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Comunicazione ufficiale sul rapporto Debito Pubblico PIL

Il rapporto debito pubblico italiano-PIL - nel 2010 al 118,4% - per il 2011 si attesta ”in un range compreso tra il 119,5 e il 120%”.

Ecco i primi effetti contabili (visto che a tanti interessa la contabilità e non la sostanza) delle manovre politiche per l’austerità. Senza crescita, nessuna stabilità. Aspettiamo con ansia di vedere a che livello arriverà il rapporto debito pubblico PIL nel 2012 con queste manovre europee ed italiane che generano recessione e instabilità.

3 comments

  1. La crisi sembra essere più lunga del previsto e sembra porre importanti sfide agli economisti…Quale la soluzione? Sembra proprio che il progetto europeo non avrà vita facile.
    Difficile trovare un lavoro per i giovani. Problemi per gli over45. Abbiamo urgente bisogno di risposte. L’economia politica è scienza a servizio dell’uomo. Non sembra funzionare oggi!

    Forse con le singole valute nazionali sarebbe tutti più facile? Forse stimolare la domanda tramite inflazione a volte non è così sbagliato?! Cosa è stato sbagliato nella costruzione europea? Se questi sono gli effetti dell’austerità, come Lei sostiene, abbiamo altre alternative credibili? Abbiamo vissuto troppo a lungo al di sopra delle nostre possibilità ed ora ci aspetta un periodo di rientro? Cosa fare con i debiti dei PIIGs? I mercati cosa stanno prezzando? E soprattutto, cosa possiamo imparare per il futuro?

    Quante domande da questa crisi, così poche risposte…

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  2. Roberto Boschi

    15/02/2012 @ 23:20

    Caro Professore,
    siamo di nuovo in recessione dopo il “piccolo rimbalzo” che ci aveva riportato a recuperare la metà del PLI perso nella Grande Recessione 2008-2009.
    E i prossimi 4 trimestri del 2012, secondo le previsioni (ultima quella appena uscita di Natixis http://cib.natixis.com/flushdoc.aspx?id=62498 ), saranno tutti con il segno meno, per un totale 2012 -1,4% (sempre che il credit crunch non si aggravi altrimenti andrà anche peggio).
    Seguo con grande interesse la sua “lucida e appassionata crociata” per una politica economica che controbilanci l’austerità e condivido praticamente tutto ciò che propone ed ha proposto nei suoi post.
    Eppure credo che una politica “sana” lato domanda, pur se assolutamente necessaria specialmente come strumento anti-ciclico, non sia più (se mai lo è stata) sufficiente.
    I dati impetosi di questi ultimi 3 lustri, soprattutto post entrata nell’Euro, evidenziano un tasso di crescita medio annuo di pochissimi decimali di punto;
    il PIL potenziale, comunque lo si calcoli, non supera il 2%, sia per il ns trend demografico, sia per la dimensione e qualità degli investimenti privati e pubblici; la perdita di competitività lato costi di produzione si è progressivamente accresciuta; il paese è nelle ultime posizioni nella classifica della World Bank circa le condizioni che favoriscono la creazione e lo sviluppo dell’imprenditorialità (e, purtroppo ha continuato a peggiorare negli anni).
    Sono dati e analisi che io scorro, per necessiotà professionale, solo superficialmente e che lei conosce molto meglio di me perché sono, sicuramente, oggetto di ricerca e approfondimeno a livello universitario.
    Come si inverte questo trend ormai così radicato che ci sta portando verso una lenta, inesorabile agonia ed impoverimento?
    Vedo poche strade percorribili e tutte che hanno a che fare con le condizioni ed il sostegno all’Offerta.
    C’è sicuramente bisgno di rimettere al centro dell’attenzione e delle decisioni chi ha voglia di intraprendere e di investire, semplificando ad essi la vita e la possibilità di competere ad armi pari con chi ha una tassazione (cioè costi) molto meno gravosa ed esosa (sia su impresa che, soprattutto, lavoratori).
    C’è necessità di spendere meglio il denaro pubblico, diminuendo spesa corrente di funzionamento, incrementando (nella quantità, ma soprattutto nell’efficacia) gli investimenti in infrastrutture, ricerca di base, educazione.
    La Pubblica Amministrazione deve diventare un sostegno e non un intralcio o un “peso morto” che zavorra l’altra parte del Paese.
    Certo, affrontare questi aspetti lederà interessi ben radicati, nicchie (o meglio sacche) di priviliegi e rendite di posizione.
    Però, se non mettiamo le mani ed avviamo un deciso miglioramento per superare queste criticità, le prospettive non miglioranno, anzi, rischiamo, con sole politiche keynesiane di sostegno al ciclo, di ridare un pò di fiato all’economia e dare alibi a chi ci guida/guiderà per rimandare decisioni fortemente impopolari e far ancor di più incacrenire i problemi.
    Non è un’impresa impossibile. C’è chi ci ha provato e ci è riuscito, senza smantellare il welfare, ma recuperando competitività ed efficienza: la Svezia.
    Come si fa a diventare emuli degli svedesi?
    Co stima e molta considerazione (anche per l’impegno che mette nel blog!)
    Roberto Boschi

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    • Buonasera. Qual è l’obiettivo?
      Secondo me è salvare l’euro.
      Salvato l’euro, ci occupiamo del declino del mondo occidentale ed, al suo interno, del nostro ancora maggior declino.
      Per salvare l’euro deve fare riforme (intelligenti, non … a caso) che si possano fare in una recessione e spingere sulla domanda, guadagnando tempo. tempo che la Grecia ha bruciato per non avere usato atenaglia i 2 strumenti.
      Quindi niente taglio delle spese correnti, assolutamente. Solo quando usciamo dalla crisi. Casomai taglio di sprechi nella spesa corrente da spendere in maggiore spesa corrente (utilissima: immagini … la carta igienica nelle scuole o il ridipingere i muri sfregiati delle classi dei nostri bambini).
      Su tutto il resto concordo.
      Ma si ricordi: avere un miserrimo 0% nel 2012 invece di -2% aumenta terribilmente la probabilità che l’Italia ne esca da questa crisi e non esca dall’euro. Detto poi che questa è la logica che devono seguire tutti i paesi: da soli non bastiamo.

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