I giapponesi hanno il loro orgoglio, come ben sappiamo. Capisco che a forza di sentire argomenti come quelli sollevati da Alesina e Giavazzi sulla disastrosa performance nell’ultimo ventennio dei nipponici, si irritino un po’. Così pare dal rileggere la lezione del Governatore della Banca del Giappone data alla London School of Economics a gennaio di quest’anno.
I grafici che mostra il Governatore stanno solo a dire una cosa: se secondo voi noi abbiamo fatto male dopo le nostre crisi finanziarie, beh voi state facendo peggio!
I grafici sotto paragonano l’andamento del PIL reale giapponese (rosso) e dell’area euro (giallo) dopo la crisi nipponica del 1990 (primo riquadro) e del 1997 (secondo riquadro) con quella dell’euro della seconda metà del primo decennio del XXI° secolo. La disoccupazione dei due paesi è mostrata nel terzo riquadro. La retta verticale in ognuno dei 3 grafici mostra il momento della crisi per ambedue i paesi e a voi interessa vedere cosa è successo a destra della retta verticale, dopo l’avvio delle crisi nei rispettivi paesi. Giappone batte euro area 3 a zero.
Il grafico ancora sotto fa vedere come il vero problema giapponese non ha a che vedere con il debito quanto con la demografia di un paese che va rapidamente invecchiando.
A sinistra vedete il tasso di crescita medio del PIL nel primo decennio di questo secolo (basso in Giappone). Al centro il tasso di crescita del reddito pro-capite (dove il Giappone pare allineato agli altri paesi). A destra il tasso di crescita medio del PIL per lavoratore, un indicatore di produttività: sono meno i lavoratori giapponesi in proporzione (anche a causa della demografia) della popolazione, ma riescono a fare di più che i lavoratori europei. Ritorno: Giappone contro area euro uno pari.
Insomma, per favore, non parlatemi male del Giappone. E se non volete parlare bene dei debiti pubblici, fate pure, neanch’io sono un grande fan: per me conta cosa ci fate con tasse o debito. Ma non usate il Giappone come dimostrazione che fare spesa pubblica in recessione da domanda è una cattiva idea. E non chiedetemi aiuto sul come dimostrarlo: è una causa persa.
PS: sto per partire per Boston per qualche giorno, scriverò se riesco. Un caro saluto a tutti.
26/07/2012 @ 07:34
Caro Professore,
la seguo sempre con attenzione e, se posso, la invito a proseguire nell’azione di pungolo che prima o poi produrrà qualcosa di concreto .
Ieri ho avuto modo di guardare il film The Iron Lady, sulla vita della Tatcher ; nel film si fa menzione alle politiche fortemente restrittive della spesa pubblica che si adoperarono in Inghilterra per far fronte alla recessione e che, dopo un paio di anni, portarono ad un boom economico .
C’ è qualche analogia tra la crisi inglese di allora e l’attuale situazione italiana ?
Grazie.
26/07/2012 @ 08:17
grazie. direi non molte: allora era crisi di inflazione (che non c’è da noi) e di offerta (mercati non competitivi) e non di domanda come oggi. fu brava la thatcher ad intuirlo. Cameron non è altrettanto intuitivo.
26/07/2012 @ 18:27
La sottile nuance che separa…
“la gente è stata ridotta alla povertà e alla paura dalla complicità delle banche con lo stato, tramite la mediazione di una classe politica di venduti”
da…
“c’è una crisi di domanda”
è una miniera di inferenze ermeneutiche sul mondo, su chi la scrive, su chi non la capisce, su chi la vede non sa cosa opporvi.
26/07/2012 @ 20:12
Ho ascoltato questa sera il professore Alberto Alesina durante la trasmissione Bersaglio mobile di Mentana. Il suo intervento contro chi ha proposto maggiore spesa come soluzione alla crisi economica (tra l’altro intervento molto semplicistico e impreciso) mi fa capire che il prof. Alesina non faccia parte proprio della sua squadra
26/07/2012 @ 20:38
speriamo di non essere il bersaglio mobile…