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Piu’ spesa pubblica, meno economia in nero, piu’ gettito, piu’ stabilità.

Su lavoce.info un articolo molto importante del mio amico e collega Bruno Chiarini assieme a Elisabetta Marzano.

Che ricordano di un’altra ragione del devastante impatto derivante la riduzione della spesa pubblica, oltre a quelli già indicati dagli studi della Banca d’Italia. Non solo confermano (ma ce n’era ancora bisogno?)  che con meno spesa pubblica il PIL prodotto dal settore privato  cala e la disoccupazione aumenta (le loro stime: a fronte di un 1% di PIL di spesa in meno, a 1 anno e a 5 anni di distanza si hanno -0,8% di PIL privato) ma, ecco la novità, che con meno spesa pubblica aumenta il peso dell’economia sommersa, addirittura sale del +3,7% la produzione “in nero”.

In momenti di difficoltà che non vengono affrontati con più spesa pubblica (e anche meno tasse anche se i risultati qui sono meno forti) ma con la stupida austerità le imprese dunque o chiudono definitivamente o chiudono e riaprono in nero.

Rileggiamola in un altro modo: se aumentiamo la spesa pubblica ora, non solo aumenta il PIL, non solo diminuisce la disoccupazione, ma diminuisce anche il peso del settore sommerso, contribuendo ulteriormente al miglioramento delle finanze pubbliche che deriva dal maggiore gettito (maggiore gettito  per la maggiore dimensione dell’economia regolare dovuta sia alla crescita economica delle imprese già regolari che delle nuove imprese che passano dal nero al regolare!).

Lascio parlare gli autori:

Cosa possiamo desumere da questi modelli in merito alla manovra Monti? Che sicuramente l’impatto recessivo sull’economia regolare non è trascurabile (si prevede un incremento della pressione fiscale di 1,8 punti al 44,5 per cento), potrebbe protrarsi per diversi anni, e che, contrariamente a quanto credono molti, una riduzione maggiore delle spese e un minore aumento delle entrate avrebbe ulteriormente amplificato l’impatto recessivo. Tuttavia la storia non termina qui. La manovra Monti potrebbe generare un forte incremento del sommerso e dell’evasione (salvo altri provvedimenti particolari di lotta all’evasione) con tutti i problemi connessi di equità distributiva e di gettito nascosto e di persistenza di una struttura antiquata delle imprese essenzialmente basata sulla piccola e piccolissima dimensione.

Ci ostiniamo a incancrenire lo sviluppo del paese e le probabilità di salvezza dell’euro con politiche miopi. Dire, come si è detto oggi, che non ci sono risorse per ridurre l’imposizione (o, sarebbe meglio, per aumentare la spesa pubblica) è scorretto. Le risorse ci sono, e tanto più ce ne saranno tanto più aiuteremo l’economia. Tanto meno la aiutiamo tanto più, tra pochi mesi, saremo qui a commentare nuovamente lo sforamento degli obiettivi di finanza pubblica come è successo in Grecia. E magari, testardamente, la necessità di ulteriore austerità. Perversità e masochismo allo stato puro.

4 comments

  1. roberto nastri

    27/02/2012 @ 09:24

    Ho letto l’articolo. Mi pare molto interessante. Aggiungerei un’altro elemento che, probabilmente, peggiora ulteriormente la situazione, in caso di contrazione del mercato pubblico: alcune imprese tendono a destrutturarsi, altre ad innovare meno, con effetti combinati sulla produttività e sulla competitività (molte imprese rinuncierebbero alla certificazione, perchè non più necessaria, altre a sviluppare nuovi prodotti).
    Tutto questo quando in Germania ed in altri paesi più competitivi del nostro il Green public procurement sta spingendo esattamente nella direzione opposta.

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  2. Roberto Boschi

    27/02/2012 @ 17:50

    Caro Professore,
    grazie per le puntualizzazioni e gli elementi concreti che porta sempre a conforto delle sue tesi (che condivido pressoché in tutto).
    Le segnalo un recentissimo studio, che ho appena letto, di un ricercatore di Deutsche Bank, Stefan Schneider (http://www.dbresearch.com/PROD/DBR_INTERNET_EN-PROD/PROD0000000000285327/The+English+Patient.pdf ) che ha l’ambizione di fare “un primo bilancio” della cura a base di “contrazione fiscale espansiva” applicata al “The English Patient”.
    L’autore ha la pretesa di rimanere “asettico”, ma nella lettura si capisce che parteggia chiaramente per le idee di Alesina & co. Non avendo, al momento, alcun risultato positivo da portare a convalida delle tesi, se la cava dicendo che è ancora troppo presto per tirare una conclusione sull’efficia o meno della cura.
    Qualora trovasse il tempo (e la voglia!) di leggerlo, gradirei tanto un suo commento al paper.
    Grazie ancora
    Roberto Boschi

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  3. Luca Bennati

    29/02/2012 @ 11:15

    Caro professore,
    sono un suo ex studente del corso di Economia Politica alla Sapienza e ricordo con piacere la passione e competenza che trasmetteva durante le sue lezioni universitarie (in realtà eravamo tutti un pò spaventati perchè sapevamo che avremmo dovuto capire ed essere in grado di spiegare i concetti che erano dietro le complesse formule che velocemente scriveva alla lavagna).
    Leggendo questo post non posso far altro che pensare alle “ricette” della Modern Money Theory, della scuola di Wray, Kelton, che personalmente reputo un ottimo strumento per superare la crisi attuale del debito, e la miope visione che fa dell’austerità il primo passo per risolvere tale problema.
    Sinceramente ritengo che tale “crisi” sia voluta e generata da parte delle elites, per cui mi chiedo anche come si possa invertire il modello attualmente in essere senza una forte “spinta” da parte del potere politico, e di una vera rappresentanza democratica degli interessi dei cittadini.
    Senza questo elemento anche la più fantastica delle teorie economiche rischia di diventare una mera chimera.
    Noto però con piacere che qualcosa sta iniziando a muoversi a livello di diffusione di tali teorie economiche, leggendo ad esempio i recenti articoli sul tema pubblicati dai maggiori giornali statunitensi e non solo.
    La ringrazio,
    Luca

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