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700 colpi per un nuovo Rinascimento

Ringrazio Agora Vox Italia per avermi dato una opportunità in più per ragionare sul senso dell’appello per un nuovo Rinascimento e la lotta alla disoccupazione giovanile:

http://mobile.agoravox.it/Lavoro-ai-giovani-L-economista.html

Rispetto a quell’intervista siamo 700 e non più 400. Grazie a tutti. Un ultimo sforzo, parlatene, diffondete, discutetene con chi non è d’accordo, elaborate critiche, e, se volete, firmate.

Foto Fotosciop.

3 comments

  1. Oggi leggo l’articolo di Alesina-Ichino sul Corriere (http://www.corriere.it/economia/12_febbraio_15/se-il-posto-non-e-fisso-il-salario-va-alzato-alberto-alesina-andrea-ichino_e023eeac-57b2-11e1-8cd8-b2fbc2e45f9f.shtml)

    la prima cosa che mi viene da dire e’ “terrificante”. Poi mi fermo e mi chiedo cosa c’e’ in quell’articolo che mi turba.

    1. E’ vero che buona parte del welfare viene da risorse interne alle famiglie. Tuttavia bisogna considerare com’e’ variata nel tempo questa percentuale di assistenza familiare. Io mi accorgo invece che molte famiglie non riescano proprio piu’ a mantenere questa forma di assistenza.

    2. “Per poter godere del welfare familiare, che aiuta anche a trovare un impiego grazie ai contatti dei genitori più che alle reali capacità, i giovani promettenti frequentano università mediocri sotto casa o non si allontanano per trovare un posto di lavoro migliore e più adatto alle loro caratteristiche.”

    Vivendo da studente universitaria fuori sede a me sembra che qui si stia generalizzando un po’ troppo. E mai sento da questi illustri prof rimedi, solo analisi. Di ragazzi bravi e meno bravi che scappano letteralmente dalla propria citta’ di origine, specie dal Sud, per studiare altrove ce ne sono tantissimi. La famiglia poiche’ gli studenti, neppure quelli piu’ bravi e meritevoli (a parita’ di reddito dichiartaato) ricevono borse di studio adeguate, investe sui propri figli mantenendoli all’universita’. Sistemiamo l’universita’ e diamo incentivi forti cosi’ l’80% dei laureati a casa o fuori casa saranno bravi e competenti.

    Chiedo: Esistono dati per capire quanti di questi studenti che vanno a lavorare fuori dalla provincia di residenza, tornano effettivamente a casa dopo la laurea e vengono subito assunti per merito e per spintarella? e rispetto a quelli che non sono mai partiti?

    3. I ragazzi anche adulti vivono con i propri genitori: ma avete per caso guardato quanto costano gli affitti nelle citta’?? come ci si puo’ permettere di vivere fuori senza lavoro o senza la famiglia che ci aiuti? I giovani hanno una gran voglia di cambaire: guardate quanti vivono a Londra, con basse retribuzioni, ma sono contenti di farlo e cmq riecsono a farlo. in Italia e’ dura!

    Quali sono i progetti di questo governo sull’evasione negli immobili in affitto a studenti?

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    • Ho letto l’articolo e sono abbastanza perplesso.
      Intanto quello che non capisco è come si continui a confondere il posto fisso con l’art 18. Per quanto ne so io il posto fisso non esiste: in caso di difficoltà economica il datore di lavoro può licenziare eccome. Di ristrutturazioni aziendali ne abbiamo viste a iosa da sempre. Io stesso, in quanto dirigente d’azienda e amministratore delegato, ho avuto il dispiacere di praticarne quattro durante la mia carriera.
      Quello che non è consentito, al datore di lavoro, è licenziare senza giusta causa. Anche qui l’art 18 non c’entra, semmai è la legge 604/66 che lo sancisce, e non limitatamente alle aziende con più di 15 dipendenti ma a tutte.
      L’art 18 stabilisce solo che in caso di licenziamento illegittimo il datore di lavoro è tenuto al reintegro del lavoratore, il quale può optare però per un risarcimento. Nelle aziende fino a 15 dipendenti, è invece il datore di lavoro che può scegliere fra reintegro o risarcimento.
      Che una vertenza possa protrarsi anche diversi anni non dipende né dall’art 18 né dalla legge 604, ma dai tempi biblici della giustizia in italia – questo sì un problema per gli imprenditori.

      A questo punto viene il sospetto che quello che si vuole abolire non sia l’art 18 in sé, ma il divieto di licenziamento ingiustificato: e vai con l’arbitrio!

      Quanto alla tesi secondo cui l’art 18 comporterebbe una compressione dei salari perché su quelli ci sarebbe una sorta di pedaggio assicurativo che il datore fa pagare, beh, è tutta da provare. Allo stesso modo è possibile sostenere che una volta abolite le tutele del lavoratore questi sarebbe obbligato ad accettare qualunque condizione, e non solo dal punto di vista economico, visto che si verrebbe a trovare in una posizione di estrema debolezza contrattuale: non dico che non ci siano datori di lavoro illuminati, ma non è su costoro che ci si può basare per riscrivere le regole.

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