della legge da norma generale e astratta e quindi proprio per questa portatrice intrinseca di ” giustizia” alla legge-provvedimento che disciplina sempre di più casi concreti se non addirittura situazioni specifiche , dovendosi per questo moltiplicarsi per “n” volte, quante sono le situazioni che non si è riusciti a prevedere in modo astratto e generale . Non è un problema italiano ma europeo, che in Italia è aggravato dalla debolezza della politica , che è l unica forza che se dotata di visione e di senso di missione può risolvere problemi così complessi .

    La soluzione la può dare una politica che abbia una visione e una missione

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