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Viva l’IVA che non toglie e abbasso la stupida austerità

Non è vero che se non abbassiamo la spesa pubblica (per i vari motivi visti ieri) non è possibile ridurre le tasse sui fattori della produzione e tramite questo effetto stimolare a breve ulteriormente la produzione e l’occupazione.

Per esempio spostando il carico fiscale dalla tassazione su lavoro (specie i contributi lavorativi a carico dell’impresa) verso la tassazione dei consumi (che è anche in parte un favorire i risparmi). Cose note.

Ma un bel lavoro scientifico di due ricercatori del Fondo Monetario Internazionale uscito pochi giorni (anche sui quaderni NBER) contribuisce a capire meglio la posta in gioco.

Ne sintetizzo i 10 punti chiave qui sotto.

1)    Si può pensare ad un passaggio via dai contributi lavorativi verso l’IVA come ad una svalutazione? Sì. Se si assume che i lavoratori negoziano il salario al netto dei contributi questi non chiederanno un aumento dei salari a fronte di una riduzione dei contributi stessi e ciò permette alle imprese di vendere gli stessi beni ad un prezzo più basso, aumentando la loro competitività anche esterna (con tasso di cambio fisso). Combinato con un aumento dell’IVA ciò rende anche rende le importazioni più care. Insomma, una svalutazione competitiva. Che tuttavia non riduce il valore delle attività finanziarie per chi detiene titoli in euro.

2)    Ma c’è un ma. Se si combinano aumenti di IVA con riduzione degli oneri contributivi, tale aumento riduce il potere d’acquisto dei salari. E’ pensabile che i sindacati rimangano muti al riguardo? Per almeno un po’ sì, ma certamente non possiamo pensare ad un effetto di lungo termine sulla competitività. Di breve, forse. E Dio sa se abbiamo bisogno di un breve termine più sereno. Inoltre, altro ma, se tutti i paesi dell’area euro facessero questa “svalutazione” è ovvio che i vantaggi per ogni singolo paese si ridurrebbero rispetto ai numeri al punto 3).

3)    La verifica empirica dà risultati sorprendenti, ma validi solo per l’area euro: l’effetto combinato di più IVA e meno contributi a carico delle imprese (che lasciano invariato il deficit pubblico) di 1% di PIL comportano un forte miglioramento della bilancia commerciale estera del Paese (dell’area euro), di circa il 3% del PIL nel breve termine! Ma c’è di più: il breve termine è lungo nell’area euro: 3 anni e mezzo dopo tale manovra il miglioramento sarebbe ancora dell’1,75% di PIL.

4)    Per generare (area euro) spostando 1% di PIL di carico fiscale dai contributi all’IVA (senza avere impatti sul deficit pubblico) sarebbe necessario aumentare l’aliquota IVA del 2,5% e ridurre quella contributiva del 2,9%.

5)    Questa manovra ha importanti effetti redistributivi che vanno spiegati bene ad un politico per capire se avrà la volontà di farlo. C’è un forte vantaggio in termini di minore disoccupazione ma un forte taglio, per esempio, al valore reale delle pensioni.

6)    Vi è un accordo non formale tra paesi dell’Unione europea a non superare quota 25% nell’IVA. Dal 2009 al 2001 13 dei 27 paesi UE hanno aumentato l’IVA. Forse aggiungo io, sarebbe bene pensare a differenziare gli aumenti di IVA (legati a riduzione dei contributi) negoziando a livello europeo che tali incrementi siano concessi ai paesi euro-med (Italia compresa) attualmente alle prese con una grave crisi indotta anche da scarsa competitività via export.

7)    Quale è l’efficienza dell’IVA? Viene misurata da un rapporto, tra il gettito conseguibile con una data aliquota e quello effettivamente conseguito. In Europa l’efficienza nel raccogliere l’IVA è più bassa che altrove ed in Italia di più che in Europa (peggio di noi nello studio: Messico e Turchia). Se l’Italia fosse efficiente come la Francia, per esempio, le entrate IVA crescerebbero dello 1,2% del PIL! Ma come accrescere l’efficienza della raccolta?

8)   L’efficienza nella raccolta dell’IVA dipende da 3 fattori: da una parte vi è il rispetto del pagamento da parte del contribuente (compliance) e dall’altro il disegno imperfetto da parte della legislazione (policy), a sua volta scomponibile in presenze di deduzioni (exemptions) e mancanza di uniformità di applicazione (differentiation). Nell’UE a 15, l’Italia spicca per mancanza di rispetto di pagamenti (siamo secondi solo alla Grecia), ma anche quanto a gettito perso per deduzioni e mancata uniformità non siamo malaccio (vedi grafico, più basso il numero minore l’efficienza).

9)   Ma le deduzioni su particolari beni o servizi, si dice, è fatto per evitare impatti regressivi sui più poveri. Siamo sicuri? Se tassiamo meno di IVA il pane, chi ottiene maggiore reddito i poveri che mangiano in proporzione più pane o i ricchi che spendono in euro più per il pane anche se all’interno della loro spesa il pane pesa percentualmente di meno? Ovviamente i ricchi. I poveri, è il parere degli autori, è meglio aiutarli con misure specifiche indirizzate a loro soltanto.

10) Gli autori del FMI si preoccupano (beati loro) anche di verificare che uno spostamento della tassa sui consumi non sia troppo recessiva in questo momento e non abbia l’effetto opposto a quello a cui la manovra mira, e cioè aumentare il PIL subito. Lo considerano un effetto marginale.

Insomma, la ripresa non è depressa dal fatto che la spesa pubblica non scende per 2 motivi: perché la spesa pubblica stimola la domanda in questo momento di crisi e perché a parità di spesa pubblica uno spostamento (neutrale in termini di gettito) verso l’IVA (ma non a parità di altre tasse come ha fatto questo Governo) e verso minori contributi a carico delle imprese aumenta il PIL e l’occupazione e dunque riduce deficit su PIL e debito su PIL.

Possiamo per favore darci da fare?

2 comments

  1. Roberto Boschi

    29/03/2012 @ 15:11

    Caro Professore,
    grazie dell’articolo: c’è bisogno di continui richiami, a molti suoi colleghi ed a chi ci governa, per ricordare quanto sia praticamente impossibile uscire da una recessione con (solo) dosi crescenti austerità!
    Le segnalo questo bel pezzo di un economista/asset manager che, pur liberista di base, è anche molto aperto a vedere la realtà per quello che è non per quello che ci si immagina nei modelli di concorrenza perfetta, mercati perfetti e chi più ne ha più ne metta (di c….te quali la Contrazione fiscale espansiva di Alesina &C.).
    http://phastidio.net/2012/03/29/quel-keynesiano-di-bernanke/#more-7925
    Buona lettura

    Reply

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