5 ricercatori, di cui due islandesi, hanno esaminato il cambiamento dal 2007 della bontà di abitudini di consumo dei cittadini islandesi dopo la terribile recessione 2009 che fece seguito alla svalutazione della valuta locale combinata alla durissima crisi bancaria.
Ricordiamone brevemente le caratteristiche: il tasso di disoccupazione che sale dal 2,3% al 9,1 in un anno e mezzo, colpendo specialmente i giovani. Il tasso di cambio reale della corona islandese si deprezza del 36%, malgrado l’imposizione di controlli di capitale stringenti, e il prezzo delle importazioni sale drasticamente. Meno quello dei beni prodotti all’interno anche se l’inflazione sale del 27,3% in due anni, colpendo tutti, ricchi e meno ricchi. A ciò aggiungete il drammatico effetto ricchezza dovuto alla cancellazione del valore dei risparmi detenuti e della crescita dei debiti delle famiglie (finanziati in valuta estera).
Insomma uno scenario simile a quello che un crescente numero di economisti va proponendo chiedendo il passaggio a due euri. Forse anche per questo val la pena vedere di capire cosa succederebbe alla nostra salute in un tale scenario?
I ricercatori non guardano ai suicidi (che sembrerebbero non essere aumentati nella crisi islandese) ma al cambiamento dei comportamenti/abitudini di consumo buoni o cattivi per la salute. E scoprono che, specie via aumenti dei prezzi, essi riducono il consumo di beni dannosi per la salute (fumo, alcool e lampade solari) ma anche quello di beni “sani” (frutta e verdura), anche se in minore misura.
Si riduce il consumo di fast-food ma qui può avere giocato un ruolo la scelta di Mc Donald di chiudere i locali islandesi per un raddoppio dei costi di produzione.
E, effetto importante quanto ambiguo, aumentano le ore di sonno. Sulla carta cosa buona, ma chissà quanto dormivano per piacere e quanto dormivano perché non sapevano cosa fare perché non avevano lavoro?
Oggi l’economia dell’Islanda tira nuovamente: e dunque si fanno più lampade solari così come si fuma di più, si dorme di meno e si mangia più verdura ed immagino sia tornato Mc Donald.
Tanto vi dovevo per la cronaca. Quello che lo studio non racconta è il numero di vittime silenziose della recessione, comprese quelle che morirono d’infarto (così pare) quando il Primo Ministro annunciò in TV la bancarotta nazionale.
Rimane da questo studio nella mia testa un’unica convinzione: rimanere nell’euro, ora che lasciarlo mi leverebbe anche gli adorati hamburger Mc Donald, ha poche controindicazioni. Basterebbe solo, piccolo dettaglio, che l’euro divenisse il simbolo (solo quello è una moneta) di politiche per la crescita, piuttosto che quello dell’austerità. Ma questa è un’altra storia, sui cui l’Islanda stessa, col suo rifiuto di salvare banchieri incompetenti, avrebbe tanto da dire.
27/07/2012 @ 03:19
Professore,
mi dispiace ma oggi siamo in totale disaccordo.
“Se perdere l’euro porta meno fast-food” è un motivo in più per lasciarlo subito!
Non è polemica… in Italia sostenere la superiorità del BigMac (e dei “non luoghi” dove si consumano) è da codice penale!!!
27/07/2012 @ 11:25
Silvia, basta che sappiamo tutti e due che stiamo scherzando, sennò mi preoccupo. Se manteniamo un po’ di ironia magari riusciamo a capire meglio il tutto attorno a noi e ad usare vari livelli di comunicazione, sempre essenziale.
27/07/2012 @ 15:08
Ma certo che scherzo, se l’unico problema dell’euro fossero i fast food non saremmo qui a scriverne.
Ma a livello simbolico non mi è piaciuto davvero.
27/07/2012 @ 11:58
Silvia, scusa se mi rivolgo a te direttamente, ma credo che sia evidente che gli “adorati hamburger di Mac Donald” fosse ironico, non credo che al di sopra dei 16 anni un italiano possa amare quella roba.
Il punto è che le analisi del professore sono interessanti come anche quelle di chi ha posizioni molto diverse da lui sull’ euro; i vari blog fioriti in questo periodo sono una ricchezza da salvaguardare con cura che compensa benissimo il decadimento del mainstream.
Purtroppo tutti, qui e altrove, si limitano a fare proposte, a tessere reti di relazioni etc etc ma nessuno dice a mio avviso l’ unica cosa urgente da dirsi adesso.
La gente è totalmente passiva e si preoccupa esclusivamente di salvare il proprio orticello (a tutti i livelli) ; credo con convinzione che oltre alle analisi lucide e indipendenti sia assolutamente necessario “denunciare” questa passività e spingere i cittadini a far sentire in maniera democratica ma con decisione la propria voce.
Non è accettabile che in America ci sia Occupy Wall Street, in Spagna gli Indignados, in Germania il PPI e qui niente. Bisogna imparare a fidarsi della gente perché un popolo unito e consapevole è in grado di affrontare qualsiasi sfida (e magari sarebbe più prudente e non si sarebbe messo così allegramente in certe situazioni dalle quali non si sa né come uscire né come restare).
27/07/2012 @ 21:09
Scusatemi, ma qui tutti parlano di ironia e poi ciascuno capisce solo la propria.
E allora spiego meglio quello che intendevo e che penso Mauro abbia capito.
Mi pare che i continui riferimenti, più o meno espliciti, agli Stati Uniti come modello da seguire non siano ironici.
E allora, parafrasando le parole del prof. Piga e approfittando del valore simbolico di McDonald (=USA), volevo intendere che non credo che gli USA siano un buon modello da seguire.
Non escludo che nella gestione dell’unione monetaria o riguardo la maggiore propensione alla spesa siano migliori dei nostri non-rappresentanti, ma globalmente non mi sembrano un buon esempio di pace, di democrazia, di rispetto delle differenze, di equità, di giustizia e di solidarietà. E non mi piace neanche il loro stile comunicativo.
Non mi auguro questo futuro per i paesi europei (singoli o uniti che siano).
28/07/2012 @ 02:29
E allora torniamo seri. Quello che Silvia dice è la miglior ragione al mondo per giustificare un’Europa unita nel mondo trilaterale (quadri se vi va di includere la Russia) che si va creando e dove senza euro, che vi piaccia o no, non avremo modo di portare avanti dei valori che sono, prettamente, europei.
Insomma senza euro non perdiamo solo gli hamburger, di cui ci frega poco, speravo fosse chiaro.
PS: e non pensatevi che senza euro spariscano i vostri (nostri?) odiati banchieri.
27/07/2012 @ 06:36
Ma il dettaglio, professore, non mi sembra tanto piccolo (sì, ho capito che l’espressione era ironica). Per il momento l’euro rimane il simbolo dell’austerità assassina, dell’iniquità sociale, della prevaricazione finanziaria. E la cosa più preoccupante, secondo me, è che dietro quel simbolo continuano ad agire quelle stesse persone che hanno contribuito a crearlo qual è.
Quella dell’Islanda non è stata una passeggiata, ma almeno “oggi l’economia dell’Islanda tira nuovamente”, i colpevoli del disastro sono stati processati e nel paese, credo, esiste una nuova consapevolezza – visto che il paese ha contribuito collettivamente a riscrivere nuove regole dandosi una nuova Costituzione.
Per questa Europa che dal 2008 sta agonizzando in un pozzo nero – dove stato sociale e democrazia sono diventati optional – non vedo invece alcuno spiraglio di salvezza, alle condizioni attuali. E le condizioni attuali non vedo come cambiarle, dal momento che coloro che governano l’Europa sono dei non-eletti e non ci è possibile mandarli a casa con il voto. Ergo?
27/07/2012 @ 11:22
Votiamo?
27/07/2012 @ 11:41
Esatto, concordo in pieno sul senso del “votiamo”. Il punto è che questo “votiamo” significa che si sa già la gente andrebbe alle urne con delle motivazioni sostanzialmente istintive e alla fine come sempre prevarrebbe la paura.
Io non sono affatto convinto che si debba per forza uscire dall’ euro ma mi piacerebbe vedere almeno un singolo blog al livello del suo che spingesse i cittadini a impegnarsi di più e soprattutto a far sentire la propria voce perché se si dice e si ripete che i politici e i dirigenti europei “sbagliano” politica l’ unico modo per sollecitarli a rivedere le loro posizioni è quello di una risposta democratica, ma ferma e numericamente consistente da parte della gente.
Occorre cambiare la mentalità degli italiani dicendo che un atteggiamento passivo e uno scarso interesse nell’ approfondimento dei temi politici ed economici è autolesionista e impedisce qualsiasi possibilità di realizzare delle proposte nuove. Forse si corre qualche rischio ma in cambio ci si ritroverebbe con un popolo vero e unito.
27/07/2012 @ 12:31
Non ho capito. Votiamo chi? Mi pare che le decisioni prese a livello di Commissione Europea e Consiglio d’Europa difficilmente possano essere sindacate dal Parlamento Europeo, l’unico organo attraverso il quale – teoricamente – posso far pesare la mia opinione…
27/07/2012 @ 16:28
Se ho capito bene il “votiamo” del Professore, significava che se si votasse in Italia (alle elezioni o a un referendum sull’ euro) la gente sarebbe favorevole a restare nella moneta comune e nell’ Europa, come è successo in Grecia. E inoltre se si vota si dimostra che è assolutamente necessaria l’ Europa e la soluzione islandese diventa impraticabile.
28/07/2012 @ 05:09
Scusa Marco: nessuno ci ha chiesto nulla quando siamo entrati nell’euro; nessuno ci ha chiesto nulla quando ci sono state imposte misure che buona parte degli economisti giudicavano stupidamente e drammaticamente recessive (con i fatti a dar loro ragione) – e quando qualcuno ha ventilato l’ipotesi di un referendum l’han fatto saltare come un birillo (cfr Grecia); secondo te dovrebbero chiederci qualcosa ora?
Usciremo dall’euro, se mai ne usciremo, così come ci siamo entrati: con le decisioni che vengono prese sopra la nostra testa perché noi non sappiamo “qual è il nostro bene” e notoriamente gli italiani hanno bisogno di un “vincolo esterno” per fare le cose seriamente (cfr Scalfari).
Suggerisco questa intervista di Claudio Borghi:
http://www.youtube.com/watch?v=fhzwE1oNA30
28/07/2012 @ 12:47
Ma io sono d’ accordissimo con te. Sto rompendo le palle qui e altrove proprio perché cerco di dire che il centro del dibattito NON deve essere l’ analisi e nemmeno le proposte, ma il modo di convincere la gente a informarsi, a darsi da fare, a far sentire la propria voce. Che le cose vadano come vadano in linea generale lo hanno capito tutti da sempre, eppure nessuno si muove; in queste condizioni a cosa vuoi che servano delle elezioni italiane o europee? Se la grande maggioranza degli elettori non si informa, non discute, si limiterà a pensare “speriamo che io me la cavo” e voterà solo in funzione delle sue paure.
Non serve a niente limitarsi a dire che bisogna uscire dall’ euro o al contrario che ci vuole più Europa perché queste in sostanza rimangono proposte rivolte a chi dirige, non al popolo. Il primo problema è sensibilizzare i cittadini spiegando quali sono i reali interessi in gioco (non posso credere che un Monti si “sbagli”, che “non abbia capito”) e poi indicare le modalità di lotta democratica per far sentire il peso e la voce della “gente”, non solo rivolgere delle pacate richieste a chi ha le redini del potere o incitare a uscite dall’euro che nelle condizioni attuali di divisione politica e sociale non potrebbero mai essere “preparate” (pensi che quelli che “si approfittano dell’ euro” in funzione “oppressiva” non ci saranno più, una volta fuori dalla moneta unica?).
Ora se si votasse pro o contro l’ euro vincerebbero quelli a favore, come in Grecia; se si facessero delle elezioni i sondaggi dicono che il maggior partito sarebbe il PD pro euro. Chi dorme non si sveglia da solo e occorrono delle voci autorevoli che scuotano le persone dalla loro acquiescenza, che parlino chiaro in merito alle responsabilità e che dicano apertamente che non si può fare nulla se non si comincia ad agire tutti insieme democraticamente (e non ci si può lamentare finché non si “fa” qualcosa sul serio, ovvio).
Se vi volete divertire guardatevi gli ultimi 15 minuti circa del film La Mazzetta di S. Corbucci con Manfredi e vedrete un brillante apologo sulla perfetta inutilità delle denunce lucide e appassionate della verità quando la gente è ridotta a pensare solo al proprio orticello.
P.S.: Ti cito: “nessuno ci ha chiesto nulla quando siamo entrati nell’euro; nessuno ci ha chiesto nulla quando ci sono state imposte misure che buona parte degli economisti giudicavano stupidamente e drammaticamente recessive”
Ecco, e la colpa di chi è? Di chi ha imposto le misure o di chi non ha aperto gli occhi e se le è fatte imporre? Che l’ 1% detenga il 90% della ricchezza mondiale è colpa dell’ 1% o del restante 99% che dorme? Bisognerebbe parlarne, prima che delle analisi e delle proposte, non credi?
28/07/2012 @ 12:49
Un referundum in Irlanda c’è stato (sul Fiscal Compact) e anche le elezioni in Grecia, ma in un clima di “minaccia”.
La pressione dei media, dei politici e della stessa Merkel (sui greci) hanno portato a un clima di ricatto e di terrore in cui era difficile fare una scelta serena, nonostante i disastri della Troika siano sotto gli occhi di tutti.
Insomma, quando non c’è un’informazione corretta (economicamente l’uscita dall’euro per la Grecia è conveniente, mi pare che lo abbia detto anche lei, professore, che tuttavia approva il sacrificio a cui si sono condannati) e il clima è così teso sono inutili referendum e votazioni.
Quindi concordo con Mauro; restare o rimanere nell’euro non è una decisione che potranno prendere liberamente i cittadini sotto ricatto psicologico, vittime un sentimento che somiglia alla sindrome di Stoccolma.
Per quanto riguarda i valori europei non li vedo così unitari. Comunque l’Europa deve lottare per mantenerli in Europa, non per esportarli nel mondo (non so se intendeva questo), per non ricadere nello stesso errore di supposta superiorità degli USA che vogliono imporre a tutti (con guerre mascherate da missioni di pace a cui anche l’Europa ha partecipato) il loro modello.
Insomma, se l’idea di valori europei che i nostri nonrappresentanti hanno è questa, direi che è maglio lasciar perdere…
http://www.youtube.com/watch?v=016dVUeaAdE
Oltre al punto di vista economico è interessante anche quello del prof. Paolo Becchi, docente ordinario di Filosofia del Diritto all’Università di Genova.
http://www.youtube.com/watch?v=BOPS234cjGY&feature=results_main&playnext=1&list=PL72842ECB6D9E4CA3
28/07/2012 @ 13:08
“Quindi concordo con Mauro; restare o rimanere nell’euro non è una decisione che potranno prendere liberamente i cittadini sotto ricatto psicologico, vittime un sentimento che somiglia alla sindrome di Stoccolma”
E quindi capisci che non ha senso adesso né limitarsi a dire di rimanere nell’ euro né di uscirne. Il problema più urgente è cercare di rendere cosciente e attiva la massa degli elettori (tu stessa scrivi che la democrazia, a cui tieni come tutti, non ha più senso in queste condizioni). La coscienza però non la recuperi solamente dando l’ informazione corretta; ce n’è già e in grande abbondanza in tutto il web, molto più prima, uno non avrebbe che da navigare su internet e cercarsela, come fai tu, ma stranamente non succede e ci si continua a lamentare di un mainstream in realtà ampiamente obsoleto e meno influente.
Il punto è che la maggioranza dei cittadini non si informa, è scoraggiata e passiva e questa non è responsabilità esclusiva dei “dominanti” ma in misura identica dei dominati.
Tutti i blog parlano di proposte, forniscono analisi etc etc, ma l’ unica cosa che conta oggi è denunciare l’ acquiescenza (ossia la complicità col potere) della popolazione indicando modi di aggregazione e forme di lotta democratica ma nessuno lo fa. Ci presenteremo al momento della vera crisi divisi come sempre, che abbiamo capito tutto come sempre e ci lamenteremo del comportamento degli altri come sempre. Abbiamo parlato abbastanza, ora chi ha una voce autorevole deve dire che è arrivato il momento di agire democraticamente.
28/07/2012 @ 17:05
Ciao Marco,
hai ragione, capisco e condivido quello che scrivi, ma il comportamento delle persone ha anche dei motivi; non dico che vada completamente giustificato e assolto, ma almeno un po’ capito sì.
1) la volontà della gente non è mai stata ascoltata né tenuta in nessuna considerazione. Chi fingeva di ascoltarla e di portare avanti le sue cause, fingeva, appunto. Alla lunga è comprensibile un certo scoraggiamento, fino alla rassegnazione nelle persone più deboli di carattere.
2) Veniamo da decenni di “crescita” dal dopo-guerra al 2000 circa, il tenore di vita è stato in costante miglioramento, all’inizio anche i diritti e la libertà hanno fatto grossi balzi in avanti; non era la perfezione, ma la gente non aveva apparentemente gravi motivi di cui lamentarsi; ma intanto ci hanno comprati (e noi ci siamo lasciati comprare, ok) in cambio della macchina, dei centri commerciali, del grande fratello, dell’iphone… Ci hanno sradicati dalla nostra cultura e dalle nostre origini sostituendole con una finta cultura dell’omologazione (che McDonald simboleggia bene), ci hanno reso MASSA. Massa anonima, sedata, viziata e acquiescente (Pasolini lo ha detto molto prima e molto meglio di me). Io per prima mi metto nella categoria di coloro che si disinteressavano, perché “così male non si sta”.
3) Molta gente si informa, o almeno cerca di informarsi ed è convinta di esserlo. Se poi dall’alto propinano ovunque le informazioni sbagliate, non è colpa loro.
Cercare informazioni in internet implica almeno due capacità: la prima è sapere usare internet (il che esclude una fascia di popolazione meno giovane che non ha familiarità con il computer), la seconda è sapere cosa, dove e come cercare e saper discriminare le notizie (il che esclude un’altra consistente fetta di persone).
Non puoi fare una colpa a loro di non essere in possesso delle capacità che tu hai.
4) L’educazione che ti impongono fin da piccolo, come il rispetto (sottomissione passiva) per l’autorità, l’accettazione per fede e i sensi di colpa della religione cattolica (specie in anni passati), quel subdolo concetto di perbenismo di facciata e roba del genere. Chi va contro l’opinione dominante è la pecora nera, un emarginato, non fa carriera, è uno da evitare. Ti propongono dei modelli di successo da imitare assolutamente discutibile. Per chi nasce in questo sistema tutto ciò è assolutamente “trasparente”, impalpabile, come l’aria che abbiamo intorno ma non vediamo, come l’acqua per un pesce.
Ripeto non voglio assolvere nessuno, ma sono convinta che dall’alto qualcuno abbia spinto in questa direzione e approfittato di questa situazione.
Con questo non voglio dire che non sia giunto il momento di cambiare, di capire le proprie responsabilità e di attivarsi per cambiare le cose. Capire che possiamo ed è ora di farlo.
Solo non si può paragonare la colpa della gente comune con quella degli artefici di questa situazione.
29/07/2012 @ 04:27
Buon mattino a tutti; sono le 6,15 e ancora dormite? Sveglia!
No cara Silvia non è come dici tu ed è anche terribilmente più complesso, spero che troveremo il tempo di parlarne un’ altra volta perché ci vogliono almeno 3 post per spiegare tutto. In breve (nemmeno tanto temo):
La volontà della gente non è stata ascoltata perché la gente non ha una sua propria volontà ma stabilisce i suoi obiettivi esclusivamente in funzione dell’ imitazione delle classi dominanti o del tentativo di salire la scala sociale (cosa molto più importante dei soldi; consiglio di leggere La Duchessa di Langeais, feuilleton roboante di Balzac con lunghe e memorabili pagine di sociologia pura).
O si capisce questa verità e si ha il coraggio di guardarla in faccia per sé stessi e di dirla apertis verbis o non si può nemmeno ipotizzare di fare una qualsiasi cosa seria (sono pochini pochini quelli al livello di potersi dire -quasi- “liberi”; è scocciante forse, ma riguarda anche gente che crede di essere al di sopra di questa condizione) .
Ovviamente il potere consiste nel privare la gente del proprio senso di appartenenza originario e nell’ inculcargli dei valori che hanno un senso a un certo livello sociale ma che sono devastanti per i subordinati (come li chiama Brancaccio); ma la realtà è che non te lo fanno, sei tu che te lo fai fare e sei tu l’ unico che può opporsi.
Ma è difficile reagire e quindi l’ altra opportunità è che qualcuno che sta “in mezzo”, che conosce i codici linguistici della classe dominante (il tuo cavaliere nero dice che non si può fare la rivoluzione se non si conosce la lingua dei padroni) ma che è animato da uno spirito di uguaglianza e di giustizia , si decida a parlare alla gente per fargli “capire”, per spingerla ad agire politicamente, a far sentire la propria voce, ad associarsi e a far valere i propri diritti che è l’ unica via che porta a un recupero del proprio senso di appartenenza e da lì a una rinascita culturale individuale e collettiva.
Tu vedi qualcuno in questo blog o in altri che dice alla gente “alzati e cammina”? Per adesso io no, leggo analisi eccellenti, proposte validissime e via dicendo ma il piccolo particolare è che le analisi obiettive e indipendenti, come diciamo tu stessa e io, le cercano in pochi e le proposte o sono rivolte al caro leader che interceda per noi o sono irrealizzabili dato che presupporrebbero una consapevolezza che non esiste nemmeno minimamente.
Prima delle analisi o di decidere se uscire o no dall’ euro o delle appassionate denunce politiche, bisogna discutere di come risvegliare la gente e prima ancora del perché e del come del loro stato di sottomissione (pienamente anche nostro, dato che non sappiamo che fare).
Questo deve diventare il centro della discussione prima delle esegesi economiche o
dei progetti o dei j’ accuse sulle responsabilità politiche e sociali, tutte cose che, se non ci si sforza in prima persona e in primo luogo di risvegliare e rendere partecipi le masse (massa, cioè anch’io), sono purissima aria fritta, o sciocca o furbetta.