Sviluppo della cultura e cultura dello sviluppo passano per uno snodo comune, collante delle società nel tempo e tra luoghi: l’apprendimento, il “portare nella mente”.
Max Slevogt , Ritratto della famiglia Plesch – Museo ebraico – Berlino
Non a caso quando si salgono a piedi le scale del Museo ebraico di Berlino che portano, giustamente con fatica, alla conquista dell’accesso alla mostra permanente, il visitatore che nella prima stanza incontra le testimonianze del popolo ebraico nei secoli è messo di fronte al motore della continuità di questo. Vi si legge: “Nel giudaismo l’apprendimento è sempre stato considerato come il più grande bene, più della discendenza familiare o della ricchezza. Divenire istruiti è considerato assolutamente essenziale ed apprendere dalle scritture è il più alto ideale nel giudaismo. Al Rabbi come maestro è sempre stato concesso il più alto rispetto. La sua autorità fluisce dalla loro conoscenza e dalla loro opera. Nel giudaismo non vi è tradizione gerarchica con più e meno alti uffici o compiti religiosi. Fino al XIV° secolo le scuole superiori Talmudiche delle comunità sacre attrassero studenti da tutti i paesi dell’Europa Centrale… Nel Medio Evo, nel primo giorno di scuola, i bambini ebrei ricevevano una sorpresa: biscotti cotti al forno in forma di lettere per suggerire la dolcezza dell’apprendere… Ogni bambino ebreo imparava a leggere e scrivere. (mia traduzione)” La parola per “Sinagoga”, dove si prega e apprende, è “Shuh”, scuola.
Per dove passerà lo snodo dello sviluppo della cultura e la cultura dello sviluppo dell’Unione Europea nel nostro secolo? Nelle scuole e nelle università. Ma è lecito nutrire speranze che tale snodo sarà così potente e solido come lo è stato nel passato per quei popoli che lo hanno messo al centro della loro civiltà?