Rizzo ed Alesina e Giavazzi sostengono che quando lo spread si abbassa le riforme rallentano; ovvero che queste ripartono quando lo spread sale. Io credo invece che lo spread salga perché le riforme non partono, restano ai box. Basta guardare alla spending review: dove stanno gli ispettori? Li abbiamo licenziati, anche loro, o li stiamo sguinzagliando per il territorio a controllare le gare d’appalto? Se la gente non sa che è sorvegliata concretamente, non teme e dunque continua nel tran tran di spendere male. E i mercati lo sanno e ci puniscono.
Un giorno, quando avremo abbastanza dati e noi saremo forse in pensione, qualche giovane ricercatore si incaricherà di dimostrare chi aveva ragione. Ma a noi importa salvare l’euro, non scrivere un bel lavoro di ricerca scientifica.
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E dunque concentriamoci sul breve pezzo di A&G di stamane sul Corriere. Mamma mia, che confusione.
Iniziano il pezzo sulla crescita economica. Che non c’è. Non solo in Europa, ma nel mondo. Tirano fuori i dati americani, dove mostrano come la crescita Usa è calata (assieme al calo della spesa pubblica dal 2011 in poi fino ad allora a supporto del ciclo negativo). E non si chiedono perché questa crescita non c’è. E non si premurano di indicare come uscire fuori da questa crisi che loro stessi ammettono non essere legata alle riforme, ma al ciclo mondiale, sostenuto e aizzato dall’austerità europea, che ha portato Obama addirittura a precipitarsi col suo “ambasciatore economico” al capezzale europeo per convincere tutti i 27 nani dell’esigenza di piantarsela con l’enfasi recessiva.
Certo poi accennano a come “compito delle banche centrali è attenuare queste fluttuazioni”. Rido (o piango) 2 volte. Primo perché non è vero, lo statuto della BCE non prevede questo compito anticiclico, unica banca centrale al mondo o quasi. Magari lo dicesse, lo Statuto, questo. Secondo, perché mi viene spontaneo esclamare: “ma allora … allora è un problema ciclico, non strutturale! Quindi siete d’accordo che va curato non (solo) con le riforme ma con maggiore domanda?” Mamma mia che confusione ragazzi.
Le incongruenze non finiscono qui. Si cita il Giappone (forse a ragione) come buon esempio per la sua strategia di autarchia finanziaria fatta di titoli di stato detenuti all’interno, ma poi lo si critica per la sua bassa crescita che, come abbiamo detto già molte volte, non è vero che ci sia stata. E tutto questo pur di evitare di adottare la formula giapponese fino in fondo: ossia di stimolare la domanda pubblica per evitare la recessione.
Si cita la possibilità di “addirittura obbligare famiglie e banche a vendere titoli esteri e acquistare Btp a tassi regolamentati, come accadeva negli anni Settanta”, eppure poi viene vista con orrore la possibilità che la BCE si sostituisca “ai governi acquistando titoli pubblici per motivi di bilancio”, come invece veniva, anche questo, fatto negli anni settanta.
Ma non è finita. Poche righe dopo si legge, in contraddizione totale con quanto sopra, che “è probabile che ormai l’unico modo per salvare l’euro sia consentire alla Bce di acquistare”. Ma, aggiungono i nostri “questi acquisti non potranno essere senza condizioni, o basati su semplici dichiarazioni di intenti. Per ottenere l’aiuto della Bce si rischia di dover accettare, e sarebbe una sconfitta, una limitazione della propria autonomia di bilancio.”
Ecco. Ci siamo. Alla fine io l’ho trovato, in questa frittata di raccomandazioni senza rigore, il filo rosso che unisce i loro ragionamenti. Un timore atavico, preistorico, dell’unica soluzione, addirittura impronunciabile, come fosse il Lord Voldemort di Harry Potter, che i nostri amici non riescono a tollerare: l’ingresso in campo dell’unico attore che può (assieme all’azione, senza se e senza ma, della BCE) risolvere la crisi. Lo Stato.
No, che sa chiaro, per me lo Stato non è Harry Potter. Harry Potter continua a essere il settore privato, specie le piccole imprese: è quello che ci salverà, la gioventù, il coraggio, la forza, il dinamismo di tutto quello che è nuovo e innovativo.
Ci sono due Stati.
Lo Stato che io voglio combattere è quello del Ministero della Magia, di Cornelius Caramell (Cornelius Fudge), quello che mette ostacoli su tutto e su tutti, che opprime e deprime. Facciamone a meno di questo Stato. Ogni giorno distruggiamolo un po’ di più.
Ma io non voglio che Harry Potter sia lasciato solo, lo voglio protetto da un grande Ministro, da Albus Silente (Albus Dumbledore), che esiste eccome. Voglio e so di potere ottenere uno Stato forte e non prevaricante, intelligente e solidale che permetta ad Harry Potter di crescere tranquillo, studiando ed inventando, e non distraendosi e combattendo forze oscure e oppressive.
Cari A&G, leggete Harry Potter, sognate l’Europa dei popoli, protetti dal male e dalla miopia e artefici di valori e bellezza. Scoprirete che la battaglia si vincerà quando Harry Potter e Albus Silente, alleati, sconfiggeranno il male e la stupidità. Ma per farlo: insieme, mai separati.
01/08/2012 @ 23:02
Mi piacerebbe che si facesse chiarezza in merito allo spread. Qualsiasi spread, per definizione, dipende dalla differenza di due oggetti. Quindi se il primo oggetto non cambia e il secondo aumenta, di conseguenza la loro differenza (lo spread) diminuisce. Questo non significa che i fattori influenzanti il primo oggetto abbiano messo in atto azioni che hanno permesso la diminuzione dello spread, bensì la causa va ricercata in ciò che ha influito nel secondo oggetto.
La quotazione del mercato di oggi alla sua chiusura offre un esempio di questo:
SPREAD BTP-BUND 10 ANNI: -4,70%
RENDIMENTO BTP 10 ANNI: -2.19%
RENDIMENTO BUND 10 ANNI: +7.21%
In parole povere: oggi lo spread è sceso perché c’è stato un forte aumento nei rendimenti tedeschi. In aggiunta c’è stato un ulteriore abbassamento dello spread per la diminuzione dei rendimenti sui titoli italiani.
Questo per far capire che lo spread non dipende SOLO da quello che fa (o dice l’Italia) ma anche da quello che fa (o dice) la Germania. Quindi lo spread andrebbe interpretato come un indice di interazione tra le politiche economiche delle due economie in oggetto e non meramente come una proxy su cui le politiche economiche di un singolo stato (nello specifico quello italiano) andrebbero valutate.
Se domani mattina in Italia non si muoverà un foglia e in Germania i rendimenti dei Bund arrivassero (per assurdo) allo 0.5% (per qualsiasi motivo non connesso all’Italia), lo spread schizzerebbe a oltre 550 punti. Sarebbe colpa dell’Italia?
02/08/2012 @ 00:26
Immagino che i numeri che tu dai vanno rovesciati.
Ovviamente non è facile rispondere. Io la riassumo così.
Confronta l’andamento del tasso tedesco con quello americano per fare una valutazione dell’andamento atteso del tasso di cambio marco dollaro. Variazioni dell’Italia che mutano lo spread in questa situazione implicano invece variazioni dell’aspettativa sulla dimensione e la probabilità della svalutazione lira marco in caso di uscita.
02/08/2012 @ 10:23
Caro Professore, lei è una persona molto intelligente, un acuto osservatore e molto preparato in materia economica.
Per screditare duo pagliacci come A e G serve poco, hanno detto e scritto tante di quelle sciocchezze, che oggi sono costretti a scriverne altre ancora più colossali mentre tentano di arrampicarsi sugli specchi.
Quello che mi meraviglia è la sua illusioni di poter salvare una moneta, l’ euro, che per come è stata concepita, rappresenta una delle cause degli squilibri esteri dei paesi periferici ( in favore soprattutto della Germania) e quindi della crisi europea.
Per dirla chiaramente, apprezzo molti suo lavori, ma io sto al 100% con il professor BAGNAI.
02/08/2012 @ 13:18
Ma no, come dice il buonpeppe, l’euro è uno strumento, non un obiettivo. Quindi si focalizzi a) su qual è l’obiettivo b) su come perdendo l’euro si perde sicuro l’obiettivo (anche se con l’euro, come vediamo ogni giorno, l’obiettivo non è garantito, ma di nuovo, non incolpiamo l’euro per favore, mi viene da (sor)ridere).
03/08/2012 @ 09:17
Buongiorno professore.
Concordo con lei che l’ euro è uno strumento per raggiungere un obiettivo ( stati uniti di europa ),è innegabile però che sia uno strumento inadeguato per raggiungere tale scopo, o meglio, da sola una moneta unica imposta a 17 stati che NON sono neanche lontanamente un’ Area Valutaria Ottimale,non ha nessuna speranza di sopravvivere.
E voler tentare di salvare l’euro cercando di creare velocemente gli stati uniti di europa,è inutile, nonchè impossibile per due motivi;
in primo luogo manca il tempo per fare adesso quello che bisognava fare prima dell’ introduzione della moneta unica, a livello di adeguamenti fiscali, del mercato del lavoro e del movimento dei fattori all’ interno dei 17 paesi euro, ma questo lei lo sa benissimo;
In secondo luogo convincere quei paesi ( germania in testa ) che hanno tratto benefici dagli squilibri esteri dell’ area euro, a rinunciare ai loro vantaggi economici, è ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE !
Quindi io vedo un ritorno alle monete nazionali oltre che inevitabile, anche necessario per far rinascere economicamente i 17 paesi e per poter pianificare in modo adeguato, dal punto di vista politico, fiscale, economico e del mercato del lavoro, la nascita dei veri Stati uniti di Europa, che siano una VERA ED EFFICENTE A.V.O.
Allo stato attuale difendere l’euro a suon di lacrime e sangue nonostante il suo fallimento , avrà due effetti devastanti :
1 renderà durissima la ripresa economica una volta ritornati alle monete nazionali (2013 molto probabilmente)
2 farà crescere a tal punto l’ odio nei confronti di una moneta unica nei popoli europei, che il proggetto di stati uniti di europa sarà rifiutato con forza per decenni.
03/08/2012 @ 09:28
Grazie Leonardo. Il punto è proprio questo: non c’è NESSUN motivo per salvare l’euro con l’austerità. L’euro si salva come si salva qualsiasi economia in recessione da domanda: con politiche espansive. Economia 1, primo anno. Perché batternmi per la dissoluzione dell’Europa che seguirebbe la dissoluzione dell’euro quando con l’euro e con le giuste politiche fiscali e monetarie posso avere l’Europa e la crescita?
La favola che gli Stati Uniti di America sono un’area valutaria ottimale è semplicemente Post hoc, ergo propter hoc: gli Stati Uniti funzionano perché erano un’area ottimale? Ma va , dai. Gli Stati Uniti hanno resistito alle pressioni (enormi) di sfascio dell’Unione con concessioni reciproche tra Stati, fino a quando non erano pronti per il grande salto federale.
03/08/2012 @ 09:55
Sono consapevole che l’ austerità non fa altro che alimentare la crisi, ma in un mondo di neoliberisti al potere, come si fa a fargli capire che spendere a deficit con politiche economiche espansive crea ricchezza ?
Il mio pensiero attuale è che non ci sia più la possibilità di salvare l’euro, per i motivi che le ho descritto ( mancanza di tempo e di volontà soprattutto tedesca), credo quindi che prima si torni alle monete nazionali, al nuovo matrimonio fra ministero del tesoro e banca d’italia ( pura illusione ? ) e ad una vera e consapevole regolamentazione del mondo finanziario e bancario, e poi posso ripartireb un progetto di unione europea su base solidi e socialmente eque .
In alternativa, non mi dispiacerebbe il mantenimento delle monete nazionali e la creazione di un mercato europeo regolato da una valuta di riferimento tipo SUCRE o BANCOR.
P.S. Il termine stati uniti di europa non l’ho usato in riferimento agli USA, ma perchè ho visto che lo ha utilizzato lei alcune volte nel suo blog.
03/08/2012 @ 11:03
Come come si fa a fargli capire? Ma con l’unico strumento che le è stato dato grazie alla vittoria dei nostri nonni e padri sui regimi dove ciò era vietato: con la parola.
Lei rinuncia alla battaglia prima che si sia perso, come quel soldato che dice che la battaglia è persa prima di cominciare. Facendo perdere la battaglia. Le consiglio Braveheart. http://www.youtube.com/watch?v=VekrSicWSjU
Quando avremo perso, verrò a combattere con lei, contro gli stessi interessi che lei pensa spariranno magicamente senza euro ( ) . Ma prima cerco di vincere.
03/08/2012 @ 09:30
Leonardo: l’economia da sola non va da nessuna parte. Scienze politiche e storia sono alleati preziosi per capire il mondo. L’economia, alla fine, si piega spesso al loro volere o si espande con la loro mancanza di volere.
04/08/2012 @ 14:17
Quello che non mi convince è che nella storia d’Italia e della Lira, ci vedo poco di diverso. Ci vedo le controversie sul Risorgimento tradito, sulla Rivoluzione massacrata e presa a cannonate sull’Aspromonte, umiliata in Parlamento e relegata a santino per sussidiari. Ci vedo gli strali sempre più amari di Caffè sugli “incappucciati”, sulle rendite e sui potentati economici, che contraddistinguevano l’Italia della liretta e della svalutazione competitiva, ieri come oggi.
Per farla breve: non so quante possibilità di vittoria avremmo, comunque. “Noi” non abbiamo vinto mai, se non in modo parziale, prima o poi costretti a ripiegare o a sentirci traditi. Proprio queste settimane hanno visto, per l’ennesima volta, infierire sui corpi di chi nel 2001 diceva le cose giuste, che la realtà sta dimostrando essere state fin troppo profetiche, con le condanne ai manifestanti di Genova.
E allora non so se “abbiamo” più possibilità di vincere nell’impresa titanica europea, o nella ritirata strategica in un Paese così.
In ogni caso, più che l’economia, mi ritrovo ad avvalermi di concetti psichiatrici…
02/08/2012 @ 11:42
“Ma a noi importa salvare l’euro, non scrivere un bel lavoro di ricerca scientifica.”
A me sinceramente no, non mi importa salvare l’euro, perché l’euro non è un obiettivo ma uno strumento. A me importa mettere le persone in grado di avere un lavoro, di essere produttive, di poter mantenere la propria famiglia, eccetera.
Se per fare questo è utile l’euro, ma mi si deve spiegare come e perché, allora salviamolo. Altrimenti via l’euro.
02/08/2012 @ 13:16
Ma certo, concordo. Sul mio blog troverà perché salvare l’euro vuol dire salvare il pianeta.