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Combattiamo la recessione

Essere a Parigi ha il vantaggio di vivere nelle nuvole e lo svantaggio di perdersi la partita di calcio. Leggo poco e so meno sull’Italia in questi giorni, ma aprendo oggi il Corriere (di ieri!) a parte la gentile citazione di Guido Roberto Vitale sulla lotta agli sprechi via informatizzazione dei dati (e speriamo che qualcosa si sblocchi a livello governativo), vedo che si infiamma la questione del tasso di disoccupazione giovanile, alto ma irrilevante secondo alcuni perché “i giovani studiano”.

Temps de pluie. G. Caillebotte

A parte che alcuni studiano al rallentatore anche per evitare di uscire nel deserto, la questione è ben più grave. E che si dica che sono pochi i giovani disoccupati (ed è vero se facciamo riferimento alla definizione di disoccupato ed ai numeri ben + drammatici di 20 anni fa) è grave perché come spesso accade di questi tempi si finisce per dire che non c’è bisogno di risolvere il problema dei giovani. Che è problema invece enorme se usciamo dai disoccupati e guardiamo anche agli inattivi. Ma su questo a breve un pezzo grazie alla magnifica Istat di Giovannini.

Ora invece vi allego un breve post ricevuto stamattina (poi parto, torno sul campo di calcio questo pomeriggio) che mi ha rattristato ma soprattutto risvegliato. Ovviamente non è “vero”, ma è “reale”: potremo sempre smentirlo con dati a supporto, ma a mio avviso mantiene un suo monito e rappresenta un grido di allarme che non va sottostimato:

Gustave Caillebotte, Les raboteurs de parquets

Professore, io, da giovane meridionale, più che secessioni e fascismi (in senso stretto), vedo espandersi a macchia d’olio una criminalità organizzata sempre più capace di sostituire lo Stato. C’è disordine (rapine, blocchi stradali, manifestazioni) e c’è un attore terzo che da un lato assicura ordine pubblico e dall’altro fa da ammortizzatore sociale, attraverso i proventi delle attività illecite. Mi sembra di vivere in un film ambientato nell’America degli anni ’20. Da un lato della strada ci sono gli operai di aziende fallite (le poche che trainavano la debole economia del sud) che fanno la fila alla Caritas e dall’altro lato sono parcheggiate auto di lusso che non si vedono nemmeno a Beverly Hills.

Ecco. Tutto qui. Grazie al lettore per questo suo messaggio. Combattiamo la recessione. Combattiamo la recessione. Combattiamo la recessione.

3 comments

  1. Da giovane meridionale, non concordo appieno. Io farei una grande distinzione tra l’aumentare della criminalità organizzata e l’aumentare della criminalità “disorganizzata”.
    L’aumento della criminalità organizzata, è vero, la vediamo come un rafforzarsi di un diverso e malsano assistenzialismo, che appunto sostituisce uno Stato sordo e/o cieco.
    Ma quello che fa paura, a me, è la criminalità disorganizzata, cioè la guerra tra poveri che si vede in giro, e non solo al Sud. Se a Palermo sono ricominciati i “fermo”, ovvero le rapine per strada la notte, non possiamo attribuirlo a criminalità organizzata, in quanto mai l’organizzazione ammette disordine, per definizione altrimenti la maschera della “protezione” che accordano a una persona, un quartiere, ecc perde fiducia.
    A parte questo banale esempio, io vedo e temo il sorgere di nuovi fascismi, che si manifestano come la paura del diverso che genera e sfocia in violenza, di tutti i tipi.

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  2. Io mi chiedo cosa aspetta l’Accademia a spiegare chiaramente ed in poche parole che:

    1) Le banche non fanno “intermediazione finanziaria” ma creano il credito tramite scritture contabili, dal nulla, secondo parametri di riserva frazionaria stabilite da esse stesse attraverso la BIS dii Basilea;

    2) La crisi deriva dal fatto che la BIS, passando il requisito di riserva dal 2% al 9,5%, crea forzatamente una contrazione del credito perfettamente prevedibile matematicamente. Quando le banche fanno questa manovra, serve sostanzialmente per escutere le garanzie reali che erano state offerte da chi ha preso prestiti ed affidamenti. Nel caso degli stati, attraverso la truffa del debito pubblico dovuto alla cessione a privati della sovranità monetaria, l’escussione avviene tramite le cosiddette “privatizzazioni”;

    3) Le manovre effettuate dal governo dei banchieri mannari servono solo per garantire le rendite dei rentiers derivanti dalla truffa del debito pubblico (regalatoci dalla liberazione USA nel 1945, prima lo stato emetteva BIGLIETTI DI STATO A CORSO LEGALE ed infatti il bilancio 1945 chiuse con 20 miliardi di utile);

    4) Basterebbe tornare ad emettere Biglietti di Stato, validi solo all’interno dei confini nazionali, per inaugurare un nuovo rinascimento. Gli stati che stanno andando bene economicamente (Cina, Hong Kong e Singapore, ad esempio) hanno ancora la sovranità monetaria….

    A chi dovremmo chiedere di dircele queste cose ?

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  3. roberto nastri

    03/03/2012 @ 16:58

    Scrive Giorgio Santilli sul sole 24 ore di oggi:

    “Centomila imprese. Un mondo sommerso che nessuna autorità ha mai provato a stimare a livello ufficiale e che oggi subisce una penalizzazione gravissima e iniqua e in molti casi si muove sull’orlo del baratro: è quello delle imprese appaltatrici di lavori, servizi e forniture che vantano crediti con le pubbliche amministrazioni. Non vengono pagate nonostante nella gran parte dei casi abbiano adempiuto ai loro obblighi contrattuali”

    In pratica si dice che non esiste – e sappiamo che non esiste – un sistema nazionale di rilevamento degli appalti: per la maggior parte troppo piccoli e pertanto invisibili ad ogni attuale osservatorio ufficiale, né esiste un progetto per consentire alle PA di pagare i propri debiti: roba da matti.
    Molte di quelle imprese sono meridionali e se non saranno pagate subito dovranno scegliere tra chiusura o usura ( prospettive che alimentano, entrambe, tanto la criminalità organizzata che quella “disorganizzata” descritta da Marta): altro che lotta alla recessione.
    Questo, per dirla con “Candide” sarà anche il migliore dei governi possibili, ma, fino a prova contraria, non è un buon governo

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