THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

I numeri che dispiacciono alla politica

Feindre de croire un mensonge est un mensonge exquis – Fingere di credere ad una bugia è una bugia squisita.

Maurice Chapelan

Fallacia alia aliam trudit - Un inganno tira l’altro.

 Publio Terenzio Afro

 You don’t monkey with the numbers – Meravigliosamente intraducibile

Joe Stiglitz

E così (grazie a Keynesblog per la segnalazione) Obama è stato accusato (anche da persone di una qualche rilevanza nei salotti buoni Usa, come Jack Welch, ex “mitico” Presidente di General Electrics)  di avere “artatamente” influenzato le statistiche sulla disoccupazione americana, finalmente scesa sotto la soglia comunicativamente critica dell’8%, accompagnata da una “ripresina” del tasso di partecipazione, drammaticamente calante in questi ultimi cinque anni.

Il Nobel Joe Stiglitz in un fantastico scambio televisivo su MSNBC smentisce la possibile cospirazione.

Lo fa però in maniera paradossale e cioè raccontando di quando il Presidente Bill Clinton – che aveva nominato Stiglitz a capo della struttura tecnica di consulenza economica del Presidente, il Council of Economic Advisors -  anche lui alle prese con la rielezione, furioso per un cambiamento nel calcolare il PIL nelle statistiche che avrebbe ridotto il suo valore, chiese (“Can’t you stop this? Can’t you wait until after the elections?”) se non “vi fosse un modo per fermare ciò o rinviarne la comunicazione” da parte dell’ISTAT a stelle e strisce, il prestigioso Bureau of Labor Statistics.

Stiglitz, secondo il suo stesso racconto, apparentemente rispose “no, sono un’agenzia indipendente, non li possiamo toccare”. E soprattutto, aggiunge, “quello che possiamo fare è spiegare cosa siano questi (nuovi) numeri” ed il loro calcolo, cosa che apparentemente Clinton fece in campagna elettorale.

Sarà, ma il fatto sta che Clinton ci provò. Come fanno spesso i politici per fini elettorali.

E, come dice il Premio Nobel, è roba rischiosa, molto rischiosa.  “You don’t monkey with the numbers, because that destroys your credibility and the one thing we still have is credibility with the numbers”, afferma Stiglitz. Espressione splendida e difficilmente traducibile, “monkey with” significa qualcosa come non “pasticciare”, “non pasticci coi numeri, perché ciò distruggerebbe la tua credibilità”, come Governo, “perché se c’è una cosa che ancora abbiamo è la credibilità di questi numeri”.

*

Ci sono poi altri tipi di bugie sui tassi di crescita dell’economia che meritano la nostra attenzione. Sono quelle che da sempre caratterizzano i documenti di finanza pubblica europea, specie da quando abbiamo scritto delle regole di limiti “costituzionali” legate al valore del PIL; come quelle di deficit e debito su prodotto interno lordo.

Ovviamente i governi europei hanno un incentivo in più sovrastimare questa statistica così importante: non solo per far bella figura sulla loro capacità di generare benessere, ma anche per evitare di mostrare conti pubblici che non obbediscono alle regole  fissate a Bruxelles.

Quando poi arriva una recessione grave questi incentivi a “negare l’evidenza” diventano ancora più ovvi. E non è detto che siano cattive bugie, anzi.

Voi sapete che l’Italia nel 2012 era prevista crescere dell’1,2% secondo i documenti ufficiali del 2011. Ora sappiamo che (de)crescerà del circa 2,4%. Un errore di previsione del 3,6% non è nemmeno pensabile possa avvenire in così breve tempo. C’è del politico dietro di esso. Così come le stime attuali per il 2013, seppur negative, sono probabilmente rosee. Basta guardare al riassunto fatto dal centro studi di Confindustria dove vedete che Citigroup stima per l’anno prossimo una decrescita ben più ampia, attorno al 2,2%, dello 0,2% governativo.

Che la Commissione Europea non dica nulla al Governo Monti su questi scenari di PIL improbabilmente rosei significa solo che l’accordo è europeo e che in realtà tutti sanno benissimo che cosa significherebbe correggerle al ribasso: meno entrate, più deficit e più pressione politica (per esempio da parte della popolazione tedesca) per maggiore rigore e dunque maggiore austerità e decrescita nei paesi in crisi, aggravando la crisi. Già perché la follia è nota tutti che l’austerità è recessiva, ma non si può dire perché se lo dicessimo dovremmo anche ammettere che il contrario dell’austerità, l’espansione fiscale, è benefica per l’economia.

Quindi meno male che si menta: così non siamo obbligati a fare più austerità a causa delle idiotiche regole di politica economica che ci siamo dati.

E meno male che si menta anche per un altro motivo: ve lo immaginate cosa succederebbe se Monti andasse oggi in televisione e dicesse alle imprese italiane che la crescita 2013 non sarà del -0,2% ma, per esempio, del meno 1,5%? Quei pochi che vorrebbero ancora investire in Italia non lo farebbero più (“con questa economia? perché dovrei scommettere sul futuro?”), lanciando una nuova, l’ennesima, spirale perversa di dati pessimi, mancanza di fiducia, dati ancora peggiori ecc.

Sorge però a questo punto una innocente domanda: ma siamo sicuri che mentire sia sempre la strategia giusta? Non è che forse non sentendosi dire la verità la società rischia di non cercare mai la giusta soluzione? E non sarebbe meglio fare come fece Clinton, spiegare questi numeri alla popolazione? E non ne guadagneremmo il recupero di quello che in Europa ormai non abbiamo più, la credibilità dei numeri e dunque, in fondo, dei nostri Governi?

2 comments

  1. Giuseppe Agrillo

    07/10/2012 @ 14:24

    Ho l’impressione che i tedeschi debbano rimuovere il profondo trauma che si portano dietro dall’iperinflazione weimariana. Sono come quegli adulti che odiano il mare, poiché hanno rischiato di annegare da bambini.
    Spiegare ad un traumatizzato l’irrazionalità dei propri timori è impresa ardua…Forse solo un nuovo trauma potrà aiutarli a cancellare il vecchio.

    Reply
  2. Pingback: I numeri e le banche divise in 2 | www.econominima.it

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*