THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Quel freddo che abbraccia l’Unione europea

120 firme raggiunte per l’appello in poco più di 1 giorno, bene. Grazie a tutti e un grazie particolare agli studenti del Politecnico di Torino per la loro passione. Continuiamo a passare parola, dobbiamo arrivare a 1000 firme!

Interessante giornata in Danimarca parlando con gestori di fondi pensione. La Danimarca pare schierata con la Germania, malgrado mantenga la sua valuta, sul modello rigorista.

Grande interesse sull’Italia e sul suo destino. Fatalismo sulla Grecia. Nessuno ha mosso ciglio quando ho suggerito che la via migliore per la Grecia è fare default totale restando nell’euro, riducendo la spesa per interessi e dunque ottenendo qualche margine di respiro sul taglio dei salari pubblici richiesto dall’Europa. D’altro canto sono in buona compagnia nell’avere questa visione.

Domanda dal pubblico di gestori: “L’Italia potrà approvare una manovra di taglio dei salari del 20%, come quanto proposto in Grecia?” Sono trasecolato. Gli ho detto: “non ci avevo mai pensato, il che ve la dice lunga che non è nemmeno pensabile. Nemmeno un calo del 5% sarà possibile”.

Altra cosa, ho continuato, sarebbe un calo dei salari reali del 5% con salari nominali stabili ed inflazione, ma questa è roba che spetta alla BCE e sappiamo come la pensano a Francoforte …

Pare strano, ma è noto dalla storia delle riduzioni dei salari che una riduzione della busta paga in euro viene vissuta come una intollerabile umiliazione. Una medesima riduzione del potere d’acquisto di salari via inflazione non viene vissuta come un trauma. In realtà, ad esser pignoli, non è proprio sempre così; per esempio nei periodi di deflazione così non è: negli Stati Uniti, nel periodo 1841-1891, un periodo di prezzi stabili o decrescenti, su un campione di 13453 cambiamenti di salari, 41,1% furono in aumento e ben 31,7% in diminuzione (27,2% stabili). Ma non credo vi sia assolutamente un clima sociale in Italia che, anche di fronte a scelte drammatiche come quelle greche, sia disposto a tollerare tali tagli.

Sulle riforme si sono ritrovati quando gli ho raccontato quanto mi aveva detto il mio amico Elu, Professore in Germania: “tutte le riforme in Germania le ha fatte Schroeder, con l’enorme costo politico di avere perso le elezioni e di avere creato a sinistra del partito social democratico un partito comunista forte che ha indebolito la sinistra moderata tedesca”. Abbiamo concordato che una riforma di quel tipo del mercato del lavoro, d’accordo coi sindacati, ha avuto bisogno di 10 anni per maturare i suoi frutti, grazie anche alla sua tempestività di fronte all’arrivo della competizione cinese.

Ho anche parlato di una strategia europea guidata dalla Merkel di espansione fiscale. Mi è stato fatto presente del rischio di un aumento dei tassi reali a lungo termine tedeschi che un tale programma comporterebbe (ricordando quello che avvenne durante il salvataggio della Germania dell’est nei primi anni 90 da parte del Cancelliere Kohl) e quindi di perdite in conto capitale per gli investitori che detengono Bund. Non credo che una espansione in una fase domanda così debole avrebbe questi effetti sui tassi, che non si smuoverebbero. Anzi, ho detto, parliamo degli spread italiani e spagnoli che crollerebbero a seguito di un simile annuncio della Merkel!

La vera questione: ce la farà la Merkel ad arrivare a fare tanto, come fece con la Germania dell’est Kohl? Forse con l’arrivo di Hollande in Francia che parla di maggiore spesa pubblica?

Nel frattempo tutta l’Europa rimane congelata, attonita, nell’attesa che un leader la riscaldi.

One comment

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*